Capitolo 1
La notizia, fresca di poche ore, si diffonde come le onde sismiche di un terremoto dall'ipocentro all'epicentro, saltando di bocca in bocca, nel Quartiere: ma quando i caseggiati sono come gli alveari, le api si affacciano dalle loro celle per interagire, ronzando, con gli altri; solo che le api sono utili perché producono il miele, mentre gli abitanti dei casermoni si affacciano dagli appartamenti solo per sparlare.
Siamo una gran massa di pettegoli, non mi chiamo certo fuori: i Ferranti, però, sono abituati ad essere al centro delle chiacchiere, a causa dei continui colpi di testa della loro figlia maggiore; tuttavia immaginano che Emma prima o poi si rifarà viva, la gente smetterà di parlare e la situazione rientrerà.
***
Ma non sono loro a preoccuparmi, bensì il marito di Emma, il povero Carmine: non è la prima volta che lei se ne va di casa, solo che ogni volta per lui è un colpo al cuore talmente forte che non ce la fa nemmeno a scendere giù in officina, lasciando da soli il padre e i fratelli.
Non sono mai riuscita a capire come facesse ad accettare tutto questo: se Emma avesse sposato qualcun altro del Quartiere, sicuramente l'avrebbe incatenata ai fornelli, per la gioia di suo padre, il signor Giulio, che non aveva mai condiviso l'irrequietezza della primogenita, perché gli sembrava che non l'avesse mai saputa educare, anche se non l'avrebbe mai ammesso.
Era stata fortunata, Emma, a conoscere quel povero martire - cascava sempre in piedi - proprio perché le permetteva di fare il cazzo che le pareva: non per passività o per mancanza di carattere, ma perché l'amava troppo per tapparle le ali. Ne esistessero di più, di uomini così: sicuramente il mondo sarebbe un posto migliore.
***
Infatti era da lui che volevamo passare, mio marito Gabriele ed io, ma siccome se non fossimo passati prima dai miei, mia madre l'avrebbe saputo comunque che eravamo passati in zona, e me l'avrebbe fatto scontare più dei miei peccati, abbiamo fatto tappa da loro, accolti da una nuvola di malelingue su Emma.
<< Certo che non si smentisce mai, quella puttana dell'amica vostra. Sicuramente era per il tipo con l'auto di lusso, che se n'è andata >> commenta mia madre, noncurante che Emma sia pure la sorella di sua nuora Marta, che l'anno scorso ha sposato mio fratello minore Dario.
<< Il tipo con l'auto di lusso? >> chiedo, sicura di essermi persa qualcosa. Non solo non vivo nel Quartiere ormai da tempo, ma oltretutto Emma è sempre molto riservata, riguardo i suoi amanti.
<< Era uno che la veniva sempre a prendere con un macchinone nero, un suv, almeno i primi tempi. Poi non s'è più visto. Era Emma ad andare da lui >> interviene Marta, dirigendosi verso di noi. Ha trentadue anni, i capelli rosso chiaro e gli stessi occhi azzurri della sorella: tiene in braccio un bambino di un anno. Si chiama Eugenio ed è mio nipote.
<< Era da tanto che veniva? >> domanda Gabriele.
<< Da circa prima che Dario e io ci sposassimo. Parcheggiava poco lontano dal palazzo, e appena lo vedeva dalla finestra, Emma lo raggiungeva >> spiega mia cognata.
<< Che vergogna. Col rischio che qualcuno la potesse vedere e parlare dietro alla famiglia, di riflesso. Mi chiedo come abbia fatto quel poveraccio del marito a non chiedere mai il divorzio >> fa mia madre, ponendo l'accento su una realtà che per tutti, qui, è un mistero, ma che per me è intimamente lapalissiano. Ma solo io conosco cosi bene Emma da comprendere, anche se con difficoltà, le sue scelte, perfino le più assurde.
<< Emma è fatta così >> cerco di concludere, per evitare che mia madre continui a sputare fango su di lei davanti alla sorella e al nipote.
<< Allora è fatta male, forse anche più di te. Anzi, finalmente capisco perché vi siete trovate subito >> continua imperterrita la mamma, attaccandosi alla fuga di Emma per insultare anche me. Mi pareva strano, che non mi avesse sputato in faccia la sua dote quotidiana di veleno.
Non ho nemmeno la forza per rispondere, ma per fortuna Gabriele cambia prontamente discorso.
<< Carmine è dentro casa? >> chiede subito.
<< E certo, dove volete che sia? Non uscirà per tre giorni buoni, ve lo dico io >> sostiene, prima che noi ce ne andiamo.
***
Scendiamo le scale, diretti al palazzo di fronte: da fuori vediamo che le persiane dell'appartamento di Carmine ed Emma sono chiuse; poveraccio, nemmeno ha il coraggio di mostrarsi, nemmeno dopo l'ennesima fuga.
<< Dici che ci apre? >> chiedo a Gabriele, mentre ci avviciniamo al campanello.
<< Penso di sì. Sa che almeno noi non gli parleremo dietro >> risponde, pigiando vicino alla targhetta "Ferranti-Floris".
Suona a lungo, per assicurarsi che Carmine senta.
<< Chi è? >> fa la voce del proprietario di casa, laconica e distrutta, al di là del campanello.
