Capitolo 4: L'arco

A morte l'imperatore! Aveva gridato il ladro prima che la spada di Julius calasse sul suo collo.

L'impero di Valesia si estendeva su tutto il continente, da ovest fino a est, da sud fino alle alte montagne e al gelido e sconosciuto nord. Un territorio vastissimo che richieda infinite risorse economiche. Risorse che negli ultimi tempi derivavano sempre più dai prelievi fiscali delle regioni a discapito del ceto medio e basso. Le guerre di espansione, che avevano caratterizzato i primi millenni di vita dell'impero, erano venute meno così come i proventi derivanti dai nuovi territori conquistati. La crescita economica si stava così lentamente esaurendo e a pagarne le conseguenze maggiori furono per primi i piccoli centri urbani.

Chi poteva si era rifugiato nelle grandi città, mentre chi ancora resisteva nelle zone rurali, il malcontento era diffuso. L'esecuzione di un criminale poteva quindi diventare solo un vano tentativo di distogliere l'attenzione dai reali problemi che affliggevano l'impero ormai da diverso tempo.

Per Art, le ultime parole di quell'uomo avevano acquistato un peso. Un'avvisaglia di un problema che non andava sottovalutato. Ci sarebbe stata la cattura di altri criminali che avrebbero aizzato il popolo contro l'imperatore, peggio di come aveva fatto quel ladro, soprattutto dopo la violenta tempesta che si era abbattuta a sud della regione arcadiana e - come aveva appreso in seguito - su buona parte di quella glarissiana.

Dopo il congedo estivo, Art era rientrato all'accademia per l'inizio del secondo anno. Aveva superato gli esami appena con la sufficienza, ma gli importava ben poco. L'importante era andare avanti.

Rivide i compagni di corso e notò che erano già tutti presenti. Questa volta Sinisa si era seduta vicino Raluca, mentre lui aveva trovato posto vicino Fredrian. Fredrian Badessa era un ragazzo laveniano dai capelli color carota, così come gli occhi ed era l'unico figlio di Fredarius Badessa, nobile e senatore dell'impero.

Notò che un banco era rimasto vuoto, nonostante i suoi compagni di classe fossero tutti presenti. Chi sarebbe arrivato?

La mattinata sarebbe stata in compagnia di Adalrico. Entrò in aula seguito da una figura che lasciò tutti spiazzati. Quei capelli e quello sguardo non passavano di certo inosservati. Elyse Regan, in tutta la sua altezzosa figura, si presentò ai suoi nuovi compagni di corso.

«Nonostante Elyse abbia un anno in più di voi ha deciso di iscriversi in questa classe come ripasso alla formazione che le è già stata impartita» esordì Adalrico.

«Quest'anno si affrontano le prime missioni in campo aperto. Se mi fossi iscritta al terzo anno, sarei stata svantaggiata» disse la giovane.

«Hai già anticipato un tema a cui tengo particolarmente.»

Quale occasione per dimostrare a tutti la propria bravura. Art incurvò le labbra in un sorriso soddisfatto. Da quest'anno basta con le simulazioni, avrebbero iniziato a fare sul serio.

«Da qui ai prossimi due mesi le lezioni si terranno in preparazione alla vostra prima vera missione: debellare i contrabbandieri che infestano la regione di Glarissia.» Proseguì Adalrico.

«Addestramento, studio della strategia da adottare e non solo» disse Elyse. «Anche se la missione vera e propria è arrestare i contrabbandieri, il nostro ruolo si limiterà allo spionaggio e alla raccolta di informazioni. Informazioni che poi consegneremo al generale Casimir Garzya, ritiratosi a Forte Pietraguzza per contrastare la criminalità che sta dilagando nella regione di Glarissia a seguito della violenta tempesta che si è abbattuta sulla regione questa estate.»

«Elyse conosce già tutti i dettagli della missione e se avrete domande sarà lieta di rispondervi. Da oggi, inoltre, farà ufficialmente parte di questa classe.» Concluse il maestro.

Art trasalì. Non si aspettava certo che la figlia dell'imperatore si abbassasse a frequentare l'accademia. Per quale motivo lo stava facendo? Poco importava, lui aveva ancora un conto in sospeso e chiederle la rivincita sarebbe stavo decisamente più facile.

***

Le giornate successive trascorsero in preparazione alla missione che avrebbero affrontato fino sopraggiungere dell'agognato giorno libero.

Art lasciò la sua stanza a mattina inoltrata dopo essersi concesso qualche ora in più di sonno. Gli studenti non superavano il centinaio eppure l'accademia era una struttura gigantesca che offriva tutte le comodità che si confacevano all'alto lignaggio dei frequentatori. Vi erano tre strutture dedicate solo ai dormitori, una struttura con le aule, il campo di addestramento, comprensivo di tiro con l'arco e qualsiasi arma, una stalla, il refettorio, perfino un piccolo santuario dove recarsi in preghiera. Art decise che avrebbe provato il tiro con l'arco.

