Capitolo 6

https://youtu.be/PIFHXsNikqU

Teoricamente questa dovrebbe essere una giornata normale come tante altre, ma so già che non sarà così. Ora non sono particolarmente nervosa, e so che tra non molto non sarà più così. Sarà una giornata impegnativa e dovrò dedicarmi al caso con tutta me stessa.


Non trovo alcun messaggio sul telefono, come se mi aspettassi un buongiorno da qualcuno, e lo scaravento sul letto quasi offesa prima di entrare in doccia. Infilo i pantaloni come tutte le mattine, ma mentre lo faccio mi guardo allo specchio e continuo a fissarmi, non riesco a smettere. Mi guardo negli occhi e mi chiedo chi sono realmente. Cos'è la mia vita ora, quale direzione sta prendendo e qual è quella che le vorrei dare io. Sono tante le domande che mi pongo, e a nessuna di queste so dare una risposta certa. L'unica cosa che so è che devo dare una svolta al caso, devo aiutare a trovare il colpevole, costi quel che costi. La mia vita può attendere.


La colazione è già sulla tavola ma penso che mangerò qualcosa al volo mentre sarò in auto per recuperare qualche minuto di ritardo. Papà è uscito presto stamattina, l'ho sentito borbottare mentre era alla ricerca di qualcosa in qualche scatolone in soffitta. La macchina è bollente, sembra che i sedili stiano per prendere fuoco e il volante non è da meno, ma a me non importa, devo guidare e basta. A quest'ora non c'è traffico e arrivo in ufficio in poco più di quindici minuti. Non ci sono auto nel parcheggio, tranne quella di Massimo. Strano che sia già qui così presto anche lui. Non c'è Luca, il ragazzo della sicurezza, e non vedo nemmeno Massimo per i corridoi quindi mi dirigo direttamente nel mio ufficio. Stretta tra le mani la carpetta gialla di papà e tutti i miei appunti sul caso per iniziare da zero e sperando di identificare nuovi detta-gli adesso che ho l'identità della ragazza e numerosi appunti di papà sui tre casi.


Il silenzio di questo posto è molto proficuo per elaborare le mie teorie e mettere nero su bianco tutti i pensieri e tutti i dettagli, anche se ripensandoci adesso il tutto è un po' inquietante. Meno di 72 ore fa sono stata aggredita da uno sconosciuto e tre ragazze sono morte, uccise brutalmente e...


Un dubbio improvvisamente mi assale: e se io conoscessi già il killer?  Scuoto la testa velocemente a destra e sinistra per scacciare questo pensiero preoccupante.


Tutti di documenti della carpetta gialla sono adesso sparsi sul mio tavolo e continuo a leggere e rileggere le relazioni, rileggo le autopsie, stilo un elenco di differenze e similitudini tra i casi, guardo ancora e ancora i volti di quelle bellissime ragazze more, giovani, in forma e sorridenti.

Il rumore dei tacchi sul parquet del corridoio mi di-stoglie per un attimo dalle mie riflessioni e d'istinto nascondo tutti i fascicoli con carte e libri di lavoro. Qualcuno bussa alla mia porta, è Massimo. «Buongiorno Massimo, quando sono arrivata non ti ho visto e sono venuta subito in ufficio a completare alcune relazioni» mi giustifico quasi mentre si accomoda sulla sedia di fronte alla mia scrivania. «Buongiorno cara, stai lavorando ad altro?» mi chiede sospettoso. «No, ho solo questo lavoro assegnato per oggi.» Preferisco mentire piuttosto che confessare che sto giocando al carabiniere insieme a mio padre e al capitano in un caso in cui il mio lavoro è già finito. «Bene, ti voglio concentrata sui prossimi casi e sui corsi di formazioni per le tirocinanti.» Crede molto in me e mi affida sempre nuovi progetti per spronarmi e non farmi mai annoiare. Come potrei annoiarmi col mio lavoro? «Ti lascio lavorare in pace, se per pranzo sei libera mangiamo qualcosa insieme» mi chiede prima di avvicinarsi alla porta per uscire. «Purtroppo oggi non posso, ho un appuntamento per pranzo, ma ci organizziamo per qualche altro giorno» e annuendo chiude la porta dietro di sé.
Mi sono dedicata intensamente al caso stamattina, ho rovistato ancora e ancora tra i documenti già noti e ormai imparati a memoria. Non ci sono altre vie da seguire per il momento ma mio padre mi ha insegnato che anche se la strada è sconnessa tu devi continuare a correre. Non importa se sei scalzo e ti fanno male i piedi, non importa se vedi le nuvole, scure e cariche di pioggia venirti incontro, tu devi solo correre e seguire il tuo percorso, giusto o sbagliato che sia. Solo alla fine saprai a cosa sei andato incontro, e mentre corri l'unica cosa che puoi fare è pregare che all'arrivo non ci sia un burrone. Puoi solo sperare che non sia quella la tua fine.


