#37 "La festa della gioia notturna"

Spero che vi troverete bene in questo mio nuovo mondo e che accetterete il mio solito tè.

Anna.

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Il buio era più denso e la notte sembrava un infinito buco nero. Non si vedeva niente, né quello che si aveva dinanzi né quello che si trovava al disotto del proprio naso, e il tutto si preannunciava silenzioso e lugubre.

O almeno è questo il pensiero di Voi Lettori.

Poco lontano da noi ma molto vicini al buio, si potevano udire chiacchiericci divertiti, voci soavi e tamburi suonati. Una festa di felicità stava illuminando quell'oscurità perenne e i fuochi accesi stavano creando ombre distorte sulla terra, facendo divertire i bambini e ridacchiare i vecchi un tempo decrepiti. Quella festa non era però come tutte le altre, era la festa che tutti gli anni si aspettava con ansia, quella che rendeva lo scorrere del tempo più lento di quanto in realtà fosse: la festa della gioia notturna.
Non che agli esseri che festeggiavano servisse altra gioia, quella ne avevano da scoppiare!, ma a differenza di quello che pensate, per loro la vera gioia era nella sconosciuta paura.

Era notte e gli esseri, che chiameremo per comodità Lucciole, vivevano la loro quotidiana quotidianità.

Questi erano così diversi dagli umani a noi conosciuti, così orridi a confronto, che potevano essere presi come l'altra faccia della moneta. Bassi come nani da giardino o alti come giganti, avevano in comune la pelle grigiastra e piena di cicatrici, di bolle e di protuberanze; i lunghi capelli di questi erano annodati all'inverosimile e l'opaco nero di cui erano tinti sembrava nascondere pidocchi e zecche. Le grandi mani scheletriche erano rivestite da un sottile strato grigiastro, così sottile da far temere che prima o poi le ossa sarebbero fuoriuscite. Gli occhi erano perennemente spalancati e il colore di questi era di un verde marcio e putrido. Ognuno di essi aveva queste caratteristiche, era la realtà di quelle Lucciole, e per quanto possa sembrare strano per Voi Lettori, si ritenevano di una bellezza luminosa in egual misura.

La notte aveva raggiunto il suo apice e la comunità era pronta per iniziare la festa. Con dolci sorrisi, braccia unite a quelle del vicino e sguardi amichevoli, le Lucciole iniziarono a sedersi intorno al fuoco acceso, il quale illuminava i loro volti di uno spettrale chiarore.

"Fratelli e Sorelle" iniziò il più vecchio non decrepito"Fratellini e Sorelline" continuò allargando il sorriso"credo sia finalmente arrivato il momento di raccontare."

Come ogni anno il vecchio si inginocchiò sull'erba verde ed alzò lo sguardo verso le stelle luminose.

"Ogni anno noi ci riuniamo qui, Famiglia, per dare vita alla tradizione più antica ed amata: il trovare la paura. Per quanto questa parola sia sconosciuta alla maggior parte di noi, il compito di questo rito è rendervi consci di quanto la nostra gioia sia una fortuna che pochi altri hanno." Abbassò lo sguardo verso le Lucciole che lo circondavano e allargò le braccia come a volerle abbracciare tutte"Chi di voi cercherà di mostrarci la nostra paura più grande?"

Uno ad uno, dai più giovani ai meno, si alzarono e cercarono di raccontare una storia che esprimesse al meglio il concetto richiesto ma fino a quel momento nessuno, proprio nessuno, era riuscito nell'impresa.

"Posso provare io, Fratellone?" chiese dal nulla una voce femminile.

Lentamente si fece avanti una Lucciola dagli occhi persi, il sorriso più dolce del solito ed un profumo che ricordava le foglie di tè.

"Certo che puoi, Ana" fu la semplice risposta del vecchio.

Ana si mise a gambe incrociate di fronte a tutta la comunità e, prendendo un profondo respiro, iniziò a raccontare.

"Una notte, molte stelle indietro dal nostro mondo, un universo creò esseri simili a noi. Questi avevano la pelle di colori vari: c'era chi aveva preso dalla terra e chi dal latte. Avevano occhi ancora più variopinti e i capelli quasi allo stesso livello. Sembravano così perfetti, questi umani, che l'universo decise di lasciarli vivere al suo interno, credendo che la loro perfezione fosse anche nell'animo.

Ma sbagliò.

Non molte notti dopo gli umani iniziarono a provare sentimenti, sentimenti così diversi dai nostri, e questo diede inizio alla rovina del mondo in cui erano ospitati. Volevano sempre di più questi umani, sognavano la disfatta del prossimo con sempre maggiore frequenza, e il loro cuore diventava ogni volta sempre più ombroso.

L'universo cercò di salvarli, gli diede tutto quello di cui avevano bisogno e provò a convincerli di smetterla con quei sentimenti devastanti ma l'anima degli umani, un tempo trasparente come l'acqua, aveva oltrepassato la linea di non ritorno diventando, così, buia.

L'universo ne fu triste come non mai e, ferito, li lasciò al loro destino.

Gli umani non diedero molto peso all'abbandono subito e continuarono a peggiorare. L'odio era ovunque, l'egoismo crebbe e l'amore si estinse.

La felicità che noi abbiamo a loro fu strappata e la morte divenne l'unico motivo per cui sentirsi vivi. E così iniziarono le guerre e le carestie e tant'altro.

La paura era all'ordine del giorno e la rabbia le faceva compagnia.

L'universo era però un genitore troppo amorevole per lasciarli in quello stato, così cancellò la loro esistenza e creò un altro mondo, altri esseri e un'altra storia.

Il problema è che l'universo, ferito a causa dei precedenti figli, vive ancora con il terrore di rivedere il tutto ripetersi.

E forse, un giorno, il suo presentimento si avvererà."

Le parole di Ana si persero nell'aria e un sentimento nuovo prese possesso dei presenti.

E se stesse parlando di noi?, pensavano impauriti e ansiosi.

"Di cosa abbiamo paura, Famiglia Mia?" chiese soddisfatto il vecchio.

E la risposta, scontata per molti ed ancora sconosciuta per altri, fu percepita dalle occhiate ancora più allegre delle Lucciole. Ora che sapevano cosa li spaventava erano decisi a far di tutto per non rendere reale quanto raccontato.

E lasciando le Lucciole a fare delle risate lo sfondo della festa della gioia notturna, Ana si incamminò verso casa, danzando sorridente tra le stelle.

Forse una speranza i suoi figli ce l'avevano...

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