Capitolo 28
Nei giorni successivi camminai letteralmente a mille metri da terra: se nei mesi passati non ero stata molto convinta del mio fidanzamento con Annibale, mi aveva presa con una dolcezza, con una comprensione, nel retrobottega del supermercato della sua famiglia, che aveva spazzato via tutti i dubbi insiti dentro di me; stava spazzando via, quasi completamente, anche Gabriele: lo salutavo senza imbarazzo o rancore, ero addirittura felice e benevola nei confronti di lui e Irene, sinceramente contenta per loro. Camminavo talmente tra le nuvole che non mi premeva nemmeno più fare a gara con Emma, a chi tra le due avesse collezionato più vita ed esperienze fino ad allora; non mi importava più di avere una relazione più interessante della sua: sapevo che era, ad ogni modo, più seria e più sana rispetto alla sua con Rocco Piaggi.
***
Tuttavia pensavo che uno dei due volesse dare una svolta più concreta a quella semplice storia di sesso; e conoscendo Emma, ero sicura che ad avere questa esigenza di serietà fosse Rocco.
Lo capii quando la mia amica mi comunicò che lei e Piaggi volevano organizzare un'uscita a quattro con me e Annibale.
Andammo a mangiare in una pizzeria al centro, uno di quei pochi luoghi senza pretese nelle parti più chic dell'Urbe, ma comunque abbastanza inquadrato nel proprio contesto da indurre i camerieri ad etichettarci come gente dell'estrema periferia e guardarci male a prescindere.
Quella sera si scherzò sul mio ruolo, perché siccome ero figlia di pizzaioli avrei dovuto mettere i voti alle pietanze, al locale e al personale: nonostante fosse un gioco, mi sentivo comunque rivestita di una grossa responsabilità. Accanto a me Annibale smorzava la tensione, raccontava aneddoti di noi due; alle volte intervenivo.
Emma raccontava tantissimo di sé, faceva battute sul mio titolo di esperta pizzettara della serata, rideva talmente forte che si giravano tutti, nel locale. In quei momenti volevo sotterrarmi. Sono convinta che volesse sotterrarsi anche Rocco.
***
Ne ebbi la conferma definitiva quando me lo ritrovai nell'androne delle scale il giorno dopo, mentre tornavo da scuola.
<< Letizia! >> mi chiamò. Mi prese un colpo: potevo benissimo scambiarlo per uno dei clienti di Lilly Marlen o di Alice.
<< Oddio, Rocco! Sei tu! Ma che ci fai qui? >> ribattei trasalendo.
<< Devo parlarti di Emma >> mi spiegò.
<< Come mai vuoi parlare con me? >> domandai giustamente.
<< Perché sei la sua migliore amica. E poi perché sei una persona calma e ragionevole >> specificò.
<< Capisco questo tuo appunto. Emma sa essere davvero una bestia >> dovetti ammettere.
<< Ecco, appunto. Se ne parlo con lei mi ammazza >> confessò.
<< In che senso? >> volli sapere. In realtà immaginavo la risposta.
<< Vorrei dare una svolta alla nostra relazione. Cioè, vorrei che si trasformasse in una cosa seria >> dichiarò.
Esattamente come sospettavo. Non riusciva a rimanere nei limiti impostigli da Emma. Nessun uomo ci sarebbe riuscito. Era estremamente difficile starle appresso.
<< Lei non ha mai manifestato la stessa esigenza? >> feci dunque.
<< Boh, e chi lo capisce cosa le passa per la testa? >> sospirò.
<< Hai ragione tu. A volte non la capisco nemmeno io. Però posso provare a parlarle, se vuoi >> proposi.
<< Davvero lo faresti? >> s'illuminò lui, speranzoso.
<< Sei l'unico che è riuscito a sopportare Emma in sedici anni. E il primo ad essere veramente degno della sua attenzione. Insomma, i corteggiatori non le sono mancati in questi anni, ma non aveva mai scelto nessuno. Tu sei stato scelto, ma lei non può fare a meno di porre le sue condizioni, anche se possono sfibrare l'altro. Ha un sacco di spigoli... >> commentai.
Magari non stavo facendo il ritratto più lusinghiero di Emma, ma era il più autentico possibile: conoscevo Rocco Piaggi veramente poco, ma mi sembravano sinceri i sentimenti che provava per lei, e magari la sua presenza poteva essere davvero l'unica possibilità, per la mia amica, di svincolarsi definitivamente dall'ingombrante figura di suo padre.
