Cap. 1| Brace

Copenaghen era silenziosa, di un silenzio irreale, di attesa, di paura. Dal 9 aprile la popolazione era chiusa in casa, sconvolta nel vedere le truppe tedesche marciare a passo dell'oca per le vie della città.

Freja stava preparando le valigie, - solo l'indispensabile, - aveva detto suo marito, avrebbero comprato tutto ciò che serviva una volta che si fossero stabiliti.

Ma stabiliti, dove? In quale città?

Un nome impronunciabile, nel cuore dell'India, lontano da "questo inferno". Già, ma che ne sapeva lui dell'inferno?

Figlio d'una ricca famiglia di industriali danesi, aveva avuto sempre tutto ciò che desiderava. E ora, nel momento in cui si doveva essere uniti, scappava con la benedizione dei genitori.

Quando Freja aveva manifestato la sua disapprovazione e il suo disagio per un comportamento così pavido, era stata zittita da un bacio.

Continuò a opporsi, ma quando le prese un ricciolo tra le dita e le disse che sarebbe stato bello andare lontano per la luna di miele tanto desiderata, cedette.

Il viso di Lucas si illuminò e sorrise soddisfatto perché aveva vinto ancora una volta, come sempre del resto, e lui se ne andò canticchiando.

La donna rimase a guardare la porta, assorta in un pensiero che era diventato prepotente: lei, ne era innamorata? Lo era stata, e forse lo era ancora, dei suoi riccioli biondi, dei suoi occhi azzurri e dei modi gentili che aveva quando non diventava un odioso figlio di papà.

Era diventata la signora Nielsen da pochi mesi e dopo l'euforia iniziale qualcosa era cambiato. Sospirò e tornò ai bagagli, pensando che forse la luna di miele avrebbe solo giovato alla loro vita.

Lucas guardò Copenaghen diventare un puntino all'orizzonte. Finalmente l'angoscia lo stava abbandonando. Nonostante il padre avesse corrotto un generale tedesco per farli uscire dalla Danimarca, arrivare all'aeroporto era stata un'avventura. Erano stati fermati a un posto di blocco e se Freya non avesse avuto il sangue freddo di rispondere in tedesco sarebbero stati sicuramente arrestati.

La osservò. Era seduta al suo fianco, le mani in grembo e gli occhi chiusi. Non dormiva, sembrava persa nei suoi pensieri.

Era geloso dei suoi pensieri.

Era bella, con occhi verde prato che trasparivano intelligenza, e lui spesso si chiedeva perché avesse accettato di sposarlo. Se ne era innamorato perché era una donna pratica, non viziata. Era consapevole che la famiglia di lei avesse favorito il loro matrimonio per puro arrivismo, però sentiva di essere amato.

Freja sorrise. Lucas guardò le labbra rosse e floride e in lui crebbe il desiderio. Le poggiò una mano sulla coscia.

- Non vedo l'ora di arrivare al villaggio e toglierti tutti quei vestiti.

Freja sorrise compiaciuta. Finalmente Lucas sarebbe stato tutto suo. All'inizio lo aveva disprezzato per aver accettato la fuga imposta dal padre, ma ora l'idea la eccitava: un paese esotico, solo loro due e... i suoi pensieri divennero chiari anche al marito che le lanciò un'occhiata inequivocabile.

- Come hai detto che si chiama il villaggio?

- Punarjata, è nella regione della Meghalaya, - le accarezzò il viso - c'è un bellissimo lago, mio padre c'è stato anni fa per un viaggio di lavoro. Sarà la vacanza più bella della nostra vita, - poi le poggiò la testa nell'incavo del collo.

Freja spalancò gli occhi per la sorpresa e si mosse sul sedile quasi volesse trovare una posizione più comoda.

