Capitolo 26.1: Forte Celeste
Art aveva lasciato il covo dei briganti di buon'ora. Era convinto che al suo piano mancassero degli elementi e doveva schiarirsi le idee. L'indomani sarebbe partito alla volta di Forte Celeste e doveva essere certo che il piano ideato non avesse falle. C'erano in gioco la vita di molti uomini, per questo non doveva sottovalutare il minimo dettaglio. Questa volta non avrebbe sbagliato. Non avrebbe permesso che i suoi occhi vedessero ripetersi il fallimento di Forte del Lupo.
Aveva impresso bene a mente la conformazione del territorio nei dintorni del luogo, grazie a ricognitori e mappe; le mura e le torri sorgevano sulla base di solida roccia. La roccia stessa riparava il cuore del forte su due lati: quello a nord e quello a ovest. Art e i suoi arcieri si sarebbero abbarbicati su di essa per sferrare un attacco dall'alto. La scalata sarebbe stata impervia, ma la Grotta dei Briganti gli aveva dato modo di addestrare i malviventi. Lui stesso non aveva mai scalato una parete rocciosa prima di allora. Era stato sfidante, ma il braccio ferito aveva risposto bene allo sforzo. Erano state più le volte che aveva rischiato di cadere e spezzarsi l'osso del collo per aver messo male un piede.
Un colpo secco contro una superficie di legno lo fece ridestare dai suoi pensieri e il suo intuito gli disse che qualcuno si stava esercitando al tiro con l'arco. Morì dalla voglia di scoprire chi fosse. Seguì il suono che a ogni scoccata sentiva aumentare di intensità fino a raggiungere una piccola radura. Lepre tese la corda del suo arco e scoccò. La freccia disegnò una parabola incerta e manco il bersaglio di paglia attaccato al tronco di un albero molto distante da lei, finendo conficcata su quello accanto.
Ad Art sfuggì un sorriso e le si avvicinò alle spalle. «Se sei alle prime armi dovresti avvicinarti.»
Lepre sussultò voltandosi verso di lui. «Accidenti, mi hai fatto prendere uno spavento! Non ti ho proprio sentito arrivare.»
«Avvicinati al bersaglio e riprova.» Insistette Art.
Lepre annuì. Fece qualche passo e si rimise in posizione di tiro, ma Art la rimbeccò «di più.»
Lepre sbuffò. «Va bene, ho capito.»
Quando ebbe dimezzato la distanza, Art la bloccò. «Prova da lì.»
La ragazza afferrò una nuova freccia, la incoccò e fece un profondo respiro. Rilasciò. Questa volta, la freccia raggiunse il margine del bersaglio.
«Se pretendi di partire dalla parte più difficile perderai l'entusiasmo e la fiducia in te stessa. Conviene ragionare per obiettivi semplici e via via provare sempre qualcosa di più sfidante.» Art incrociò le braccia al petto e rimase a osservare l'allenamento della brigante.
La ragazza si preparò a un nuovo lancio ma desistette. «Così mi sento osservata» disse impacciata.
«Non badare a me e riprova.»
Una nuova smorfia comparve sul volto di Lepre, ma non replicò. Tese la corda, ma prima di mollare la presa sulla freccia Art arrivò alle sue spalle e le corresse la postura.
«Alza di più il gomito, dev'essere sopra il braccio teso. Allinea il bacino.» Le mise le mani sui fianchi e le corresse il baricentro. «Prova ora.»
«Lepre scoccò e la freccia finì vicina al centro.»
«Molto meglio. La tua tecnica è buona per essere alle prime armi. Confesso che io non ero così bravo.»
Lepre distolse lo sguardo «t-ti ringrazio, ma non devi adularmi. Non lo merito.» Art notò un leggero rossore colorarle il viso.
«Dico solo ciò che penso.»
Lepre scrutò il suo arco e poi glielo porse. «Mi faresti vedere come scocca l'arciere infallibile?»
Art non negò di essere sorpreso da quella richiesta. Le sorrise e decise di accontentarla. «Il mio arco è speciale. Posso utilizzare solo quello.»
Lepre scostò il capo di lato aggrottando le sopracciglia. «In che senso?»
