Cap. 2| Bharatanatyam

Il lago era enorme. Alla vegetazione rigogliosa si alternavano punti in cui la terra era brulla, mentre in altri vi erano conformazioni rocciose di pietra arenaria e si scorgevano delle grotte. L'acqua era limpida grazie al fondo fatto di piccoli ciottoli, mentre la spiaggia si trovava in un'insenatura riparata da un costone roccioso.

Freja e Lucas si godevano la frescura del mattino con due bicchieri di un cocktail locale fatto con un latte vegetale aromatizzato con spezie; non riuscivano ad identificare ciò che stavano bevendo con gusto, ma era delizioso e rinfrescante.

Mentre facevano il bagno, iniziarono a giocare come bambini. Si schizzavano. I corpi divennero trampolini per i tuffi e le cosce spalancate archi sotto cui passare; poi le risa si trasformarono in sospiri, in tocchi e baci audaci.

Tornarono alle sdraio accaldati e frementi di eccitazione. I bicchieri del cocktail al latte di nuovo pieni erano lì, pronti, per lenire il calore crescente, invitanti e seducenti, con il loro bianco che risplendeva come neve al sole di metà mattino.

Le mani che si sfioravano, erano tentate e nello stesso tempo tentazione. L'aria era satura di profumi e un leggero vento leniva i raggi solari. La natura stessa partecipava al piacere e all'eccitante attesa del possedersi. Un barlume di lucidità si fece strada nelle loro menti annebbiate rendendoli consci della presenza di altre coppie: - meglio tornare in camera.

Lungo il tragitto non riuscirono a non toccarsi, a non baciarsi. Provavano una frenesia mai provata prima. La loro vista era annebbiata dal verde lussureggiante, dai rumori accentuati e dai sensi in estrema allerta nel cogliere i segnali della persona amata. Battiti d'ali, colori brillanti, odori inebrianti, anche una foglia che sfiorava l'epidermide diveniva smania di sfregamento di cosce fra di loro per lenire la voglia incontrollata.

L'atrio era un sottobosco in penombra, un accesso a una radura, il corridoio un sentiero protetto da foglie e rami intrecciati, il pavimento una coltre di foglie e fiori.

Entrati in stanza, Lucas bloccò la moglie sulla porta. L'urgenza di possederla era insostenibile.

Fece scorrere la lingua lungo i seni, le mani a denudarli e a carezzarne i contorni fino ad afferrare tra le dita i capezzoli e a tirarli, prima di accoglierli in bocca. Non era più un uomo, ma un rettile. Era un serpente, voleva strisciare sul corpo nudo di Freja, avvolgerlo in spire in modo da sentirne ogni parte a contatto con il suo.

Il corpo bianco di lei aveva il sapore e l'odore inebriante del cocktail bevuto in spiaggia. Le frange del copriletto erano rivali, serpenti che anelavano al possesso del ventre della moglie. L'avvolgevano, carezzavano, le strisciavano sensuali sull'epidermide lucida di sudore, si insinuavano tra le labbra carnose, diventavano tutt'uno con i capelli aperti intorno al capo e si intrecciavano con i ricci della sua femminilità. Lei si agitava a quei tocchi. Sospiri, gemiti e urla di piacere, che non riusciva più a controllare, le uscivano prepotenti dalla gola riarsa.

Lucas era eccitato oltre misura alla vista della moglie posseduta da un nugulo di serpenti striscianti. Non riusciva più a resistere al desiderio smodato che aveva del calore di quel corpo perfetto per scaldare il suo che sentiva improvvisamente freddo. Voleva essere l'ultimo a possederla, a marchiarla, a invaderla con il suo seme. Aveva un bisogno, più che fisico, dei seni e dei glutei di Freja per bloccare il suo, ora così liscio e scivoloso. Voleva saggiare con la sua lingua biforcuta ogni parte di lei ed invadere contemporaneamente i suoi due caldi nidi.

