Capitolo 29.1: Forte Torrescura
Regione di Arcadia, confine imperiale orientale
Sotto la pioggia scrosciante e il rombo dei tuoni, Art, Nice e la guarnigione di Forte Torrechiara, composta da mercenari, banditi ed ex soldati imperiali che avevano giurato fedeltà all'Alleanza, attesero l'arrivo dell'ormai ex generale Druin Ventili e dei suoi uomini. Tra i campi di grano ancora acerbi e sferzati dalla pioggia mista a vento, intravide all'orizzonte una colonna nero pece arrivare nella loro direzione. A guidarla un uomo a cavallo avanti con l'età dai capelli bianchi e la lunga barba nivea.
Il vecchio si fermò a debita distanza da loro e scese dalla cavalcatura. Si soffermò a scrutarlo e infine prese parola. «Quale dei due fratelli Gunther siete?»
Aveva già intuito chi fosse? Arguto, senz'altro grazie all'età. Decise che non avrebbe avuto senso nasconderlo.«Arteus, il minore. Voi invece siete il generale Ventili.»
«Sono io. Onorato di vedere con i miei occhi che avete deciso di accettare la mia proposta d'incontro. Come puoi vedere al mio seguito ho settecento uomini ben equipaggiati. Vi torneranno comodo per conquistare Forte Torrescura.»
«Cosa vi fa credere che muoveremo proprio contro Forte Torrescura?»
«Sarò breve: Levance Ayne, il braccio destro dell'Imperatrice, ha preso il controllo del forte costringendomi alla ritirata. Se uniamo le forze possiamo riprendercelo. Egli sta attendendo rinforzi dalla capitale. Siamo ancora in tempo per precederle. Non si ripeterà un'occasione simile.»
«Il vecchio volpone ci sa fare» ghignò Nice al suo fianco.
Art abbassò il tono di voce cosicché solo Nice lo sentisse. «Avevo il sentore che sarebbe successa un cosa simile. Abbiamo di fronte un'opportunità unica, ma al contempo non mi fido di quell'uomo.»
«Siamo in vantaggio numerico. Non è saggio mettersi contro di noi.»
«Tutto sta a vedere cosa ci attende al forte. Se è tutto vero o solo un modo per sopraffarci.»
«Ci ha fatto dono della testa di Eribert. Fa sul serio.»
Art si prese un momento per riflettere. Avevano sufficienti forze per contrastare un'eventuale tradimento di Druin. Inoltre, se in quel forte c'era davvero Lance avrebbe potuto pareggiare i conti una volta per tutte. «Andiamo. Mobilità tutti.»
«E sia.»
Art s'incamminò fermandosi a pochi passi da Druin. «Se scopro che mi nascondi qualcosa sarò io stesso a piantarti una freccia nel cuore. Dimostratemi la vostra fiducia conquistando Forte Torrescura e apriremo le trattative per il vostro ingresso nell'Alleanza.»
«Non dovete temere. Sarà una proficua collaborazione.»
***
Fredrian Badessa fissava il vuoto davanti a sé, seduto a gambe penzoloni sopra un fatiscente muretto che dava alla sponda di un canale. Elyse Regan era stata clemente e gli aveva risparmiato la vita. Considerata la fine che aveva riservato a Daniem Gunther, con lui era stata clemente. Rabbrividì, al solo pensiero di quel mostro.
Con oggi poteva definirsi la vergogna della famiglia Badessa. Sua sorella, la generalessa di Forte Celeste, lo avrebbe diseredato non appena avesse appreso la notizia del suo fallimento contro i banditi delle foreste del nord. Sarebbe stato più facile farla finita, ma gli avevano requisito armatura e armi.
Valeva davvero così poco? Per un umano in grado di trasformarsi in una simile bestia, schiacciarlo sotto le sue zanne sarebbe stata cosa da poco. E Fredrian avrebbe preferito quella fine piuttosto che vivere con il rimpianto di aver fallito. Invece, Elyse aveva spiccato il volo e di certo era andata a punire i traditori. Del resto, l'affronto di Druin era inaccettabile. Eppure, a pensarci bene, Elyse non gli era sembrata così turbata...
