Nota dell'autore
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Crescere con un papà carabiniere è stata ed è una benedizione, anche ora che ha raggiunto il traguardo della pensione. È stata una benedizione perché mi ha permesso di crescere con un forte senso di giustizia e del dovere che mi ha portato ad avere altissime aspirazioni e forti ideali. Sono sempre stata "la figlia del maresciallo", ovunque andassimo, ma questo non mi dispiaceva affatto, anzi. Per me è sempre stato un onore essere riconosciuta così. E negli anni ho sviluppato grandi pensieri su questo grande compito che Dio mi aveva affidato: essere la figlia di un carabiniere doveva pur significare qualcosa per il grande progetto divino.
E così, crescendo, ho maturato una grande ammirazione per tutto quello che era il mondo di mio padre. Tanto cresceva l'ammirazione per lui, tanto si ingrandiva la passione per quella Fiamma. Perché è così: quando cresci con un papà carabiniere, diventi un po' carabiniere anche tu. E inizi dalla scuola, quando ti schieri dalla parte dei più deboli, quando denunci le malefatte dei compagni perché vuoi che la verità vinca sempre. E nel frattempo sei troppo piccola per comprendere il perché dell'assenza di tuo padre alle recite, alle partite di pallavolo o all'incontro genitori-insegnanti. E spesso tu e la mamma pranzate o cenate da sole perché papà sta arrestando i cattivi. E la paura domina quella bambina che è in te perché sai che papà farà di tutto per tornare a casa, ma se i cattivi gli fanno del male? E se poi non torna più a casa? Ma poi bastava percepire il rumore delle chiavi entrare nella serratura di casa e il tacchettio delle scarpe sui mattoni che si avvicinavano alla cucina e tutte le paure, dubbi, e tristezze abbandonavano la tua mente. Un grande sorriso e io che mi lanciavo al suo collo, abbracciandolo in una stretta che sembrava infinita.
Papà è a casa, ancora una volta ha vinto lui.
Lo vedevo tornare stanco dal lavoro, sarà stata la notte, cadendogli addosso, o gli anni che si facevano sentire. Nonostante tutto il suo sorriso non era mai assente. Ho bellissimi ricordi, ma anche rari, di quando veniva a prendermi a scuola con la divisa. Non ha mai amato mettersi in mostra e far notare quale istituzione rappresentasse all'interno della mia scuola. Ma comunque mi prendeva per mano all'uscita, salutando il personale scolastico, i maestri e il Dirigente, e osservavo gli sguardi di tutti i bambini che lo guardavano come se fosse un supereroe. Occhi spalancati, commenti a bassa voce tra loro e tanto stupore nei loro occhi come nei miei perché guardandolo, piena di orgoglio e ammirazione, capivo che era vero: mio padre era un supereroe, come il papà di ognuno di loro, ma con la divisa.
Soprattutto nei piccoli paesi, il mio papà carabiniere era amato da tutti. Dai cari anziani del posto che gli porgevano il saluto militare quando lo incontravano, colmo di rispetto e ossequio, fino ai più giovani, anche quelli più birbanti. Perché essere carabiniere, non vuol dire portare solo una divisa ed eseguire degli ordini, o far rispettare la legge. Essere carabiniere vuol dire, anche, aiutare, tendere la mano a chi ha bisogno, anche se ha sbagliato. E in tutto questo mio padre era davvero bravo. Era sempre a disposizione di tutti, a qualsiasi ora del giorno e della notte, non spegneva mai il suo cellulare e cercava di non allontanarsi troppo dal paese anche quando era in ferie, per far sì che ci fosse sempre per tutti, anche il 15 di agosto o il 25 dicembre, perché non si sa mai che qualcuno avesse bisogno di lui anche nei giorni dedicati alla famiglia.
Oggi, nonostante io sia una donna adulta, lo vedo ancora come un supereroe, perché nonostante il lavoro duro, le assenze, gli sbagli, per me resta il mio super papà e ho sempre voluto prendere esempio da lui rispetto agli atteggiamenti, ai pensieri, alle parole.
Mi è mancato tantissimo, per quanto possa ricordare, quando partì per una missione all'estero, avevo solo sei anni. Mamma mi consolava spesso perché mi rattristava molto non vederlo tornare a casa la sera e dormivo nel lettone con lei, al posto suo. Non capivo perché stesse aiutando i bambini che avevano perso la famiglia quando, andandosene, lasciava me e la sua famiglia. Pensieri infantili. I ricordi belli di quella fase hanno sempre sovrastato quelli tristi, come il suo ritorno definitivo, poco prima della nascita di mia sorella.