Suo padre l'aveva convocato nello studio e da dietro la scrivania gli aveva comunicato la sua decisione: lui e la moglie sarebbero partiti al più presto. Non aveva fiducia nelle sue capacità di portare avanti le aziende di famiglia, ma poteva portare via tutti i documenti necessari per tutelare il loro patrimonio in caso il terzo Reich avesse voluto impadronirsene, la luna di miele era l'occasione giusta.

Avrebbero tanto voluto visitare il deserto di Rub' al-Khali in Arabia o la Valle dei Re in Egitto, ma almeno il viaggio in nave fu piacevole.

Sbarcarono a Goa dove una macchina li attendeva.

L'autista spiegò in uno stentato inglese che li avrebbe accompagnati all'aeroporto, lì avrebbero preso un aereo per atterrare nei pressi del resort.

- Ancora un aereo! - Sospirò contrariata Freja.

- A quanto pare, - rispose ironico Lucas riferendosi alle parole del padre, - quando diceva che ci voleva mandare il più lontano possibile non era un eufemismo!

Quando videro il piccolo aereo rimasero interdetti. Lei guardò il marito e si lasciò sfuggire un risolino isterico.

-Siamo sicuri che quel coso così piccolo possa volare?

Lui rise per nascondere il suo disagio, le strinse la mano e per la prima volta si sentì in grado di rassicurarla.

-Che vuoi che sia! Dai, è l'ultimo ostacolo che dobbiamo superare.

Freja guardò il suo volto e non vide un ragazzino viziato, ma un uomo. Ricambiò la stretta.

-Puoi aprire gli occhi, siamo in volo.

Freja guardò fuori dal finestrino e rimase senza fiato, la vegetazione si estendeva a perdita d'occhio.

Quando atterrarono ne furono quasi dispiaciuti e dopo il primo disagio per il gran caldo, in loro si insinuò una sensazione di piacevole benessere. Tutto ciò che avevano lasciato a casa era lontano, non apparteneva più loro.

Il resort era una vasta tenuta con un lungo viale carrabile e al centro un caseggiato costruito nel periodo della dominazione inglese.

- Finalmente! Siamo arrivati, - sospirò Freja, - sono distrutta.

- Ancora un po' di pazienza, vado avanti per sbrigare le formalità alla reception.

- Sì, ti raggiungo.

Lucas per un attimo rimase perplesso non appena scorse l'uomo dietro il bancone della reception.

Vestito con abiti occidentali, indossava un turbante rosso che spiccava su l'incarnato scuro del viso. Gli elargì un sorriso di circostanza, mostrando una fila di denti bianchissimi.

- Buongiorno, mi chiamo Sanjit e sono a vostra completa disposizione per ogni vostro bisogno, per ogni vostro desiderio.

Aprì il libro delle prenotazioni e scorse velocemente l'elenco degli ospiti.

- Lei è il signor...

Si bloccò quando vide Freja avvicinarsi. I suoi occhi scuri luccicarono e la bocca, sotto la lunga barba, accennò un sorriso soddisfatto.

Fissò la donna finché non si affiancò a Lucas, poi riprese la sua maschera.

- ... i signori Nielsen.

- Precisamente.

- Vi stavamo aspettando, immagino che siate molto stanchi.

- Sì, - rispose Lucas, - il viaggio è stato estenuante. Non siamo abituati al caldo, sa, siamo danesi.

- Capisco, signori, la vostra suite è pronta - Sanjit annuì e porse loro gli opuscoli delle attività turistiche proposte.

Freja iniziò a sfogliarli e lui iniziò a osservarla. Poggiò la mano su una delle pagine.

- Siete stati informati che fra pochi giorni festeggeremo la festività del Prasava? Molti visitatori vengono dai più lontani angoli del mondo per assistere alle celebrazioni.

Freja guardò l'anello dell'uomo. Sentiva dentro di sé la strana tentazione di toccarlo. Aveva la forma di un serpente e per un attimo ebbe l'impressione che si muovesse, poi la voce di Lucas spezzò l'incanto del momento.

- Ma non avevi fretta?

