Capitolo 13
Paradossalmente, la consapevolezza della minaccia imminente permise di allentare ulteriormente la protezione: il pericolo c'era, sì, ma non si sarebbe presentato prima di otto giorni. In più, anche se aveva evitato di dirlo al figlio, c'era un altro motivo per cui John aveva capito che il suo comportamento era diventato estremo: Stephen Davis, l'ultimo dei tre agenti che il giorno dopo l'inizio dell'investigazione non si erano presentati al lavoro, era un altro dei tanti complici del caso: era lui che Ward, il medico legale, aveva provato a proteggere mentendo, e per colpa dell'insistenza di John per tornare a casa avevano rischiato che scappasse.
Decisero che mentre John e Sherlock si davano da fare per fermare, o quantomeno rallentare Moriarty, i ragazzi avrebbero potuto veramente "vivere con serenità" quegli otto giorni.
Moriarty venne trasferito, in segretezza, in un carcere di massima sicurezza in Texas. Non fu facile, ma Scotland Yard si fidava degli Holmes e Londra si fidava di Scotland Yard. Le misure di sicurezza applicate ai mezzi utilizzati per il trasporto di Moriarty furono molte, ma l'assassino non tentò mai la fuga, si fece anzi trasportare con piacere per quegli ottomila chilometri che separano Londra da Austin, gustandosi le tredici ore di volo con un placido sorriso di soddisfazione. Venne preparato un intero itinerario e programma di sicurezza per martedì 23 marzo e il caso Clifford fu messo momentaneamente in pausa.
Mary e James giravano per Londra, visitando tutti i luoghi che Mary desiderava visitare. Passarono quattro giorni interi nei musei e nelle gallerie più famose, dove Mary non era mai stata prima d'ora se non per alcuni casi di furto, o nel 2004 per i primi omicidi di Moriarty.
Sabato 20 Mary si svegliò come una turista e non come una londinese che fugge da un serial killer.
Dopo aver sostato per un po' nella piazza di fronte a Westminster Abbey si avviarono nelle strade lì intorno, senza una meta precisa. Quando, una volta svoltato un angolo, gli si aprì la vista su una delle più famose attrazioni di Londra, Mary non poté fare a meno di portare lo sguardo in alto per ammirarla.
- Aspetta, da quando ci conosciamo non siamo mai saliti sul London Eye - disse James dopo aver seguito il suo sguardo.
- Non ci sono mai salita, neanche prima che ci conoscessimo - rispose Mary con un sorriso.
- Diciotto anni a Londra e non hai mai fatto un giro sul London Eye? Dobbiamo andarci assolutamente - Dopodiché la prese per mano e la trascinò fino alla grande ruota panoramica.
A Mary sembrò di volare quando la grande cabina a forma di uovo trasparente si sollevò da terra. Poco prima di scomparire, Daisy le aveva promesso un giro lì sopra e dopo la sua morte Mary non aveva avuto il coraggio di salirci senza di lei. In quel momento si accorse della vista spettacolare sulla sua città che aveva ignorato per tutti quegli anni.
James la distolse dai suoi pensieri quando raggiunsero il punto più alto della ruota:
- Mary - la chiamò con tono pressante - Quelle... quelle non sono due sfingi? - disse indicando un punto non troppo lontano sull'altra sponda del Tamigi. Mary seguì il suo dito e si diede una pacca di auto rimprovero sulla fronte. Certo. Mitchell non aveva scritto la Sfinge, ma la sfinge.
Victoria Embankment. L'Ago di Cleopatra. La sfinge gemella. Certo.
Non appena ne ebbero la possibilità scesero dal London Eye e presero al volo un autobus che in una decina di minuti li portò a Victoria Embankment. Mary non si sarebbe aspettata così poca gente, vista l'eleganza dei giardini e il piacevole lungofiume alberato, ma nel loro caso fu una fortuna. Di corsa raggiunsero le piccole sfingi di pietra nera che avevano scorto dalla ruota panoramica.
"La sfinge gemella, nella cruna dell'ago". Non era La Grande Sfinge di Giza, l'unica Sfinge ufficiale, bensì una riproduzione in piccolo e in un diverso materiale, come ce ne sono diverse. Mitchell era londinese, quindi era probabile che non riferendosi alla Sfinge di Giza si riferisse a quella di Londra. Quella di Londra, che insieme alla sua gemella faceva da guardia a quell'obelisco, che insieme al suo gemello di New York componeva "l'Ago di Cleopatra". Quello di Mitchell era un doppio senso, poiché non era solo la sfinge in sé ad avere una gemella, ma anche l'obelisco. E la "cruna dell'ago" era semplicemente una licenza poetica per accennare all'Ago di Cleopatra, per fornire un ulteriore indizio. L'unica cosa che restava da capire erano i "sei caduti" citati da Mitchell. Mary osservò con attenzione l'obelisco. Alla sua base c'erano quattro targhe di metallo che raccontavano la storia di un naufragio. Quella rivolta verso il fiume riportava sei nomi:
William Askin, James Gardiner, Joseph Benbow, Michael Burns, William Donald, William Patan.
