5. Ricordi

Una donna slanciata, dai lunghi capelli neri fissa preoccupata la sua unica figlia ridere davanti al camino, con le mani infuocate. Sapeva che prima o poi sarebbe successo, ma non credeva così presto. Fa un passo avanti, indecisa su come trattare la figlia.
- Carry, allontanati, è pericoloso... - esita e, tremante, fa un'altro passo verso la piccola. - Potresti farti male... - Carry pare ignorarla, e continua a ridere divertita. Infine, seccata, si alza in piedi e si volta a guardare la madre, gli occhi rosso acceso sono freddi e impenetrabili.
- Mamma, le mie mani sono speciali, non mi brucio... So fare cose che...
- NO! - sbraita la madre, mettendosi in ginocchio per arrivare all'altezza della bambina. - Tu sei uguale alle altre bambine, non devi più utilizzare... - una lampadina esplode. I vetri delle finestre si crepano. - Sono venuti a prenderti. No, non anche te, non posso permett... - delle figure iniziano ad entrare dalle finestre, facendo andare in mille pezzi i vetri. Nathalie, la madre della bambina, si butta a terra coprendo il volto per proteggersi sotto lo sguardo sconcertato di Carry, che resta in piedi a guardare la porta, impietrita. Quando anche la porta viene buttata giù, la donna scoppia a piangere, gridando parole comprensibili solo a lei stessa. Una figura fa il suo ingresso attraverso la porta principale: è più alto di Carry di pochi centimetri, deve avere due o tre anni più di lei.
- Chi sei? Perchè hai fatto piangere la mia mamma? - il bambino sorride e si avvicina lentamente, arrivando a poco meno di un metro da lei. Gli occhi, quasi invisibili al buio, sono argentati e pieni di determinazione.
- Carry... vieni con me. Ti porto dal tuo papà. - la bambina, davanti a lui, sorride compassionevole, come se quel ragazzo avesse appena detto la cosa più ridicola del mondo.
- Mi dispiace, bambino. Io non ce l'ho un papà. - fa un passo avanti, con un sorriso malizioso, per poi voltarsi nuovamente verso la madre. - Visto, mamma? Volevano solo sapere se avevo un papà! Non sono p... - non fa in tempo a completare la frase, che il bambino dagli occhi d'argento la solleva per il colletto della camicia da notte. - M-mi fai... male... - protesta Carry, provando a colpirlo con un calcio a mezz'aria.
- Lasciala! Ti scongiuro, lasciala andare, la stai strozzando! - protesta Nathalie, facendo un passo in avanti per aiutare la figlia, ma due uomini la afferrano per le braccia, tenendola ferma. La donna grida.
- Nessuno fa piangere... la mia mamma! - Carry riesce ad afferrare per un braccio il bambino, ustionandolo. Lui, dolorante, ritira la mano, ma sul suo viso rimane un sorriso di sfida.
- Sono Ramon, sorellina, tu non potrai mai nulla contro di me... - detto questo, la bambina non vede più nulla. Cade a terra stordita, prima di perdere i sensi.