Quando giunse al campo, notò che non era solo. Tra chi si allenava, vide anche Sinisa. Fece un cenno di saluto e la ragazza ricambiò timidamente. Prese poi un'arco d'allenamento e alcune frecce spuntate. Ignorò l'obbligo di indossare le protezioni e si posizionò nella postazione più in disparte di tutte. Il tiro con l'arco era una disciplina che lo aveva da sempre attirato. Più volte aveva espresso il desiderio al padre di avere arco e frecce, ma lo aveva sempre ignorato. Preferiva forse che diventasse abile con la spada?

Sarebbe stato forse il suo destino quello di tagliare le teste di chi gli avrebbe ordinato l'imperatore?

Incoccò una freccia, mise il piede sinistro in avanti e lo allineò perpendicolarmente al proprio corpo. Tese la corda con il braccio destro e si portò la mano sotto il mento. Chiuse l'occhio destro e prese la mira. Infine scoccò. La freccia si piantò nel bersaglio a metà tra il centro e il cerchio più esterno. Prese una seconda freccia dalla faretra e scoccò di nuovo. Il tirò andò ancora peggio del precedente. Insistette senza risultato. Eppure era sicuro di seguire alla lettera la tecnica che aveva insegnato a loro Adalrico. Dove sbagliava? Perché non riusciva ad avvicinarsi minimamente al centro?

«Quell'arco non va bene per te» disse una voce alle sue spalle.

Art si voltò riconoscendo la voce di Adalrico. Sbuffò.

«Soprassiedo sul fatto che non stai indossando alcuna protezione, ma sul fatto che tu stai usando un arco al contrario avrei qualcosa da ridire. Hai bisogno di un arco per mancini. Non te ne eri mai accorto?»

Imbarazzato, Art abbassò l'arma. Davvero esisteva questa differenza tra chi impugnava l'arco con la destra o con la sinistra?

Adalricò si allontanò facendo ritornò poco tempo dopo con un nuovo arco. Lo diede ad Art. «Prova con questo.»

Art ripeté gli stessi gesti di prima, questa volta, con il nuovo arco. Incoccò una nuova freccia e mirò al bersaglio. Scoccò. Un sibilo accompagnò la traiettoria della freccia che si concluse vicino al centro del bersaglio.

Art rimase di stucco. «I-io no-»

«Puoi tenerlo. In accademia lo useresti solo tu.» Lo interruppe Adalrico.

Art fissò Adalrico con la medesima faccia in un pesce lesso. Era confuso, ma felice allo stesso tempo. Accettò di buon grado il regalo del maestro. Quello fu il suo primo arco. Si allenò per tutto il giorno senza mai fermarsi un istante. Nel frattempo, Sinisa si era seduta poco distante da lui, affascinata dalla bravura di Art in quella disciplina.

Ormai il sole stava facendo capolino dietro le mura della città di Benicassia. Le mani di Art erano piene di lividi, vesciche e sangue, eppure avrebbe voluto continuare. Aveva distrutto cinque bersagli e un'innumerevole quantità di frecce, eppure mai si era sentito così appagato come in quel giorno. Tirare di spada non era la stessa cosa.

«Sono certa che qui all'accademia nessuno sia alla tua altezza» gli disse Sinisa giungendo alle sue spalle.

«Ti sbagli. Elyse è più forte. Voglio batterla a tutti i costi.»

«Ti sei allenato tutto il giorno e non hai messo nulla sotto i denti. È con la costanza che la potrai battere, non allenandoti fino allo stremo per un giorno intero.»

Sinisa aveva ragione e Art ritornò con i piedi per terra. Non si era nemmeno accorto del sopraggiungere della sera. Erano rimasti solo loro due al campo. Anche Adalrico si era ritirato. «Sei rimasta tutto il giorno a guardarmi?»

La ragazza arrossì. «No, ma che dici. Ho fatto un sacco di cose oggi. Alla fine mi era avanzato un po' di tempo e sono venuta a vedere come te la cavavi.»

Lo stomaco di Art brontolò. «Che fame. Vado al refettorio, non credo di resistere fino a cena. Ci vediamo, Sinisa.» Art abbandonò il campo. A ripensarci però, gli era parsa insolita la reazione della ragazza. Arrestò il passo e si voltò verso di lei. «Sinisa, ma ti piaccio?»

«Eh? Ma che sfacciato! Ovvio che no!» Impettita, lo raggiunse e gli assestò un pugno alla spalla. «Non dirlo più neanche per scherzo!» Girò i tacchi lasciandolo interdetto.

Che aveva detto di male?



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