La forza della morte


- E' la forza della vita! - disse il mio amico Dino guardandomi negli occhi, con una fede così totale, così assoluta, da rasentare la follia. Mi sforzai di rispondergli con un mezzo sorriso, che era quasi una smorfia. Dino tornò accanto al letto dove giaceva la sua giovane moglie, Speranza. Da sotto la pesante coperta ne uscivano solo le braccia esili e il volto scavato, profondamente segnato dalla malattia: in cinque mesi era invecchiata di dieci anni, ed era dimagrita tanto da assumere un aspetto quasi scheletrico.

Il marito si chinò per ascoltare ciò che si sforzava di dire. Era un flebile sussurro, ma vibrava di una forza strana e sottile, che mi turbò. Riuscii a sentire: - Non... Non posso lasciarti... Devo restare qui... Con te e la bambina... -

La tenacia con cui si opponeva alla malattia che la divorava, nonostante fosse un lotta impari e disperata, aveva qualcosa di titanico. Dino le rispose con tutto l'amore di cui era capace: - Sta' tranquilla, non ti lascerò andare. Resisti, fra poco arriverà il dottore. -

Le strinse una mano fra le sue. Distolsi lo sguardo e andai alla finestra. Il mio stato d'animo non era certo dei migliori: ero stato chiamato al telefono nel tardo pomeriggio da un amico sfortunato, che in tono concitato mi chiedeva aiuto e conforto... E ora ero lì, a guardare il panorama da una finestra, inutile come può esserlo una terza gamba.

Fuori le cose non andavano meglio: nevicava con insistenza da ore, e le strade e le case erano nascoste da una pesante coltre bianca che si posava su tutto. Non c'era nessuno in giro con quel tempo da cani; gli unici esseri viventi visibili erano un paio di alberi spogli, che esponevano i loro tronchi nudi e sofferenti alle intemperie. Tutto era immobile.

Pensai che fuori il silenzio fosse ovattato come i fiocchi di neve che si posavano sul terreno. Quando udii i rantoli di sofferenza della malata abbandonai le mie fantasie. Dino mi guardò con ansia, ma non seppi dirgli nulla; mi sentivo stupido e solo.

Pareva non dovesse arrivare mai, invece la notte ci colse quasi di sorpresa, insinuando oscuri presagi. In realtà non erano passate che un paio d'ore, ma al sottoscritto pareva una vita intera. Speranza si dibatteva e lamentava, Dino cercava di alleviarne le sofferenze come poteva, e io... Feci un paio di banalità, ma dopo ciò che è successo credo proprio di essere rimasto lì solo per fare da testimone. E se questo devo fare, allora farò il mio dovere fino in fondo, fosse solo per togliermi un peso dal cuore.

Mentre aspettavamo il medico, sempre più impazienti, l'atmosfera nella stanza cambiò, parve in qualche modo precipitare. Nonostante il riscaldamento fosse al massimo, il gelo penetrò le pareti e le nostre ossa, la luce del lampadario si fece più fioca (o furono i miei occhi, o la mia mente, a tradirmi?), lei divenne irrequieta.

- Dov'è? - gridò con una forza che non ci aspettavamo - Deve fare presto! Io... Io... Non voglio lasciarvi! -

Dino cercò di tranquillizzarla come poté, ma invano.

- NO!! - urlò all'improvviso, dopo una parentesi di calma apparente, facendoci trasalire. Dino le strinse ambo le mani.

- No... No... - gemette Speranza, piangendo sommessamente. Il suo lamento suonò alle mie orecchie come un rintocco funebre.

- Non fare così, amore... Resisti ancora un poco. Sai, è colpa della neve, ma il dottore sarà qui a momenti. -

Si volse verso me e disse: - E' fredda. - come se la moglie non ci fosse, o non potesse sentirci. Sentii il suo sguardo malato posarsi su di me, ed ebbi un brivido, senza sapermi spiegare il perché.

- Dio, perdonami. - mi ritrovai a pensare. Guardai in direzione della finestra per l'ennesima volta, e vidi le luci dei fari di un'automobile fendere le tenebre. Ne scese un uomo di bassa statura, che alla luce scarsa dei lampioni mi sembrò un folletto da fiaba.

- E' arrivato! - esclamai con sollievo. Mi precipitai alla porta e lo feci entrare. Senza fare troppi convenevoli andò filato dalla paziente. Adesso che potevo vederlo da vicino, mi pareva paradossalmente più minuto e indifeso. Tastò il polso di Speranza, e un'espressione strana gli mosse la faccia. Riprovò, e gli scoprii l'allarme nello sguardo.

Guardai Dino, e scovai nei suoi occhi l'angoscia che lui doveva scorgere nei miei. Il medico toccò il collo della donna con la punta di due dita, e lo stupore gli spalancò la bocca come se la mascella fosse diventata troppo pesante.

- Non è possibile... - farfugliò, confuso. Si precipitò alla sua borsa e ne trasse lo stetoscopio. Dino disse, quasi gridò al colmo dell'angoscia: - Che succede? -

Io guardai Speranza, e quando incrociai i suoi occhi ebbi la sensazione fuggevole e strana di star osservando qualcuno che dopo un lungo inseguimento viene infine catturato. Era terrorizzata, sembrava un animale in trappola. Strinse disperatamente la coperta con le mani ossute a mo' di artiglio. Il medico, indossato lo stetoscopio, le si avvicinò; allungò una mano per sollevare la coperta: doveva farlo per applicare lo stetoscopio al petto della paziente. Lei si ritrasse, e biascicò un no di supplica. Il marito, ormai al parossismo, non perse tempo: le staccò le mani dalla coperta e la sollevò fulmineo.

Provo pietà per lui... Se lo fece, fu perché non poteva sopportare altro, era al culmine di una giornata infernale. E l'espressione di quel dottorino... Era stata la classica goccia che fa traboccare il vaso. Fu il bisogno di sapere a dannarlo, a farci sprofondare tutti nell'orrore: sollevata la coperta, vedemmo cos'era accaduto a quella povera donna, quale orrendo prodigio nascondeva, e capimmo allora cosa avesse voluto dirci per tutto il tempo, comprendemmo finalmente la sua preghiera inascoltata.

Nel giro di poco tempo aveva subìto una mutazione tanto rapida quanto incredibile: il corpo macilento e putrefatto aveva macchiato il pigiama di sangue rappreso; in più punti il tessuto era lacerato come se la carne fosse esplosa dall'interno. Una zaffata di odore ripugnante si propagò nella stanza, e dai buchi neri e rossi della carcassa vennero fuori fameliche orde di vermi, che presero a strisciare trionfanti sulla Speranza, urlandoci in faccia che la Morte aveva vinto ancora una volta.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top