Capitolo 24

Quando Emma mi aveva parlato della vendita dei vestiti suoi e di Sonia alle nostre compagne di scuola, non avevo idea dell'entità del business che avevano messo in piedi: me ne accorsi qualche settimana dopo, quando un giorno, a ricreazione, vidi la mia amica e la sua "socia" parlare fitto fitto nientemeno che con Caterina Esposito, il che era una cosa veramente strana: la ragazza più ricca e snob della mia classe parlava a stento con noi compagni di aula e con gli altri studenti del classico al massimo, mai avrei immaginato che potesse concedere la sua attenzione a due ragazze dell'artistico, due ragazze con delle meches rispettivamente viola e blu tra i capelli, per di più.
E invece fu proprio quello spettacolo che mi si palesò davanti agli occhi.
<< Ciao, Leti! Aspettavamo te... >> esordì Emma, vedendomi arrivare.
<< Ragazze... >> risposi, avvicinandomi allo strano terzetto.
<< Stavamo parlando della festa che si terrà venerdì sera nella mia villa >> spiegò Caterina.
<< Una festa nella tua villa? >> domandai a quella ragazza per cui dovevi sottoporti alla selezione naturale, per esserle amica.
<< Esatto. Cate vuole presentare ai suoi amici la nostra collezione, e siccome sei stata la nostra prima testimonial, allo scorso Capodanno, andremo tutte insieme >> continuò Sonia.
<< Ci possono accompagnare Gabriele e Mario >> aggiunse Emma.
<< E che c'entrano gli Altieri? >> volli sapere.
<< Mica ci possiamo andare col motorino, si rovinano i vestiti... E poi quei due erano ricchi, una volta, avranno solo che da ringraziarci se li facciamo tornare, per una sera, nel loro habitat naturale >> dichiarò lei.
<< Emma ha ragione. E poi se questo Mario è bello come suo fratello, un Adone in più non guasta, giusto? >> concordò Caterina.
<< Giusto. Penso che gli farà piacere... >> dissi quasi meccanicamente. Mi sembrava una situazione al limite dell'assurdo: Caterina Esposito che scendeva dall'Olimpo per mischiarsi con la plebe e farci pappa e ciccia; Emma e Sonia che disprezzavano chiunque entrasse a fare parte del corteo dell'ape regina di turno, le quali adesso invece facevano le amicone proprio con una di esse. Mi chiedevo se per dulcis in fundo ci sarebbe stato un flirt tra la padrona di casa ed uno degli Altieri.
<< Allora ci vediamo venerdì sera alle otto, a casa mia! >> decise la Esposito.
Il suono assordante della campanella di fine ricreazione fendette l'aria che pareva tagliarla in due. Tornammo nelle nostre rispettive classi.

