Capitolo 19

Il 1996 sanciva ufficialmente la seconda metà degli anni novanta, e noi ci addentravamo sempre di più nella nostra adolescenza, mentre il mondo intorno cambiava, si lasciava man mano alle spalle il Secondo Millennio ed entrava nel Terzo: la guerra in Bosnia-Erzegovina continuava ad infuriare, i Take That si scioglievano definitivamente dopo l'addio di Robbie Williams l'anno prima, e Pietro Pacciani veniva assolto dalle accuse che lo vedevano coincidere con l'entità misteriosa del Mostro di Firenze.
Cambiavamo anche noi, ci incamminavamo verso il compimento dei nostri quindici anni: il tempo che passava acuiva le differenze tra Emma e me, ma niente, nemmeno i contesti diversi scalfivano la nostra secolare unione; i nostri corpi cambiavano, trasformandosi in corpi di donne: non so dire se fossimo inconsapevoli degli effetti di questi nostri cambiamenti sui maschi del Quartiere e non, o se invece lo sapessimo benissimo, ma a quattordici anni quasi quindici non esistono mezze misure, cose ragionate, zone grigie tra giusto e sbagliato; vuoi solo saltare oltre la rete, perché se scegli di rimanerci dietro senza mai vedere cosa c'è dopo, è come se morissi senza che ti seppelliscano.

                                    ***

La verità era che aspettavo i cambiamenti fisici per attirare di nuovo l'attenzione di Gabriele, esattamente come era successo quando avevo nove anni e lui undici; speravo che, vedendomi sbocciare, rimpiangesse quello che si era perso lasciandomi tre anni prima, e mi supplicasse in ginocchio di tornare insieme, stavolta con una nuova consapevolezza.
Ero convinta che lui fosse il mio destino e non mi accorgevo di suscitare qualcosa nei maschi nella mia classe, o meglio me ne accorgevo ma senza darci troppo peso, come se contasse solo Gabriele, e che tutti i ragazzi all'infuori di lui fossero melma, poltiglia, esseri inferiori, acerbi e brufolosi, con la peluria sparuta e le bocche che puzzavano di latte; i compagni di Emma non erano troppo diversi dai miei: lei sosteneva che magari, tra qualche anno, avremmo potuto rivalutarli, ma che al momento non si sarebbe scopata nessuno di loro.
Vedevo talmente solo Gabriele che non calcolavo quasi il fatto che potesse avere anche altre persone che gli morivano dietro.
Un giorno il mio compagno di classe Antonio Pietrosanti detto Tony mi prese da parte, a ricreazione.
<< Leti, tesò, tu conosci bene Gabriele Altieri, giusto? >> mi chiese a bruciapelo.
<< Sì, siamo delle stesse parti >> risposi, un po' perplessa.
<< Ma sai se è fidanzato attualmente? >> volle sapere, gli occhi verde chiaro avidi di curiosità.
All'improvviso ricollegai il tutto: Tony era omosessuale dichiarato, e aveva un debole per i ragazzi più grandi, ma non pensavo che tra questi ci fosse proprio Gabriele.
Tony era stato uno dei miei primi amici da quando avevo cominciato la quarta ginnasio: il suo carattere spontaneo ed estroverso mi aveva subito conquistata proprio perché ero   il suo esatto opposto, e oltretutto era il primo ragazzo gay che avessi conosciuto; nel Quartiere infatti, se ce n'erano, si tenevano per sé la loro natura, visto che altrimenti sarebbero diventati gli zimbelli della zona, appellati con epiteti profondamente dispregiativi.
Tony Pietrosanti adorava di me il fatto che il pregiudizio non fosse contemplato, nella mia mentalità, ed era vero: fin da piccola non ero mai stata capace di esprimere giudizi netti, di tracciare confini per delimitare ciò che mi andasse a genio e disprezzare quel che si trovava più in là; Emma, invece, non aveva mai avuto problemi a farlo, anzi, criticava e umiliava chiunque con la sua lingua tagliente e affilata, elargiva parole che, dette con una determinata intonazione, da semplici aggettivi diventavano etichette, marchi, condanne.
La richiesta di Tony, però, mi aveva fatto salire un minimo di gelosia: poteva essere attratto da chiunque, ma da Gabriele no. Lui non si doveva toccare, almeno dal mio punto di vista  - chissà quante ragazze lo avevano già toccato, e viceversa lui con loro.
<< Sì, è fidanzato. E poi è etero, Tony. Mi dispiace, ma con lui nun c'è trippa pe gatti >> replicai.
<< Ah, peccato. È proprio bello >> disse lui, guardandolo sognante.
<< Pure troppo >> ammisi.
<< Ma tanto è inutile che ci struggiamo per chi non ci vuole, tesò. Soprattutto tu, che sei statuaria e fai sangue a un sacco di ragazzi, in classe. Ma sei rigida, troppo. Dovresti fare teatro >> commentò lui.
<< Ma non so recitare, Tony. Mi vergognavo tantissimo alle recite di Natale, quando dovevo dire le battute >> raccontai.
<< E perché, io ero forse un attore shakespeariano quando ho cominciato? Dai, vedrai che ti divertirai tantissimo, e magari fai pure qualche acchiappo... >> disse Tony, strizzando l'occhio.
Accettai l'invito a vedere una lezione di teatro: magari aveva ragione lui, dovevo sbloccarmi e cominciare a volare.