Freja fu scossa da spasmi incontrollati, figli di un orgasmo che mai prima aveva provato. Lucas sentiva di possederla, finalmente completamente, con entrambi i suoi peni, e mentre con le squame stimolava il suo centro nevralgico, lei saziava le sue fauci con il corpo del marito, in una danza di amore, morte e rigenerazione. Rosso sangue che si fondeva con bianco latteo sperma.

Lucas spalancò gli occhi sconvolto e si precipitò in bagno a vomitare. L'incubo di essere stato un serpente mentre faceva l'amore con la moglie, e di lei che lo divorava, mentre ancora erano entrambi persi nell'orgasmo, ben vivido negli occhi e nella mente.

Freja sul letto stiracchiandosi stanca e soddisfatta come mai era stata, vide Lucas uscire dal bagno con una faccia sofferente.

-Stai male?
Lucas non ebbe il coraggio di dirle quello che gli era accaduto.

-Sì. Mi sento strano, - disse poggiandosi la mano sullo stomaco, - avrò mangiato qualcosa che mi ha dato fastidio.

Lei si alzò e gli mise la mano sulla fronte.

-Stai tranquilla, mi metto un altro po' a letto. Tu hai laboratorio di danza, vai pure, un po' di riposo e passa.

Freja indugiò qualche secondo davanti alle porte di legno. Era quello il laboratorio di danza?

Entrò e si schiarì più volte la voce finché una giovane donna vestita con un sari non la notò e la invitò a unirsi alle altre.

Era un salone piuttosto alto, con le pareti color rosso acceso e il pavimento di legno lucidissimo. La signora Noojier, insieme ad altre turiste, era già lì, attenta nell'ascoltare una donna di mezza età che tentava inutilmente di spiegare come posizionare le gambe. Freja la salutò con la mano e lei rispose con il consueto entusiasmo.

- Molto bene - mormorò la donna vestita col sari - il mio nome è Sarika. Sono un'istruttrice di Bharatanatyam. Nel nostro villaggio ne pratichiamo una variante diversa ogni anno per la festa del Prasava. Oggi vi spiegherò le basi, così potrete danzare anche voi durante il banchetto cerimoniale.

- Un momento, - la interruppe Freja, - dovremo ballare alla festa?

Sarika accennò un sorriso materno - Nessuno può obbligarvi. Tuttavia, è usanza che tutte le donne danzino insieme, comprese le straniere. Gli anziani del villaggio amano le tradizioni.

Freja annuì lentamente e si posizionò a fianco di Nora, che la fissava al contempo divertita e imbarazzata.

- Come sta? - domandò in un inglese storpiatissimo.

- Bene, bene.

- Bene, bene - ripeté a pappagallo Nora, ammiccando con foga.

Sarika disse qualcosa in hindi ai percussionisti, poi si schiarì la voce.

- Il Bharatanatyam è una danza antichissima, tramandata negli anni di generazione in generazione. Non ricerca solo l'armonia del corpo, ma anche quella della mente. Dovrete seguire i miei movimenti e riprodurli come meglio potete.

Freja raccolse i capelli in una coda di cavallo, poi fece cenno a Nora di togliersi i tacchi alti.

- Via le scarpe. Via - ripeté, mimando il gesto di slacciarsi delle calzature. La giovane donna corrugò la fronte e impiegò un paio di secondi per comprendere il consiglio e seguirlo per attendere scalza nuove istruzioni.

Sarika fece un cenno e la musica tribale riempì subito la stanza. Si potevano quasi vedere i roteanti moti delle percussioni nell'aria fredda, come se le vibrazioni fossero spettri fluttuanti intorno a loro.

Il volume era piuttosto alto, forse abbastanza da danneggiare i timpani, ma dopotutto quello non era certo il circolo di Eiberg e Asmussen.

Sarika osservò le ragazze - Ci siete? Cominceremo con uno dei passi più semplici: l'acqua, - e iniziò a roteare verticalmente le braccia così da simulare il moto di un'onda. Le ragazze mimarono goffamente la donna e si guardarono negli occhi con espressione divertita.