Dopo quel periodo e dopo il nostro trasferimento nel paese in cui papà avrebbe preso servizio come comandante di stazione, ho iniziato a scrivere il mio primo diario. Avevo bisogno di scrivere per non dimenticare, per avere sempre con me i miei pensieri, le mie emozioni. Da lì è nato il grande amore per la letteratura, per la scrittura, per la filosofia che ho coltivato negli anni anche grazie a professori eccezionali che mi hanno supportata e incoraggiata, dalle scuole elementari fino alle scuole superiori, da quando mi regalarono il primo libro, a quando ho comprato il primo con i miei piccoli risparmi, quando ho letto l'intera collezione dei classici della letteratura italiana in una sola estate, a quando ho iniziato a scrivere il mio primo libro.
Non si dimentica niente, le cose cambiano solo posto ma rimane tutto dentro.
Ci siamo scontrati spesso per i nostri caratteri così diversi o forse troppo simili. Eppure adesso che lo vedo, sulla soglia dei sessant'anni, adesso che i suoi capelli si colorano di argento e sul suo viso c'è qualche ruga in più, adesso che i suoi occhi si sono addolciti di una nuova consapevolezza, ho voglia di abbracciarlo stretto e tenerlo per mano come quando, da bambina, passeggiavamo insieme sulla spiaggia, io e lui. So che comunque andrà la mia vita lui sarà sempre al mio fianco. Se smarrirò la strada lui sarà la bussola che mi aiuterà a ritrovarla. Se la notte diventerà troppo buia lui accenderà mille stelle solo per me. E quando sarà troppo vecchio e stanco per darmi un abbraccio, allora sarò io a inginocchiarmi vicino alla sua sedia e, sfiorando il suo viso rugoso con una carezza, gli sussurrerò, ancora una volta, "Grazie papà".
«Giuro di essere fedele alla Repubblica Italiana, di osservarne la Costituzione e le leggi e di adempiere con disciplina e onore tutti i doveri del mio stato per la difesa della patria e la salvaguardia delle libere istituzioni». Ho ascoltato, una volta, queste parole dal vivo di un carabiniere che giurava di servire l'Italia e ricordo di essermi soffermata a pensare che in realtà, così dovrebbe giurare ogni italiano davanti al nostro tricolore. Un carabiniere sceglie di starci accanto, a volte in silenzio, in maniera discreta, senza clamore per garantirci sicurezza, legalità, giustizia. Sono uomini e la loro umanità si avverte subito, dal loro modo di stare in mezzo a noi silenziosi.
Mi si smuove sempre qualcosa dentro al solo pensiero che la loro missione non abbia un orario di servizio che finisce allo scoccare di una lancetta, che la loro fedeltà non si esaurisce con la pensione.Rischio, sacrificio, dedizione sono gli assi portanti del loro intervento che però non sminuisce l'amore per il lavoro per cui sono stati scelti e di cui sentono la responsabilità ma anche l'orgoglio.
Grazie, dunque, perché voi continuate a dare a me, e alle persone come me, la speranza che esista ancora una parte della nazione sana e desiderosa di stare, in-condizionatamente, dalla parte integra delle istituzioni. Grazie perché per merito della vostra forza fedele e incrollabile riuscite a costituire un vivo e affascinante modello per noi giovani. La nostra Italia non morirà mai finché sarà ancora custodita e protetta dai pennacchi rosso e blu di oltre centomila carabinieri "nei secoli fedeli".
Oggi, dopo tantissime avventure ed esperienze uniche, decido di raccontarvi una storia.
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Carissimi lettori,
ho deciso di lasciare per voi questo spazio e confermarvi, dopo le numerose domande e quesiti, che questa "nota dell'autore" racconta per filo e per segno la mia infanzia/adolescenza. Racconta, quindi, realtà.
Sperando che vi sia piaciuto questo flashback introduttivo alla storia, continuate a commentare e a lasciarmi i vostri preziosi punti di vista.
*in foto in copertina l'autrice insieme al padre.
**foto sotto l'autrice all'età di 11 anni vestita in maschera.
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