Il trio mascherato (Mary)


C'è una specie di giardinetto al centro di Pickard Street, qualche cespuglio, qualche albero, ma l'asfalto come pavimento. Lì accadde tutto.

Non so veramente il perché, ma avendo perso di vista Sprane e Lhinter entrammo in quel giardinetto. E non so veramente perché, ma in quel momento, come spesso accade nei momenti importanti, cominciò a piovere.

- Dove sono? - chiese James. Sentii una leggerissima folata di vento sulla nuca e un fruscio di passi.

- Dietro di noi - dissi. Ci girammo e ci trovammo davanti ai due. Avevano indossato le maschere ed era un'immagine veramente spaventosa. Mi abbassai appena in tempo schivando un pugno e James fece la stessa cosa facendo una mezza giravolta verso sinistra. Senza neanche avere il tempo di metabolizzare ciò che stava succedendo la situazione era diventata surreale: era un combattimento. Due contro due. Noi. Contro la <coppia mascherata>.


 La battaglia sembrava non finire mai. Non sapevo da quanto tempo stavo ripetendo sempre la stessa cosa: che fosse Alexandra o Trevor quello contro cui stavo combattendo era una persona prevedibile. Venti minuti? Un quarto d'ora? Non so quanto tempo che continuavo a abbassarmi, spostarmi a destra, spostarmi ancora destra, spostarmi a sinistra, evitare un calcio, girare la testa da un lato. Giù, destra, destra, sinistra, su, destra. Giù, destra, destra, sinistra, su, destra. Sempre così. Non mi arrischiavo ad attaccare. Dovevo solo prendere tempo prima che arrivasse la polizia. Ma quanto ci stava mettendo la polizia?! Per fortuna Alexandra e Trevor non avevano armi con loro in quel momento, sennò non ce l'avremmo fatta. James si era allontanato da me, anche lui limitandosi a difendersi dalla persona che aveva davanti. Quello contro cui stavo combattendo mi prese per un braccio e mi fece girare su me stessa. Afferrai al volo l'occasione: rimasi immobile per qualche secondo facendogli pensare che avesse vinto, poi mi girai di scatto e lo colpii in faccia con un pugno. Cadde scompostamente a terra e la maschera si tolse rivelando il suo volto: Trevor Sprane. Esultai dentro di me e sorrisi.


Poi uno sparo risuonò nella strada seguito da un grido di dolore. Inizialmente non capii: nessuno dei criminali contro cui stavamo combattendo aveva una pistola. Quando mi girai il sorriso mi si spense all'istante: un'altra figura, che doveva essere stata nascosta fino a quel momento, aveva ancora il braccio teso a tenere la pistola. Come al rallentatore, vidi James piegarsi su stesso e poi cadere a terra, il viso contratto dal dolore. Gli zigomi di Moriarty si alzarono in un ghigno. Gli aveva sparato. Alle spalle, mentre combatteva contro quella che doveva essere Alexandra Lhinter. Tutto ciò che dovevo sperare era che il proiettile fosse passato da parte a parte senza toccare nessun organo vitale. Tutto ciò che dovevo sperare è che sarebbe sopravvissuto. In quel momento si sentirono delle sirene della polizia in lontananza, e il trio si affrettò a scappare. Sarebbero bastati pochi secondi di anticipo...

L'unica cosa che vedevo era il petto di James che si alzava e si abbassava con ritmo irregolare, le gambe piegate, il viso girato dall'altra parte. E per me vedere solo una cosa è molto strano. Mi fiondai verso di lui e mi inginocchiai al suo fianco.

-James! Mi senti? –

Tossì piano e socchiuse gli occhi.

-Mary...- Gli accarezzai il viso sporco di lacrime e sudore.

- Sono qui, James, andrà tutto bene- gli sussurrai. Ma mi accorsi subito di non credere pienamente a quello che stavo dicendo. Non avevo mai avuto più paura.

- Mary...- ripeté con voce rotta. Sapevo che se non avesse parlato sarebbe stato meglio.

- Shhhh... – Gli sussurrai il più dolcemente possibile. – Ascoltami, devi cercare di non...-

- No, Mary, ora ascoltami tu - mi interruppe – Per una buona volta – abbozzò un sorriso, che però si perse in una smorfia di dolore.

- Cosa c'è? – gli chiesi con un sorriso triste. Stavo piangendo. Non riuscivo a vederlo così, sdraiato a terra sotto la pioggia battente. E, per quanto ci provassi, ignorare la macchia di sangue che si allargava sulla sua maglietta era difficile. Mi tolsi la felpa, l'appallottolai velocemente e gliela premetti sulla ferita. Cercò di soffocare un gemito con scarsi risultati.

– Io...Ti amo – Disse con gli ultimi grammi di energia rimasta. Poi chiuse gli occhi e la sua tempia ricadde sull'asfalto bagnato.

- No...- lo pregai sussurrando– No, per favore – Non rispose.

Anche se Moriarty era scappato, gli inveii contro a gran voce: - Non ucciderai anche lui! – gridai – Lui non morirà per colpa tua! – il mio sguardo tornò sul mio migliore amico, che stava lì, davanti a me, svenuto, forse morto. Avevo molti pensieri e ricordi per la testa, ma uno dei più grandi risaliva solamente a quella stessa mattinata: stavo uscendo da sola, ma lui mi aveva seguito. Non sarebbe dovuto venire.

- James! – urlai disperata prendendogli una mano. Non si mosse. "Cosa può succedere di tanto brutto? Sono dentro a questo caso tanto quanto te!" Mi aveva sempre accompagnato, e ora forse non avrebbe più potuto farlo – James, svegliati, ti prego... ti prego...- la mia voce si affievolì mentre capivo che era inutile.

Ma in quel momento più che mai avrei fatto qualsiasi cosa per salvarlo.

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