Capitolo 43
La zia di Gabriele e Mario tornò anche nei giorni successivi al funerale dei coniugi Altieri, e sempre allo stesso modo fu trattata dai nipoti; tuttavia questa sua frequentazione del Quartiere ci permise di scoprire qualcosa di più sul suo conto: Anita Altieri - o donna Anita, come veniva spesso chiamata dal suo autista Gino - era la sorella maggiore del defunto signor Gaetano, ed era diventata una contessa per via matrimoniale, ereditando l'immensa fortuna del marito, il conte Sigismondo Cafiero, dopo la morte di quest'ultimo.
Donna di mondo, estroversa e piena di vita come un'adolescente, si diceva che vivesse all'estero, e che avesse seguito le vicende della famiglia di suo fratello da lontano, inviando ogni mese un assegno che permettesse agli Altieri di vivere una vita più dignitosa di quella che altrimenti sarebbe loro spettata nel Quartiere senza i bonifici della nobildonna.
Bastò poco perché diventasse, nell'immaginario collettivo, una figura mitica, di quelle che non c'entravano niente con noi, ma che si studiavano come se fossero state degli alieni; ma per i suoi stessi consanguinei era tutto meno che mitica: nonostante questo, ero convinta che i miei amici d'infanzia non fossero proprio nelle condizioni di schifare l'unica loro parente rimasta, per di più ricchissima, così decisi di adoperarmi per riconciliarli.
***
Cominciai dai diretti interessati: con la scusa di andare a trovarli avrei buttato sul tavolo il discorso di donna Anita, e anche se non fosse stato loro gradito come argomento di conversazione, lo avrei portato avanti lo stesso, pensando tra l'altro che Emma, al posto mio, sicuramente avrebbe insistito fino allo sfinimento dei due fratelli e che perciò non potevo essere assolutamente da meno.
Salii le scale e mi fece impressione la rampa che portava al pianerottolo del quarto piano, non erano passati neanche dieci giorni da quando, proprio in quel punto, era stata ritrovata la signora Agata a penzolare con la corda al collo.
Suonai al campanello e mi aprì Gabriele: aveva l'aria di chi non dormiva da diverse notti.
<< Ciao, Leti. Mi fa piacere che sei venuta >> esordì, e io non sapevo se me lo dicesse perché gli facesse effettivamente piacere la mia presenza, o se si accontentasse di qualsiasi essere umano del Quartiere all'infuori di sé stesso e di Mario.
<< Grazie. Sei sicuro che non disturbo? >> domandai per educazione.
<< No, tu non disturbi mai >> rispose rassicurante, e mi accompagnò dentro casa.
C'era un vero e proprio casino in quell'appartamento: con tutto quello che era successo né Gabriele né Mario avevano avuto il tempo e la voglia di mettere a posto.
<< Mario è al supermercato? >> chiesi, accomodandomi su una delle sedie intorno al tavolo del soggiorno.
L'ultima volta che ero stata lì, Simona e Mario si erano fidanzati da poco e c'era stata una cena di suggellamento dell'unione, e per poco non avrei rovesciato un piatto di carbonara in testa a Gabriele, che stava perculando la mia vacanza col mio ragazzo di allora, Federico Battaglia; mi sembrava passato un secolo da allora.
<< Sì, è al supermercato. Al momento è l'unica fonte di reddito della famiglia, anche se da qualche giorno qui si vocifera che abbiamo svoltato... >> sospirò amareggiato.
<< Ti riferisci a donna Anita? >> chiesi allora, prendendo coraggio.
<< Già, come se bastasse una promessa d'aiuto dopo i fuochi per comprarci... >> commentò.
<< Dicono che vi abbia sempre mandato dei bonifici, per tutti questi anni... >> confessai.
<< Questo è vero, e allora? Ci faceva la carità, e ce la vuole fare anche adesso. Solo che i nostri genitori non sarebbero mai stati capaci di concepire una nuova vita rispetto a quella di prima, Mario e io invece siamo cresciuti qui, il nostro destino ce lo stiamo fabbricando da soli, con le nostre forze >> rispose lui, con una maturità inaspettata per i suoi standard.
Non mi sembrava la stessa persona che mi prometteva amore eterno e poi si scopava Emma nelle cantine.
<< E se lei lo stesse facendo perché tiene davvero a voi? >> ipotizzai.
