3. Verità
Sono sul bordo di una piscina, sovrastata dalla luna e dalle stelle. Ero molto piccola, l'ultima volta che ho visto un cielo stellato. Sono bellissime, le stelle, e più le guardo più vorrei tornare da mia madre, sulla Terra, e dimenticare tutto ciò che so riguardo mio padre. Mi avvicino all'acqua limpida e osservo il mio riflesso: porto una vestaglia nera che non ho mai visto, i lunghi capelli neri sono bagnati e ricadono lisci sulle spalle. Strizzo i capelli in acqua, e mi rendo conto che sono intrisi di sangue, non di semplice acqua. Mi alzo, spaventata, e mi guardo attorno: ci sono pochi tavoli con delle sedie, ed un piccolo bar deserto. Faccio un passo indietro e sento un brivido di freddo percorrermi la schiena, facendomi accorgere che sono a piedi scalzi. Intanto, nella piscina, l'acqua si moltiplica e straripa, venendo nella mia direzione. Si avvinghia alle mie caviglie, fastidiosa, si arrampica su tutto il mio corpo fino a tapparmi il naso e la bocca. Mi agito, non riesco a respirare, e posso vedere davanti a me le bolle d'aria del mio ultimo respiro. In quel momento non riesco a pensare ad altro che a mia madre.
Mi sveglio di soprassalto nel mio letto, e mi guardo attorno: qualche vestito di Alexia sparso sul pavimento, dello smalto nero rovesciato sulla scrivania e un mio quaderno con qualche scarabocchio anch'esso a terra. Tutto normale. Tiro un sospiro e faccio per alzarmi, ma per poco non urlo. Su una sedia di fianco al mio letto c'è il ragazzo del giorno prima che studia attentamente un foglietto di carta.
- Quasi mi dispiaceva svegliarti - dice impassibile, come sempre. Ringrazio il cielo di essere andata a letto vestita, la sera precedente. - Che cosa ci fai qui?! - poi mi accorgo che quella che ha in mano è la mia lettera - Restituiscimela! - gliela strappo di mano in un secondo, e lui ridacchia. Non capisco cosa ci sia di divertente.
- Carina, la filastrocca. Credevo avesse un po' più di fantasia.
- Di che parli? Tu... chi sei, veramente? - si guarda attorno distrattamente, e raccoglie il mio quaderno con il disegno di una rosa sporca di sangue.
- Mi chiamo Rhon, se vuoi saperlo, e ti informo che quella lettera è per me, non per te. - abbasso lo sguardo sul foglietto di carta e leggo: Dawson. In teoria noi non dovremmo avere un cognome, eppure, per distinguerci, portiamo tutti il cognome di nostra madre, pur essendo fratellastri.
- C'è scritto il mio cognome sopra - dico pacata, studiando i suoi movimenti ed il suo sguardo, rosso come il mio. Gira il foglio e me lo mostra. Lo guardo sconcertata ed inizio a capire cosa intende.
- Per Carry e Rhon... Dawson. - leggo in un sussurro. - Beh, c'è anche il mio nome sopra.
- Ti conviene starne fuori. - allunga il braccio per prendere la lettera, ma io mi sposto abilmente, ridendo.
- Non così in fretta... Rhon. Che cosa mi nascondi? Come mai io e te abbiamo lo stesso cognome?
- Siamo fratelli - scoppio a ridere, schivando un suo altro agguato.
- Che scoperta. Sai quanti ne ho io, di fratelli! - lui si ferma e mi guarda intensamente con i suoi occhi rossi. Mi vengono i brividi.
- Noi siamo veramente fratelli. Abbiamo gli stessi genitori. Tua madre e mia madre sono la stessa persona. - il tempo si ferma. Il sangue nelle mie vene diventa di ghiaccio.
La mamma...?
Scuoto la testa lentamente, sconvolta.
- Non è vero. Non è divertente. Vattene. - il tempo ricomincia a scorrere.
- Carry... Non ti sto mentendo, te lo assicuro. Secondo te perché entrambi abbiamo gli occhi rossi? - il silenzio mi spacca la testa e le ossa. Ho un fratello?
- È... la verità? La mamma dov'è? - i suoi occhi diventano improvvisamente freddi, duri, ed io ho paura di sapere che cosa mi sono persa in tutti quegli anni lontana da mia madre e da mio fratello.
- Non lo so. È questo che sono venuto a scoprire. - stringo tra le mani la lettera, piegando con forza la carta. Rhon è mio fratello. Non riesco a pensare ad altro. Faccio qualche passo verso di lui, tremante, il mio cuore pare una belva affamata che pulsa come impazzito nel mio petto. Nonostante tutto, mi avvicino curiosa e gli studio il viso. In effetti, i lineamenti sottili e decisi ci accomunano. Potremmo quasi sembrare gemelli, se non fosse per la differenza di altezza e il colore dei capelli.
- Cosa significa questa? - sventolo davanti a lui la lettera, improvvisamente seria. - Che cosa sta succedendo? Chi è il mittente? - Rhon mi guarda attento, come se dovesse studiare le parole esatte da dirmi. Fa un passo verso di me e gira la testa di lato, pensoso.
- Ti ho detto di lasciare a me. Comunque questa, è un indizio. Sta a te interpretarlo. - inizio ad innervosirmi, con tutto quello che non mi vuole dire.
- Mi hai detto che devo starne fuori... - non riesco a finire la frase che qualcosa mi sfiora la guancia. Mi giro, ed una enorme pianta si trova al centro della stanza, tra il mio letto e quello di Alexia.
Oh, no.
Corro fuori dalla struttura velocemente, guardandomi attorno per vedere se c'è quello che cerco.
Le piante non crescono all'Inferno.
Vedo un petalo blu. Abbasso lo sguardo e noto una rosa dello stesso colore, macchiata di sangue. È denso, sembra di animale. Accanto al fiore, c'è un biglietto rosso. Lo apro piano e ne leggo il contenuto.
Ci vediamo, dolce Carry, non mi bruci, questa volta. Dopotutto, sono la figlia prediletta del Diavolo, giusto?
Fai degli incubi terribili, questa notte,
la tua carissima Beth.
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