Fredrian scattò in piedi sopra il muretto «possibile che... Possibile che la lettera di Druin fosse un messaggio in codice?»
Percepì un urlo soffocato alle sue spalle. Si voltò e vide una guardia cittadina cadere a terra affogata nel suo sangue e due uomini fuggire.
Che stava succedendo? Si precipitò in soccorso del'uomo, ma constatò che era troppo tardi. morì tra le sue braccia. Serrò la mascella, gli assassini avrebbero pagato, come osavano mettersi contro l'ordine pubblico? Con quale coraggio avevano ucciso un soldato imperiale? D'impeto, afferrò la spada della guardia defunta e si gettò al loro inseguimento. Svoltò l'angolo di un edificio e trasalì, fermandosi a osservare il terreo spettacolo di una città assalita da una folla armata, per lo più, da rudimentali armi ricavate con attrezzi da lavoro che seguiva la direzione da cui lui era provenuto: il palazzo imperiale.
La spada gli scivolò dalle mani e cadde a terra in un tintinnio sordo. Si ritrovò in mezzo alle proteste, ma parve essere ignorato. Dopotutto, non stava più indossando l'iconica armatura dell'esercito imperiale. Non era più un soldato. Era diventato un comune cittadino. Cadde sulle ginocchia. Non avrebbero trovato l'imperatrice, la città sarebbe piombata nel caos, cosa poteva fare?
L'avvento dell'imperatrice era dunque agli sgoccioli?
Giravano voci riguardo il malcontento sulla gestione dei ribelli e dei banditi da parte di Elyse e di come si stesse diffondendo, soprattutto nelle campagne e nei borghi. La gente comune non si sentiva più al sicuro nemmeno a casa propria. A quel malcontento si era aggiunto l'inasprimento delle tasse per recuperare denaro per rimpolpare l'esercito. Inoltre, i racconti che arrivavano da Dalen parlavano di un regnante autoproclamato che nel giro di pochi anni era stato in grado di risolvere annose questioni che l'impero aveva sempre ignorato.
Se questa gente stava soffrendo c'era un motivo ben preciso: Elyse non si era dimostrata all'altezza del suo compito.
Fredrian raccolse la spada da terra e si rialzò, incerto. Uccidere un uomo che stava solo facendo il proprio lavoro era imperdonabile, era chiaro che in mezzo alla folla ci fossero anche degli infiltrati che non perdevano l'occasione per creare disordini, ma questa folla non poteva essere ignorata.
Da che parte doveva stare?
***
Forte Torrescura si stagliava davanti ad Art e Nice, rischiarata solo dal chiaro di luna e a debita distanza dal loro accampamento nascosto tra gli alberi.
Almeno per quella notte, la pioggia aveva dato loro tregua. In attesa di conoscere la strategia messa a punto dall'ex generale Ventili, l'unico uomo li presente a conoscere ogni segreto del forte, Art si sedette ai piedi di un frassino in attesa che Nice accendesse un fuoco. Era fradicio da capo a piedi e sentiva la testa pesante. Chiuse gli occhi e si mise una mano sulla fronte; era calda.
Nice riuscì nell'impresa e un tiepido tepore lo raggiunse dandogli sollievo. Con Druin, avevano preso la decisione che l'indomani sarebbe stato il giorno dell'assalto e fremeva nel voler conoscere il piano.
«Una via di fuga che da una grotta sotterranea consente di raggiungere, tramite una galleria scavata a mano, le fondamenta del forte. Useremo questa via per introdurci a Forte Torrescura.» Disse la voce di Druin.
Art riaprì gli occhi e fissò l'ex generale. «Non saremo gli unici a saperlo, immagino.»
Druin annuì. «Lance ne è a conoscenza, ma non del secondo passaggio segreto.»
Art attese una spiegazione da parte di Druin che non tardò.
«Il secondo passaggio prosegue ancora per buona parte della cavità naturale al di sotto del forte. Sotto la torre più a ovest c'è un passaggio nascosto collegata a questa cavità naturale.»