<< Rifilarci 500.000 euro e poi tornarsene a Londra significa tenere a noi, secondo te? >> ribatté stizzito.
Ma in quel momento l'unica cosa che mi importò fu la parola Londra.
Anche Emma abitava nella capitale inglese: un dubbio cominciava a serpeggiare nella mia mente, un dubbio che avrebbe potuto sciogliere solo donna Anita stessa.
<< Non lo so, ma credo che non si fermerà davanti a niente. È una goccia che scava nella pietra, quasi quanto Emma >> dissi perciò, congedandomi con la scusa che dovevo andare da Leonardo.
La certezza che Emma non mi avesse detto tutto si espandeva nel mio cervello, ne inquinava tutte le aree.
***
Trovai la contessa seduta ad uno dei tavoli del bar Martini, mentre sorseggiava un cocktail che non avevo mai visto fare dal signor Rinaldo: sicuramente era una creazione di Laura.
<< Buongiorno, contessa Altieri >> la salutai educatamente.
<< Buongiorno, cara. Dovresti provare questo cocktail, è una delizia incredibile... >> commentò la donna, in tono gioviale.
<< Lo immagino. Laura Martini è molto brava con l'enogastronomia. È venuta per Mario e Gabriele? >> replicai, cambiando improvvisamente discorso.
<< Tu sei Letizia Finelli, la studentessa universitaria? >> domandò, levando gli occhi azzurri verso di me.
<< Sì, sono io. Come fa a sapere chi sono? >> volli sapere, mentre il puzzle frammentato nella mia mente faceva incastrare tutti i pezzi fra loro.
<< La tua amica mi ha parlato molto di te. A dire la verità mi ha descritto minuziosamente questo posto, aggiornandomi su tutte le vicende della mia famiglia attraverso le e-mail con i tuoi racconti. È molto intelligente, forse la persona più intelligente che abbia mai conosciuto >> affermò la contessa.
Restai lì davanti per un po', con gli occhi spalancati: come immaginavo, Anita Altieri conosceva Emma.
<< Intende dire Emma Ferranti? >> domandai perciò.
<< Sì, proprio lei. Si è presentata nella mia villa una sera di luglio del 2000, aveva l'aria folle e io amo le persone folli. Appena mi ha detto chi era e da dove veniva le ho dato a disposizione la mia dependance. In cambio mi avrebbe tenuto compagnia e mi avrebbe mostrato le sue creazioni. Ha un talento incredibile >> ribatté la donna.
Me la immaginavo proprio Emma, con la sua faccia tosta, chiedere ospitalità ad una persona così importante senza nemmeno conoscerla, in un giorno come tanti nell'estate del 2000; era esattamente nelle sue corde.
<< Comunque ha detto che sei gentile e persuasiva. Cerca di farli ragionare, quei due testoni. Tutto quello che faccio, lo faccio per il loro bene >> concluse, alzandosi e lasciando la mancia sul tavolo.
<< Arrivederci >> dissi, mentre lei mi superava, dirigendosi verso l'auto di lusso che l'avrebbe riportata al Grand Hotel dove alloggiava.
***
Non persi tempo e corsi al supermercato degli Zanoni: dovevo assolutamente parlare con Mario, che nonostante le scelte fatte di recente era sempre stato il più ragionevole dei fratelli Altieri.
Ormai erano passati due anni da quando mi ero lasciata con Annibale, e non provavo più imbarazzo ad entrare nel minimarket della sua famiglia a fare la spesa: ero fidanzata dopotutto, e si era riconsolato anche lui Sofia Del Fiore, la sorella minore di Massimo; fu proprio lei che incontrai per prima: da quando i due facevano coppia fissa la ragazza si divideva tra il banco di frutta dei genitori e il supermercato degli Zanoni.
<< Sofi! >> la salutai.
<< Ciao Leti, sei venuta per fare la spesa? >> rispose gentilmente.
Aveva i capelli rossi e gli occhi chiari come il fratello: sembrava Emma con due anni di meno.
<< Veramente sto cercando Mario, devo parlargli con urgenza >> spiegai.
<< Mario è di là, te lo chiamo. Ma occhio, la storia della zia londinese l'ha reso molto nervoso >> mi avvertì Sofia.
<< Lo so, anche Gabriele lo è >> la rassicurai.