                                     ***

Quando dissi alla mia famiglia della festa a Villa Esposito, per poco mia madre non bucò il soffitto dalla felicità: cominciò a dire che finalmente facevo qualcosa di sensato nella vita, che le mie nuove amicizie potevano essere un biglietto da visita per un mondo più agiato, e che magari avrei fatto qualche altro grasso acchiappo meglio di quanto lo era stato Federico; mio padre, scevro dall'opportunismo di lei, mi fece pattuire che il giorno dopo sarei venuta in pizzeria lo stesso, anche con le occhiaie.
Suonai a casa di Emma: mi disse che aveva già avvertito Gabriele e Mario, e convinto i suoi a sdoganarla.
<< Adesso, però, non perdiamo tempo con le cazzate burocratiche. Dobbiamo provarci i vestiti >> precisò  poi, trascinandomi nella sua stanza, dove Beatrice e Marta stavano studiando.
<< Aria, poppanti, che qui abbiamo da fare cose serie! >> berciò Emma rivolgendosi alle sorelle minori.
<< Ma noi abbiamo da fare, cazzo! >> sbraitò Beatrice.
<< Dovete fare due compiti, che tra elementari e medie non si meritano nemmeno questa denominazione, potete andare in camera da pranzo! >> ribatté la maggiore in tono spiccio.
<< Ma se il tavolo fosse già occupato? >> domandò la minore.
<< Non è occupato, fatevelo andare bene! >> imperò Emma senza ammettere repliche.
<< Lo sgabuzzino, mamma e papà devono ricavare una stanza dallo sgabuzzino, come hanno fatto i Finelli, così almeno avrò un po' di privacy! >> sbottò la figlia di mezzo dei Ferranti, seguita a ruota dalla sorella più piccola. Emma si affrettò a chiudere la porta: non le rimproverai di aver trattato male Beatrice e Marta, lo faceva sistematicamente.
<< Ho pensato ai vestiti che dovremmo portare... >> cominciò poi, frugando nell'armadio.
<< Quale mi hai assegnato? >> le chiesi.
<< Questo qui: verde erba con spalline sottili, con stampe di ginestre. Si intona coi tuoi occhi e col tuo soprannome qui nel Quartiere! >> decretò, mettendo tra mie mani la sua creazione. Mi piaceva moltissimo, ma lo trovavo troppo provocante.
Emma se ne accorse. << Come mai quella faccia? Non ti piace? >> domandò.
<< Non è quello. È che mi pare troppo scollacciato... Mi sembra di essere una escort di lusso, circa dieci gradini più su di Alice e sua madre, nella scala delle puttane... >> obiettai.
Lei si mise accanto a me davanti allo specchio, mi guardò negli occhi attraverso il riflesso.
<< Leti, noi siamo diventate donne, ormai. Non siamo nemmeno niente male. Ma tu hai un sacco di freni, troppi. Non ti rendi conto che, truccata e vestita di tutto punto, potresti ottenere tutto quello che vuoi da qualunque maschio ti capiti davanti? >> mi fece presente.
<< No, non sono così. Lo dici solo perché sei la mia migliore amica. Io sono un manico di scopa, lunga e secca, e l'unico ragazzo vero che io abbia mai avuto se n'è andato da un giorno all'altro... >> sospirai sconsolata. Mi sentivo brutta, insignificante, poco femminile e priva di una personalità definita, al contrario di Emma, che da quando aveva scoperto di saper essere provocante, a modo suo, la sfoggiava come la più vincente delle armi.
<< Vedi? C'avevo ragione io... Sei frenata, devi scioglierti... Pensa che con noi ci viene Gabri... >> sorrise maliziosamente, facendo leva sul mio eterno punto debole.
Pensai che, sfoderando il mio fascino più libidinoso, lo avrei riportato a gravitare nella mia orbita. Per cui sorrisi, e mi sciolsi un po'.

                                      ***

Quel venerdì sera arrivò anche troppo in fretta per i miei gusti, ma quando fui pronta mi rilassai, guardando la mia immagine riflessa nello specchio con soddisfazione: come sempre aveva ragione Emma, mi sottovalutavo eccessivamente.
Quando andai a prenderla per poi dirigerci insieme da Gabriele e Mario, però, la mia autostima tornò nuovamente ai minimi livelli; con quell'abito fucsia con stampe di girasoli a sottolineare il suo egocentrismo, senza spalline e con un piccolo spacco a V al centro, i capelli raccolti da un fermaglio a destra e ricadenti a sinistra, dal verso della sua solita riga, mi oscurava letteralmente.
<< Allora, come sto? >> esordì, girando su se stessa. Mi resi conto che mi aveva rivolto una domanda retorica: era ovvio che stesse benissimo.
<< Sei splendida. Sicuramente sarai il centro della festa >> dissi quasi mestamente, ma cercando il modo per non far trapelare la mia infelicità e la mia invidia.
Seguì un silenzio imbarazzante, interrotto da un rumore di passi per le scale, in discesa.
<< A' belle! >> fece la voce di Gabriele. Ci voltammo verso i fratelli Altieri: in giacca e cravatta sembravano veramente due principi, come se non si fossero mai trasferiti nel Quartiere.
<< Ammazza che figurini! >> esclamò Emma.
<< E voi siete veramente due sventole! >> ricambiò Mario.
Li guardai: erano tutti e tre sulla stessa lunghezza d'onda, l'unica nota stonata ero io; in fondo, se ero stata ammessa a quella festa era stato solo per Emma e per i suoi vestiti fabbricati con Sonia. Mi sentivo residuale e niente riusciva a farmi sentire diversamente.
<< Dai, andiamo, altrimenti sai che figura da peracottari, se facciamo tardi? >> ci richiamò Mario.
Indossammo i cappotti che avevamo sottobraccio, scendemmo le scale fino al portone, uscimmo nella sera di ottobre: anche se l'autunno era arrivato da poco, laggiù la notte faceva un freddo cane già verso l'ora blu, quando il sole era appena tramontato.
Salimmo in macchina e Mario mise in moto. Mi imposi di divertirmi, di scrollarmi di dosso le inibizioni almeno per quella sera.