James cominciò a leggere dal telefono:
- "Ago di Cleopatra è il nome di due obelischi in granito rosa di Assuan, situati uno a Londra, tra il Tamigi e Victoria Embankment, e l'altro nel Central Park di New York. Anche se entrambi sono obelischi originari dell'antico Egitto, il loro nome comune è errato, perché non hanno alcuna connessione con la regina tolemaica Cleopatra VII d'Egitto, nata più di mille anni dopo la loro realizzazione. Furono infatti costruiti nel regno del faraone Thutmose III (XV secolo a.C.). L'obelisco di New York è stato il primo ad acquisire il soprannome francese "L'aiguille de Cléopâtre", quando si trovava ancora ad Alessandria. Eretti in origine a Eliopoli, furono poi trasportati ad Alessandria dai romani e nel 12 a.C. furono eretti all'ingresso del Caesareum, un tempio fatto costruire da Cleopatra VII. Dopo non molto tempo crollarono e rimasero semisepolti. Nel 1819 il Chedivè d'Egitto, Mehmet Ali, decise di donare uno dei due obelischi alla Gran Bretagna, ma la partenza avvenne solo nel 1877, in ragione degli alti costi di trasporto. Fu costruito un natante metallico di forma cilindrica, chiamato Cleopatra, ideato dall'ingegnere John Dixon, all'interno del quale fu sistemato l'obelisco. Il natante fu trainato verso Londra dalla nave Olga, ma nel golfo di Biscaglia il 14 ottobre 1877 subì un naufragio, durante il quale andarono dispersi sei uomini dell'equipaggio dell'Olga che avevano cercato di salvarlo. I loro nomi sono incisi in una placca alla base dell'obelisco di Londra." -
- Ed ecco spiegati i "sei caduti" - commentò Mary.
- Ancora meglio, abbiamo trovato qualcuno che ne sa più di te: - disse James ridendo - Wikipedia -
- Ma stai zitto! - disse Mary in tutta risposta.
- Il problema è che ancora non siamo sicuri su chi è C. - continuò James con tono più grave.
- Se Mitchell ci ha portato qui, se nel libro è qui che lo porta la strada, significa che troveremo qualche indizio in questo obelisco, quindi direi di scartare l'opzione "Cleopatra" perché è troppo semplice - disse Mary sicura - E a meno che l'indizio non sia nei geroglifici, si trova sicuramente su una di queste targhe -
- Uno dei nomi potrebbe dire qualcosa - propose James - Ma nessuno comincia con la C... anzi, solo uno contiene una C - Michael Burns. Era vero. E forse quello poteva essere l'indizio. Anche solo un'altra C avrebbe distolto l'attenzione dai nomi, ma se una lettera così comune è presente una sola volta in sei nomi e cognomi, chiunque ci si può divertire. Quell'assassino era solito fare giochetti. E gli anagrammi erano sempre stati uno dei punti forti di Mary.
M I C H A E L B U R N S
La prima lettera era sicuramente la C... Il nome Michael, dalla C fino alla fine: CHAEL... CHANEL, prendendo la N dal cognome. Chanel è sia un nome che un cognome, ma con le lettere rimanenti è impossibile creare un nome.
M I B U R S
No, troppo particolare e sicuramente inesistente. BURMIS.... no. RUSBIM... no. MURISB... MURSIB... MURBIS.
- Chanel Murbis - mormorò Mary - Particolare, ma possibile. Faremo delle ricerche -
- Nel resto del libro non la nomina? -
- Sì, ma sempre e solo con l'abbreviazione "C." - E soprattutto non faceva riferimento a indirizzi o altri recapiti.
- Potresti farmi vedere un secondo il libro di Mitchell? - James sapeva che Mary lo portava sempre con sé, per sicurezza. Lei glielo porse e tornò ad osservare le targhe in cerca di altri indizi.
- Mary - disse James dopo una manciata di secondi controllando l'orologio - Dobbiamo assolutamente andare alla centrale - Mary gli lanciò un'occhiata interrogativa.
- La postfazione - spiegò lui - C'è scritto che il 20 marzo a mezzogiorno in punto Mitchell si costituisce - Mary spalancò gli occhi - Ma non è questo il punto. Ora è mezzogiorno e un quarto e il libro dice che pochi minuti dopo essersi consegnato si suiciderà -
- Oh no - sussurrò Mary. Lui era l'unico che avrebbe potuto dirgli di più su Chanel Murbis, se così si chiamava. Mary afferrò il telefono e chiamò subito Nancy, la direttrice della squadra omicidi. Rispose quasi subito:
- Mary? - chiese stupita. Le era stato comunicato che gli Holmes erano fuori dal caso.
- Togliete le lenzuola a Mitchell. Fate attenzione a come gli servite i pasti e tenetelo d'occhio -
- Come fai a sapere che Mitchell è qui? -
- Non importa come lo so, il problema è che ora si suiciderà. Devi mandare qualcuno nella sua cella il prima possibile - Mary sentì i passi di Nancy che correva giù per le scale, verso una delle celle di attesa singole.
- Nancy? - Mary l'aveva sentita fermarsi ma non parlare.
Nancy sospirò turbata - Si è impiccato con la sua cinta – disse. Mary lasciò andare il braccio lungo il fianco.
- Non abbiamo fatto in tempo - Mancavano tre giorni al suo compleanno, ormai il concetto di tempo non era altro che un tormento. Ma ormai Mary era decisa. Dovevano trovare Chanel Murbis.
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