«Notevole.» Art cominciò a soppesare vantaggi e svantaggi. Grazie a quel passaggio sarebbero riemersi dalla torre, ammesso che non fosse stato, per qualche ragione, accidentalmente ostruito. «E sia. Seguiremo il tuo piano, ma dobbiamo preparare una contromossa anche nel caso in cui quel passaggio non sia agibile.»
«Ho già dato le disposizioni del caso.»
«Non ne dubitavo.»
Druin Ventili sorrise sornione. «Vedrete, non ve ne pentirete.»
***
Il tremolante bagliore delle fiaccole illuminò la cavità naturale quel poco che bastò per non inciampare sulle pietre lavorate dall'acqua nel tempo. Art camminava guardingo, mano sull'elsa della spada.
Come predetto da Druin, alla prima biforcazione proseguirono sempre più in profondità della cavità. L'aria divenne rarefatta e la luce delle torce sempre più fioca. Per poco, non inciampò su un gradino. Puntò la torcia; una scalinata di pietra saliva verso l'alto. Erano quindi giunti sotto la torre. Fece un profondo respiro e salì un gradino alla volta fino a raggiungere una porta in ferro arrugginito e legno consumato dal tempo. Non potendo proseguire oltre, attese l'arrivo di Druin. Il vecchio si fece largo tra la marmaglia, infilò una chiave nella toppa e la girò. La serratura scattò e la porta si aprì. Nice anticipò tutti e fu il primo a sbirciare all'interno; si addentrò oltre la porta constatando che il passaggio fosse libero. Fece cenno ad Art di seguirlo.
Un suono quasi indistinto, simile a un ruggito destò la sua attenzione. Si bloccò, cos'era stato?
«Lo hai sentito anche tu?» Art si avvicinò a Nice che gli rispose con un'alzata di spalle. «Sentito cosa?»
Forse se lo era solo immaginato.
I due schieramenti cominciarono ad ammassarsi. Fu il turno di Druin di dare le ultime indicazioni. Art si fece da parte, aveva cercato di riflettere sulle fasi che avrebbero decretato la buona riuscita del piano, lottando contro la volontà di riposare. La febbre gli dava noia e nella notte non si era abbassata. Non poteva succedere in un momento peggiore.
Fece cenno ai suoi di sfoderare le armi e di preparasi. Druin diede il segnale e le due fazioni si mossero verso l'uscita. Alcuni soldati presero la rincorsa e sfondarono la porta che li separavano dal cortile e la massa vi si gettò all'esterno, armi in pugno.
Quando anche Art uscì dalla torre, vide subito una doppia fila di arcieri sotto una pioggia scrosciante. Questi scoccarono all'unisono contro di loro. Art si gettò a terra schivando per un soffio una freccia che altrimenti lo avrebbe ferito al volto. Fece una capovolta e si rimise in piedi, tese la corda del suo arco e scoccò centrando in pieno un soldato nemico. «Gli arcieri! Abbattete gli arcieri!» Gridò.
Le due fazioni si unirono creando un miscuglio caotico di grida, di sferragliare di armature e di cozzare di armi. Art abbatté un altro arciere, sguainò la spada e salvò un soldato alleato trafiggendo il nemico alle spalle. Erano caduti in trappola, in una fottuta e maledetta trappola.
Tuttavia, come i suoi uomini venivano attaccati, i soldati del forte non risparmiarono nemmeno gli uomini di Druin. L'ex generale dunque non era un traditore. Chi era stato allora ad anticipare le loro mosse? La mente di Art formulò un solo nome: Lance.
Aveva dunque intuito il piano di Druin e aveva agito di conseguenza. Tuttavia, perché lasciare che entrassero al forte? Godevano della protezione delle mura, se avessero ostruito i passaggi segreti avrebbero potuto avvalersi di un difesa perfetta. Eppure Lance non era intervenuto lasciando che l'alleanza e gli uomini di Druin invadessero il forte.