<< Grazie, Letizia. Le so poco le dinamiche tra di voi, ma adesso capisco perché sei la sua migliore amica. La puoi mitigare. E sembra una missione impossibile... >> rispose Piaggi sorridendo, per poi andarsene.
Beato lui, che s'era sgravato di un peso. L'aveva lasciato completamente a me, però.
***
Difatti non appena le comunicai quello che Rocco mi aveva confidato, si mise a ridere come una matta. Ci rimasi male per quel poveraccio del giovane Piaggi.
<< Come mai ridi? >> le chiesi contrariata.
<< Perché immagino una sua possibile presentazione in famiglia, magari di domenica a pranzo. Mamma, papà, Bea, Marta... Questo è Rocco Piaggi e viene dal Villaggio. Sai che bel volo dal balcone che faremmo entrambi? >> rispose sarcasticamente lei.
Mi immaginai la scena che aveva ricostruito e pensai che forse tutti i torti non ce li aveva. Ma consideravo giuste anche le rivendicazioni di Rocco.
<< Eh, vabbè... Mo sono arrivati i Giulietta e Romeo de borgata... >> sdrammatizzai perciò.
<< Tu ci scherzi, ma finirebbe in tragedia, come gli spettacoli shakespeariani che inscenate a teatro! >> sbuffò lei.
<< E dai, è molto più tragica la situazione in classe mia, a confronto, con la scelta della meta per il viaggio d'istruzione... >> commentai, riferendomi ai cinque giorni che avremmo dovuto passare con la scuola in una città a scelta tra Milano e Como.
<< Vabbè, per quello è implicito che ci dobbiamo chiamare fuori, visto che le nostre famiglie col cazzo che ci faranno stare via dovendo cacciare quattrini... >> mi ricordò.
<< Ho fatto ragionare mia madre su tante cose, la spunterò anche stavolta. Anche perché da quando mi sono fidanzata la mia opinione ha un peso maggiore in famiglia >> le raccontai.
<< Ce l'ha solo perché gli Zanoni sono ricchi. Non pensare che tua madre e Simona abbiano cominciato a stimarti... >> ribatté.
<< Su questo sorvoliamo... Però tu cerca di non cambiare discorso: Rocco magari non è come i ragazzi della nostra scuola, però tutto sommato mi sembra una brava persona. Ha intenzioni serie. E nonostante la provenienza mi sembra onesto... Dagli questa possibilità, non farlo penare troppo... Anche perché uno che ti sopporta così bene quando lo ritrovi? >> evidenziai.
Emma ci pensò su: mi guardò fissamente, come tutte le volte in cui dava credito all'opinione di qualcuno.
<< Dici? >> mi domandò.
<< Dico eccome >> replicai.
Sperai con tutto il cuore di aver smosso qualcosa dentro di lei, e di non ritrovarmi di nuovo quel povero ragazzo davanti, come un'anima in pena, a cercare il mio aiuto.
***
Inspiegabilmente diede retta al mio consiglio: non solo decise di dare una svolta seria alla sua storia con Rocco, ma decise di manifestare la sua esistenza in famiglia, a suo rischio e pericolo.
<< Co' chi te si 'nguaiata tu? >> esordì adirato il signor Giulio, facendo cadere le forchette nel piatto. Era domenica e la signora Amanda aveva fatto la parmigiana di melanzane alla napoletana, come piaceva a suo marito. E rovinare quel momento sacro era un affronto, per cui la Ferranti e le figlie minori temettero il peggio.
<< Con Rocco Piaggi, un ragazzo del Villaggio, molto gentile e paziente con me >> rispose coraggiosamente Emma, sottolineando a suo padre che anche lei poteva trovare qualcuno che la potesse tollerare, a questo mondo.
<< Beh, è una cosa bella, no? >> provò ad intervenire la signora Amanda, tentando di far vedere al consorte il lato positivo.
<< Ma di tutti i posti dove si poteva accattà nu guaglione, propr' dind a chill post' 'e mmerda! >> sbottò lui.
<< E pensi che ne avrei trovato uno meglio, qui? Sono uno peggio dell'altro... >> ribatté lei.
<< Almeno qua tengn tutt' quant' na prospettiva, nel bene o nel male. Là so tutt' ommini 'e nient! >> obiettò il signor Giulio.
<< Sì, vabbuò, o' sape iss... >> lo sfidò Emma nello stesso dialetto. E quando gli rispondeva per le rime in napoletano non andava mai a finire bene.