- Guarda Lucas, - gli mostrò una pagina dell'opuscolo, - si può visitare un tempio.

- Dopo, - le rispose guardando distrattamente la pagina, - andiamo.

I due percorsero un lungo corridoio dove si alternavano finestre coperte da tende multicolori e quadri che ritraevano temi religiosi locali.

Non appena entrarono nella suite, furono investiti dal profumo di incenso portato da un leggero vento che spostava le tende di velo.

Freja aprì la vetrata e rimase incantata dal panorama. Il lago brillava alla luce del sole, tutt'intorno vegetazione e fiori, era un'esplosione di colori e di vita.

- Vieni a vedere che meraviglia!

Lucas le circondò la vita, le poggiò il viso fra i capelli, ne aspirò il profumo e le baciò il collo.

- Andiamo al lago, - propose lei, accarezzando le mani del marito.

- Veramente vorrei fare prima una doccia e poi uscire a mangiare qualcosa.

Freja si girò e i corpi aderirono uno all'altro. Lui abbassò leggermente la testa per guardarla negli occhi, con l'indice le percorse le curve del volto e quel semplice gesto la fece rabbrividire.

- Andiamo a fare la doccia?

- E dopo andiamo a mangiare qualcosa - aggiunse lei.

Lucas guardò il grande letto a baldacchino al centro della stanza:
- Stasera però niente scampagnate.

- Assolutamente no!

La risata cristallina e gioiosa di Freja riempì la camera mentre i due uscivano dalla stanza.

- Freja, muoviti, sto morendo di fame!

Lucas era seduto in poltrona e sfogliava l'opuscolo datogli da... come si chiamava?

Ah! Sì, Sanjit e aveva parlato di un tempio. Eccolo! Il tempio della dea Shmashana.

- Sono pronta, - Freja uscì dal bagno, - mi aiuti con la collana.?

Lucas rimase incantato. Era una visione mistica. L'abito rosso di lino le fasciava i fianchi e la scollatura le metteva parecchio in risalto i seni.

- Sei bellissima, - le sussurrò all'orecchio, armeggiando con la chiusura della collana, - ma...
- ...ma hai fame! - finì la frase lei e risero di gusto.

Vagavano in cerca del ristorante quando una coppia venne loro incontro con aria spaesata avvicinandosi con un sorriso di circostanza.

- Buonasera, mi chiamo Ian Noojier e questa è mia moglie Nora - s'introdusse lo sconosciuto con un inglese contaminato da uno spiccato accento olandese.

- Piacere, - allungò la mano, - Lucas e Freja Nielsen.

- Stiamo cercando il ristorante, - disse Ian, - siamo arrivati da poco e ancora non ci orientiamo.

- Anche noi siamo arrivati da poco, - disse Freja rivolgendosi a Nora, - da dove venite?

Nora guardò il marito con aria interrogativa e lui tradusse.

- Mia moglie non parla l'inglese, - spiegò, - conosce solo qualche parola.

Nora annuì come una bambina e poi in uno stentato inglese rispose:
- Amsterdam, voi?

- Copenaghen.

- Posso esservi d'aiuto? - chiese Sanjit, squadrando fuggevolmente Freja. Da dove era sbucato fuori?

- Sì, grazie. Dov'è il ristorante? - Chiese Ian, facendo un passo avanti e frapponendosi tra lui e Freja.

L'indiano alzò leggermente il sopracciglio e sfoggiò un sorriso elegante.
- Prego, seguitemi.

- Come mai così lontano da casa? - mentre camminavano, Freja si rivolse alla signora Noojier cercando di farsi capire gesticolando, - noi siamo in luna di miele.

Nora annuì - Huwelijksreis? Anche noi.

Sanjit aprì una grande porta e si scostò. Al passaggio di Freja fece un impercettibile inchino. Lucas lo fissò sconcertato, ma l'indiano non batté ciglio e gli rivolse l'ennesimo sorriso.

- Lucas, vieni, pranziamo e poi andiamo al tempio.