All'improvviso, un'ombra oscurò la sua testa e quella dei presenti. Alzò lo sguardo e d'impeto si mise in guardia: sulla cima della torre da cui erano usciti allo scoperto, atterrò la creatura più mostruosa che Art avesse mai visto: una belva dal pelo nero e dal volto ferino, protetta da placche di ferro sparse su tutto il corpo. Impugnava una grossa spada da avancarica e si ergeva fiera sopra tutti loro. Emise un nuovo, potente ruggito.
Non era stata la sua immaginazione prima. Art osservò sgomento il mostro, socchiuse la bocca, incredulo. Era la prima volta in vita sua che vedeva una simile bestia e subito i ricordi lo riportarono a quel giorno, ai piedi del trono di Elyse Regan, quando a terra vide il corpo trucidato di suo padre.
Il mostro spalancò le gigantesche ali piumate e scure e si gettò nel vuoto contro i presenti. Art si limitò a fissarlo inerme, non riusciva a muovere un dito, completamente soggiogato dalla presenza di quel mostro. All'improvviso, si sentì strattonare da una forza estranea che lo fece allontanare poco prima dell'impatto al suolo della bestia.
Venne voltato con forza e un ceffone lo colpì in pieno volto. «Che cazzo stai facendo?»
Art si ridestò dall'incantamento e tornò alla realtà. «Elyse Regan... Lei è qui.»
«Che cosa?»
«Quel mostro... Quel mostro è la vera natura dell'imperatrice.» Disse a denti stretti.
Nice girò il volto in direzione del mostro. Art giurò di non aver mai visto la faccia di Nice sgomenta.
«Che cosa facciamo?» Disse con lo sguardo rivolto al demonio.
Che cosa doveva fare? Il suo istinto gli gridava a gran voce di scappare, ma con che coraggio si sarebbe potuto definire capo dell'Alleanza? «La... Affronterò e la terrò occupata il tempo necessario per permettervi di ritirarvi.» Era la scelta migliore. Avrebbe guadagnato tempo. Per quanto detestasse l'idea di essere a un passo dal piantare una freccia in gola a Lance, la comparsa di quel mostro aveva mandato all'aria il piano. Non era pronto per affrontarla. Non oggi!
«Da solo? Vuoi forse morire? Hai visto quanto è grossa la sua spada? E i suoi artigli?»
Art spinse da parte Nice e incoccò una nuova freccia. «Il capo sono io e ora farai ciò che ti ordino, altrimenti sarai tu il destinatario di questa freccia.» Impresse nella sua voce un tono perentorio.
Nice assottigliò lo sguardo a due strette fessure. «Allora resta qui a crepare, demente.» Girò i tacchi prendendo le distanze. Chissà se avrebbe disertato o lo avrebbe ascoltato. Ormai non aveva più importanza. La presenza del demone lo aveva isolato da tutto il resto. Prese la mira e centrò il petto. La bestia abbassò lo sguardo, si tolse la freccia con noncuranza e la getto a terra. Del sangue viola sgorgò dalla ferita, ma il mostro non parve turbato.
Art scoccò di nuovo, questa volta mirando al volto, ma si ritrovò davanti agli occhi il muso della bestia.
Trasalì. Come aveva fatto ad essere così veloce? Il mostro calò un fendente contro Art che evitò lanciandosi a terra. Si rimise in piedi e scagliò una nuova freccia che si piantò sulla spalla, il demone si dimenò, batté a terra la lunga coda e questa volta fece per agguantarlo con la sua mano dai lunghi artigli. Art si scansò in tempo evitando che lo colpisse agli organi vitali, ma un artiglio gli toccò la gamba.
Indietreggiò. Riprendendo fiato. Il battito accelerato e l'adrenalina lasciarono spazio al dolore. Serrò la mascella e abbassò lo sguardo constatando la profonda ferita alla gamba.
