LITIGIO (James)
Solo quando fui al sicuro in macchina mi convinsi a chiudere gli occhi e a trarre un sospiro di sollievo.
- Tutto bene? - domandò Mary.
- No - risposi - come può andare tutto bene? Mary, queste cose non sono bene. Non sono normali. Non è normale che nel 2004 tu venga inseguito da un tassista assassino. NON È NORMALE. Non lo è. E neanche tu sei normale, Mary. Neanche tu. E neanche tuo padre. Queste cose esistono solo nei film! Non posso continuare così, rischiando la vita più volte in un giorno solo. Hai mai pensato che magari io non voglio fare il detective? Sono sempre la tua ombra, il tuo sostegno. - Singhiozzai - Mary io non ho amici! Per colpa tua non ho amici! Questa non è la vita che volevo. Questa è la vita per le persone più intelligenti di me! Per persone come Mary e Sherlock Holmes! Hai mai sentito il mio nome pronunciato da solo? No! Mai! Sempre vicino al tuo! Mary io non sono come te. E mi dispiace, devi accettarlo, io non sarò mai come te, per quanto mi possa sforzare, non sarò mai come te. Non sarò mai come te. - ripetei l'ultima frase più volte, sempre più piano.
"Calmati, James" mi dissi "Calmati. Tu non sei così. Questo non è James Watson".
Continuai a piangere in silenzio. Notai che anche Mary piangeva. Ed era solo colpa mia se era così. L'avevo spaventata. Avevo detto che per colpa sua non avevo amici. Ma neanche lei li aveva. E non poteva farci niente.
- James, mi dispiace. - Disse con una voce che non le avevo mai sentito. - Scusami. Lo so, è colpa mia se non hai più amici. È colpa mia se rischi di morire ogni giorno. Ma credimi, io non voglio che sia così. Io non voglio che tu sia staccato dal resto del mondo come me, io ... io non voglio che tu muoia. -
- Mary, mi dispiace, io ho ... ho perso solo il controllo, non volevo dire quelle cose. Ero spaventato, sai, era solo uno sfogo ...-
- No James, avevi ragione. Ogni parola. Era tutto vero. Quindi sei vuoi puoi andartene. Puoi aprire la portiera e tornare a Baker St e chiudere quella maledetta porta che divide le nostre case. Vattene James, hai ragione, questo non è posto per te. Non è per le persone normali. È solo per gli anormali. Come me e mio padre. -
- Mary, io ... -
- No. Basta. Vattene, io non ho bisogno di te. Posso stare anche da sola. Non ho bisogno di amici. Mi sono abituata a non avere una madre: posso tranquillamente rassegnarmi a non avere te. Vattene, James, questo lavoro è solo per le persone più intelligenti. -
Lo stava facendo apposta. Stava facendo l'antipatica di proposito. Per farmi andare via, per farmi avere una nuova vita, per farmi avere altri amici. Lo stava facendo per me.
"Non ho bisogno di te ..." non farti ingannare.
"Solo per le persone più intelligenti ..." è un trucco, non ci cascare. Lo sta facendo per te. Non puoi lasciarla così, resisti.
Mary teneva lo sguardo fisso sulle proprie ginocchia, e continuava a piangere. Non aveva mai pianto così a lungo. Mi sentivo in colpa. Ma sapevo che avrebbe tentato a tutti i costi di farmi andare via. Così aprii la portiera e uscii. Mi voltai e vidi Mary con le guance bagnate, con lacrime continue che le scivolavano fino al collo. Una volta che fui uscito si lasciò andare e cominciò a singhiozzare. Cominciai ad allontanarmi, senza nemmeno sapere dove stavo andando. Poi dalla macchina provenne un colpo di tosse, poi un altro, e un altro ancora.
"Oh, no" mi dissi mentre mi voltavo e correvo verso l'auto "No, no, no, no, no" mi guardai intorno, nessuno aveva sentito. "Sta soffocando, oddio, sta soffocando"
- Aiuto! - gridai - sta soffocando! Non respira! Aiutatemi! - raggiunta la macchina, aprii la portiera di corsa. Mary stava finendo il fiato, aveva il viso di un colore che non prometteva niente di buono. La sua spalla si avvicinava sempre di più al sedile e lei continuava a tossire e a combattere per prendere fiato.
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