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Scesi frettolosamente quelle scale ormai familiari, mentre nuovamente correvo trafelata per arrivare in tempo a scuola. Mio padre quella mattina non poteva accompagnarmi, così presi la bici con impeto, sfrecciando spedita verso la vecchia struttura, mentre le due statue marmoree mi osservavano. Loro sapevano. Sapevano cos'era successo il giorno precedente.
La bicicletta attraversò veloce il ponte, per poi mostrarsi ai primi arbusti della foresta. Le mani tornarono a sudare irrequiete. I capelli, raccolti in una morbida treccia già disfatta.
Non ero pronta per affrontare nuovamente quelle ombre. Non ero pronta per affrontare quegli occhi.
Entrai nella fitta boscaglia. Il verde delle foglie scorreva veloce sotto il mio sguardo. Poi riapparve. Quel morbido manto mosso dal vento autunnale. Il muso leggermente umido spuntava da un cespuglio di fragole acerbe. Troppo premature per assaggiarle. Distolsi lo sguardo a fatica, sentendo su di me una cupa e vicina presenza.
È qui, lo so.
Pensai stringendo con forza le mani sul manubrio. Poi un improvviso belare di una pecora. Uno schianto ed i miei pensieri svanirono in un dolce profumo di rose.
***
Aprii gli occhi quando il sole era pronto a cedere il suo posto alle stelle. Un profumo di fiori invase i miei polmoni, quando davanti a me apparve un piccolo cespuglio di rose selvatiche. Il lontano belare di pecora mi svegliò completamente dal precedente stordimento. Mi ero schiantata contro ad un arbusto, troppo distratta per accorgermi in tempo delle pecore fuggiasche che si erano radunate sulla strada.
Mi alzai a fatica, acciaccata e persa.
È un miracolo che non sia morta.
Pensai osservandomi intorno. Tentai di raddrizzare la bici, ma si era piegata a metà, ormai inutilizzabile. I libri erano sparsi ovunque, fortunatamente non aveva piovuto, evitando un ulteriore danno. La treccia che avevo fatto quella stessa mattina si era completamente sciolta, lasciando i miei capelli cadere morbidi sulle spalle. Caddi a terra, inciampando nel mio astuccio; le biro erano sparse ovunque mentre della merenda era rimasto solo l'involucro. Sospirai afflitta, cercando il mio telefono nello zaino, ma appena lo accesi si spense già scarico. Presi frettolosamente le biro ed i libri, buttandoli con impeto nello zaino.
Non volevo restare in quella foresta un attimo di più. Lo misi in spalla sistemando le cinghie ed iniziai a cercare la strada.
***
Non sapevo quante ore erano passate. Il belare delle pecore era scomparso, aumentando il mio timore. Vagavo tra i cespugli pensando ai miei genitori, quando immense nuvole grigie iniziarono ad avvicinarsi.
Perfetto.
Pensai, trattenendo a stento le lacrime.
Mi sono persa e non ho un riparo dalla pioggia.
Mi sedetti a terra, impotente a quella successione di eventi. Un fresca aria notturna mi dondolava, cullando i miei singhiozzi. Non potevo urlare, non mi avrebbero udita. Non potevo chiamare, il telefono si era scaricato mentre ero svenuta. Non potevo far altro che cercare un misero riparo dalle piogge autunnali. Asciugai le lacrime con la felpa che indossavo. Mi mordevo le labbra, per evitare che i singhiozzi avessero la meglio sul mio buon senso.
Avevo paura. Sì.
Non lo nascondo. Ma ciò che provocava più dolore in me in tutta quella solitudine, era la solitudine stessa. La consapevolezza di non essere comunque rintracciabili e che i propri familiari fossero lontani da te, porta un dolore atroce al tuo spirito ed al cuore.
La notte calava in fretta mentre le prime stelle brillavano nella loro interezza, non disturbate dal l'inquinamento luminoso delle città. La Luna era assente quella sera, con me era rimasto solo un'ultima briciola di coraggio. Non avevo forze per proseguire e quando trovai un morbido sasso bruno non mi soffermai più di tanto, accucciandomi al tepore di un lieve e caldo respiro.
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