«Aspettami qui.»
Tornò da lei poco più tardi con arco e frecce. Trovò Lepre seduta a terra e con le gambe incrociate intenta a mordicchiare un filo d'erba. I capelli ondulati e corvini rilucevano al sole. Al suo arrivo, si rialzò correndogli in contro.
«Ma il tuo arco è bellissimo!» Esclamò.
«L'ho costruito io stesso.» Si vantò Art. «Il legno proviene da un Acero Rosso. Nel tempo libero mi sono divertito a personalizzarlo e a decorarlo. È stato mio fedele compagno in molte battaglie.»
«Voglio vederti all'azione.»
Art non se lo fece ripetere due volte. Prese una freccia e agganciò la cocca alla corda. Si mise in posizione, prese la mira e rilasciò. Con un sibilo, la freccia si piantò al centro del bersaglio.
«Sono senza parole!»
Art abbassò l'arma fissando il bersaglio. A un anno di distanza la ferita era guarita bene così come la frattura. Aveva avuto una cura maniacale di se stesso seguendo le precise indicazione di Adele. Come promesso da quella donna, era ritornato a impugnare un arco. Ora riusciva ad alzare il braccio e a muoverlo quasi come prima. I fastidi erano ormai un lontano ricordo. Distrattamente, si toccò nel puntò in cui era stato colpito. Tutto sommato era tornato quello di sempre. «Questo risultato lo puoi ottenere solo con la costanza e il duro allenamento. Non c'è altro modo per diventare bravi.» Era stato piacevole giocare con Lepre. Per un momento si era alleggerito della tensione e dai pensieri che gli vorticavano nella mente dove prese forma l'ultimo pezzo del mosaico.
«Lepre, vorrei tu facessi una cosa per me.» La guardò negli occhi. «Una volta partiti per Forte Celeste, vorrei che facessi sgomberare la grotta. La maggior degli uomini e delle donne che possono combattere sarà impegnata altrove lasciando il covo vulnerabile.»
«Cosa? Ero certa sarei partita con te.»
Art fece cenno di diniego con il capo. «I cani dell'impero potrebbero già aver scoperto la nostra posizione. Se la maggior parte di noi lascerà il campo, i più fragili saranno in pericolo di vita. Andate a nord e percorrete la Valle. Se conquisteremo Forte Celeste, queste terre diverranno luogo di nessuno e potranno essere vostre.»
Dopo attimi di titubanza, il volto di Lepre divenne serio. «Farò del mio meglio. Conta su di me.»
Lei era la persona più indicata per quel compito, Art ne era certo. Non l'avrebbe deluso. «Non farne parola con gli altri. Nessuno deve sapere dei vostri spostamenti. Sarà più sicuro per voi.» Le voltò le spalle e si allontanò. Il piano era ultimato e Art si ritenne soddisfatto.
«Sono contenta che tu sia tornato a impugnare arco e frecce.»
Art si bloccò e ruotò il capo verso di lei. «Come hai detto?»
Lepre si portò una mano tra il collo e la spalla e fece due colpetti, seguiti da un ghigno furbesco e l'occhiolino.
Ad Art sfuggì un sorriso. Le fece un cenno di saluto con la mano e tornò sui suoi passi. Aveva sempre cercato di nascondere la sua infermità, ma era anche vero che in un covo di briganti la riservatezza non era contemplata. Ingenuo ad averci anche solo pensato.
Sulla strada del ritorno, vide Iena venirgli incontro «Arteus.»
«C'è qualche problema?» Art raggiunse il suo sottoposto in attesa di sapere il perché lo stesse cercato.
«È giunto un uomo da sud. Sostiene di essere un disertore dell'esercito dell'imperatrice. Dice di volersi unire al noi.»
Art trasalì. Chi era costui? E perché fare una cosa tanto avventata? C'era da fidarsi? O era solo un impostore? Era ormai certo che le voci sulle rappresaglie compiute dai suoi uomini fossero giunte alle orecchie dell'imperatrice. Che fosse un infiltrato? No, la mente di Elyse era molto più accorta. «Portami da lui. Voglio ascoltare le sue parole.»