Mi voltò le spalle per andare a chiamare il maggiore degli Altieri, per poi ricomparire col diretto interessato, in camice bianco con la targhetta che riportava il suo nome.
<< Leti, come mai da queste parti? >> mi chiese non appena mi vide.
<< Ho incontrato tua zia Anita, al bar Martini >> esordii.
<< Non ha intenzione di lasciarci perdere... >> commentò sospirando.
<< È vostra zia, e anche se è stata lontana per tutto questo tempo ha seguito sempre le vostre sorti >> cercai di giustificarla. Non dissi subito che l'aveva praticamente mandata Emma. Dovevo andare per gradi.
<< Non è mai venuta durante le feste, né ai nostri compleanni, e adesso che siamo orfani e più sfigati di prima torna a fare la zia amorevole? >> mi fece presente. Nemmeno lui aveva torto, ma la contessa si aspettava un'opera di convincimento da parte mia, e quindi era necessario che sfoderassi il mio asso nella manica, che se non avesse fatto capitolare lui, sicuramente Gabriele sì.
<< È stata Emma a dirle dei vostri genitori >> dissi perciò.
<< Non ho capito bene... >> ribatté incredulo.
<< La contessa tua zia mi ha raccontato che Emma vive nella dependance della sua villa a Londra, che l'ha ospitata da quando ha messo piede oltremanica e che le ha raccontato tutto di noi e del Quartiere >> confessai.
<< Mi stai dicendo che Emma se n'è andata, ma è come se fosse sempre rimasta qui? >> domandò grattandosi la testa.
<< Ci siamo sempre tenute in contatto mandandoci delle e-mail, ma mai avrei immaginato che la contessa Altieri fosse la sua benefattrice. Me la figuravo in un tugurio di appartamento sperduto nella periferia di Londra, a fare composizioni su commissione per pagare l'affitto e non essere sfrattata, figurati... >> ammisi.
Anche se non avevo mai rivelato a nessuno che scambiavo delle e-mail con lei, in quel momento stato comunque dicendo la verità, e cioè che la sua permanenza nella villa della contessa Altieri aveva stupito anche me.
<< Certo che è assurdo, c'è voluta l'amica tua per far scendere la vecchia dal piedistallo e portarla tra noi comuni mortali... >> osservò.
<< Il loro è di sicuro un rapporto di do ut des, tua zia ospita Emma in cambio di informazioni sulle vostre vite nel Quartiere, ma adesso è qui ed è decisa ad aiutarvi, quindi tu e Gabriele dovreste smetterla di lagnarvi e ringraziare Dio di aver avuto questa opportunità... >> sostenni con una determinazione che suonava strana da me, ma che in quell'istante era la mia unica arma per fare breccia nella testa cocciuta di Mario.
<< A me non convince questa storia, non so chi è peggio tra la zia Anita ed Emma, che si sono sempre fatte i cazzi loro, tra tutte e due, ma ne parlerò con Gabri. Vediamo che ne pensa lui >> affermò, per poi salutarmi e tornare al lavoro.
Dentro di me ero parzialmente soddisfatta: sapevo che non sarebbe stato facile, ma anche che Gabriele, appena sentito il nome di Emma, si sarebbe acceso e avrebbe trascinato il fratello ai piedi della contessa con lui.
***
Era pomeriggio inoltrato quando sentii suonare alla porta.
<< Leti, c'è l'Altieri piccolo che ti cerca! >> mi chiamò mia madre.
Aveva sempre avuto un'antipatia naturale per Gabriele da non essere mai riuscita a chiamarlo per nome.
<< Arrivo... >> risposi chiudendo i libri e seguendola. Ero convinta che volesse parlarmi di quello che avevo rivelato a Mario poche ore prima.
<< Gabri... >> esordii, uscendo sul pianerottolo.
<< Che cos'è questa storia di Emma? >> cominciò lui.
<< Shh, vuoi parlare piano? Se ci sente mia madre, si appunta tutto quello che diciamo, poi avverte il signor Giulio che si andrebbe a riprendere la figlia a Londra seduta stante! >> sussurrai esortandolo a fare lo stesso.
<< Fosse mai che la rimette in riga a quella stronzetta... Di tutte le persone a cui poteva chiedere aiuto, proprio con la nostra zia snob si doveva alleare? >> ribatté seccato.