È quasi mezzogiorno, la mattinata è trascorsa in fretta tra le mille cose da fare anche se la priorità per me è rimasta il caso di Mary e delle altre ragazze uccise, ho letto ancora i fascicoli ma ne è scaturito solo un mal di testa. Ho pensato di passare dal dottor Deira prima di andare a pranzo per discutere un po' sulle novità che ho appreso in questi giorni e voglio un confronto con lui. Esco dalla stanza, stordita, pensando a cosa sarebbe successo da questo punto in poi. Saluto Luca, il ragazzo della sicurezza, che adesso è nella sua postazione cercando di gestire la grande con-fusione di oggi tra i corridoi, e mi dirigo verso l'auto. Vibra il mio telefono e sento lo squillo del messaggio in arrivo. "Buongiorno, stasera passo a prenderti alle 20:30."È il capitano, finalmente, che già da stamattina sta pensando al nostro incontro di stasera. Sorrido fermandomi a metà scala per rileggere ancora l'orario del nostro incontro. Chissà dove mi porterà. "Ok, a stasera" rispondo.


Accelero il passo per salire in auto e raggiungere finalmente il medico legale in studio. "Adesso togliti questo sorriso ebete dal volto e fa la persona seria" penso tra me e me. La zona del dipartimento di medicina legale è sempre molto affollata ma riesco a trovare un posto proprio di fronte alla porta d'ingresso. Il dottor Deira sta uscendo per andare via e mi affretto a spegnere il motore e raggiungerlo prima che se ne vada.


«Dottor Deira!» urlo mentre mi avvicino a lui. «Dottoressa! Buongiorno. Che piacevole sorpresa» dice voltandosi verso di me. «Mi scusi se sono passata senza avvisarla, vorrei parlarle di alcune cose...» annuncio per instaurare una sana curiosità. «Guardi, stavo andando a pranzo, se viene con me ne parliamo con calma...» il suo quasi-invito a pranzo mi infastidisce un po' ma la risoluzione del caso e l'arresto del killer sono adesso la cosa più importante, la mia priorità. «Va bene» accetto controvoglia. Mi conduce al suo ultimo modello di suv e aprendomi lo sportello passeggero, mi invita a salire. «Questo caso le sta molto a cuore...» mi chiede mentre indossa gli occhiali da sole e accende il motore. «Abbastanza» non faccio trapelare troppo interesse. «Altrimenti non avrebbe mai accettato un invito a pranzo da me» confessa rassegnato, consapevole che ha ragione, e glielo lascio credere mentre imbocca l'uscita del paese.


Arriviamo poco dopo in un locale in periferia, sembra essere molto elegante. All'interno ci sono soffitti a cassettoni alti tipo sei metri, balaustre, archi e pilastri intarsiati. L'architettura classica contrasta i mobili moderni e complementi d'arredo in colori caldi ma neutri. Tutto è immerso in una luce calda che proviene dai lampadari. Ogni centimetro di quel posto emana eleganza, e non lo vedo assolutamente adatto a un pranzo di lavoro. Il locale non è molto pieno ma c'è qualche viso conosciuto. Il maître ci fa cenno di seguirlo per attraversare il salone da pranzo, apre la porta di una saletta privata che avrebbe potuto ospitare un centinaio di persone: ma c'è un solo tavolo apparecchiato. Mi sembra strano che non ci sia nessuno e che quel tavolo sia proprio per noi. Scosta la sedia per me e mentre mi accomodo vedo il dottor Deira accomodarsi davanti a me. «Potevamo restare nell'altra sala... Qui c'è un sacco di spazio» commento, con una risatina nervosa. Il sommelier si avvicina con la lista dei vini, ma il medico legale gli dedica appena uno sguardo. «Prendiamo il menù degli assaggi quindi andrà bene il vino abbinato per questo pranzo» spiega al sommelier. «Grazie dottore ma prendo soltanto un'insalata» provo a interromperlo mentre il cameriere scrive velocemente le sue ordinazioni. «Non si faccia pregare, è solo lavoro!» mi risponde mentre guardo nervosamente dentro il bicchiere dell'acqua e annuisco accettando gentilmente quel pranzo che si prospetta lunghissimo. Mi sento a un appuntamento romantico quasi, e non a un pranzo di lavoro. Arriva un cameriere con gli antipasti. Posa tre piattini davanti a ciascuno di noi e annuncia i nomi dei piatti. «Grazie» dico al cameriere e vorrei disperatamente riconoscere almeno una delle pietanze. Spero che lui non esca qualche discussione diversa da quella lavorativa approfittando del fatto che siamo in questa sala completamente da soli.