- Seguite la musica! - esclamò Sarika, serissima - Dovete essere fluide come l'acqua. Due torrenti che scorrono nella foresta.

Eseguirono le indicazioni dell'istruttrice sotto il suo sguardo corrucciato.

- Ora battete il piede a terra senza muovere l'altra gamba.

Freja si rese conto che pian piano iniziava a sciogliersi. Stava cominciando a seguire il ritmo con più leggerezza. Era ancora parecchio distante dalla leggiadria di Sarika, eppure non pensava che sarebbe stata capace di danzare con quel pizzico di naturalezza.

- Molto bene. Ora possiamo passare alla terra. Sulle rive del torrente ci sono degli uccelli e molti alberi - Sarika congiunse le mani nel segno di preghiera e iniziò a roteare su se stessa. Freja deglutì. Sembrava un passo difficile da eseguire senza sembrare una perfetta imbecille.

Inspirò profondamente e immaginò di essere una gru in equilibrio su una zampa sola. Le sue membra si mossero quasi da sole con sempre più grazia. Il coro di tamburi l'avvolse completamente, coprendo qualsiasi altro rumore, penetrandole nel corpo fino a far risuonare tutti gli organi.

- I fiori sbocciano, appassiscono, poi rifioriscono - spiegò Sarika, chinandosi e ritraendo le braccia per poi rialzarsi col viso rivolto verso il cielo. Tutte la imitarono seguendo il flusso della danza in maniera davvero impeccabile. Stavano facendo progressi con una velocità quasi soprannaturale.

- È il ciclo della vita e della morte. La reincarnazione e il tempo che si ripete - la voce di Sarika si stava facendo sfocata, così come la sala intorno a loro. Per un attimo Freja percepì linfa scorrerle nelle vene, invece che sangue, e trasalì. Fu tentata di fermarsi, ma non poteva. Le sue braccia erano fronde che ondeggiavano al vento, le sue gambe zoccoli che pestavano il suolo.

Sarika sorrise soddisfatta alle donne.

- Davvero molto bene. Ora il cosmo. Il tempo e il grande serpente che avvolge tutto nelle sue spire. Seguitemi.

Freja si guardò intorno. Le sue compagne di danza si contorcevano in pose innaturali, tenendo le gambe chiuse e muovendo le braccia con una sinuosità invidiabile.

Un forte disorientamento, simile a quello che aveva provato durante l'ultimo amplesso, la avvolse fino a farle mancare il fiato. Non capiva se era lei a muoversi o il mondo a rotearle intorno. Le sembrava di essersi assopita in un grottesco dormiveglia, la sua coscienza si era dissolta come inchiostro nell'acqua. La musica, in cui si era totalmente perduta, iniziò ad assumere forme astratte e tangibili. Ora era lo scontro di mille supernove sotto la pelle, ora il ritmo ellittico delle orbite dei pianeti. Uno strano tepore s'impadronì di lei. Sentiva d'essere un tutt'uno con la danza, si muoveva leggiadra e strisciante, seducendo ombre invisibili di fronte a lei.

Sarika sorrise soddisfatta e si arrestò. Loro continuarono, ormai troppo assorte da quello strano rituale esotico per fermarsi. Batté quindi le mani e improvvisamente i percussionisti si fermarono.

Freja quasi cadde a terra. Barcollò a lungo prima di ritrovare l'equilibrio. Le altre risero, entusiaste dell'esperienza, e si scambiarono occhiate colme d'incredulità.

Solo Freja restò seria, quasi timorosa.

Fu Nora a scuoterla da quello stato di catarsi, stringendole il braccio in una morsa che la fece sussultare.

- Bello. Bello, no? - biascicò con l'indelebile sorriso ebete prima di andar via.

Freja le sorrise di rimando sforzandosi di annuire. - Bello, bello...

La seguì con sguardo imbarazzato, poi accennò qualche passo in avanti. Le sembrava di camminare staccata da terra. Si avvicinò a Sarika.