<< Però come ti piaceva scopartela... Gliene hai parlato tu di tua zia, magari tra un gemito e l'altro le hai dato l'indirizzo della villa? >> lo provocai.
<< Mi ha voluto sputtanare fino all'ultimo, e tu che le hai sempre dato retta... >> commentò spregiativamente.
<< Le ho sempre dato retta perché Emma è sempre stata una che sogna in grande, mentre voi, che dai piani alti ci provenite, vi siete uniformati alla realtà del Quartiere accontentandovi sempre... Ma ti ricordi quando volevi aprire la tua agenzia di viaggi al posto dell'ex libreria abbandonata? >> gli ricordai.
<< Avevo undici anni, Leti... >> replicò.
<< E adesso che ne hai ventitré cos'hai tra le mani? Una fortuna, la contessa tua zia! >> esclamai.
<< La sua carità vorrai dire, su suggerimento di una piccola intrigante, per giunta... >> puntualizzò.
<< E allora se la pensi così sarai anche cresciuto qui, ma non hai capito niente delle nostre dinamiche... Quelli come noi per ottenere qualcosa devono sempre rinunciare a qualcos'altro... >> ribattei.
<< E Mario e io quindi dovremmo rinunciare alla nostra dignità per farci comprare da nostra zia? >> mi provocò.
Osava parlare di dignità davanti a me, proprio lui, ricordando tutti i casini che avevano fatto entrambi i fratelli negli ultimi anni. Perciò non ci vidi più.
<< Ah sì? Dignità dici? E dov'era la tua dignità, quando sei andato fino a Londra per riportare Emma a casa e poi tornartene con niente in mano? Dov'era la dignità di Mario, quando faceva il fidanzato amorevole con Caterina ma poi si scopava Alice? La verità è che in bocca a voi quella parola si guasta, si svilisce, si svuota del suo stesso significato! >> gli rinfacciai, togliendomi diversi sassolini dalle scarpe accumulati negli anni.
Gabriele mi guardò stralunato, in silenzio. Sapeva benissimo che avevo ragione io.
<< Tu non sei così... >> osò controbattere.
<< No, io posso essere molto peggio di così >> lo minacciai, come se ci fosse Emma davanti a lui, come se la sua anima avesse preso possesso del mio corpo, facendolo agire a sua immagine e somiglianza.
<< Accetteremo, ma solo perché ne abbiamo bisogno >> concluse lui, salendo le scale senza salutarmi.
Lo guardai andare via, ancora interdetta da me stessa per quello che ero riuscita a dirgli.
***
Il giorno successivo incontrai la contessa Altieri sulle scale: aveva parlato con i nipoti e sfoggiava un gran sorriso; evidentemente la conversazione doveva aver avuto un esito positivo, di sicuro le parole dette a Gabriele il giorno prima dovevano essere servite a molto.
<< Buonasera, contessa >> la salutai.
<< Buonasera, cara Letizia. I miei nipoti sono diventati improvvisamente accomodanti e ragionevoli. Ne sai qualcosa? >> replicò, sorridendo come ad indicare che la sapeva bene, la risposta.
<< Credo che la notte porti consiglio, contessa >> risposi, facendo la gnorri a mia volta.
<< Ad ogni modo è un bene che abbiano cambiato idea. Con il mio aiuto possono svoltare per davvero, costruendosi un avvenire dignitoso perfino da queste parti... >> commentò guardando i muri scorticati e i gradini sporchi e sbeccati.
Era irrimediabilmente snob, certamente andava d'accordo con l'ultima versione di Emma, quella diciottenne che si aggirava per il Quartiere come una signora.
<< Mario e Gabriele sono due ragazzi pieni di risorse >> concordai.
<< Lo so. Saranno bravi, a mettere su una possibile agenzia di viaggi >> constatò la donna.
Emma le aveva parlato anche di quello, evidentemente; o forse erano stati proprio i nipoti: non lo sapevo e forse nemmeno me lo avrebbero detto, i diretti interessati; l'importante sarebbe stato garantire un futuro ai due fratelli, se li avessi lasciati da soli si sarebbero rovinati entrambi.
Il Quartiere non lasciava scampo a chi si lasciava andare, lo risucchiava irrimediabilmente nel suo schifo.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top