Sanjit, chiusa la porta e tornò a passo spedito verso la reception.

Lucas non sembrava particolarmente interessato a ciò che spiegava la guida, ma Freja ne era affascinata.

Avevano camminato per mezz'ora lungo un sentiero battuto attorniato dalla foresta che improvvisamente aveva lasciato spazio alla radura.

Il tempio era scavato nella roccia al di sotto di un costone. Lo spettacolo naturale della cascata che sgorgava dal tetto, sotto cui passarono per entrare, era straordinario.

La guida spiegò loro che il tempio era stato costruito nella notte dei tempi come dimora della dea Shmashana, quando questa ancora camminava sulla terra.

Le pareti ai lati dell'ampia sala circolare erano decorate da bassorilievi che illustravano la storia del mondo, partendo dalla sua genesi.

- Ecco una storia antica come il tempo, - disse in tono solenne, - la dea Shmashana, protettrice della terra, s'immerse nelle acque del lago e procreò il mondo.

Intanto indicava i fregi sulla parete.

- Un giorno il dio Arvtir fu preso da una passione irrefrenabile per lei. Shmashana però lo rifiutò, poiché era fautore di guerra e ragione di sciagure per gli esseri che lei generava con amore. Arvtir non si arrese. Si nascose nelle acque del lago e quando la dea si immerse, lui, trasformato in serpente, la possedé. Shmashara concepì Shmatra, radioso come la madre e con i poteri infernali del padre. Shmatra conquistò il mondo con ferro e fuoco. Tuttavia, dopo millenni di regno, il dio fu tradito da chi non comprendeva la sua grandezza, e fu sconfitto dalle sue stesse guardie, ma le divinità non possono morire. Perciò Shmatra tornerà a camminare sulla terra nella notte senza giorno e nel giorno senza notte, quando foresta e cielo saranno uno.

Freja e Lucas pendevano dalle labbra dell'indiano e lo seguirono docili al centro della sala, dove vi era la statua gigantesca di Shmashana ai piedi della quale sgorgava una fonte.

- Prego signora, - l'indiano si rivolse a Freja, - si fermi qui e guardi la dea.

Freja alzò leggermente la testa per guardarla. Affascinata dalle parole della guida, le sembrò naturale giungere le mani e inchinare il capo in segno di saluto.

Tutto intorno divenne silenzio e le giunse alle orecchie la voce dell'indiano, lieve come una carezza: - Immerga le mani nella fonte. Beva così da potersi consacrare alla benevolenza della dea.

Freja si inginocchiò, raccolse l'acqua a piene mani e bevve bagnandosi gli abiti, poi si accarezzò il volto e si schizzò il petto e il ventre.

-Lucas, vieni, bagnati anche tu, - gli disse.

Lucas le prese la mano, ma il vociare di alcuni turisti li fece sobbalzare.

- È ora di andare signori Nielsen, è stato un piacere mostrarvi il nostro tempio.

Freja guardò frastornata Lucas, poi rise:

- Che sciocca sono, - si guardava gli abiti bagnati, - ma come mi è venuto in testa di bagnarmi!

- Ti sei fatta troppo coinvolgere dalle sciocchezze che ha raccontato quell'indiano.

Freja fece spallucce.

- Ora basta con i templi e le favole, - Lucas le sfiorò le labbra con un bacio, - ho altri progetti. Torniamo al resort.

Lucas si svegliò di soprassalto. Freja dormiva tranquilla. Le toccò le spalla e lei aprì appena gli occhi, poi sospirò scivolando di nuovo nel sonno.

Voleva accertarsi che fosse reale. Da qualche giorno si svegliava con la strana sensazione di aver sognato qualcosa di importante, che doveva assolutamente ricordare, ma che gli sfuggiva inesorabilmente.

- Sei già sveglio?

La voce di lei lo scosse dai suoi pensieri.

- Sì. Che ne pensi se andassimo al lago?

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