Capitolo 11: La fuga

Il raggio di un tiepido sole s'insinuò tra le fronde degli alberi illuminando il volto di Elyse. Infastidita, riaprì gli occhi.

«Lance» disse. Non ricevendo alcuna risposta s'impensierì. «Lance, dove sei?» Ricordava di essersi addormentata tra le sue braccia, ma ora non era più lì con lei.

«Ti ho portato qualcosa da mangiare» disse una voce a le sue spalle.

Elyse sospirò, sollevata. Si voltò verso lui. «Per un attimo ho temuto che mi avessi abbandonata da sola nella foresta.»

«Elyse, dov'è finita tutta la tua sicurezza?» La rimbeccò il giovane. «La vera Elyse che conosco io non si spaventa di certo per così poco. Sa badare a se stessa ed è determinata.»

Quelle parole arrivarono dritte nell'animo della giovane che si commosse. «Fatico anch'io a riconoscermi. Tutte le mie certezze sono ormai svanite.»

Lance le si avvicinò porgendole alcune bacche. «È biancospino. Non sarà una colazione degna della futura imperatrice di Valesia, ma almeno ci salverà dal morire di fame.»

«Le hai raccolte per me?» Chiese sorpresa Elyse.

«Sotto tutte per te, io ho già fatto scorpacciata e ho pure trovato un corso d'acqua. Una piccola sorgente per dissetarci.»

Elyse prese le bacche dalla mano del giovane. .

«Ti ringrazio, Lance.»

«Io sarò sempre una certezza per te, Elyse. Insieme ce la faremo e gliela faremo pagare ai Gunther.»

Rifocillati per quanto possibile, ripresero poi la cavalcata verso nord con l'obiettivo di allontanarsi ulteriormente dalla capitale dell'impero. Non c'erano sentieri che guidassero il loro cammino, si limitarono a procedere prudenti. L'estate fortunatamente era alle porte e ciò permise loro di coprire grandi distanze con il favore della luce e del bel tempo.

«Lance, guarda. Una lepre» disse Elyse richiamando l'attenzione del giovane. L'animale, però, al loro passaggio non si scompose.

«Dev'essere caduto vittima di una trappola di qualche cacciatore.»

«Allora ringraziamo il cacciatore che ha messo quella trappola. Perché non ce lo mangiamo?» Elyse scese da cavallo, avvicinandosi alla bestiola immobile.

«No, Elyse. Non è prudente. Non ti avvicinare!»

Una seconda trappola scatto ai piedi della ragazza: un laccio le strinse la caviglia facendole perdere l'equilibrio. Il cappio si sollevò da terra e con essa la ragazza che rimase a penzoloni a testa in giù. Elyse cacciò un urlo soffocato mentre cercava di tenere nascoste le nudità con la coperta. «Lance, aiutami!»

«Io ti avevo avvertita, Elyse. Per fortuna era solo un cappio. Se fosse stata una trappola di ferro ti saresti potuta ferire in modo grave.» Lance sguainò la spada e tagliò il cappio liberando la ragazza. «Stai bene?»

Elyse annuì, ancora frastornata.

«Che cos'è questo baccano? Così spaventerete gli animali della foresta e il mio pranzo.» Disse una voce alle loro spalle.

Sorpresi, Elyse e Lance si voltarono: una giovane donna si palesò. I suoi capelli neri erano raccolti in una crocchia coperta da un fazzoletto. Indossava un lungo abito sgualcito e sbiadito dal tempo. In mano teneva un cappio con un'altra lepre. Prese il coltello dalla bisaccia e taglio la corda che aveva soffocato anche l'altra lepre. Scrutò poi i due giovani. «E così volevate appropriarvi del mio cibo.»

«Ci dispiace, non era nostra intenzione.» Si scusò Lance.