***
Art e Iena ritornarono al covo dei briganti. Nella profonda cavità naturale che li ospitava fremevano i preparativi per la partenza. Iena condusse Art all'interno di una delle tende dell'accampamento. Due uomini sorvegliavano a vista un energumeno, in quel momento, rivolto di spalle; capelli rossi e fisico possente celato da un mantello e da vesti sgualcite e unte. A terra, accanto a lui, una grossa bisaccia.
«Non amo aspettare. Arriviamo subito al sodo.» Il nuovo arrivato mostrò il volto ad Art.
Art dovette fare appello a tutto il suo autocontrollo per mantenere la maschera della risolutezza che si era imposto di tenere nei riguardi di tutti i suoi sottoposti. «Nice.» Soffiò.
Il soldato disertore sputò a terra. «Pezzo di merda. E così ci sei tu dietro tutto sto casino.»
D'impeto, Art afferrò una freccia dalla faretra e puntò l'arco contro il nuovo arrivato. «Non ho bisogno di un cane di Elyse. Vattene. Non lo ripeterò due volte.»
Un ghigno beffardo comparve sul volto di Nice. «Ne sei sicuro? Ora che so che ci sei tu dietro alle scorribande dei banditi della Valesia per me sarà facile ingraziarmi Elyse.»
«Farò in modo che tu non esca vivo da qui.»
«Non sfidarmi, pezzente. Non c'è stata una sola volta in cui sei riuscito a battermi e se ti giochi bene le tue carte, hai la possibilità di arruolare un membro di rilievo che potrebbe fare la differenza tra le tue fila.»
Art faticò a nascondere l'incredulità. Nice, dalla sua parte? Che cosa lo aveva spinto a compiere una simile scelta? Ricordava infatti che l'energumeno era secondo solo a suo padre nella gestione di Forte Pietrabianca nella regione di Aalborg.
«Abbassa l'arma.» Minacciò Nice.
Dopo un attimo di titubanza, Art sciolse la guardia. «Che cosa vuoi?»
«Unirmi a te.» Ghignò. «Ammetto che in un primo momento non mi aspettavo di rivedere la tua faccia. Sapevo che eri scampato alla forca e che ti eri ritirato con la coda tra le gambe a Dalen, ma chi lo avrebbe mai detto che in realtà eri ancora qui. Che ne è stata dell'Alleanza?»
«Non ti riguarda.» Si mostrò diffidente Art. «Non mi piaci, Nice. E non ti nascondo che averti come alleato mi causeresti solo che problemi. È meglio se rinunci a questa idea e te ne torni da dove sei venuto.»
«Ho disertato per te e mi tratti così?» Rispose sprezzante. «Ho preso armi e bagagli e me ne sono andato. Voglio vivere come meglio credo e sottostando a mio padre non sarebbe mai stato possibile. Le vostre gesta sono sulla bocca di tutti. Non si parla d'altro. Dev'essere uno spasso fare la vita del fuorilegge, per questo sono qui.»
Aveva scordato di quanto Nice prendesse poco sul serio qualsiasi cosa. Quell'uomo era pazzo e il fatto che avesse trovato da solo la strada era la riprova che il covo non era più un luogo sicuro. Che cosa doveva fare con questo individuo? Non gli avrebbe affidato neanche un panno da lavare. Si prese un momento per riflettere e lo sguardo cadde sulla bisaccia a terra e dalla forma squadrata. «Che cosa contiene quella?» Fece cenno con il dito.
«La mia armatura.»
«Quindi se ora ti piantassi una freccia sul petto andrei a colpo sicuro.» Sorrise.
«Prima che tu possa provarci ti prendo quella faccia da schiaffi che ti ritrovi e te la maciullo a terra.»
Nice era un'idiota, ma aveva una forza spropositata e Art non mise in dubbio che la sua minaccia si sarebbe rivelata fondata se lo avesse attaccato. Liquidarlo sarebbe stato troppo rischioso. Il fatto però che con sé avesse un'armatura di fattura imperiale era un punto a suo favore. Avrebbe potuto sfruttarla a suo vantaggio. «Allora dimostrami la tua fedeltà, Nice.»
«Che vuoi dire?»
«Sarai l'esca perfetta per la mia prossima impresa.»
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