Il demone gli fu di nuovo appresso, Art scagliò una nuova freccia dal suo arco e lo colpì all'altezza del cuore. Il mostro arrestò la corsa. Forse quel colpo aveva sortito effetto. Ne scagliò un'altra mirando allo stesso punto, ma questa volta il mostro si protesse con la mano. Si tolse la freccia e menò un affondo orizzontale. Art indietreggiò finendo contro le mura del forte. Evitò un nuovo attacco, facendo perno sulla parete, ma perse l'equilibrio e finì a terra. Il dolore alla gamba si intensificò. Si rese conto che in quello stato non avrebbe resistito a lungo e il terrore lo assalì.
Si rialzò e corse zoppicando verso la prima porta che vide e imboccò una rampa di scale. Si fermò solo quando fu sicuro di aver messo le distanze dal demone. Il mostro provò a inseguirlo, ma si fermò, impossibilitato a varcare l'ingresso a causa delle sue notevoli dimensioni. Infilò un braccio con la vana speranza di raggiungerlo. Infine desistette e si allontanò. Ancora scosso, Art si appoggiò contro la parete e scivolò a terra, strappò un lembo del mantello e lo strinse intorno alla coscia con la speranza di fermare l'emorragia.
Aveva avuto una paura fottuta di morire ed era scappato. Finché Elyse fosse stata nei paraggi non avrebbe avuto alcuna speranza. Le frecce scagliate gli avevano appena fatto il solletico. Davvero una magra consolazione.
Avvertì dei passi provenire dall'alto, puntò lo sguardo in direzione dei suoni finché dalla sua visuale non apparve un gruppo di cinque soldati nemici. Art si rialzò in piedi e scoccò le ultime due frecce del suo arco colpendoli a morte. Infine estrasse la spada e fece per alzare il braccio, ma gli fu impossibile. Frastornato dal non riuscire a compiere un movimento così naturale, afferrò l'elsa con la mano destra e andò in affondo sul primo avversario trapassandogli lo stomaco da parte a parte. Attese che anche la sua seconda vittima fosse a portata di tiro e la gambizzò. Infine, parò un fendente del terzo, lo aggirò e gli pianto la spada sulla schiena.
Riprese fiato e istintivamente fece per portare il braccio sinistro contro la parete per sorreggersi, ma realizzò che non rispondeva più alla sua volontà. Inorridì, che cosa era accaduto?
Avvertì un capogiro e cadde a terra. Risollevò il capo e strisciò per alcuni passi e si buttò contro la parete sedendosi a terra. Le urla e il cozzare delle armi da lassù sembravano solo un eco lontano. Il sangue cominciò a fluire nelle fughe delle pietre. Chinò il capo esausto e chiuse gli occhi. Doveva riposare, la febbre e la ferita glielo imponevano. Insieme al sangue stava perdendo anche le forze. Se qualcuno fosse giunto per dargli il colpo di grazia lo avrebbe accettato. Era dunque arrivata la sua ora?
Elyse lo aveva sconfitto ancora una volta e forse non ci sarebbe stata un'altra occasione per tentare la rivincita, le aveva consumate tutte. Anche se fosse sopravvissuto, non avrebbe più potuto combattere, qualcosa dentro il suo braccio sinistro si era rotto impedendogli di alzarlo come voleva, riusciva a fare solo dei movimenti verso il basso. Anche se non avesse più potuto combattere avrebbe potuto ricoprire il ruolo di suo fratello...
No, non doveva morire, avrebbe lasciato troppe cose in sospeso. Non avrebbe più potuto avere un faccia a faccia con Lance, dare una degna sepoltura alle spoglie di Sinisa, Porre fine all'esistenza dell'impero...
No, non voleva e non poteva morire, ma era così stanco...
Se fosse morto, cosa ne sarebbe stato di tutto ciò che aveva costruito negli anni? In suo fratello non riusciva più a riporre alcuna speranza, soprattutto dopo averlo rivisto in quelle condizioni dopo tre anni dalla sua assenza. Non restava che avere speranza in qualcuno che credesse nelle sue idee e che avrebbe preso il suo posto perché in fondo, come aveva sempre detto a se stesso e agli altri, non era che un volto dell'alleanza...
Dei passi a contatto con la nuda pietra lo risvegliarono dal suo torpore.
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