- Mi scusi. Ma è normale che facciate fare queste cose ai turisti? Ho sentito una sensazione molto strana mentre ballavo.

Sarika scosse la testa - Non si preoccupi. Il Bharatanatyam è una danza molto antica e ipnotica. È normale sentirsi assuefatti, perché ha radici nella spiritualità della donna. Si sente bene?

- Sì, credo di sì. È solo che non ho mai provato niente di simile, tutto qui, non credevo fosse possibile perdere il controllo del proprio corpo così. Come da sonnambuli.

Sarika sorrise, - Se le gira ancora la testa le consiglio di bere un po' del nostro latte.

Quando rientrò in camera, trovò Lucas che dormiva tranquillo. Decise di farlo riposare fino al momento di prepararsi per andare al banchetto. Si sentiva ancora spossata e andò a farsi un bagno rilassante.

Quando uscì dal bagno trovò Lucas che leggeva.

-Ti senti bene ora?- chiese lei, - ci dobbiamo preparare per il banchetto, te la senti?

-Certo, andiamo pure.

Lucas strabuzzò gli occhi. La sala era completamente priva di finestre. L'illuminazione proveniva unicamente da bracieri posti su treppiedi e candelabri appesi al soffitto di pietra, creando un'atmosfera spettrale.

Un valletto li accompagnò al tavolo. La sala era già gremita di gente vestita in abiti cerimoniali che discuteva animatamente in hindi mentre i musicisti accordavano gli strumenti. Il tavolo era basso e lunghissimo, pieno di vassoi coperti da cupole argentee, e una fila di cuscini dai colori sgargianti fungeva da seduta.

Lucas si sentì a disagio perché comprese che avrebbero partecipato ad un rito locale di profonda significanza. Pensò che andando via avrebbe offeso i presenti e non avrebbe assaggiato quei cibi che mai prima d'ora aveva visto. Dopotutto un po' di confusione non aveva mai ucciso nessuno.

La musica si aggiunse al brusio di fondo e nella sala si diffuse un profumo pungente, un'aroma esotico, che aleggiava come una patina nebbiosa.

I coniugi Noojier furono fatti accomodare poco distante dalla coppia danese e si rivolsero un cenno amichevole.

Un indiano dal volto scavato dalle rughe, seduto a capotavola, iniziò a recitare una lunga preghiera sbracciandosi e indicando con ampi gesti le pietanze e la sala del banchetto; i commensali risposero in hindi e i vassoi furono scoperchiati.

Gli abitanti del villaggio si catapultarono sul cibo, afferrandolo a manciate con le mani per poi gettarlo sui piatti di legno. La musica incalzò e la nebbia sembrò farsi più densa. Lucas prese timidamente una specie di tortina di riso finissimo. Gli indiani ridendo gli fecero cenno di mangiare liberamente. Scrollò le spalle e si riempì il piatto delle più svariate vivande, poi si rivolse a Freja. Non aveva ancora toccato cibo.

- Non hai fame? - domandò, intingendo il pane naan in una strana zuppa verdastra - Se non mangi li offenderai.

- Ora mangio qualcosa. - Era piuttosto pallida, sembrava stordita, non era abituata alla musica dissonante, all'abbuffata, all'atmosfera pregna di spezie. Lucas annuì, poi le allungò un paio di ravioli.

L'inconfondibile risata isterica della signora Noojier si aggiunse improvvisamente alla cacofonia di voci. Lei e il marito avevano iniziato a ingozzarsi di cibo con mirabile voracità sotto gli sguardi soddisfatti degli indiani. Vederli mangiare con le mani, inzuppandosi le giacche mentre si sdraiavano per raggiungere le pietanze più lontane, era uno spettacolo patetico.

Disgustato, Lucas distolse lo sguardo e si concentrò sul proprio piatto. Mangiò con calma, cercando di assaporare il gusto dei cibi, ma il vapore speziato e l'atmosfera pesante rendevano tutto piuttosto insipido. Gli indiani intorno a lui si abbuffavano con dignità, seppure concentrati nel mangiare più in fretta possibile. Lo incalzavano con parole sconosciute e sguardi colmi di ubriachezza, costringendolo a sfoggiare sorrisi imbarazzati e a riempire il piatto ogni volta che si svuotava.