<< Mo bast', Emma. I' sacc' megl 'e te comm' vann' 'e cos', tu nun saje nient! Saje fa sul cazzate, mica comm' a soreta, ca s'è pigliata la terza media e mo' se sta a 'mparà o' mestier nuoss senza tenè 'e grill dind 'a capa comm' a te! >> intimò Ferranti, facendo il paragone con Beatrice, che la licenza media se l'era veramente presa controvoglia, che se fosse stato per lei si sarebbe fermata prima, eppure suo padre la stimava di più rispetto all'ambiziosa figlia maggiore.
<< Non appena smetti di sbraitare, sappi che i genitori di Rocco tengn na pomp' 'e benzina, quindi non sono accusì muort' 'e famm! >> puntualizzò lei. Allora sua madre decise di darle manforte.
<< E dai, Giulio. Fallo venire a casa, una domenica... >> lo supplicò.
<< E va buon. Facciamolo venire. Anch' pecchè mi sa che 'a frittata l'haje fatta, zoccola comm si'... >> accordò il signor Giulio.
Era pur sempre un segnale d'apertura, che non mancò di segnalare a Rocco.
***
L'incontro andò bene. E anche quelli successivi: Rocco pareva che piacesse al signor Giulio, tanto che arrivò dicembre senza che nessuno si facesse male.
L'unica cosa che avevo sottovalutato era la variabile Gabriele: negli anni avevo sempre accantonato la possibilità che potesse essere attratto da Emma, ma più perché non ci volevo credere che per un fondo di verità.
Perché a lui, nonostante fosse fidanzato con Irene, l'idea di Emma accompagnata con Rocco gli faceva andare il sangue al cervello.
Emma stessa non immaginava nemmeno lontanamente le dimensioni dello strappo che aveva causato, andandosi a cercare un ragazzo fin dentro al Villaggio, finché un giorno, a ridosso delle vacanze di Natale, si trovò i rimasugli di quello strappo sulle scale, sottoforma di Gabriele Altieri.
<< Ma veramente fai sul serio, con quello là? >> esordì.
<< E a te che cazzo te ne frega? Non stai con quella tonta della Aiello? >> ribatté lei.
<< Almeno Irene è una persona normale, quel Piaggi si vede a distanza che è un delinquente... >> commentò Gabriele.
<< Ha parlato il principino... Ma che ti credi di essere ancora nei quartieri alti, che da quando hai messo piede qui ci guardi tutti dall'alto in basso? Possibile che di tutti gli anni in cui potevi cagarmi, hai scelto proprio quello in cui nella mia vita è entrato un altro? >> lo sfidò Emma, sbattendogli la verità in faccia, una verità latente da quando si erano conosciuti.
<< Lo sai cosa sei tu? Sei la mia condanna, Emma Ferranti. La più pesante, la più inespiabile delle condanne. Più cerco di cacciarti via dai miei pensieri, più ti ci appiccichi, come una ventosa. Sei l'ultima e l'unica persona che vorrei vedere al tempo stesso! >> replicò il giovane Altieri, liberandosi finalmente di quel macigno che si portava appresso da otto anni: l'ammissione che potesse essere attratto da lei, e la possibilità che Emma ricambiasse.
<< Ma potevi tenertelo per te? >> sbottò allora la mia amica, cominciando a strattonarlo, come se la stessa esistenza di lui all'improvviso la infastidisse.
<< Ormai l'ho detto... >> commentò Gabriele sorridendo. Poi l'attirò a sé e la baciò. E lei non si tirò indetro, ma subito dopo cambiò idea.
<< Non farlo mai più! >> esclamò spingendolo via. << Sei un cretino... Vattene dai tuoi amici altolocati! >> aggiunse con fare isterico. Se ne scappò su per le scale, come uno scemo. Quell'episodio me lo raccontò solo molti anni più tardi.
***
Verso l'antivigilia arrivò il consueto invito a passare il Capodanno a casa delle sorelle Di Stefano: quell'anno avremmo portato entrambe i nostri fidanzati; o almeno io sarei sicuramente venuta al braccio di Annibale, di Emma non immaginavo bene le intenzioni: pensai che presentarsi con un castaldiano ad una festa palesemente anceschina poteva sembrare un affronto, ma poi mi dissi che tutto quel peso dato ai giudizi della gente non era da lei, che se n'era sempre fregata e che si sarebbe presentata con Rocco lo stesso.
Per questo vederla da sola mentre veniva incontro a me e Annibale, la sera del 31 dicembre, mi spiazzò.
<< Ma Rocco? >> le domandai perciò.
<< Viene più tardi, con due amici suoi >> rispose lei. Sinceramente non capivo quella scelta: dopo essersi scannata con suo padre per vivere l'amore con Piaggi alla luce del Sole, adesso ognuno dei due faceva vita a sé? Promisi a me stessa di indagare per capirne di più.
