Capitolo 25.2: I fuorilegge

Anno 4251, regione di Benicassia, palazzo imperiale

«Forte Pietraguzza e Forte Pietrattusa sono tornati sotto il nostro controllo. I ribelli sono stati respinti.» Esordì Lance, ginocchio a terra e capo chino ai piedi dello scranno della sua imperatrice.

«Non basta! Che ne è stato di Arteus Gunther?» Il tono imperioso di Elyse lo fece sussultare.

Un anno di ricerche che avevano prodotto solo fallimenti. Lance si morse il labbro inferiore, frustrato. Gli errori commessi dai suoi sottoposti erano i suoi errori e non era ammissibile che lui sbagliasse.

«Rispondimi, Lance.»

Il cavaliere tenne lo sguardo basso. «È riuscito a fuggire. Abbiamo setacciato l'intera regione di Aleksin, ma senza risultato. Nessuna traccia, nemmeno nei forti riconquistati.»

Elyse si lasciò andare a un lungo sospiro. «Questo perché la tua stoltezza ti ha lasciato credere che fosse diretto alla sua tana.»

Sorpreso, Lance alzò il capo. Le iridi indaco di Elyse erano puntate addosso a lui.

«La dimora di campagna di uno dei miei fedelissimi è stata data alle fiamme dai banditi, le messi depredate, le guardie trucidate e derubate e la servitù catturata. Il nobile Gils Farre è stato rinvenuto impiccato al ramo di un albero del suo giardino.»

«Gils Farre, il padre di Eribert...» Rispose Lance in un sussurro. «Credi che sia opera sua?»

«I fuorilegge non sono mai stati così arditi come ora. La villa di Farre si trova a poche ore di cavallo a nord da qui. L'esposizione del suo cadavere altro non è che un avvertimento. Il suo modo di dimostrarci che è ancora in gioco.»

Lance serrò la mascella. Non era stato abbastanza arguto da poter immaginare una simile conseguenza dopo Forte del Lupo. Arteus capo di un gruppo di fuorilegge? Aveva dunque una capacità adattiva migliore della sua? O aveva fatto nascere dalla sconfitta una nuova opportunità? No, la disperazione lo stava lentamente portando alla deriva. L'ultimo vano tentativo di combattere il successo dell'Impero. Con i ribelli a un passo dalla sconfitta definitiva ha pensato bene di dissociarsene facendo di testa propria. Tipico di Arteus. Ora non restava che vedere fino a dove la sua testardaggine lo avrebbe portato.

«Non è l'unico episodio degli ultimi tempi» proseguì Elyse «ma questo è il più degno di nota. Un gruppo ben organizzato, con una gerarchia e una base. Ti ordino di trovare il loro covo e di raderlo al suolo.»

«Consideralo già fatto.» Rispose risoluto Lance. Si rialzò da terra, girò i tacchi e voltò le spalle alla sua imperatrice. Avrebbe dato priorità a valutare la densità delle scorribande e i luoghi idonei per un nascondiglio; questa volta si sarebbe occupato personalmente della dipartita di Arteus.

***

Art salì i tre gradoni squadrati e di pietra che lo conducevano a un soppalco naturale, all'interno della Grotta dei Briganti; la base segreta dei fuorilegge della Valesia. Una cavità naturale, nascosta tra le montagne, profonda e capiente, dove nel tempo era sorto un accampamento che in poco tempo si era trasformato in un villaggio. Fece un profondo respiro e si voltò; le fiaccole addossate alle pareti illuminavano i volti di centinaia di uomini, donne e bambini che lo fissavano con sguardi famelici e carichi di aspettative. Il successo delle scorribande mirate che aveva messo a punto avevano accresciuto la sua fama. A distanza di un anno poteva considerarsi alla stregua di una guida per quei disperati.

L'apice del successo era arrivato con l'assalto alla villa nobiliare dei Farre, nel cuore dell'Impero di Valesia. Grazie alle razzie compiute sul luogo, al covo era arrivato cibo in abbondanza, armi e vestiario di buona qualità. Non a caso Art aveva scelto quel luogo. Al solo pensiero, le labbra s'incurvarono in un sorriso compiaciuto.

Testate le capacità degli uomini a sua disposizione, d'ora in avanti avrebbe potuto puntare a qualcosa di più audace. Al suo fianco, giunsero Toro, Iena e Lepre. I suoi diretti subordinati. Infondo, erano stati loro a porlo su di un piedistallo agli occhi degli altri banditi. Per ricambiare la fiducia in lui riposta, ne aveva fatto i suoi personali consiglieri. Non conosceva i loro veri nomi e mai avrebbe posto a loro la domanda. Del resto, nemmeno lui avrebbe mai rivelato i suoi segreti a loro. Quel privilegio era spettato solo a Mitia.

Mitia, il suo stratega. Osservarlo in quegli anni gli aveva dato le giuste idee per guidare i fuorilegge. Se mai si fossero incontrati di nuovo, gli avrebbe raccontato anche di questa avventura davanti a una buona birra. Si rese conto di non averlo mai ringraziato adeguatamente, quella sarebbe stata una buona occasione per farlo.

Ormai sapeva coma trattare i suoi uomini: doveva essere conciso e andare dritto al punto. L'attenzione dei fuorilegge era dedita solo a cose che avessero portato loro convenienza. Del resto, erano uomini che vivevano solo per se stessi.

