Capitolo 26
Gilda fu talmente contenta di essere riuscita a mettersi con Attilio Zanoni che penso che lo dovessero sapere tutti, all'interno del Quartiere: per questo motivo, all'inizio di giugno decisero di fare una festa faraonica, offerta dai signori Monica e Quinto Zanoni, soddisfatti che il loro figlio primogenito si fosse scelto una fidanzata tutt'altro che bisognosa; erano pur sempre una delle famiglie più ricche della zona, e temevano seriamente, con quattro figli, di mettersi in casa qualche arrampicatore o arrampicatrice sociale, anche se sapevano che il rischio c'era; l'importante era averlo evitato, almeno per il momento.
Tuttavia, proprio per il fatto che la figlia dei Durante non fosse una spiantata, auspicavano di tenersela stretta, cercando di tenersi buoni gli ipotetici consuoceri e incentivando le loro ambizioni per sé stessi e per la figlia, che non erano poche.
E così il 6 giugno del 1997, esattamente quattro giorni dopo la Festa della Repubblica per non essere oscurati da una simile ricorrenza nazionale, invitarono talmente tanta gente in una tavolata organizzata in piazza, dove ognuno aveva dato il suo contributo per abbellire - o almeno lo speravano - l'atmosfera: i Ferranti con le decorazioni floreali del signor Giulio e di Emma, i miei con le pizze, i supplì e le crocchette di patate, i Martini con le leccornie visionarie inventate dalla figlia maggiore Laura, i Del Fiore con frutta e verdura di stagione.
Gilda venne verso il 3 giugno a consegnarci personalmente gli inviti: più che biglietti di una festa di fidanzamento, sembravano davvero le partecipazioni di un matrimonio.
***
Come ad ogni occasione importante, Emma aveva pronti i vestiti di sua fabbricazione sia per lei che per me; aveva cominciato a lavorarci non appena Gilda aveva cominciato a parlare della festa - non era nemmeno finito maggio - e subito la pregai di preparare qualcosa di sobrio, che non offuscasse la festeggiata.
Ovviamente non mi ascoltò: appena vidi quei due vestiti senza spalline, uno viola con i gladioli per me, uno rosa con le campanule per lei, cercai di protestare, ma erano talmente belli ed eleganti che le parole di biasimo per quell'ennesima sottolineatura del suo ego mi morirono in gola.
Ovviamente, con quegli abiti addosso divenimmo il centro dell'attenzione della festa, e mentre Gilda e Attilio parlavano dei loro futuri progetti con le rispettive famiglie, tra le congratulazioni e i consigli per il futuro da parte degli invitati, uno stuolo di ragazzi cominciò a ruotarci attorno come fanno i pianeti con il Sole: Annibale, il secondogenito degli Zanoni; i fratelli Orlando e Carmine Floris; il figlio maggiore degli ortolani Massimo Del Fiore.
Emma distribuiva sguardi e sorrisi ad ognuno di loro, io la lasciavo fare: nonostante avessi già avuto due fidanzamenti nel corso della mia vita, non avrei mai avuto la sua stessa spigliatezza, e questo mi faceva stare male, mi sentivo sempre sparire al momento del paragone, così, quando Annibale Zanoni mi rivolse la parola, pensai che non stesse parlando con me.
<< Leti, ciao! >> mi salutò. Aveva la stessa età di mia sorella, erano stati in classe insieme dall'asilo fino alle medie.
<< Annibale! Ma stavi parlando con me? >> domandai, trasalendo un po'.
<< Massì, con chi altri sennò? Volevo farti i complimenti... >> rispose sorridendo.
<< Per cosa? >> chiesi allora.
<< Per il vestito, che ti valorizza molto. E per i quadri, che non sono ancora usciti, ma sicuramente avrai preso tutti dieci! >> replicò lui, sempre gentilmente.
Sinceramente l'apprezzamento sul vestito non me lo aspettavo per il semplice fatto che non mi rendevo conto che il mio aspetto potesse essere così piacevole, agli occhi dei maschi; non riuscivo a sfoggiare il mio corpo come un gingillo, non ero Emma.
<< Grazie, Annì. Anch'io volevo farti i complimenti per tuo fratello, che si è fidanzato con Gilda. E magari si sposano pure >> ribattei mezza imbarazzata, ma cercando di sorridere.
<< Mia madre sarebbe al settimo cielo. Pensa che Gilda sia la moglie perfetta per Attilio >> osservò.
<< Anche se sono un po' giovani per sposarsi... >> commentai.
