Sei anni prima

La spiaggia pareva infinita e infuocata, alla luce rossastra del tramonto. Come una fiamma l'ultimo spicchio di sole ancora visibile si specchiava nell'acqua calma. Pietre candide splendevano sul bagnasciuga. Mary contemplò tranquilla ciò che la circondava. L'ombra scura di una vela infrangeva l'orizzonte in lontananza. Lei, James, John e Sherlock erano le uniche persone presenti sulla spiaggia, seduti lì, mentre il sole mandava i suoi ultimi raggi. Dune di sabbia rendevano il paesaggio quiete e ondulato.

Ad un tratto una folata di vento sollevò alcuni granelli di sabbia bianca e smosse le piante fiorite che segnavano il passaggio fra città e spiaggia. Mary si sistemò gli occhiali sul naso in un gesto istintivo. L'acqua si increspò in alcune onde che si mutarono in schiuma bianca nel momento in cui si infransero sulla rena. Insieme alla sabbia si sollevò il suo sospetto: qualcosa le diceva che quella sera sarebbe stata diversa dalle dodici appena passate.

E infatti, in lontananza. Un poliziotto in divisa. Agitò le mani al loro indirizzo.

- Un omicidio - ansimò il poliziotto - Alla Saatchi Gallery -

Gli Holmes e gli Watson erano in Grecia in una delle loro poche vacanze e l'ultima cosa che volevano sentirsi dire era la parola "omicidio". In quel momento il walkie-talkie del poliziotto emise qualche rumore confuso, poi una voce preoccupata dall'altro capo gracchiò:

- Un altro omicidio! - Il poliziotto gli lanciò un'occhiata sconsolata, per poi chiedere delle informazioni sul nuovo assassinio, tenendo lo strumento rivolto verso i quattro per permettergli di sentire.

- L'omicidio è avvenuto alle 20:30 nell'area ovest del Buckingham Palace. La vittima è infatti uno dei secondi cuochi che cucinano per la famiglia reale. Il suo nome era Michael Broomstick. Quando le telecamere sono state disattivate da una fonte esterna e sconosciuta, il corpo di sicurezza si è messo in azione, bloccando le entrate. Tutto ciò che hanno trovato, tuttavia, è stata una finestra aperta nella stanza del secondo cuoco e la vittima sdraiata sul letto. Per ora nessuna traccia di DNA o rilevamento di un'arma. - Riferì l'agente fra un gracchiare e l'altro del walkie-talkie.

Circa quattro ore dopo Holmes e Watson erano già tornati a Londra, ed era ormai passata la mezzanotte. Non appena scesero dall'aereo giunse notizia di un altro omicidio. Il nome della vittima era Sam Brown, addetto alle pulizie dell'Imperial War Museum. Era stato ucciso lì alle 22:45, mentre riponeva il carrello delle pulizie nello stanzino delle scope. Nessuno si spiegava come. O perché.

Poco dopo un'ennesima chiamata, per un'altra vittima: Andy Smith, alla Marble Arch. Queste erano le uniche notizie che avevano al riguardo. Era come se Londra fosse implosa: quattro omicidi nel giro di qualche ora. Tutti in luoghi pubblici. Nessun preavviso. Nessuna spiegazione.

Ma qualcosa tormentava le meningi di Mary.

Qualcosa non quadrava.

L'omicidio

Michael

Michael Broomstick, il cuoco

Il cuoco

Il cuoco della regina

La regina

Perché?

Perché il cuoco?

Perché attaccare lo staff del palazzo?

Perché non la famiglia reale?

Che senso aveva oltrepassare tutto il sistema di sicurezza per attaccare un uomo dello staff, quando sarebbe bastato aspettare che la vittima arrivasse a casa, per evitare i sistemi di sicurezza?

Semplice

Sarebbe stato più semplice ucciderlo quando si trovava a casa sua, o per strada

Strada

La strada

Buckingham Palace

La residenza della regina

Lo staff

Non importava chi fosse la vittima, l'ora dell'omicidio, ma il luogo

La Saatchi Gallery

Buckingham Palace

L'Imperial War Museum

La Marble Arch

La strada

Uno

Uno soltanto

Ne mancava soltanto uno

Il quinto omicidio

La strada

Con uno scatto Mary agguantò la cartina di Londra che si trovava nel portaoggetti sulla portiera del taxi che li stava portando alla Saatchi Gallery.