Le portate si susseguirono senza fine per ore. I valletti continuavano a portare nuovi piatti al ritmo della musica microtonale.

Venne servito vino occidentale, miscelato con quel dolcissimo latte, e tutto iniziò a farsi ancora più sfocato.

Freja smise di piluccare il cibo e incominciò a bere. I lineamenti dei commensali si distorcevano attraverso i vapori, ormai divenuti una nebbia fitta, e nulla importava più se non ridere e ingozzarsi. Il banchetto si stava trasformando in un baccanale selvaggio dall'atmosfera soffocante.

Lucas e Freja bevvero un calice di vino dopo l'altro, sperando di attutire l'allucinato senso di nausea che improvvisamente li tormentava. La musica trapanava loro le orecchie e il cibo aveva perso ogni aroma.

Le danzatrici entrarono nella sala, roteando intorno ai tavoli. Freja cercò di mimetizzarsi abbassando lo sguardo. Non aveva nessuna intenzione di danzare il Bharatanatyam, brilla com'era. Sarika sembrò notare il suo pallore, perciò non la approcciò e si limitò a invitare le altre turiste. Nora accettò sghignazzando e, ubriaca fradicia, si cimentò in un goffo ballo che fu accolto dalle risate. Nessuna tra le turiste riuscì a replicare i passi di danza appresi durante il breve corso e le esibizioni furono a dir poco ridicole.

Freja si chiese perché mai le avessero istruite su qualcosa che poi non era servito a granché. Terminate le danze, la musica finalmente si arrestò.

Lucas si levò la giacca zuppa di sudore e tirò un sospiro di sollievo. Gli anziani seduti a capotavola ripresero a cantilenare per poi gioire all'unisono.

Un enorme uovo, poggiato su un baldacchino d'argento, venne fatto entrare sorretto da quattro valletti. Lucas spalancò la bocca. Era grande come una testa umana, se non più, ed era ricoperto di decorazioni floreali meticolosamente incise sul guscio.

Un silenzio d'infinita riverenza calò nella sala.

La signora Noojier squittì entusiasta quando l'uovo venne deposto di fronte a lei, nel centro perfetto della tavolata, e gli indiani chinarono il capo all'unisono. Gli anziani recitarono l'ennesima liturgia pagana, unendo le mani e inginocchiandosi, e i commensali risposero in coro senza staccare gli occhi dall'uovo.

Lucas era affascinato, eppure sentiva una certa inquietudine serpeggiare nella sala. Quel silenzio improvviso era irreale, quasi allucinato. Quell'uovo non era solo un curioso idolo. La sua presenza risvegliava un timore reverenziale.

Un coro entusiasta si levò all'eco dell'ultima preghiera e uno degli anziani si avvicinò all'uovo brandendo un pugnale. Lo trafisse proprio nel mezzo, rompendolo in due gusci perfetti, l'albume lattiginoso si riversò sui vassoi e su tutti i piatti circostanti. Lucas non aveva mai visto un tale giubilo. Gli indiani levarono grida di gioia al cielo fino a lacerarsi le corde vocali e lodarono la dea con le lacrime agli occhi.

Il Signor Noojier, violaceo per l'ubriachezza, applaudì con forza. Improvvisamente, però, le sue pupille divennero spilli, la bocca si spalancò smisuratamente ed egli vomitò copiosamente sull'uovo. Gli occhi di tutti si riempirono di terrore mentre litri di vomito continuavano a sgorgare dalla sua gola. Un puzzo terribile coprì tutti gli altri odori e Nora strillò. Lucas era paralizzato dalla paura.

Fu il caos. I due indiani a lato di Ian, colmi d'ira, lo afferrarono e lo trascinarono lontano dalla tavolata.