<< Ma la loro vita l'hanno fatta. Ormai sono un uomo e una donna, si sono fermati alla terza media e abitano nel Quartiere. Il matrimonio e i figli sono il massimo che possono chiedere. Tu e la tua amica Emma sicuramente farete di più. Voi e gli Altieri >> puntualizzò.
Mi sentii lusingata da quel complimento, anche se non riguardava solo me, e questo andò ad incrementare la mia dose di imbarazzo.
<< Non lo so, Annì. Mi sa che dopo il diploma mi fermo, anche perché se parlo di università a mia madre mi cuoce nel forno insieme alle pizze... >> confessai.
<< Macché... Sei talmente brava che sicuramente ce la farai. Sei uno spreco in questo posto! >> cercò di confortarmi.
Mi sentivo a disagio, sola con lui. Troppe lusinghe, tutte insieme.
Sperai che arrivasse qualcuno, chiunque, e che si mettesse a parlare. Le mie preghiere furono esaudite: Emma stava venendo nella nostra direzione.
<< Allora di che parlavate? >> esordì, con la sua perenne faccia da schiaffi.
<< Di quanto siete brave tu e Leti. Delle grandi cose che farete fuori dal Quartiere >> spiegò Annibale.
<< Ah, quello è sicuro. E io non ho dubbi sulle mie qualità. Anche Leti ne ha tante, solo che non ci crede. Va spronata... >> dichiarò lei, facendomi desiderare di scomparire sottoterra.
***
Dopo qualche giorno uscirono i quadri, e nel notare la mia media non me ne stupii troppo: ormai al mio ruolo di secchiona ci avevo fatto l'abitudine; mi auguravo di avere, anche al liceo che avrei cominciato da settembre, la stessa fortuna che avevo avuto al ginnasio.
Come ogni anno, non appena chiudevano le scuole e uscivano i risultati, mia madre stabiliva che non avevo più ufficialmente un cazzo da fare e si riteneva libera di sfruttarmi per i servizi più disparati: io facevo tutto, ma solo perché non avevo alcuna voglia di litigare; il padre di Emma si comportava allo stesso modo con lei.
Così ci ritrovammo, anche quel 10 giugno del 1997, a fare il pienone delle provviste per le vacanze estive. La differenza con gli altri anni, però, era la mia titubanza ad entrare al supermercato degli Zanoni: non incontravo Annibale dal giorno della festa di fidanzamento di Gilda e Attilio, la sua presenza mi metteva inspiegabilmente in agitazione, e sinceramente non ne capivo il motivo; ci conoscevamo quando eravamo bambini, e nonostante non fosse male come ragazzo, non mi aveva mai suscitato particolari emozioni.
Fortunatamente all'interno del supermercato lavorava anche Mario, quindi in caso mi sarei messa a parlare con lui per stemperare la tensione. E comunque c'era anche Emma: mi inondava di chiacchiere, ma tutte quelle parole mi servivano a pensare ad altro.
<< Sonia ha detto che tutti i nostri risparmi dovremmo metterli in banca, aprendo un conto corrente >> mi raccontava, mentre uscivamo dal portone del nostro casermone e ci dirigevamo al supermercato.
<< In banca? >> domandai, come se avesse detto un'assurdità.
<< Perché, che c'è di strano? Le banche servono anche a questo... >> rispose in tono saccente.
<< Lo so benissimo a cosa serve una banca, solo che se ricordi veniamo da qui... Quelli come noi, in banca nemmeno ce li fanno entrare, figuriamoci se ci permettono di aprire un conto corrente... >> replicai, riportandola alla realtà.
<< Mi stupisco di questa tua rassegnazione. Fai tanto la principessa, Caterina Esposito è diventata una tua grande amica da quando le hai presentato Mario, e poi mi smonti mentre io voglio fare una cosa così semplice, che fanno tutti... >> ribatté, mentre le porte automatiche del supermercato si aprivano davanti a noi.
Chiamarlo supermercato era una bella pretesa: era più corretto definirlo minimarket, tipo uno di quei corner shop del Regno Unito, che vendono un po' di tutto; c'erano due casse, pochi dipendenti e spazi abbastanza stretti per muoversi; ma di negozi particolarmente grandi non ne esistevano, nel Quartiere, ad esempio il primo centro commerciale della mia vita lo avevo visto con i miei amici del liceo, era la Rinascente a Via del Tritone, in pieno centro storico.
<< A' cosa semplice... Piuttosto, pensiamo a 'ste liste, che sennò se dimentichiamo qualcosa ci menano a sangue... >> commentai.