- Che succede? - Si allarmò James. John dormiva profondamente alla sua destra, Sherlock la stessa cosa sul sedile davanti, il tassista non si curava minimamente di loro.

- Lo scoprirai fra poco. Ora dammi una penna - rispose Mary aprendo la cartina con mani tremanti, l'aspettativa che cresceva. James estrasse una penna dal portaoggetti e gliela porse. Mary tracciò un cerchio intorno alla Saatchi Gallery, uno attorno a Buckingham Palace, poi altri a evidenziare gli altri luoghi del delitto. Li unì con delle linee veloci.

- Che cosa ...? -

- Non lo capisci, James? È una freccia! -

- A me sinceramente non sembra -

- Certo, manca l'ultimo punto - una volta visto il suo sguardo confuso Mary si decise a spiegargli le sue intuizioni.

- Immagina un altro punto qui ... o qui - disse indicando dei luoghi sulla cartina - Unendoli si otterrebbe una freccia che indicherebbe un altro punto. Ed è lì che secondo me avverrà qualcosa di importante. Dobbiamo arrivare lì a tutti i costi. Ma lì dove? Non è una cosa bella da dire, ma ... sto aspettando con ansia un omicidio. -

Mary Margaret Holmes aveva una mente incredibile. Talvolta James arrivava a pensare che avesse progettato lei tutto, perché una persona normale può capire queste cose solo se le ha pensate lei stessa. Immaginava la mente della sua migliore amica come tanti ingranaggi, che si azionano l'un l'altro, fino a formare un pensiero elaborato. Quegli ingranaggi lavoravano più veloce di lei, qualche volta, e lei stessa faticava a starle dietro. Quando parlava, parlava veloce, troppo veloce, inciampando nelle proprie parole, perché le frasi venivano prodotte nel suo cervello troppo veloci per essere pronunciate. Era facile capire quando deduceva qualcosa, perché cominciava a fremere di entusiasmo e a parlare con frasi alle orecchie degli altri insensate. Ma il particolare che tutti quelli che la conoscevano avrebbero senza dubbio ricondotto a una sua intuizione era l'espressione che assumeva quando uno degli ingranaggi nella sua mente scattava: alzava le sopracciglia e sollevava leggermente gli angoli della bocca, come in un piccolo, enigmatico sorriso.

- Eppure - continuò - Dubito che sia uno schema composto per noi - Proprio in quel momento il taxi si fermò davanti all'entrata della galleria d'arte.

*

Qualche ora dopo uscirono dal grande edificio senza aver trovato uno straccio di prova. Mary fece per rientrare nell'auto con fare piuttosto irritato.

- Aspetta un secondo - la fermò James - perché invece di aspettare l'omicidio non aspettiamo l'omicida? -

- In che senso? - domandò lei.

- Mettendo un po' di agenti in ogni luogo possibile - Mary tolse la mano dalla maniglia della portiera, ragionando per qualche secondo prima di rispondere.

- Non è una brutta idea, però credo di aver capito dove dobbiamo andare. -

- Scusa? -

- Ci ho pensato, James, qualcuno verrà ucciso a Bloomsbary St. -

- La via davanti al British Museum? Come mai? -

- Questo assassino pensa in grande, dove ha sferrato i primi attacchi? Una galleria d'arte, il palazzo reale e due a dei musei. Dobbiamo andare al British Museum. Ho letto cosa dice la guida turistica: "È uno dei più importanti musei della storia del mondo; ospita circa otto milioni di oggetti che testimoniano la storia e la cultura dell'umanità dalle origini della contemporaneità." Otto milioni di oggetti! Questo assassino vuole estirpare proprio l'umanità, James, quale posto migliore se non uno che ha questa definizione? -

- UN ALTRO OMICIDIO! - Sentirono risuonare nel mattino imminente. Mary si avviò a passo svelto verso l'agente che aveva dato l'annuncio, chiedendo a gran voce il luogo del delitto.