- Nee! Nee! - gridava Nora aggrappandosi allarmata al marito. Un commensale la afferrò per i capelli e la tirò indietro mentre la folla furibonda si alzava in piedi e correva verso di lui.

Lucas e Freja si guardarono negli occhi, increduli. Che stava succedendo?

L'olandese lottò inutilmente per liberarsi. Gli indiani si scagliarono all'unisono su di lui, afferrandolo per le gambe e le braccia con furia selvaggia.

- Dooshak! Dooshak! - lo insultavano, - Dooshak!

- Lucas! Andiamo via! - Freja scosse il marito per le braccia, e lui sussultò.

Sbuffò e si rimise barcollando in piedi. La testa gli girava vorticosamente, Freja si aggrappò a lui e si diressero all'uscita.

L'aria pulita dell'esterno li rinvigorì subito.

- Torniamo alla nostra camera.

- Sì, - mugolò Freja, con la voce dell'ubriachezza, - speriamo che il signor Noojier stia bene.

Lucas non rispose. Voleva solo dormire e superare la sbornia. Si trascinarono lungo le strade del villaggio e il frastuono del banchetto divenne sempre più lieve.

La luce soffusa delle lanterne illuminava il cortiletto, circondato da un portico con al centro una fontana che separava il giardino delle rose dall'atrio.

Mentre tornavano in camera, lei traballante sugli instabili tacchi alti, furono attratti dai gemiti e dal rumore inconfondibile del sesso.

Freja si bloccò e non volle seguire Lucas che la tirava per non disturbare i due amanti, poi mise un dito sulla bocca - Shhh - e lo trascinò dietro un cespuglio, nel lato del portico da cui provenivano i gemiti.

Le mani aperte sul muro, chinata in avanti i lunghi capelli biondi quasi a sfiorare il pavimento. La gonna alzata in vita, le gambe divaricate, le mutandine impigliate al cinturino dei sandali, in tensione, quasi a strapparsi. L'uomo le stringeva forte i fianchi muovendosi freneticamente, le ginocchia piegate e una maschera sul viso.

Era la signora Noojier, quella che stava godendo sotto le spinte di uno sconosciuto.

Lei era persa nel suo piacere e lui, aumentando il ritmo, girò il viso mascherato lasciando per un attimo il suo fianco. La toccò dove si stavano unendo, ne raccolse gli umori e se li portò alla bocca, poi allungò verso di loro la mano impreziosita da un elegante anello a forma di serpente attorcigliato, tesa in un inequivocabile gesto d'invito.

Freja, affascinata, mosse un passo in avanti, ma Lucas fu lesto ad afferrarla e trascinarla via. L'uomo racchiuse i lunghi capelli di Nora in un nodo nel pugno e la alzò fino a far sbattere la schiena al suo torace, così da poter mordere la nuca. L'urlo di godimento e dolore della donna e quello roco di lui, mentre riservava se stesso in lei, li seguì fin sulla porta di camera.

Freja sembrava impazzita. Infilò la mano nei pantaloni del marito e si portò quella di lui al pube leccandogli le labbra, ma Lucas si tirò in dietro.

La scena di prima l'aveva, sì, eccitato, ma il ricordo di ciò che c'era accaduto al banchetto, ancora lo sconvolgeva. Non riusciva a scacciare via l'immagine dell'olandese sporco di vomito, con la camicia strappata dagli energumeni che lo avevano assalito, che veniva strattonato in malo modo mentre la moglie si allontanava con uno sconosciuto. Spinse via Freja dicendole che non era proprio in vena. Offesa, lei si gettò a letto seppellendosi sotto le coperte per non vedere il suo volto spigoloso.

Il pomeriggio dopo Lucas vagava nervoso per la stanza. Inseguiva un pensiero e quando credeva di averlo afferrato, gli sfuggiva.

Le allucinazioni, Freja che era immersa in un mondo sconosciuto, quell'uomo mascherato e il signor Noojier sparito. Quel resort non era l'Eden, dovevano andarsene via al più presto.

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