                                     ***

La villa degli Esposito si trovava all'Aventino, una delle zone più chic della città; intorno c'era un viavai di gente, segno che qualcuno era già arrivato.
<< Però, che lusso... >> commentò Emma, guardando la struttura.
<< Oh sì, sembra una di quelle ville dei film! >> concordò Sonia, che ci stava venendo incontro. Anche lei indossava un abito di quelli creati da lei ed Emma, blu con le mezze maniche e la scollatura rotonda, decorato da stampe di gelsomini.
<< Ciao, So... Che aria da imprenditrice che c'hai... >> fece Emma, guardando la sua amica. I suoi capelli erano raccolti, esattamente come i miei.
<< Dici seriamente o mi prendi per il culo? >> scherzò la Verdini.
<< Dice seriamente. Stai benissimo >> la rassicurai.
<< Dai, andiamo dentro, sennò famo notte! >> ci esortò Mario.
Ci dirigemmo dentro tutti insieme, e una volta che fummo al portone, mi fece uno strano effetto consegnare il cappotto ai camerieri. Emma invece lo fece con più disinvoltura pure di Mario e Gabriele, come se fosse sempre stata servita e riverita.
All'interno della villa i ragazzi ballavano, sedevano a chiaccherare, sorseggiavano cocktail.
Caterina si diresse verso di noi come una regina che riceve in visita i suoi sudditi: i capelli castani erano raccolti in uno chignon alto; indossava un abito dorato che sbrilluccicava, e décolleté marrone chiaro con tacco dodici su cui si muoveva con disinvoltura nonostante avesse solo quindici anni.
<< Carissime, ma che piacere vedervi! >> ci salutò, baciandoci tutte sulle guance.
<< Anche per noi, Cate! >> replicò Emma, con dei modi che non erano assolutamente da lei.
<< Quindi questi sono i vostri accompagnatori? >> fece la giovane padrona di casa, mangiandosi con gli occhi sia Mario che Gabriele.
<< Gabriele Altieri. Sono del secondo liceo. E questo è mio fratello Mario >> si presentò il minore degli Altieri. Ma l'attenzione di Caterina era tutta catalizzata sul maggiore.
<< Mario... Non ti ho mai visto nel nostro liceo... >> commentò, studiandolo per bene. Sembrava che se lo stesse mangiando con gli occhi.
<< In realtà sono all'ultimo anno dell'istituto tecnico industriale. Quest'anno mi diplomo >> rispose il diretto interessato.
<< Allora, perché non ci accomodiamo? Venite, vi faccio vedere la villa e conoscere un po' di gente... >> decise subito la Esposito prenendolo sottobraccio. Noi ci accodammo: eravamo solo un contorno, in quel momento Caterina vedeva solo lui.