- Bloomsbary St - le rispose il coordinatore delle indagini.

Era una ragazza di trent'anni, uccisa con un colpo di pistola ben mirato al cuore, è morta sul colpo. Il suo nome era Abbie Coleman.

- Dobbiamo andare al British Museum - insistette Mary tornando all'auto.

Arrivarono davanti all'imponente museo che era ormai l'alba. La scientifica stava lavorando intorno al cadavere e delle transenne erano state piazzate a formare un cerchio irregolare attorno a loro. L'ingresso al British Museum era vietato. A quel punto solo chi aveva un permesso speciale poteva entrare, gente come polizia o agenti segreti. Sherlock e John estrassero dalla giacca i loro documenti, ma la guardia proprio non ne voleva sapere di farli entrare, il che portò a un'inevitabile discussione. Mary pestò di proposito il piede di James e gli fece segno con gli occhi di seguirla. Inizialmente James le rivolse uno sguardo interrogativo, poi, a risposta del suo sorrisetto complice, alzò gli occhi al cielo, ma la seguì. Si allontanarono di soppiatto dalla parte sinistra del lungo colonnato, dove si trovava la guardia, avvicinandosi a quella destra. Da lì poterono varcare il portone passando inosservati.

- Ok, decidi, destra o sinistra? - Chiese Mary maliziosa una volta che furono entrati, spostandosi da una parte all'altra della sala per indicare con un gesto ampio le due grandi scalinate.

Solo in quel momento la ragazza si accorse del rumore quasi impercettibile che rompeva il silenzio pesante dell'ingresso: dall'ala destra del museo provenivano dei bisbigli furiosi.

Anche James lo aveva sentito. Dopo essersi scambiati uno sguardo e una breve conversazione muta si lanciarono in una corsa su per le scale, tentando di attutire il più possibile il rumore delle scarpe sul pavimento con uno strano movimento dei piedi. Arrivati al piano di sopra rallentarono. Quando finalmente sentirono le voci più chiaramente, si affacciarono allo stipite della porta di una delle ampie stanze. Si trovarono davanti a una sagoma di spalle. Era in una posizione che ricordava quella dei cowboy nei film western, in quelle scene in cui si passa dall'inseguimento al duello: le gambe leggermente divaricate e le braccia tese all'altezza delle spalle; fra le mani aveva, probabilmente, una pistola.

< ...L'omicidio è avvenuto per mezzo di un'arma da fuoco, probabilmente una pistola di dimensioni non eccessive munita di silenziatore... Era una ragazza di trent'anni, uccisa con un colpo di pistola ben mirato al cuore, è morta sul colpo. >

Tentarono entrambi di scacciare quel pensiero dalla mente. Seguirono inconsciamente un ragionamento pratico: avevano dodici e quattordici anni, non avrebbero dovuto trovarsi davanti a un assassino. Non poteva essere. Era una persona che aveva ucciso degli esseri umani.

Mary raggelò, pensando che avrebbe dovuto smettere di andare incontro ai pericoli come se non fosse niente. Ma qualche secondo dopo ebbe un ripensamento, perché vide che la pistola era puntata contro qualcuno. Magari erano arrivati in tempo, si disse, magari sarebbero riusciti a salvare quella persona. James fece un passo indietro, istintivamente, senza pensare al rumore che avrebbe provocato. Le parole dell'assassino cessarono. Si voltò di scatto verso i due ragazzi e gli rivolse un sorriso che somigliava più a un ghigno. Ora l'arma era puntata su di loro, ma a Mary non importava. Perché aveva visto la persona in fondo alla stanza. Perché quel volto di un candore mortale, che li guardava con un misto di speranza e paura, che urlava i loro nomi intimando loro di scappare, lei lo conosceva.