«E quindi mi dica, dove ha studiato precisamente?» Cerca di instaurare un dialogo che tutto sembra tranne di lavoro. Non siamo qui per questo. «A Milano. Ho scoperto il nome della ragazza del campo, sembra essere la terza vittima di un disegno ben preciso e la cosa peggiore è che potrebbe non essere l'ultima per il killer.» Diretta e maleducata. Apro la discussione sperando che porti a qualcosa di concreto. Mi sorride e abbassa gli occhi mentre si versa il vino in un calice. «Ho ricevuto una copia del fascicolo dal capitano Pellegrini» il suo nome mi fa accennare un piccolo sorriso, spero che non l'abbia notato. «C'è qualcosa di strano in questo caso» confessa mentre porta alla bocca un assaggio del suo antipasto. «È come se il killer avesse previsto chi avrebbe letto il bigliettino lasciato in bocca al cadavere numero tre per mandare un messaggio preciso» la sua freddezza nel parlare quasi come di oggetti anziché di persone mi infastidisce profondamente. «Credo che la prossima vittima possa essere qualcuno della squadra» mi guarda cercando di cogliere la mia reazione a questa supposizione. Ascolto le sue parole e rabbrividisco al solo pensiero. Squadra? I carabinieri hanno visto per primo il corpo e non mi pare ci siano donne nella squadra che è intervenuta. L'autore del bigliettino si riferisce a una donna. La scientifica è arrivata poco dopo e non ha toccato il corpo. L'unico che poteva trovare quel bigliettino era solo lui, il medico legale. «Sapeva certamente che avrei trovato io quel bigliettino ma non sapeva chi ci sarebbe stato con me.»


Con lui c'eravamo io e il capitano.


Si ripresenta il cameriere per togliere i piatti e portarne uno nuovo, interrompendo il nostro discorso. Il nuovo piatto è così elegante da sembrare più arte che cibo. Poco dopo siamo di nuovo soli nella stanza e Deira riprende da dove aveva lasciato. «Non ho comunicato a nessuno che lei avrebbe assistito all'autopsia.» Sta cercando di tranquillizzarmi, ma mi ha solo messo in agitazione ancor di più. Sto mettendo insieme i miei pensieri cercando di riflettere in maniera razionale e non lasciarmi prendere dal panico.


Perché io? Perché il killer vorrebbe uccidere proprio me? Ripenso all'aggressione al parco. «Mi dispiace averla turbata ma era giusto che conoscesse il mio pensiero sulla vicenda.» Chiude così le sue confessioni e continua a mangiare ignaro del disagio che ha instaurato in me. Continua a osservarmi per il resto del pranzo men-tre instaura discorsi che mi interessano ben poco e la-scio il cibo quasi del tutto intatto, sembra che io mi sia dissociata da quella sala. Il silenzio viene interrotto dalla vibrazione del mio cellulare. È un messaggio di mio padre." Non sei in ufficio e nemmeno a casa. Mi devo preoccupare? "Non ho avvisato nessuno che sarei venuta qui, è stato organizzato tutto di fretta e non ne ho avuto il tempo. "Sono a pranzo col medico legale, ti chiamo dopo." Digito velocemente e ripoggio il cellulare sul tavolo. «Se ha terminato vorrei rientrare in ufficio» chiedo gentilmente sperando in una risposta positiva. «Sì, la riaccompagno.» «Vado alla toilette, prima di andare» mi alzo velocemente, chiedo al cameriere di indicarmi il bagno e lui fa segno verso una porta sulla destra.