                                     ***

La prima parte della serata fu tranquilla: i presenti erano tutti un po' alticci, ma non erano ubriachi; qualcuno si aggirava con uno spinello in mano, ma non si poteva certo definire fatto.
Ma dalla seconda parte la situazione degenerò: le luci stroboscopiche con la loro intermittenza ferivano gli occhi; l'aria, riscaldata dai fiati dei presenti, si stava facendo soffocante, intrisa di una cappa di fumo che non avevo più visto così densa dal Capodanno del 1995.
La maggior parte delle persone erano già tutte ubriache, qualcuno non si reggeva in piedi ed era caduto nella piscina esterna; qualcun altro si era rintanato da qualche parte in giardino, a vomitare; la droga circolava a fiumi, e accanto alle canne si erano aggiunti anche gli stupefacenti iniettabili e ingeribili: anche solo per cercare la strada verso il bagno si poteva inciampare sui lacci emostatici, sulle siringhe, sulle confezioni dei preservativi, e dalle porte delle stanze davanti a cui si passava, trapelavano perfettamente chiari i gemiti delle coppie che si erano appartate per scopare.
Anche se mi ero fumata e bevuta tutto il possibile per sciogliermi, avevo ancora un minimo di lucidità che mi permetteva di distinguere quello che mi circondava: barcollavo alla ricerca di un volto familiare in mezzo a quel bordello.
Su uno dei divanetti c'erano stravaccati Mario e Caterina, che si conoscevano da poche ore ma già si contorcevano come due anguille; Gabriele stava con la faccia affondata nella scollatura di una delle ancelle della Esposito; Sonia si era addormentata per terra con la bottiglia di rum che s'era scolata da sola; Emma, infine stava avvinghiata ad un ragazzo conosciuto appena - era del classico o dell'artistico, oppure non proveniva dalla nostra scuola? - e gli permetteva di toccare dappertutto, come faceva Italo quando aveva ficcato la mano in mezzo alla scollatura di Alice, davanti a me, ma Alice faceva la puttana per ordine di Pino O' Serpente, Emma invece stava facendo la cretina volontariamente, forse se lo sarebbe fatto lì, con gli occhi di duecento persone puntati addosso, senza protezioni, senza contegno, senza preoccuparsi di niente. E andava bene così. Nessuno era intervenuto per separarli: il loro atteggiamento era normale, in tutta quella confusione.
Volevo andare da loro, intervenire per fermarli, prendere la mia amica da parte e dirle che questo andava contro i suoi obiettivi, ossia andarsene dal Quartiere principalmente grazie al suo talento nel disegno, fare un sacco di soldi per mettersi dietro le spalle il passato, e che tra questi suoi obiettivi non rientrava buttarsi addosso al primo sconosciuto che le capitava a tiro. Ma più mi avvicinavo, più li percepivo come lontani, sfocati, irraggiungibili; era come se stessi macinando i chilometri per andare nella loro direzione, anche se loro erano a pochi passi da me. Mi girava la testa. Sudavo ma avevo anche freddo. Non mi reggevo in piedi e il cuore mi scoppiava nel petto.
<< Leti, che hai? >> fece una voce maschile, non riuscii a capire se era Mario o Gabriele.
C'era un po' di gente radunata intorno a me, mi stavano venendo incontro.
<< Oddio, Leti... >> riconobbi la voce del mio Gabri, le sue braccia arrivarono subito dopo.
Ancora oggi, a distanza di anni, non ricordo il momento esatto dello svenimento. Poi tutto divenne buio.

                                     ***

Mi risvegliai poco dopo, nella macchina di Mario: Gabriele mi aveva iniettato del narcon in endovena, prendendomi appena in tempo; Mario  ed Emma mi guardavano speranzosi, mentre Sonia dormiva nei sedili posteriori per smaltire la sbornia.
<< Leti, finalmente ti sei svegliata! >> esclamò Gabriele.
<< Che è successo? >> chiesi con voce flebile.
<< Sei andata in overdose, ma fortunatamente noi siamo laureati in recupero di gente drogata, Gabri ti ha fatto una puntura di narcon. Che vergogna, Leti... Sei del Quartiere e non reggi nemmeno un po' di coca! >> intervenne Emma, cercando di sdrammatizzare. Non ci vedevo nulla di divertente: se mi avessero ricoverato, probabilmente mia madre e Simona mi avrebbero gettato addosso secchiate d'insulti anche sul letto d'ospedale.
<< Per fortuna non c'è stato bisogno di portarti all'ospedale. Sennò sai che casino? >> la spalleggiò Gabriele.
Non capivo il motivo di tutta quell'ironia, sperai che lo facessero per me e non perché adesso pensavano che fossi una pappamolle.
<< Adesso riaccompagniamo Sonia a casa. Meno male che suo padre l'ha affidata a noi per il ritorno, altrimenti a vederla in questo stato avrebbe sbroccato seriamente >> intervenne Mario. Era pieno di succhiotti di Caterina, dovevano averci dato dentro. Chissà se lei si sarebbe ricordata di lui e viceversa.
Non m'importava granché, l'importante era il fatto di essere tornata a casa viva e vegeta, e tutto questo grazie al ragazzo che amavo di più al mondo.

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