«Lance, perché ti scusi? Io volevo appropriarmi di quella lepre. Tutto è dovuto alla famiglia imperiale!» Si fece poi coraggio rivolgendosi alla donna. «Io sono Elyse Regan e ti ordino di consegnarmi quella lep-»

D'impeto, Lance tappò la bocca di Elyse. «Ti rendi conto di quello che stai dicendo, Elyse? Ti stai esponendo così tanto per una stupida lepre, sei forse impazzita?»

Una risata sguaiata si levò dalla donna. «E così tu saresti Elyse Regan e vorresti appropriarti del mio pranzo? Perdonami, ma conciata in quel modo non sei credibile.»

«Insolente! Come osi!»

«Elyse, ti prego, smettila. Quella donna ha ragione. Ora lasciamola in pace e andiamocene.» insistette Lance.

«Lui invece è un ragazzo educato e si vede dai modi che viene da una buona famiglia. Che cosa ci fanno due ragazzi dell'aristocrazia nei sperduti boschi laveniani? Una fuga d'amore?

Nessuno dei due si prese l'onere di dare una risposta alla donna.

«Sono disposta a condividere il mio pasto con voi. La Dea è stata misericordiosa e mi hanno offerto un pranzo abbondante. Seguitemi. Non potete di certo aggirarvi nei boschi con degli stracci addosso. I lupi sanno riconoscere le prede vulnerabili.»

Lance chinò il capo in segno di rispetto. «Vi ringrazio...»

«Adele, chiamami Adele.»

«Grazie, Adele.»

***

La donna condusse i due ragazzi nella sua umile dimora nei boschi. Una vecchia capanna costruita con pietre di fiume e legname dei boschi. Diede loro dei veri indumenti e bruciò gli stracci che si portavano appresso. Si dedicò poi alla preparazione del pranzo.

«Sapete scuoiare una lepre?» Chiese loro Adele.

«Ho imparato a farlo da mio padre. Lasciate che vi dia una mano, è il minimo che possa fare per ricambiare la vostra ospitalità.»

La donna cedette le due lepri a Lance, poi si rivolse a Elyse. «Hai mai pelato le patate?»

«Non mi abbasso a fare queste cose. Non l'ho mai fatto e non inizierò di certo oggi.»

Infastidita, Adele lanciò un sacco di juta a Elyse. «Non mangeremo finché non le avrai pelate tutte.»

«Sei sorda? Ti ho detto che non lo so fare e che non voglio imparare a farlo!» Irritata, gettò a terra il sacco di patate.

«Adele, me ne occuperò io non appena avrò terminato con le lepri.» Intervenne Lance.

Elyse uscì di casa senza guardare in faccia nessuno.

«Perché fai di tutto per proteggerla?» Chiese Adele mentre con la coda dell'occhio osservava Elyse allontanarsi.

«È un momento difficile per lei. Ha perso ogni cosa e voglio starle accanto. Non meritava quello che le è accaduto. Nessuno merita di perdere un padre, a prescindere che si tratti o meno di quella persona» rispose Lance.

«Si vede che la ami, ma il tuo amore la farà sprofondare. Deve imparare a crescere con le sue sole forze.»

Lance non seppe cosa rispondere alla donna. Volse lo sguardo a terra.

«Tu non ce l'hai una famiglia? Fino ad ora ti sei sempre preoccupato di quella ragazza, ma chi è che penserà a te?»

«Io me la so cavare. La mia casa sono i monti alesiani. E ora, con permesso.» Lance si ritirò per svolgere il compito che le aveva affidato Adele.

La donna lo seguì con la coda dell'occhio, facendosi seria. «E così l'imperatore...»

***

Quando il pranzo fu servito, Elyse non venne a mangiare.

«Vado a vedere dov'è» disse prontamente Lance.

«No. Andrò io» rispose Adele. La donna uscì di casa in cerca di Elyse. La trovò sulla riva del lago, seduta sopra un ramo di un albero morto.

«Sei venuta a farmi la predica?» Esordì la giovane.