Chiudo la porta a chiave e mi poggio con entrambe le mani sul lavandino. Mi guardo allo specchio e vedo gli occhi gonfiarsi di lacrime. Sono spaventata e non voglio credere a quello che ho sentito stamattina e ora. Non posso parlarne con nessuno, soprattutto con mio padre, lo farei solo preoccupare ancor di più. Asciugo i miei occhi, lavo le mani e torno nella sala dove il dottor Deira è intento a pagare il conto con la sua carta di credito al cameriere. «No!» urlo quasi, non mi farò offrire nessun pranzo. «Suvvia dottoressa, la prossima volta sarò suo ospite.» Non ci sarà una prossima volta e sembra non capirlo. «Preferisco fare a metà come due buoni colleghi» provo a convincerlo quando il bip del Pos conferma che la transizione è stata accettata e non mi dà chance. Deira allarga le spalle e prende lo scontrino infilandoselo in tasca. «Deve essere più svelta» ridacchia. "Quanto odio quest'uomo! Non ha un briciolo di sensibilità ed è pure un gran maleducato" penso. 


«Dottor Deira!» una donna mia coetanea si avvicina all'auto impedendogli di salire. «Non mi ha richiamata» abbozza un sorriso nervoso. «Eh... Salve! sì...» appare molto nervoso vedendola e decido di salire in auto. Sento parlottare animata-mente fuori dall'auto ma non mi importa, spero solo che faccia presto. Mi appoggio con la testa sul finestrino e mi cade lo sguardo tra gli alberi in fondo al parcheggio. Vedo una sagoma nera immobile. Stropiccio gli occhi e provo a focalizzare meglio l'immagine. Non ci riesco. Scendo dall'auto di corsa e la figura non c'è più. Era una mia impressione. Non c'è nessuno lì, nessuno mi sta seguendo. Devo smetterla di farmi queste paranoie. «Dottor Deira, andiamo?» interrompo la loro animata discussione e lo salvo dalle altre domande scomode della sua probabile conquista. «Sì dottoressa!» mi risponde in fretta congedando la ragazza e salendo in fretta in auto. «Mi ha salvato» si rivolge a me spavaldo. Sorrido forzatamente mentre spero che accenda questa benedetta macchina e mi riporti a casa. Il pranzo con Deira è stata una pessima idea, mi ha solo innervosita e preoccupata ancor di più, oltre che non avermi dato nessun indizio importante per aiutare Tommaso nella risoluzione del caso. «Grazie per il pranzo» dico mentre scendo dall'auto e non gli do il tempo di rispondermi. Di fronte a me sulla scalinata c'è Tommaso in compagnia di mio padre intenti a parlare con Massimo.

«Buongiorno» li saluto arrivando alle loro spalle e bacio la guancia papà. «Buongiorno a lei dottoressa» Tommaso mantiene un tono professionale davanti a mio padre. Ricambio il saluto con un sorriso e una stretta di mano ma lui non sorride stavolta. «Siamo venuti perché c'è una svolta nel caso, abbiamo una foto del killer» mio padre va dritto al punto mentre mi invita a entrare in ufficio per spiegarmi meglio. «Sono andata al dipartimento per parlare col medico legale ma stava andando a pranzo e l'ho dovuto accompagnare» mi giustifico quasi. Tommaso non mi guarda. Li faccio accomodare nel mio ufficio mentre recupero una sedia dalla stanza accanto per far sedere anche Massimo che sembra improvvisamente interessato al caso. «Un telecamera di un'abitazione» mio padre sbatte una foto in formato A4 sul tavolo, abbastanza sfocata ma visibile. «La stanno analizzando e speriamo di avere un nome entro stasera» annuncia soddisfatto. «E inoltre abbiamo un percorso. Abbiamo setacciato la zona nei pressi del campo dove abbiamo rinvenuto il corpo di Mary Bellini e abbiamo riscontrato quattro telecamere di sorveglianza. Abbiamo analizzato i video e sappiamo che il primo avvistamento di quest'uomo è avvenuto qui» poggia il dito sul punto di una grande cartina della città e seguendo tutto il percorso fino al campo. «Una di queste zone potrebbe essere vicino la casa del killer o il luogo dove le ha portate prima di ucciderle» e sbatte le mani aperte sul tavolo col volto visibilmente eccitato dalla notizia che ci ha appena regalato mentre si accomoda al suo posto.


Tommaso non ha ancora proferito parola, forse ha già parlato con papà e sta lasciando che sia lui a darmi tutte le notizie, ma questo mi turba particolarmente. Forse è arrabbiato per il mio pranzo-disastro col medico legale. E perché mai?