Uscimmo nella fredda sera dell'ultimo giorno dell'anno: gli abitanti dei casermoni avevano già tirato fuori l'artiglieria pesante, facendo a gara di botti sia tra residenti sia con quelli del Villaggio, che non erano da meno in materia pirotecnica.
Chissà, forse anche Rocco e i suoi amici sarebbero stati all'altezza del bordello che facevamo con i fuochi d'artificio.
***
Sara e Livia accolsero me e Annibale come se fossimo la coppia presidenziale durante l'insediamento alla Casa Bianca.
<< Ma quanto siete belli! >> esclamò la maggiore.
<< Grazie... >> risposi leggermente a disagio per tutte quelle attenzioni.
<< Chissà che bella grande famiglia che formerete con Gilda e Attilio... >> ipotizzò la minore.
<< Oh, ma loro sono decisamente più avanti di noi... >> commentò il mio fidanzato, decisamente più tranquillo.
<< E tu, Emma? Non l'hai portato il tuo ragazzo? >> volle sapere Livia.
<< Viene più tardi, porta due amici... >> replicò Emma sorridendo.
<< Maschi? >> chiese Sara, con occhi speranzosi.
<< Sì, Sara. Maschi >> ribatté maliziosamente la mia amica.
Innegabile dire che la sua presenza aveva scaldato gli animi dei ragazzi, come accadeva da prima che compissimo quattordici anni.
Massimo Del Fiore fu uno dei primi a venirle incontro: figlio maggiore di Tommaso e Lorena Del Fiore, i fruttaioli del Quartiere, era diventato veramente un bel giovane, con i riccioli corti neri e gli occhi azzurri; correva dietro ad Emma da quando il suo aspetto fisico era esploso, ma lei non gli aveva mai promesso niente, lasciandolo tuttavia perennemente appeso, illuso di avere una possibilità di fare breccia nel suo cuore.
<< Ti stai riscaldando per i balli di gruppo? >> gli chiese, notando che il ragazzo aveva aperto le danze.
<< Lo sai che di secondo lavoro faccio l'apripista! >> scherzò lui, trascinandola al centro della pista. Emma non oppose resistenza. La guardai con una punta di biasimo: non credo che Rocco, arrivando con i suoi amici, sarebbe stato contento di vedere la sua fidanzata ballare con qualcun altro.
Annibale notò la mia preoccupazione.
<< A che pensi? >> mi domandò.
<< A Emma e al suo comportamento... Sa che tra poco viene Rocco, e balla con Massimo, strusciandoglisi addosso e sapendo che lui gli muore dietro... >> commentai.
<< E dai, non stanno facendo nulla di male... Anzi, perché non ci uniamo a loro? >> propose, portandomi a ballare. Perciò mi concentrai sulla musica e cercai di non fare caso ad Emma e alla sua disinvoltura.
***
Rocco arrivò circa un'ora dopo, quando la festa era già più nel vivo, ma la situazione non era ancora trascesa.
Entrò con i due amici di cui parlava ad Emma, ma il modo in cui lo circondavano li faceva sembrare un po' meno compagni di merende e un po' più bodyguard.
Come due guardie del corpo di un pezzo grosso: sembravano la versione un po' più periferica di Italo, Francesco e Manuel.
Nel momento in cui entrarono l'aria distesa si tese leggermente, com'era naturale che fosse con l'arrivo di tre castaldiani in mezzo a un gruppo di anceschini: le ragazze impallidirono, i muscoli dei ragazzi si contrassero, Bianchi e i suoi si sentirono come quando, nella savana, il branco del maschio alfa viene insidiato da nuovi, giovani leoni pronti a spodestarli.
Massimo perse tutta la sua spensieratezza e si fece indietro, Emma invece andò incontro al suo fidanzato, sicura.
<< Come vedi, sono venuto! >> esordì Rocco.
<< Chi sono questi due? >> fece lei, scrutando i due ragazzi ai lati di Piaggi.
<< Luca Esposito e Andrea Licata, i miei più grandi e fedeli amici >> rispose il ragazzo.
<< Hanno un'aria da guardie del corpo. Potrebbero chiamarsi benissimo Destro e Sinistro >> commentò ironicamente la mia amica. Allora non capii il motivo di tutto quel sarcasmo.
<< Ma che c'hai il ciclo stasera, amò? >> ribatté Rocco, leggermente piccato.
<< Sì, c'ho le Cascate del Niagara, Rocco! E proprio per questo esco a rollarmi un drum, che l'aria qua dentro s'è fatta pesante! >> rimbeccò Emma, dirigendosi alla porta e sbattendola dietro di sé.