«Nulla di tutto ciò. Credo davvero che tu sia una Regan. Quel colore di capelli è troppo vistoso, dovresti tingerli. Sei fortunata ad aver trovato me. Qualcun altro, al mio posto, avrebbe cercato di ucciderti. Ho sentito delle voci nella foresta. Viandanti che alludevano alla caduta dei Regan. E poi ho incontrato voi, due ragazzini ricoperti di stracci, ma con una spada di ottima fattura e un cavallo da guerra. Che cosa farai, ora, Elyse Regan?»

«Riprendermi il posto che mi spetta di diritto.»

«Se lo farai, scatenerai inevitabilmente una guerra.»

«E devo starmene a guardare mentre tutto ciò che ha costruito mio padre e la mia dinastia viene calpestato da un insignificante individuo arricchitosi con la criminalità è l'inganno?» Elyse alzò la voce, frustrata.

«Siete soli e troppo deboli per contrastare chi ha ucciso l'imperatore. Ti conviene lasciar perdere.»

«No! Non lo farò mai finché avrò vita!» La ragazza strinse i pugni. «Lo so anch'io che sono troppo debole, ma che cosa posso fare per diventare più forte? Io voglio essere temuta. Che cos'ho di diverso da Benicassim Regan? I Regan sono sempre stati benedetti dal potere dagli Angeli. Perché non sta più avvenendo? Perché io non posso diventare come Benicassim Regan?»

Dopo un'attimo di titubanza, Adele si pronunciò: «Se davvero vuoi la risposta alla tua domanda, perché non ti rechi al Villaggio di Tediana

«Quel luogo, è maledetto! Che cosa potrei mai trovare in un posto simile?»

«La risposta alla domanda se potrai mai essere come Benicassim Regan.»

Elyse si rialzò, prendendo le distanze dalla donna. «Chi sei, tu? Una donna giovane e di bell'aspetto che vive in solitudine nei boschi laveniani non teme di essere aggredita?»

«Non se sono gli altri a temermi.»

Per la ragazza, fu tutto più chiaro. «T-tu sei una strega

«Così sono stata additata da coloro che mi cacciarono dal mio villaggio.»

Si vociferava che le streghe e gli strighi, nel continente valesiano, avessero dei poteri premonitori. Per questo erano considerati pericolosi, esclusi dalla società o addirittura perseguitati. Inoltre, si riteneva che avessero qualche legame di sangue con l'antico Villaggio di Tediana o Villaggio dei Chiaroveggenti, un luogo considerato mistico e irraggiungibile ai più a causa della fitta nebbia che lo circondava e che induceva i viaggiatori che lo cercavano alla perdizione.

Che Adele avesse quindi predetto il futuro di Elyse? Era per questo che la stava aiutando?

«Quando diventerò imperatrice, ti prometto che porrò fine alla persecuzione delle streghe e farò in modo che delle persone per bene come voi non debbano vivere isolate dal resto della civiltà.»

«Parole lodevoli da parte vostra.»

«Io posso farlo. Se crederete in me.»

Dopo un momento di riflessione, Adele si pronunciò. «D'accordo, Elyse Regan. Impara a pelare le patate e forse potrò credere in te.»

***

Daniem Gunther fissava lo scranno dell'ormai defunto imperatore di Valesia. Si avvicinò e ne accarezzò i pomelli e lo schienale.

«Infondo ho sempre creduto che il tuo reale obiettivo non fosse nient'altro che prendere il suo posto» disse una voce alle sue spalle.

«Ed è quello che farò. Troppi anni di inettitudine hanno permesso che l'impero perdesse il suo splendore. Ora è il mio momento, Ciltus.»

«Non siamo riusciti a catturare Elyse. È riuscita a fuggire insieme al figlio di Andreis.»

«Trovatela. Fino a quando resterà in vita, l'equilibrio del governo che voglio costruire sarà fragile. Per il bene della Valesia, i Regan devono morire.»

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