«Abbiamo anche una brutta notizia» finalmente la voce di Tommaso irrompe nella confusione di quell'ufficio. «Il profilo del killer delle tre ragazze» continua dedicandomi finalmente uno sguardo «coincide con l'aggressore del parco.» Adesso il mio grande ufficio è dominato da un grande silenzio assordante mentre realizzo che il medico legale ci aveva visto giusto. «Da oggi ti chiediamo di non allontanarti da sola e di muoverti col capitano Pellegrini per lavoro, Massimo non ti affiderà nuovi casi fino a quando non capiremo i prossimi passi del killer.» Mio padre mi guarda intensamente mentre pronuncia queste parole e batte nervosamente i polpastrelli sul suo ginocchio martoriato.


Adesso ho un bodyguard, non posso lavorare e un pazzo criminale vuole uccidermi. Bene! «Posso parlarti?» mi chiede Tommaso invitandomi a uscire dal mio ufficio. Annuisco e lo seguo lasciando mio padre e Massimo intenti a discutere sulle modalità del mio controllo.


«Avrei annullato la cena di stasera per non interrompere la tua passeggiata col medico legale» adesso avverto una nota di gelosia nelle sue parole, «ma è opportuno che tu resti con me stasera.» «Non hai interrotto assolutamente niente, sono stata costretta ad andare a pranzo con lui per avere nuove informazioni sul caso e non è servito a niente. Aveva intuito che il killer potesse avere a che fare con me.» Adesso il suo volto è più rilassato ma serio. «Non mi piace quell'uomo» mi confessa mettendomi una mano sulla spalla. «E non mettere mai in dubbio il fiuto di un carabiniere.» «Non potrei, sono abituata a fidarmi di voi» gli rispondo con l'aria un po' scherzosa rientrando nel mio ufficio. «Credo che un bodyguard sia esagerato! Non voglio carabinieri aggirarsi tutto il giorno in ufficio, manderanno in panico gli altri dipendenti!»


Massimo è nervoso e lo capisco perfettamente. Non sarebbe produttivo nemmeno per me. «L'incolumità di Adele adesso è una priorità, non possiamo lasciare nulla al caso» mio padre ha ripreso il tono autoritario del maresciallo dei carabinieri che indaga sul caso abbandonando il tono apprensivo di genitore. «Adele, ti prego, di' qualcosa! Domani abbiamo il corso di formazione per i nuovi fotografi a Meletino» mi ricorda Massimo, cercando approvazione con gli occhi, lo avevo completamente rimosso. «Andrò io con lei, le farà bene cambiare aria e soprattutto allontanarsi da qui per qualche giorno.» Tommaso si pronuncia prima che io possa decidere ma la sua idea mi piace tantissimo, mi servirà staccare la spina. «E inoltre solo noi in questa stanza sappiamo dove si trova quindi questo gioca a nostro favore» sottolinea mio padre che sembra apprezzare l'idea del capitano. «Ok allora. Adele, mi aspetto il massimo da te per l'incontro di domani, quest'azienda non è niente senza di te» Massimo si alza dalla sedia e salutando mio padre e il capitano con una stretta di mano esce dalla stanza. Anche mio padre adesso è in piedi e sta salutando Tommaso.


«Maresciallo stasera Adele è con me, la riporto a casa non più tardi di mezzanotte e mi assicurerò che sia entrata in casa sana e salva prima di andare via.» Scherza con mio padre che, nonostante il nervosismo del momento, gli sorride compiaciuto. «Grazie Capitano, chiudiamo in fretta questo caso.» E si congeda dopo il saluto militare lasciandoci da soli nell'ufficio. «Allora ci aspettano due lunghi giorni» rompe il silenzio e mi concede uno sguardo intenso. «Ti faccio conoscere il mio mondo» gli rispondo entusiasta e per un momento i miei mille problemi sembrano essere svaniti, killer compreso. Tommaso mi rassicura, come quando da bambina papà mi giurava che nessun cattivo gli avrebbe fatto del male e sarebbe tornato presto da me. Io gli credevo sempre e lui manteneva la promessa. Tommaso ristabilisce quel caos che ho dentro di me. «Vado a casa a cambiarmi, a dopo» gli annuncio prima di lasciare la stanza.


«A dopo, Adele.» Mi saluta e si dirige verso l'uscita.


Senza perdere mai di vista la situazione, di cui credo di avere lucida percezione, mi trovo ogni giorno più imbrigliata in questa tela di ragno, iniziando a sentirmi quasi soffocata dalla seta che lentamente minaccia di soffocarmi.

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Carissimi lettori,

in questo nuovo capitolo conosciamo più a fondo la personalità del dottor Deira, che sembra non stare molto simpatico alla nostra protagonista e non solo... il nostro capitano ha forse un concorrente per il cuore di Adele?

Chissà che risvolti avrà questa cena...

A presto

Margherita

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