Rocco si scusò con tutti e le corse dietro. Intanto Annibale e io ci davamo da fare per accogliere al meglio i due nuovi arrivati.
<< Esposito, hai detto... Sei parente di Caterina Esposito? >> mi sbrigai a domandare a Luca.
<< Sì, un cugino >> rispose lui.
<< E tu invece, fai di cognome Licata... Origini sicule, vero? >> chiese Annibale ad Andrea.
<< Sì, di Noto >> fece quest'ultimo.
<< La mia fidanzata, Letizia, è originaria di Modica... >> raccontò il mio fidanzato, cingendomi le spalle con un braccio. Io sorridevo un po' forzatamente: la verità era che pensavo a Emma e Rocco, alla possibilità che si scannassero, e che non arrivassero vivi al 1998.
***
Intanto Rocco correva appresso ad Emma in giro per il Quartiere, il cui sottofondo perenne era quello delle esplosioni, dai petardi alle bombe oscure.
Lei però non voleva proprio saperne di fermarsi.
<< Aho, ma si può sapere che c'hai stasera? È solo il ciclo il motivo per cui ti rode il culo? >> gridò Piaggi.
<< Guarda, vorrei troppo risponderti che sì, che è solo il ciclo, ma poi mi porti quei cosi alla festa di Capodanno e puoi benissimo risponderti da solo! >> ribatté la mia amica.
<< Quei cosi, come li chiami tu, sono amici miei e voglio che li rispetti, come io rispetto i tuoi... >> replicò Rocco.
<< Sì, vabbè... Io lo sai perché tra tanta gente ho scelto te? Perché mi sembravi diverso, perché non sentivi l'esigenza di girare con le guardie del corpo come fanno i ragazzi di qui quando cominciano a farsi le ossa come criminali e spacciatori! >> gli rinfacciò lei.
<< Cazzo Emma, che pretendevi? Tu sei del Quartiere, io del Villaggio... Cosa pensi che ci scorre nelle vene, solo sangue? Chi pretendevi che frequentassi, i compagnucci della parrocchietta? >> le ricordò lui.
<< A me non me ne frega niente di quello che fai, non ti faccio mica la morale. Ma l'atteggiamento con cui vi siete presentati mi ha ricordato il motivo per cui ho urgente bisogno di fare un sacco di soldi e andarmene da qui... >> confessò Emma.
Rocco cambiò espressione: finalmente capiva ciò che la mia amica volesse intendere.
<< Sì, ti capisco. Sapessi quanto fa schifo anche a me il Villaggio. Quanto mi dà fastidio quando ci chiamano le Borgate Unite a noi, a voi e a quelli della Zona Giovanni Gambrini, detta il Rifugio! Per questo convengo con te che ci vogliono i soldi. Sporchi o puliti che siano. Tanto la vita perbene quelli come noi se la devono comprare, a qualunque prezzo... Però se stai con me, questa camminata attraverso le peggio cose mi farà meno schifo... >> le disse a cuore aperto, prendendole il viso tra le mani.
Emma lo guardò intensamente. Decise che aveva ragione lui, che il suo discorso le piaceva.
Intanto la gente aveva cominciato a scendere per strada, a salire sulle terrazze, a recitare il consueto countdown. C'era anche la nostra comitiva.
<< Dieci, nove, otto, sette... >> contavamo gasatissimi.
<< Allora, la camminiamo insieme questa strada verso una vita onesta? >> le chiese ancora Rocco.
<< Sei, cinque, quattro... >> continuavamo, chi con in mano le stelline, chi invece pronto a sparare le bombe Molotov.
<< Fino alla fine >> sorrise Emma, complice. Lui la trascinò a sé, si baciarono mentre tutti noi eravamo già arrivati.
<< Tre, due, uno... >> finivamo di contare, preparandoci a fare più casino degli altri.
Buttai un'occhiata al loro bacio e sorrisi sollevata: finalmente la situazione tra loro era rientrata, nessuno era morto prima dell'anno nuovo.
<< Buon anno! >> gridammo tutti, sparando fuochi d'artificio, fumando spinelli e hashish, trangugiando birra, vino e spumante.
Mi sentivo ad ogni Capodanno più fuori contesto rispetto al Quartiere, ma quello che mi saltava di più agli occhi era che la mia scontentezza era inversamente proporzionale alla disinvoltura di Emma, al suo essere sempre perfettamente a suo agio nelle situazioni di casino, di bordello, di ammucchiata, senza nessuna regola, senza possibilità di redenzione né di salvezza.
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