IL TASSISTA (James)


Nel giro di pochi secondi incontrammo un semaforo e il tassista fece per passare, ma Mary lo ammonì, senza nemmeno spostare gli occhi dalla carta geografica.

- È rosso - l'uomo sbuffò, ma si fermò. E fu in quel momento che Mary urlò:

- Fuori dalla macchina! Scappate e nascondetevi! -

Il tassista si allarmò e fece per ripartire, ma noi fummo più veloci. Ormai avevamo capito che quando Mary diceva qualcosa dovevamo farlo e basta, senza neanche capire il motivo. Aprimmo le portiere e sgusciammo fuori dall'auto. E allora non pensai più a niente. Soltanto a correre. E corsi, corsi, corsi, senza curarmi degli altri. Ero il più veloce, ma ben presto mi ritrovai da solo. Da solo con una macchina che mi rincorreva. Mi ero scordato la seconda parte della frase! Dovevo nascondermi! Per fortuna avevo un vantaggio sull'auto, perché il tassista aveva dovuto compiere una manovra per cambiare direzione. Ma la distanza era sempre minore, sempre minore. Mi veniva da piangere, e continuavo a correre, correre, senza altro da fare. Gli altri sbucarono dai loro nascondigli, ma erano troppo lontani per arrivare in tempo. In tempo. Prima che la macchina mi raggiungesse. Ma a quel punto la strada mi salvò. La via compieva una curva. Una volta superata la curva, per qualche attimo sarei stato da solo nella strada. Per qualche attimo il tassista non mi avrebbe visto. In quegli attimi imboccai un vicolo e mi appiattii sulla parete. L'auto mi superò sulla strada principale. Non mi vide. Tremavo. Ci era mancato poco. Aspettate: cos'era quel rumore?! Il taxi stava tornando indietro!

"Forza James! Pensa!" mi dissi "Pensa!" ma in quel momento avevo l'impressione che le mie gambe potessero andare più veloci del mio cervello. E allora ricominciai a correre, svoltando a caso tra le strade di Londra, finché non mi imbattei in una strada tanto stretta che non ci sarebbe passata nemmeno ... "Bravo James!" festeggiai mentalmente. "Finalmente ci sei riuscito!" in poche parole avevo capito che dovevo restare nelle strade più strette per fare in modo che l'uomo non potesse raggiungermi servendosi dell'auto. Trassi un sospiro di sollievo e mi fermai per qualche secondo per riposare. Poi ricominciai a camminare, cercando di capire dove fossi, per cercare di ritrovare gli altri. Il mio telefono era rimasto nelle mani di Mary quando glielo avevo dato per minacciare il tassista. Ma in quel momento pensai ai minuti appena passati. Il nanosecondo prima di uscire dall'auto di corsa, avevo visto gli occhi di Mary spostarsi insieme alla sua mano sulla mia gamba. Ma non ci avevo fatto caso, nella fretta di uscire. Qualche secondo dopo mentre correvo, avevo inciampato perché avevo la gamba sinistra più pesante della destra. La mia mano scattò prima del mio cervello, e si ficcò nella tasca sinistra dei pantaloni. Eccolo! Un piccolo oggetto spesso e rettangolare. Mary mi aveva infilato il telefono in tasca prima di uscire dal taxi! Lo accesi alla velocità della luce (lo avevo spento salendo in aereo) e premetti le dita sui tasti, formando il numero di mio padre. Accostai il telefono all'orecchio, mordicchiandomi le unghie per la tensione. Uno squillo ... un altro ... "aiuto, non risponde!" ... il terzo squillo ... "cosa faccio se non risponde?" ... il quarto ... "sono finito!" ... -Pronto? James, tesoro, sei tu? - Mi illuminai. - Papà! -

- Per fortuna! Ti abbiamo perso di vista da un po' e non riuscivamo a chiamarti. Abbiamo pensato che avessi il telefono spento! - Disse mio padre all'altro capo - Ma tu dove sei? -

- Ehm ... -

- Ti sei perso? -

- Beh ... sì -

- Ma come è possibile? Vivi a Londra da quando sei nato e in questa zona ci veniamo spessissimo! -

- Ma sai, quando è completamente buio e sei inseguito da un tassista impazzito non fai molto caso alla strada. - Ribattei indignato. - Aspetta! Ho trovato la scritta sul muro che dice il nome della via! - Ero arrivato alla fine della strada più piccola e stavo per entrare i quella più grande.

- Ok, sono alla fine di Denbigh St -

- Wow, James, questo vuol dire che hai fatto quasi dieci km di corsa! -

- Quel tassista mi aveva preso di mira -

- Non ti preoccupare, adesso arriviamo. Abbiamo chiamato la polizia, ci hanno prestato una macchina. -

Mio padre riagganciò.

Qualche minuto più tardi sentii il ruggito di un motore. Sollevato, mi diressi verso il rumore. Ma invece di trovarmi davanti l'auto gialla e blu della polizia, trovai ad aspettarmi il taxi. Quel tassista ce l'aveva proprio con me! La portiera del guidatore si aprì e l'uomo venne verso di me. Indietreggiai, gli occhi sbarrati, troppo stanco e impaurito per ricominciare a correre. Udii il rumore di un altro motore e una portiera che si apriva, ma non ebbi il coraggio di voltare le spalle al tassista per guardare chi fosse. Come in trance, vidi delle persone passarmi davanti e caricare le pistole. "Aiuto, vogliono uccidermi!" pensai. Ma poi accorsi che le pistole non erano puntate verso di me. Qualcuno urlò il mio nome e mi abbracciò. Poi delle voci:

<Mary, James, alla macchina>

<Ok>

Qualcuno che mi prese per il polso e mi trascinò indietro.

Poi di nuovo una voce, alterata dallo sforzo.

< James, non è che potresti collaborare un po'? Non posso trascinarti come se fossi una carriola. >

"Una carriola? Perché mi era familiare? Chi è che diceva sempre <come una carriola>?"

< JAMES! > questa volta il grido era arrabbiato, e mi riscossi.

"Ok, mi chiamo James, sono nato l'undici maggio e ho quattordici anni" pensai "vivo a Londra, mia madre è morta, mio padre si chiama John Watson, e Mary mi sta trascinando. Aspetta ... che?! Mary mi sta trascinando?" mi alzai di scatto. Mary mi osservò ansimante.

- Ahhh, per fortuna! Non ce la facevo più -

Mi guardai intorno. Il tassista in manette. Due poliziotti che lo tenevano per le spalle e lo infilavano in un'auto. Sherlock che parlava con dei poliziotti vicino al taxi. Auto della polizia dappertutto. Mio padre che parlava con altri poliziotti. Ah, mi aveva abbracciato lui.

Mi accorsi che Mary mi stava chiamando insistentemente incitandomi a raggiungerla. La raggiunsi ed entrammo in macchina.

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