LA FRECCIA (James)
È incredibile. Incredibile. E' come se avesse progettato lei tutto. Perché una persona normale può capire queste cose solo se le ha pensate lei stessa. Qualche volta mi immagino la mente di Mary Holmes come tanti ingranaggi, che si azionano l'un l'altro, fino a formare un pensiero elaborato. E in quel momento la sua mente deve aver lavorato proprio così, perché per arrivare a pensare di tracciare gli omicidi sulla cartina ci dev'essere stato tutto un ragionamento dietro, che solo lei sa, che nemmeno lei riuscirebbe a esprimere. La sua mente lavora più veloce di lei, qualche volta, e Mary fatica a starle dietro. Quando parla, parla veloce, troppo veloce, inciampando nelle proprie parole, perché le frasi vengono prodotte nel suo cervello troppo veloci per essere dette. È facile capire quando ha dedotto qualcosa, perché comincia a fremere di eccitazione e a parlare con frasi alle mie orecchie insensate. Poi però ti spiega i suoi pensieri, e allora come pezzi di un puzzle tutte le parole espresse prima si uniscono, e capisci tutto. Quando mi ha spiegato quella cosa strana della freccia ero allibito, ma non per quello che aveva capito. Piuttosto mi chiedevo come lo avesse capito.
- Facciamo che tu abbia ragione, il che è molto probabile... pensi che quella freccia sia per noi? –
- Non è detto – disse Mary fra sé e sé, pensierosa. Ma io non la stavo ascoltando.
- Scusi – dissi rivolgendomi al tassista – non per essere pignolo, ma l'uscita per il Buckingham Palace era quella che abbiamo appena superato! Conosce un'altra strada? –
Lui mi rispose, sghignazzando. – È la legge dei tassisti, ragazzino, più il tragitto è lungo e più soldi prendo, perciò sto allungando la strada, visto che in questa macchina sono il solo adulto sveglio – poi aggiunse, ridendo della propria battuta – "sveglio" in tutti e due i sensi! – Alzai gli occhi al cielo. Era un tipo con la barba rossiccia incolta e un accento scozzese molto marcato. Mi voltai verso Mary. Teneva lo sguardo fisso sulla strada, si mordicchiava il labbro e tamburellava con le dita sulla sua coscia. Diede un'occhiata furtiva allo sportello, poi alla cartina di Londra che teneva ancora aperta sulle ginocchia, poi all'orologio che portava al polso, poi riportò lo sguardo sulla strada, ma uno sguardo diverso. Prima era preoccupata, ora sembrava che stesse cercando qualcosa. Per un attimo sembrò trovare ciò che cercava e il suo viso si fece compiaciuto, poi ritornò normale. Scosse i nostri genitori per svegliarli. Sherlock e papà si mostrarono molto imbarazzati per essersi addormentati, e si ripresero subito. Mary si rivolse al tassista.
- Lo sa che potremmo denunciarla, in questo momento? –
- Perché? Perché ho allungato la strada? Per favore, lo fanno tutti! – Sbuffò lui. Sherlock emise uno strano rumore con la gola, per esprimere la sua irritazione al riguardo.
- No. – Continuò Mary – perché tiene le portiere serrate. In caso di emergenza non potremmo uscire dall' auto. Dobbiamo avere la possibilità di aprirle senza che lei debba togliere la sicura. –
- E questo chi lo dice? – ribatté lui, stizzito.
- Io – concluse Mary drastica.
- E perché io dovrei ascoltarti? –
- Scusi, signore, lei non può parlare così ... - cominciò mio padre, ma io gli posai una mano sul braccio, zittendolo.
- Lascia fare a lei – sussurrai. E lui ubbidì. Deve aver capito che Mary aveva intuito qualcosa.
Intanto Il tassista non ne voleva sapere di togliere le sicure alle portiere. Mary mi chiese se le potevo prestare il telefono. Glielo diedi.
- Bene, vorrà dire che chiamerò la polizia –
- E va bene! Le tolgo! Le ho tolte – e le aveva tolte sul serio. Si era sentito lo scatto.
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