Capitolo 3
Il tempo,
a pensarci bene davvero una bella invenzione.
Come in quella sera,
ferma,
il tempo sospeso,
tutto inreale intorno a me, una emozione di stravolgimento.
La mia vita, sentivo stava radicalmente cambiando.
Il respiro un affanno,
mi piegai su me stessa,
le braccia intorno al mio corpo, come volessi abbracciarmi...
"Ma, che fai, stai male?"
Mi chiese Gabriele che mi aveva raggiunto, lo guardai da quella mia strana posizione.
Aveva un livido su una guancia, testimone che dalla baruffa non ne era uscito illeso.
"Celeste che hai?
Parlami,
cominci a spaventarmi,
hai un espressione da pazza!"
Mi disse, avvicinandosi ancor di più.
"Mmm, non è un espressione la mia, Gabriele, è realtà"
Afflitta, mi metto dritta, portandomi le mani come a reggermi la testa, scuotendola di qua e di là.
"Gabriele"
Gemetti!
Poi lo prendo dalla camicia, attirandolo alla mia altezza.
Il che era piuttosto buffo, visto che si era piegato parecchio.
"Gabriele, sento le voci"
Al che scoppiai, in un pianto isterico.
"Come senti le voci?
Mi rispose, fissandomi.
'Mmm, pure ottuso, un maniaco ottuso mi è capitato!'
Cercai di spiegarmi, un po' più semplicemente sperando che quel povero di intelletto potesse comprendere.
" Ga-briele io sentooo le voci, come se ci fosse qualcuno che mi chiama"
Gli spiegai fra i singhiozzi.
Ormai, quasi gridando e sempre aggrappata a lui, continuai..
"Lo sapevo, che sarebbe successo, che sarebbe venuto il tempo che la follia avrebbe preso il sopravvento, ahhhhhhh, sono pazza sento le voci"
Mi abbandonai, fra le lacrime inzuppandogli la camicia.
"Su, su Celeste, calmati, tanto che non avevi le rotelle tutte apposto me ne ero già accorto"
Gabriele mi batte' la mano sulla spalla a mo di conforto.
Con un ultimo barlume di speranza, lo guardai, gli chiesi in un sussurro.
"Non è che le senti pure te"
Tirando su con il naso, mentre iniziava a sgocciolarmi.
"No, non le sento!"
Mi diede un fazzoletto(di carta)
"Pulisciti il viso, non sei molto carina così!"
Mi allontanò, e fece un passo indietro, guardandomi, in un modo schifato.
"Haaaaaa"
Gli urlai contro.
"Puoi essere più antipatico di così"
Mentre mi soffiavo rumorosamente il naso.
"Basta voi due, smettetela!"
La voce si fece risentire questa volta il tono era molto imperioso, al punto che mi si accapono' la pelle.
Ero spaventatissima.
Il vostro umile servo è al vostro servizio mio Signore.
Perdonate la mia sfrontatezza, ma la tentazione è stata più forte di me, di prendere un po' in giro vostra figlia.
Perdonate il mio ardire."
Disse Gabriele, tutto rigido, con lo sguardo fisso a terra.
Non ci stavo capendo più nulla.
Mi girava la testa, mi guardavo intorno senza vedere nessuno.
Gabriele si era ammutolito, pareva una statua.
" Vieni, figlia mia, avvicinati non temere. "
Quasi attratta da una forza superiore iniziai lentamente a camminare, vidi una panchina dove vi stava seduto un vecchietto sorridente.
Mi avvicinai.
"Chi siete,
siete voi che mi chiamate?"
Gli chiesi.
"Si, Celeste,
sono il Tempo tuo padre,
siedi qui accanto a me,
sono qui per rispondere alle tante domande che ti sei posta in tutti questi anni."
Mi rispose, allungandomi la mano,che io presi docilmente, lasciando che mi facesse sedere accanto a lui.
Poi si rivolse a Gabriele.
"Gabriele, avvicinati.
Mi sorprende vederti così poco rispettoso verso mia figlia.
Ne parleremo in un altro momento, ora vieni qui, ascolta il mio volere"
"Obbedisco e ascolto mio Signore"
Rispose Gabriele avvicinandosi, ma non si sedette, restò in piedi al mio fianco.
Ero confusa più che mai, mi girava fortemente la testa.
Guardai quel uomo, che ad un tratto il suo volto si sfoco',ai miei occhi,
poi non vedetti più nulla e svenni.
Le emozioni erano state davvero tante!
Nei meambri della mente,
sognai di viaggiare.
Un viaggio assai particolare, fatto di spazio,
mondi celesti e colori.
Come se volassi in dimensioni diverse.
Mi sentivo leggera, senza corpo solo essenza.
Nel viaggio della mia mente vi era anche Gabriele, che strano sembrava preoccupato.
La mia essenza era nella sua mano, mi guardava con uno sguardo di terrore, aveva perfino gli occhi umidi.
Soffiava piano su di me...
Che sensazione di immensa pace, come nelle giornate di grande calura, quando un gentil vento soffiava, fresco e sollevava dal caldo la nostra persona.
Ma, la differenza era che io non avevo più un corpo.
Era bello,
ero leggera, non vi era più nessuna domanda o turbamento,
ma solo serenità.
Eppure Gabriele insisteva con il suo soffio, donandomi una pace che lottava per avere più consistenza.
Volevo staccarmi, scivolare dalle sue mani e lasciarmi andare, come a saperlo che se mi svegliavo avrei dovuto affrontare,
vivere,
una situazione reale che non mi sentivo così forte per affrontarla.
Nel sogno,
in quella mia nuova forma astratta, come in una preghiera mi rivolsi a Gabriele
"Lasciami andare, è bello sentirmi così leggera.
Libera di essere niente, solo una essenza di pura serenità"
Gabriele nel sogno lo vidi sorpreso di sentire la mia voce.
La mia preghiera.
Iniziò a plasmare la mia essenza, a soffiare con più decisione.
"Tu non vai da nessuna parte.
Tu resti qui.
Non vai da nessuna parte"
Gli si ruppe la voce in un singhiozzo.
Mentre io riprendevo forma.
Una forma umana di una fanciulla che giaceva su un letto.
Un letto che non era a casa mia.
Un letto che non era il mio.
Nel mentre mi guardavo in giro, vidi una stanza a me sconosciuta, ma vidi anche che ero sola, non vi era nessuno.
Avevo sognato tutto.
Anche Gabriele con il suo soffio di vita.
Fine terzo capitolo
Racconto per il contest del "Gioco dell'oca"
Wulkoff
Urieleceleste 🌹🌈
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