L'automobile
Sono in auto e sto guidando in direzione di casa, ieri sera Marco mi ha inviato un sms con scritto "riportami la mia auto".
Non ha risposto ne alle decine di telefonate che gli ho fatto in questi giorni ne ai messaggi. Presa dalla disperazione ho anche telefonato a sua mamma, lei sembrava felice di sentirmi, mi ha detto che anche se io e Marco ci siamo lasciati noi potremmo continuare a sentirci, che io sono la figlia che ha sempre voluto e che avrebbe provato a far ragionare Marco. Ci spero davvero che riesca a convincerlo a parlarmi.
In questi giorni sono stata a casa di mia nonna, che non sa che sono incinta, ne quello che è successo. Non voglio darle un tale dispiacere, ma non riesco a stare da sola, ho troppa paura di fare qualche sciocchezza.
Mi sembra di essere tornata una bimbetta delle elementari, la mattina mia mamma quando va al lavoro mi porta assieme a Mirtillo da mia nonna e quando la sera torna a casa ci passa a riprendere.
Il mio stato d'animo non è migliorato, anzi sto sempre peggio. L'unica cosa che faccio è una camminata, tutti i giorni, vado a piedi nella chiesa che si trova vicino a casa di mia nonna.
Attraverso il parco , percorro la stradina che facevo quando andavo a scuola, tutto qui ha un aria familiare, perfino le grida dei bambini che giocano a ricreazione sono le stesse di quando ero piccina io. La vera differenza è che ora non sono più una bimba, ora le responsabilità me le devo prendere ma non mi sento all'altezza, non ne ho le capacità ne la forza per decidere per il mio futuro.
La chiesa è quasi sempre vuota, il silenzio mi da la possibilità di riflettere. Nella testa i pensieri mi creano una gran confusione. Provo a pregare ma non nel modo classico, se un Dio c'è questa volta mi deve aiutare, ma non deve farlo per me ma per quella creatura che cresce dentro di me. L'unica cosa che gli chiedo con tutte le mie forze è di essere una brava mamma, di darmi la forza di portare avanti la gravidanza, di farmi amare il mio piccolo.
Voglio talmente tanto riuscire a trovare il coraggio per andare avanti che ho pure dato retta a Marco, ho iniziato a frequentare la chiesa nonostante io non fossi poi così credente.
Sono certa solo di avere un estremo bisogno di aiuto, non importa da dove e da chi mi possa arrivare. Dicono che riconoscere di aver bisogno di aiuto è il primo passo per la guarigione, in tutta onestà sono un pochino scettica. Ho chiesto a mia mamma se può informarsi attraverso le sue conoscenze per trovare una brava psicologa, perché secondo me è l'unica persona che può realmente supportarmi.
Nel frattempo ho sfruttato internet per cercare gruppi di aiuto, forum e qualsiasi informazione relativa all'aborto. Ho anche preso appuntamento con la ginecologa per un ulteriore visita e per un consulto perché non credo sia normale che gli ormoni facciano tutto questo.
Entro nel cancello con l'auto, Marco non è a casa, nonostante lo avessi avvisato del mio arrivo non si è fatto trovare. Visto che lavora da solo e qui vicino lo raggiungo a piedi in ufficio.
Sembra sorpreso di vedermi e piuttosto alterato. Gli dico che voglio parlargli e se può aprire casa così mi recupero un po' di cose visto che non mi sono portata dietro nemmeno un cambio l'altra sera (fortunatamente a casa dei miei avevo delle vecchie tute e della biancheria intima imbarazzante).
"Non voglio starti a sentire" mi dice, io lo supplico, gli cerco di raccontare il mio dolore , cerco di fargli capire che ho bisogno di lui per portare avanti la gravidanza. Mi zittisce dicendo un distaccato "Non mi importa più nulla ne di te nel del bambino".
Sono patetica, io ero disponibile a tutto per lui, ho la faccia sconvolta, distrutta da tutte le lacrime versate. Senza dire nulla lascio cadere le chiavi della sua macchina sulla scrivania, mi volto ed esco. Mi sento svuotata, esausta, come se tutto quello che ho fatto fino ad ora non sia servito assolutamente a nulla.
Suono al citofono della mia ormai ex suocera, ho bisogno che mi faccia entrare in casa per prendere un po' di vestiti. Vedendo la mia espressione stravolta mi chiede cosa sia successo, tra le lacrime glielo racconto.
Con mia grande sorpresa anziché dirmi qualche parola di conforto anche di circostanza se ne esce con un "Mio figlio è un angelo, siete voi donne che siete orribili".
Sento la rabbia montare dentro di me, senza dire nulla entro in casa e cerco di arraffare più cose possibili dal mio armadio, recupero un paio di sacchi della spazzatura in cui butto tutto alla rinfusa, anche i giochi di Mirtillo e il suo cuscino preferito.
Sento il rumore dell'auto di mia mamma che entra nel vialetto, mi fiondo fuori casa, lancio i sacchi sul sedile posteriore dell'auto e gli dico "Andiamocene".
Melissa riuscirà a gestire in qualche modo tutte queste emozioni negative o finirà per implodere?
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