                                    ***

Lo raccontai ad Emma, non vedevo l'ora di condividere con lei la proposta che mi aveva fatto Tony.
Eravamo all'Incompiuta e stavamo fumando canne.
Rise, come era il suo solito.
<< Tu che fai teatro? >> mi fece, passata la ridarella.
<< Sì, ti sembra strano? >> la sfidai. Mi sentivo offesa dalla sua reazione, nonostante sapessi com'era fatta da poco dopo la nostra nascita.
<< Sì, mi sembra proprio strano. Quando c'erano le recite di Natale, la maestra Francesca doveva tirarti fuori le parole con le pinze... >> ricordò lei, rivangando nella nostra memoria storica.
<< E allora, non posso imparare? >> replicai stizzita.
<< Per me puoi imparare anche il cinese, lo sai. L'ho sempre detto, possiamo essere chi vogliamo >> ribatté Emma.
<< E quindi, perché hai cominciato a ridere come se avessi detto qualcosa di molto divertente? >> domandai allora.
<< Perché sicuramente c'è un secondo obiettivo, che ti ha spinto ad accettare  l'invito di Tony >> rispose tranquillamente.
Aveva fatto centro, non aveva bisogno che parlassi, per indovinare le mie intenzioni, i miei pensieri e desideri. Invece io non la capivo mai, era sempre un enigma.
<< Tony mi ha dato un consiglio. Mi ha detto che sono rigida, che mi devo sbrinare >> dovetti confessare.
Appena dopo aver ascoltato quelle mie parole, si mise a ridere di nuovo.
La guardai costernata.
<< Madonna, Leti, te lo sto dicendo da una vita! Ci voleva quella checca isterica dell'amico tuo per fartene rendere conto? >> replicò.

                                     ***

Cercai di non dare peso a quello che mi aveva detto Emma, quando seguii Tony al corso di teatro. Volevo buttarmi a capofitto in quella nuova avventura, ma volevo farlo scevra da qualsiasi giudizio di chi mi conosceva bene e per questo sosteneva che non sarei durata un attimo.
<< Stiamo preparando Sogno di una notte di mezza estate, di Shakespeare. Indovina chi faccio? >> esordì lui.
<< Non so. Ma ad occhio, ti vedrei benissimo nella parte del folletto Puck >> ipotizzai.
<< Esatto, Leti! Ti è bastata un'intuizione per indovinare il personaggio che mi hanno assegnato! Lo vedi che sei nel posto giusto? >> mi fece presente.
<< E i quattro giovani protagonisti, chi li interpreta? >> gli domandai.
<< Quattro ragazzi del quinto ginnasio, cresciuti a pane e teatro. Era evidente che si sarebbero pigliati le parti dei protagonisti principali... Comunque stiamo cercando qualcuno che faccia la parte della Regina delle Fate >> rispose.
<< E avete pensato a me? >> chiesi sorpresa.
<< Esatto. Perché Titania, la Regina delle Fate, è flemmatica, ma quando Puck le fa un incantesimo che la fa innamorare di Nick Bottom rivela una passionalità inaspettata e incredibile >> mi spiegò lui.
Mi fece strano, essere definita "passionale", anche se nel profondo: di solito era Emma quella passionale, che agiva usando il cuore e l'istinto.
<< Dai, ti faccio conoscere il resto del "cast"... >> continuò, conducendomi sul palco, dove alcuni ragazzi provavano le loro parti, coloravano le scenografie, curavano la regia.
<< Ragazzi, lei è Letizia Finelli e sta in classe con me >> mi presentò Tony.
<< Ciao, Letizia. È sempre un piacere conoscere un nuovo acquisto. Mi chiamo Federico Battaglia e interpreto Nick Bottom, l'artigiano ateniese che fa innamorare Titania >> disse un giovane con i capelli un po' a spazzola scuri e gli occhi marroni. Aveva la barba curata, doveva essere più grande di me.
<< Faccio io Titania! Cioè, Tony mi ha detto che cercate una Titania... >> risposi, vergognandomi della mia iniziale superbia nel dichiarare che ero l'interprete di quella parte, senza nemmeno aver fatto un provino.
<< Sì, esatto. Abbiamo provinato un sacco di ragazze, ma nessuna ci aveva convinto >> disse una di quelli che dovevano essere i registi, avvicinandosi. << Daniela Rigoni, piacere >> aggiunse, presentandosi.
<< Letizia Finelli >> dissi stringendole la mano.
<< Con l'aspetto ci siamo, ora dobbiamo solo farti il provino... >> mi sorrise Federico.
Non avevo mai fatto un provino vero, la mia esperienza teatrale si fermava alle recite delle elementari e non era mai andata oltre, ma in quel momento non ebbi paura: col sorriso di quel ragazzo negli occhi affrontai quella prova. E la parte di Titania fu mia. Ora dovevo solo convincere mia madre a farmi frequentare tale corso.

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