<< Non vi preoccupate, ci tengo a farvi tornare integre a casa! >> esordì una voce familiare alle nostre spalle. Mi girai di scatto, e si palesò davanti ai miei occhi l'ultima persona che avrei voluto vedere: Annibale.
<< Annì, sempre al lavoro tu, eh? >> sorrise Emma, sfoggiando il migliore dei suoi sorrisi. La guardai male: ci mancava solo la sua sfacciataggine.
<< Eh, io non sono mica uno studioso, come voi... Ero troppo svogliato per un futuro sui libri! >> rispose lui.
<< Ma noi non abbiamo dimenticato le cose di tutti i giorni. Infatti siamo venute a fare la spesa! >> esclamò lei.
<< Vedo, vedo... Ma comunque niente vi impedisce di essere bravissime, specialmente la nostra Leti... >> continuò lui, guardando me. Abbassai velocemente lo sguardo.
<< Leti è sempre la migliore della classe e una delle più secchione della scuola! >> esclamò Emma, cingendomi le spalle con un braccio.
<< Non sono la migliore. Mi impegno e basta >> mi affrettai a dire.
<< La modestia è una grandissima dote, lo dice sempre mia madre. Chi sa di valere non se ne vanta >> mi rassicurò Annibale. Era così maledettamente gentile da farmi bruciare: era solo giugno, ma mi sentivo ardere come se fosse agosto.
Si accorse del mio disagio.
<< Dai, vi do una mano con la spesa, così a casa non vi fanno storie... >> sorrise rassicurante, aiutandoci con le buste. Mi sentivo effettivamente meglio.
***
Il 15 giugno dovevamo partire per Modica, come ogni anno. In quel periodo non sapevo proprio quello che volevo: da quando avevo cominciato il ginnasio, sentendo parlare i miei compagni riguardo vacanze meravigliose all'estero, in Europa e anche fuori, mi veniva la depressione al pensiero dei soliti tre mesi in Sicilia, per quanto avessi sempre amato la terra d'origine di mio padre, ma chiaramente questo accadeva per il principio che nella vita si cresce e si cambia; in quell'estate del 1997 benedissi la mia permanenza sicula perché almeno così credevo che sarei stata al riparo da quella sensazione prepotente che si allargava nel mio petto ogni volta che vedevo comparirmi davanti Annibale.
Prepotente e sconosciuta, visto che non riuscivo ad assimilarla all'amore, come invece era da sempre nel caso di Gabriele: proprio per questa componente d'ingnoto mi metteva paura.
Speravo che, nella confusione della carovana che si creava sempre quando la maggior parte degli abitanti del Quartiere se ne tornava nei paesi d'origine per l'estate, non si accorgesse della mia presenza.
<< Leti! >> fece la sua voce dietro di me, smentendo tutte le mie aspettative.
Fui tentata di non girarmi, e invece mi comportai esattamente in maniera opposta.
<< Annì! >> esclamai.
<< Stai per partire? >> domandò.
<< Stiamo per partire tutti, Annì >> gli ricordai. La piazza principale si stava riempiendo di macchine, bagagli, persone che si lamentavano per il caldo, animali e provviste.
<< Prima di partire ti volevo dare una cosa... >> esordì.
<< Cosa? >> gli chiesi, con un po' d'emozione.
<< Chiudi gli occhi... >> ordinò sorridendo. Ubbidii.
Una frazione di secondo dopo sentivo le sue labbra sulle mie. Erano morbide. Poi la sua lingua: la lasciai entrare nella mia bocca, quasi senza reticenze. Ricambiai.
Non pensavo che mi sarebbe piaciuto un ragazzo nel breve termine, in fondo era passato veramente poco tempo dalla vera e propria fuga di Federico e della sua famiglia.
E invece adesso Annibale era lì, le sue labbra sulle mie, le nostre lingue che si intrecciavano e si ispezionavano con curiosità.
<< Porta questo bacio con te, a Modica. Se quando torni me lo restituirai, sappi che sarò qui ad aspettarti... >> mi promise.
<< Lo conserverò, e poi ti farò sapere. Passa una buona estate, Annì >> gli augurai.
<< Anche tu, Leti >> rispose lui, guardandomi con gli occhi marroni speranzosi, i capelli castani chiaro che venivano agitati leggermente dal vento caldo di giugno.
Mi allontanai, dirigendomi alla macchina di mio padre, che stava per mettere in moto.
Cercai di non sorridere per non destare sospetti nei miei genitori e nei miei fratelli.
Quando la macchina partì, l'ultima cosa che vidi fu l'immagine di Annibile che diventava sempre più piccola, fino a che non fu un punto indistinto, inghiottito dall'autostrada.
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