<< Letizia e Gabriele >> dice mio marito. Aspettiamo un paio di secondi, poi il portone si apre.
Entriamo all'interno del caseggiato, così maledettamente uguale a quello del mio, e così via tutti i casermoni del Quartiere, tanto che, per distinguere i portoni siamo stati costretti, nel tempo, a metterci dei segni distintivi, per non perderci.
<< Guarda un po' chi si rivede! Vi ci voleva l'ennesima fuga della Floris per farvi tornare! >> esclama una voce femminile. Ci giriamo: è Renata Caruso, la portinaia del palazzo nonché nonna materna di Viviana, una delle nostre migliori amiche fin dall'infanzia.
<< Signora Caruso... >> la saluto.
<< Signora... Venivate a fare merenda in portineria tutti i pomeriggi! Foste sempre rimaste ragazzine, magari non arrivavate a questo punto... >> commenta lei. Non ci fai niente: per Renata potremmo anche essere cresciute, ma resteremo sempre le bambine di otto anni che fungevano da sorelle acquisite alla nipote, così disperatamente figlia unica.
<< Forse questi comportamenti non vengono con l'età adulta, magari ci sono sempre stati... >> risponde Gabriele.
<< Mah, sarà come dici tu... Però nessuno mi toglie dalla testa che Emma s'è stufata definitivamente di questo matrimonio finto >> dichiara Renata, continuando a spazzare per terra.
Questa frase non è campata in aria.
***
Saliamo fino al secondo piano, dove abitano i Floris: a piedi ovviamente, visto che l'ascensore è di nuovo inagibile.
Avranno appiccato un incendio? O ci avranno fatto scoppiare un petardo?
Qualcosa sarà successo, visto che gli ascensori, nei casermoni, non li abbiamo quasi mai visti funzionare.
La porta dell'appartamento è semichiusa: Gabriele la spinge delicatamente, entrando.
<< Carmine? >> lo chiama.
<< Siete da soli? >> domanda il marito di Emma.
Notiamo che, con tutte le finestre chiuse per evitare gli occhi indiscreti, regna la penombra.
<< Sì, siamo da soli >> intervengo.
<< Venite di qua, in soggiorno >> ci fa Carmine. Ubbidiamo e avanziamo verso il soggiorno dell'appartamento, dove è accesa solo un'abat-jour, che comunque riesce a darci un'idea dello stato del giovane Floris; è l'ombra di sé stesso: in vestaglia blu, non si è nemmeno tolto il pigiama, né si è rasato.
<< Dov'è il biglietto? >> gli domando subito, senza passare per il "come stai". Sarebbe una domanda ovvia, retorica e circostanziale.
<< Eccolo qui. Mi ci sono svegliato, come ti ho detto stamattina al telefono >> risponde lui.
Esattamente verso le sette, Carmine mi aveva chiamata, chiedendomi se Emma si trovasse da me. Gli avevo detto di no, ma ero tutto sommato tranquilla: erano più le volte in cui lei fuggiva con l'amante di turno piuttosto che quelle in cui rimaneva dentro casa a fare la brava moglie, credevo che questa ennesima fuga fosse nella norma.
Se non fosse che Gabriele mi aveva ricordato che erano passati solo tre mesi dallo scontro tra Italo Bianchi, figlio dei portinai di un casermone e boss del Quartiere, e Ruggero Di Maggio, magnate dell'edilizia e concorrente del Conte Bianco sulla piazza di spaccio; non avevo la più pallida idea di cosa potesse c'entrare questo con Emma e le sue fughe, ma siccome mio marito immaginava che la polizia non avrebbe perso l'occasione di invadere il Quartiere, aveva sostenuto che Carmine non sarebbe riuscito ad affrontare eventuali interrogatori da solo, e che dovevamo stargli vicino altrimenti sarebbe crollato.
<< È la prima volta che se ne va lasciando un biglietto. Non si è mai presa la briga di avvertire, quando se ne andava >> specifica.
<< No, è vero. Non l'ha mai fatto >> concordo.
Il silenzio che piomba tra noi viene interrotto solo dal suono del campanello: è lungo, prolungato, nervoso. Pensiamo immediatamente agli sbirri: durante la guerra delle bande venivano spesso qui, torchiavano tutti per ricavare informazioni, non avevano alcuna paura di essere picchiati o ammazzati.
È Gabriele ad aprire la porta. Davanti ai suoi occhi compaiono tre volti noti: il commissario Emanuele Fortis, l'ispettrice Alba Pellegrino e l'agente Fontana, omonimo di mio marito.
<< Polizia >> esordisce Fortis, mostrando il distintivo.
<< Cos'è successo? >> domanda prontamente Gabriele.
<< Stiamo cercando Carmine Floris. È in casa? >> fa il commissario.
<< Sì, come mai lo cercate? >> vuole sapere mio marito, mentre io lo raggiungo, stupita di vedere quei tre di nuovo nel Quartiere.
<< Vogliamo che ci dia informazioni su sua moglie, Emma Ferranti. È l'amante di un pericoloso latitante, Luca Berardi, il braccio destro dei Di Maggio. E sospettiamo che sia latitante anche lei >> spiega la Pellegrino.
Non troviamo le parole per controbattere.
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