Mycroft Holmes non avrebbe dovuto essere lì. Non era un poliziotto, lavorava nel cinema, era un regista. Un assassino, se avesse dovuto attirare verso la morte uno dei fratelli Holmes, avrebbe sicuramente scelto Sherlock. Perché era Sherlock che mandava in prigione gli assassini, non Mycroft. Un omicida avrebbe dovuto uccidere Sherlock, non Mycroft.

A meno che ... Mycroft doveva pur essere entrato in qualche modo all'interno dell'edificio. Poteva essere entrato come l'assassino o... dalla porta. Ma chiunque necessitava di un permesso per entrare nel museo, permesso che avevano solo persone come la polizia o gli agenti segreti. James portò lo sguardo sul taschino della giacca di Mycroft. Un permesso... come quello che aveva lui.

- Ah, vedo che qualcuno ha notato qualcosa ... - ghignò l'uomo davanti a loro fissando James con occhi spiritati.

- Sì, lo zio della tua amica, qua, è un agente segreto. Non lo sapevi? - Emise un risolino acuto. James si voltò per incrociare lo sguardo di Mary.

- Neanche tu, piccola Holmes? - Continuò l'assassino - Wow, allora li mantieni proprio bene i segreti - proseguì con voce inquietante voltandosi verso Mycroft - Significa che ci metterò più del previsto per avere qualche informazione - Rise ancora, come se lo trovasse divertente.

- Vedete, bambini - parlò come si parla a un gattino - Ho assolutamente bisogno di alcune risposte da quell'ometto lì - continuò accennando al corpo minuto di Mycroft - Cose molto importanti. Faccende di Stato - spalancò gli occhi e annuì, confermando la sua stessa affermazione. Sembrava di vivere in un incubo.

- Scusate, non mi sono presentato. Il mio nome è James Moriarty -

James si trovò disgustato nello scoprire di avere come omonimo una persona che aveva ucciso cinque persone e che minacciava di ucciderne altre tre. Soprattutto perché quelle tre erano lui stesso, la sua migliore amica e suo zio, che conosceva da anni e che aveva appena scoperto essere un agente speciale che proteggeva segreti di Stato.

L'assassino caricò la pistola e la puntò su Mary.

- Facciamo in questo modo, Mr Holmes - propose - Ti do tempo per dirmi tutto quello che sai finché non arriverà tuo fratello. Poi, se non mi avrai detto ancora nulla... - mimò un'esplosione con le braccia, ben attento a non premere il grilletto. Se possibile, Mycroft impallidì ancora di più: quando Sherlock sarebbe arrivato, Mary sarebbe morta.

No. Era troppo poco tempo. A differenza di prima, Mary e James speravano che i loro genitori non arrivassero mai. Non poteva uccidere una bambina. Non doveva. No, no, no. Non doveva farlo. James si sentiva scoppiare la testa, sapeva di non poter contare su nessuno, perché Mary era messa sicuramente in una situazione peggiore, non appena i loro genitori sarebbero arrivati il proiettile avrebbe lasciato la pistola, la polizia sarebbe arrivata certamente accompagnata da Sherlock e nel palazzo non c'era nessun altro. Niente poteva salvare Mary in quel momento, se non Mycroft. Ma evitando di uccidere Mary avrebbe probabilmente messo in pericolo moltissime altre persone. Continuava a tacere, tenendo gli occhi fissi sul grilletto, e quando compì un minimo movimento Moriarty lo ammonì:

- Non si bara, o finisci in una bara! - Rise da solo del suo gioco di parole da film dell'orrore. Poi spostò nuovamente il mirino su Mary.

- Tic, Tac, Tic, Tac - squillò poi.

Uno scalpiccio di passi risuonò nel corridoio.

- Mary! James! -

- No. Per favore, no. - sussurrò James sentendo le lacrime cominciare a scendergli sulle guance. Non riusciva ad urlare, non riusciva a dire loro di andare via. Sapeva che entro pochi secondi Mary Holmes sarebbe morta. Perché Mycroft non avrebbe mai detto niente che non andava detto. Si avvicinavano sempre di più. Mycroft piangeva.

La domanda sospesa di Sherlock.

Il tuono della pistola.

Il grido di Mary.

E Mycroft che cadeva.

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