Capitolo 10: Il destino dell'imperatore

«Il senato si è riunito e ne avrà ancora per le lunghe» disse Elyse. Alzò il viso dal petto definito di Lance e lo guardò negli occhi.

Lance accarezzò il viso dell'amata. «Accade quattro volte l'anno, due in concomitanza del solstizio d'Inverno ed Estate e due volte durante l'equinozio di Autunno e Primavera. L'imperatore chiama a raccolta i senatori che si riuniscono nel Senato. Un mese di tempo per deliberare sulle nuove leggi dell'Impero. Non è un periodo di tempo troppo lungo tra una seduta e l'altra?» Si chiese Lance.

«Hai studiato, vedo. Quando succederò a mio padre, ho intenzione di rivoluzionare questo antiquato sistema politico. Approfittando del fatto che l'imperatore convoca i senatori soltanto per quattro mesi l'anno, nel tempo l'aristocrazia valesiana si è presa troppe libertà. È giunto il momento che qualcuno li rimetta al loro posto. Troppe mele marce si nascondono tra le sedie del senato. Ho intenzione di limitare i poteri dell'aristocrazia a favore della plebe arricchita.

«Così facendo, non rischierai di provocare un malcontento generale?»

«Che mi odino pure. Mi circonderò di fidati cavalieri e della nobiltà che davvero conta. Spazzerò via chiunque osi mettersi contro di me.»

Lance spinse Elyse a stare sotto di lui. Poi la fece sua. La baciò sul collo fino ad arrivare alle labbra. «È proprio questo che mi piace di te, sei determinata e incredibilmente bella.»

Elyse ricambiò il bacio. La sensazione provocata dal contatto con la sua pelle la inebriò. Gemette. I movimenti decisi di Lance fecero scostare le coperte rivelando le nudità di entrambi. Erano al culmine del piacere quando udirono delle urla in lontananza.

«Lance, le hai sentite anche tu?» Chiese Elyse.

Lance si scostò dall'amata. «Che cosa dovrei a-» non terminò la parola che avvertirono un rumore brusco, come se avessero appena sfondato una porta usando la forza brutale di un calcio.

«Cercate la figlia di Aleneide, presto!» Gridò una voce.

«Merda, nascondiamoci!» Disse Lance.

«Che cosa sta accadendo?» Replicò Elyse, confusa.

Lance afferrò la cintura della spada e la mano della ragazza trascinandola dentro l'armadio presente nella stanza. Richiusero le ante e s'imposero di non fiatare. Erano nudi e vulnerabili, Lance tenne stretta a sé Elyse. Sentiva il suo cuore battere all'impazzata.

«Resisti ancora un po'. Se ci trovano è la fine» le sussurrò il giovane.

«Trovate quella puttana e passatela a fil di spada se non volete che Daniem ci riservi la stessa sorte dell'imperatore!» Disse un altro uomo.

Lance non poté credere alle sue orecchie. Daniem Gunther era il padre di Art, che cos'era accaduto all'imperatore? Una rivolta? Un tentativo di presa di potere?

Avverti una presenza avvicinarsi pericolosamente, all'improvviso, le ante si aprirono di soppiatto. Il soldato non fece in tempo a realizzare chi si nascondesse che si trovò la spada di Lance conficcata in gola. L'armigero cadde a terra in un grugnito disperato morendo soffocato dal suo stesso sangue.

«Dobbiamo fuggire prima che ne arrivino altri o per noi è la fine.»

Sconvolta in viso, Elyse annuì. «Dietro l'arazzo, c'è una botola.»

Lance corse verso la parete e scostò l'arazzo, dietro di esso il passaggio segreto. Alzò il battente e fece cenno a Elyse di raggiungerlo.

Quando sopraggiunse un nuovo soldato allarmato dal trambusto provocato dai due ragazzi, nella stanza non vi era più nessuno.

Lance si assicurò di richiudere l'accesso alla botola, ma non fu semplice. Su di loro era piombata l'oscurità più totale.

«Le vie di fuga pensate dai tuoi antenati ci hanno salvato la vita, ma se non troviamo un'uscita moriremo di freddo.» La pelle nuda a contatto con la fredda pietra fece rabbrividire entrambi.

Elyse iniziò a tremare in modo convulso. «Poco più avanti raggiungeremo le scale della torre ovest. Quel passaggio non viene molto utilizzato ed è poco conosciuto, difficilmente incontreremo qualcuno.»

«Ammesso che non troviamo nessuno, dove andiamo? Siamo stati messi alle strette dagli uomini che fino poco fa erano i fedeli sudditi di tuo padre.»

Elyse si fece piccola rannicchiandosi su se stessa in cerca di un po' di calore. Lance la attirò a sé, poi disse: «Damien Gunther ha compiuto un atto sovversivo al senato.»

«Coloro che hanno giurato eterna fedeltà all'imperatore sono gli stessi che l'hanno ucciso. Hanno ucciso l'imperatore, Lance! Hanno ucciso mio padre!» Disse Elyse aggrappandosi all'unica persona che le era rimasta. «Che cosa facciamo?» Disse poi con voce tremante. Tutta la sua sicurezza era svanita come fumo. Anni di ricerche andati in fumo. Il nemico di Elyse era sempre stato più vicino di quanto avessero mai immaginato.

«Fino a quando ci sarò io a proteggerti non dovrai temere nulla, Elyse. Fuggiamo da qui.»

«Non posso. Io sono la figlia dell'imperatore. La Valesia è la mia casa, non può finire in questo modo.»

«E non finirà, Elyse. Ma per ora dobbiamo ritirarci. Daniem Gunther è deciso a trovarti e a ucciderti, hai sentito le parole di quei soldati, no?»

«Non voglio» Rispose Elyse tra le lacrime.

Lance si appoggiò alla parete e fece stare Elyse sopra di sé. Non poteva fare molto per riscaldarla. La sua vicinanza bastava a malapena per consolarla. Ascoltò i singhiozzi della ragazza in attesa che si calmasse. Le accarezzò i lunghi capelli argentati e nella testa cercò di formulare un piano che gli avesse permesso di lasciare il palazzo imperiale.

«C'è un modo per raggiungere le scuderie?» Le chiese infine.

Elyse parve pensarci un attimo. «Sì. Un modo c'è, ma comporta che dovremo passare per i dormitori per la guardia reale.»

«Facciamo un tentativo.»

***

Lance spronava il cavallo al galoppo in modo insistente nel cuore della notte. Elyse rimase avvolta nella sua coperta di fortuna. Si strinse forte a Lance. Prima di rubare un cavallo dalle scuderie e sbaragliare la guardia reale, erano riusciti a trovare alcuni pezzi di stoffa per coprirsi e ripararsi dal freddo della notte. Puzzava tutto di muffa ed erano strappati in più punti, ma almeno non avrebbero sofferto di stenti.

Lance si guardò più volte alle spalle pregando gli dei che non fossero inseguiti. Si diressero a nord-ovest, superarono le lande benicassiane fino ad addentrarsi nei boschi di abeti ai confini con la provincia di Lavenia. Date le circostanze, era la scelta più ragionevole. Il bosco avrebbe offerto loro un ottimo nascondiglio e, soprattutto, del cibo. Quando furono sicuri di essere sufficientemente lontani dalla capitale dell'impero e ben nascosti, legarono il cavallo su un ramo e si abbandonarono esausti ai piedi di un albero, una tra le braccia dell'altro.

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