Art voleva rendere libere dal controllo dell'impero le terre tra Aleksin e Lavenia e farne la loro casa. Per riuscirci, Forte Celeste andava sgominato. Così facendo, tutti coloro che si erano riuniti per ascoltare le loro parole avrebbero trovato un nuovo posto dove vivere alla luce del sole. Si preparò così a pronunciare l'unica frase che aveva premeditato durante la salita di quei tre gradini che lo avevano posto al di sopra di tutta la marmaglia presente in quel covo: «Affilate le armi, amici. Andiamo a prenderci Forte Celeste.»

***

Era una soleggiata giornata primaverile e Kjetil aveva deciso di dedicarla alla cura dell'orto. Armato di vanga, cominciò a tracciare sulla terra un lungo solco su cui poi avrebbe seppellito dei tuberi. Con la morte del padre e la sua diserzione, la sua famiglia poteva dirsi caduta in disgrazia. Per sopravvivere non gli restava che occuparsi anche dei lavori manuali. Piantò la pala a terra e si sorresse su di essa per una breve pausa. Il cappello di paglia gli ombreggiava il viso. Una blusa e delle brache rattoppate, lo proteggevano dal sole.

Lo sguardo cadde sulla Strada delle Praterie, l'antica via che collegava le due regioni di Stara e Aalborg. Dalla sua casa erano vivibili i passanti: mercanti itineranti, semplici viaggiatori e qualche soldato di ronda. Tra questi, vide avvicinarsi un uomo a piedi. I suoi abiti erano comuni se non che nascondevano un fisico possente. Tra le spalle reggeva una grossa bisaccia e i suoi capelli erano rossi. Kjetil sgranò gli occhi. Abbandonò l'attrezzo da lavoro e corse in strada.

L'uomo di fermò. Un ghigno sprezzante comparve sul suo viso. «Kjetil, che diavolo ci fai qui, hai disertato?»

«Lo stesso potrei dire di te, Nice.»

***

Nice gettò a terra la bisaccia producendo un rumore metallico e si sedette al tavolo dei commensali.

«Posso offrirti solo del vecchio vino.» Kjetil posò una brocca ricolma di un liquido scuro e due coppe, si tolse il cappello di paglia, lo gettò con noncuranza sopra il tavolo e con la mano si pettinò all'indietro i capelli impasticciati di terra e sudore. Infine, versò il vino nelle due coppe e sedette dal lato del tavolo opposto a Nice.

Nice afferrò il calice e bevve alcuni sorsi. «Sempre meglio del piscio che servivano a Forte Pietrabianca.»

«Mi lusinghi.» lo canzonò.

«Ehi, Kjetil. Da quando in qua ti sei ridotto in questo stato?» Lo incalzò Nice.

«È una lunga storia. Sta di fatto che sono rimasto l'unico a portare avanti la baracca. Mia madre sta vivendo i suoi ultimi giorni e voglio che siano i più sereni per lei. Dopodiché abbandonerò la Valesia e attraverserò l'oceano.»

Nice inarcò un sopracciglio. «Slesia?»

«Sì. Voglio lasciarmi alle spalle il passato, e se il destino sarà benevolo con me, lo farò in compagnia di una bella donna.»

Nice sbuffò. «Sognatore del cazzo. Se pensi di trovare qualcosa di buono laggiù ti sbagli di grosso.»

«So che dai aria alla bocca tanto per dire la tua, Nice, quindi farò finta di non aver sentito.»

D'impeto, Nice sbatté il pugno sul tavolo. «Non do aria alla bocca per niente, idiota. Io ci sono stato laggiù e credimi, non è rose e fiori come si racconta. Piuttosto, faresti meglio ad ascoltare quello che ti dico. L'Impero vacilla, Kjetil. Le scorribande di criminali si sono intensificate negli ultimi tempi in tutto il territorio. Una rivoluzione che sta partendo dal basso. L'Alleanza ha fatto parlare di sé ma è stata duramente sconfitta, ora si sta leccando le ferite provando a difendere l'ultimo baluardo rimastole al di fuori di Dalen. Se continua così avrà vita breve. Direi che è molto più interessante ciò che sta accadendo nel cuore dell'impero, qualcosa che non si è mai verificato in quattro millenni di regno dei Regan.» Nice sorrise compiaciuto dietro la coppa di vino. «Lo sai bene anche tu che questa vita non ti si addice, Kjetil. Una mente fine come te merita di meglio. Diventiamo dei criminali.»

«Allora è per questo che hai disertato.» Kjetil sospirò. «Grazie, ma rifiuto l'offerta. Non voglio più avere niente a che fare con questa storia.»

«Peggio per te. Ti perderai un posto al tavolo dei vincitori.» Bevve anche l'ultimo sorso e si rialzò raccogliendo da terra la sua roba. «Starò qualche giorno a Siorroc per fare scorta di provviste per il viaggio. Se ci ripensi mi troverai lì.»

Kjetil guardò Nice con la coda dell'occhio trovare da solo l'uscita di casa sua. Si portò la coppa alle labbra. «L'Alleanza è stata sconfitta e dei fuorilegge stanno creando disordini nel continente...» Gli venne da sorridere. «Per come la si veda è solo una nuova Alleanza che vuole la fine dell'Impero. Nice, l'idiota sei tu, che ti stai alleando con il tuo stesso nemico.»


Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top