- Carry, a cosa stai pensando? - domanda Alexia, sempre allegra. Credo che un giorno potrei ucciderla. Non riesce a farsi gli affari suoi o a stare zitta.
- Al modo più doloroso e lento per eliminarti. - Sibilo, rabbiosa. Mi volto verso di lei con lo sguardo gelido. - Non sono affari tuoi. - ormai è abituata alle mie risposte sgarbate e agli sguardi torvi, perciò non se la prende. Mi conosce bene, meglio di quanto io stessa voglia ammettere. Più cose si sa della mia vita e del mio modo di essere, più è facile che si trovino punti deboli, perciò io mi sento molto spesso vulnerabile, con lei.
- Dove sono gli altri? Bethany se n'è andata? - Alexia scuote la testa, con un sorriso pensoso sulle labbra.
- Non dovevi farle questo. - mi rimprovera - Non avresti dovuto richiamare i demoni. Soprattutto Ramon. Sai quanto è doloroso, per lei. - abbasso la testa, ma non sono pentita. Quella bambina deve essere punita, nonostante il suo passato, per quello che fa alle persone. Stringo le mani in due pugni per trattenere la frustrazione.
- Bethany sbaglia. E io la devo punire. Non mi importa quanto le faccia male. - mi interrompo per un attimo, esitante. - Perchè... fa male anche a me, sapere che è ancora vivo. Mi ha portato via mia madre. Lo odio, Alexia, e tu lo sai. Non fare finta che soffra soltanto lei. Adesso - sospiro, alzandomi e sistemando la gonna con un gesto di superiorità - vado da Rhon. Mi deve parecchie spiegazioni. - detto questo, supero la stanza e il letto di Alexia velocemente, raggiungendo la porta e, una volta fuori, me la sbatto pesantemente alle spalle. Fuori, infatti, mio fratello mi aspetta sotto un lampione ( deve essere una cattiva abitudine ), dove, presto, lo raggiungo.
- Chi è Ramon? - domanda, prima che possa farlo io. - Tutti quei nomi che hai pronunciato... come mai hanno fatto così male a quella bambina? - non mi va di parlarne, ma so bene che non sono l'unica a cui si devono delle spiegazioni, così faccio mente locale per spiegarglielo nel modo più semplice e comprensibile.
- Bethany è la figlia di Olaf, un figlio del Diavolo come me. Lui era pazzo, infatti ha deciso di fare un "esperimento" con sua figlia. Ha ucciso diversi demoni, tra cui Aaron, Gremel, Rhoost e, il più forte e pericoloso, Ramon. Si è scoperto, così, che avendo in corpo il sangue di altri demoni si acquisiscono i loro poteri. Però, questo fatto, ha degli effetti collaterali: ogni volta che si pronuncia il nome del demone di cui hai bevuto o iniettato il sangue, questo si risveglia, il più delle volte riesce a possederti, altre invece provoca un dolore talmente forte da farti perdere i sensi. Bethany, è... quasi una macchina di distruzione umana. Mi fa male, il ricordo di Ramon. È lui che mi ha rinchiusa qui. - Rhon, mentre parlo, fissa concentrato il terreno, annuendo di tanto in tanto. Quando finisco di parlare, alza lo sguardo rosso e lo fissa nel mio. - Ora tocca a te - rompe il silenzio con la mia voce irritata e piena di voglia di sapere. - Perchè ti fai vivo all'improvviso? Dove sei stato per tutti questi anni? Perchè la lettera è arrivata a me e non a te? - sento che sto per perdere il controllo, data la sua innaturale calma e tranquillità.
- Calma. Ti spiegherò tutto, basta che stai calma. Sono stato portato al Campo quando ero ancora un neonato, perciò non ricordo nulla del mio arrivo. Però, all'età di otto anni ho avuto un colpo di fortuna, e sono riuscito a scappare. Una volta fuori, volevo uscire dall'inferno ovviamente, ed andare da nostra madre, sulla Terra. Perciò, in un accampamento di demoni oltre le mura del Campo ho incontrato un uomo che mi ha aiutato a scappare. Il suo nome era Alfred Jokes. Siamo riusciti ad uscire, ma poi le nostre strade si sono separate e io non sapevo dove andare. Ed è stato lì che ho incontrato un bambino che diceva di conoscerti. È grazie a lui che sono riuscito a vivere per tutti questi anni con nostra madre, fino a due mesi fa. Un giorno, tornato a casa, lei non c'era. Sul camino ho trovato invece un biglietto scritto velocemente, di fretta, con mani tremanti. Diceva: "Và da tua sorella, scappa. Torna negli Inferi, e torna solo dopo aver trovato Carry. Non saranno clementi, se non la porterai con te." - a quelle parole, il mio cuore sale in gola. La mamma è viva. Dobbiamo trovarla, dobbiamo tornare da lei. I miei pensieri, in quel momento, si aggrappano con forza ai ricordi di quando eravamo insieme, di quando si preoccupava per me. A volte, lottare per riconquistare il passato, è la cosa che ti mette più forza. Più voglia di riconquistare ciò che ci appartiene.

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