22. L'antagonista

Le mie mani tremano come figlie al vento. Il mio cuore batte affamato come una belva feroce. I miei occhi corrono impauriti ovunque, come quelli di una gazzella inseguita da un leone. Una miriade di emozioni mi attraversano in un unico momento. Un lungo, infinito momento.

Luke sorride serafico, mi stampa un bacio sulla fronte mentre si attorciglia tra le dita una mia ciocca di capelli.

- Non ringraziarmi. – dice mentre esce ed io, immobile, lo fisso andarsene, incantata. Sarà uno scherzo di Ramon. Uno stupido scherzo di quello stupido del mio fratellastro. Appena riesco finalmente a muovere le gambe, corro ad inseguirlo per il corridoio, ma non lo vedo più da nessuna parte. Perlomeno non ce l'ha più con me. Credo.

- Ah, ecco la sorellina rompipalle. – riconosco la voce di Alexia, sempre ironica. Mi volto lentamente con un lungo sospiro mentale, preparandomi al peggio. Lei porta solo una vestaglia azzurra semi trasparente, lunga fino alle ginocchia. I riccioli neri le ricadono lunghi sulle spalle, ed il trucco è impeccabile: del rossetto rosso fuoco e dell'ombretto scuro sulle palpebre. Più che arrabbiata, mi fissa inviperita, ma pur sempre felice. Non riesce a contenere l'euforia per qualcosa a me ancora ignoto. – Sai, ci ho pensato. – continua, tenendo lo sguardo basso sui suoi piedi, mentre, mi volteggia attorno in una specie di danza improvvisata, fermandosi solo nel momento in cui deve parlare. – Puoi sbaciucchiarti con chi vuoi, ho deciso che non mi importa. – mi si avvicina da davanti e mi solleva il viso con due dita con delicatezza, per poi abbracciarmi elegantemente con le braccia lunghe e sottili. I suoi capelli mi coprono quasi completamente il viso, inebriandomi con un intenso profumo di shampoo alle rose. – E poi, dopotutto, sei sempre la mia sorellina preferita. – ricambio con un sorriso l'abbraccio, incerta, per poi allontanarmi velocemente. Sorride ed inizia a canticchiare allegramente, mentre saltella per un paio di scalini che portano al piano di sopra.

- Aspetta. – la chiamo – Che cosa è successo? – domando. So bene che la sua allegria è dovuta a qualcosa. Alexia è in grado di cambiare stato d'animo da un momento all'altro, per qualsiasi sciocchezza.

Lei si volta di nuovo, con negli occhi un lampo da felino predatore. Abbassa elegantemente le ciglia e mi strizza l'occhio, per poi correre canticchiando al piano superiore. Non credo qualcuno sarà mai in grado di capirla, quella ragazza.

Mi avvicino al centro del grande soggiorno in cui mi ritrovo, le cui pareti sono riempite da scaffali stracolmi di libri. Mi avvicino e ne accarezzo le copertine, cercando di capire cosa provi Alexia quando ne legge uno. La sensazione che prova è la stessa per tutti i libri oppure ognuno trasmette emozioni diverse? O, meglio ancora, un oggetto del genere trasmette emozioni?

Ne prendo uno a caso, senza sceglierlo con criterio. Anche perché non ho idea da quale criterio si scelga un libro. Ha la copertina rossa rovinata dal tempo e qualche foglio volante all'interno. La cosa strana è che non ha un titolo, e quando lo apro scopro che non è un libro, bensì un diario scritto a mano. La calligrafia elegante mi fa intuire che l'autrice sia una donna. Ho aperto il libro ad una pagina segnata da un segnalibro dello stesso colore della copertina. Inizio a leggere.

Nessuno mi crede, ma è vero. Lui mi ha salvato la vita, legandomi ad una maledizione. Mi ha imbrogliata. Mi vuole morta. Ma voleva essere lui ad uccidermi. Ora che ne avrà l'occasione, lo farà. Non sarò l'ultima a subire gli effetti della maledizione. Voglio avvertire chiunque legga questo diario. Solo quelli che possono lo faranno. Io non morirò per nulla. Bisogna spezzare il patto. Per me è già troppo tardi. Mentre scrivo queste parole sulla carta, lui sta venendo. Si avvicina. Prenderà tutte noi, se non lo fermerete.

Un'enorme macchia d'inchiostro nero mi impedisce di leggere il seguito. Rabbrividisco e chiudo in quaderno che tengo tra le mani. Cerco un nome sulla copertina, ad inizio pagina, da qualche parte. Non lo trovo.

Il suono del campanello mi fa cadere l'oggetto a terra dallo spavento. Lo raccolgo, lo rimetto a posto, ed infine vado ad aprire la porta d'ingresso. Davanti a me, c'è Demon. Per lo spavento, faccio per richiudere la porta di scatto, ma lui ci infila dentro un piede e ride, per poi sgusciare velocemente in casa.

- Demon? Che cosa... perché sei qui? – lui scoppia a ridere, iniziando a curiosare per il soggiorno.

- Demon? C-che cosa ci fai qui? Sono solo una povera ragazzina indifesa, non uccidermi! – dice, facendo eco della mia voce in falsetto. Aggrotto le sopracciglia ed incrocio le braccia. Vedendo che non mi fa ridere, e che non gli rispondo, lui alza gli occhi per guardarmi, mentre si rigiura un libriccino tascabile verde tra le mani. – Io non sono Demon. Cosa ti fa credere che io lo sia? Il mio aspetto? La mia voce? Forse, la stronzaggine? Probabilmente tutte queste cose messe assieme, formano sia me che Demon. – mi si avvicina, e sorride dolcemente, per poi abbassarsi ed inspirare nell'incavo del mio collo. Quando lo allontano con uno scatto, lui scoppia a ridere. – Hai un buon profumo. Del resto, tutti i demoni profumano di buono. – Si incammina per la porta che si affaccia al corridoio, per poi dirigersi con passo sicuro verso la cucina. Io cerco di fermarlo, ma lui si limita a ridere per qualsiasi cosa io faccia o dica. Ci rinuncio.

- Beh, se non sei Demon, chi sei? – domando, irritata dalla sua noncuranza, e dal fatto che mi tenga così sulle spine prendendosi gioco di me.

- All'Inferno mi chiamano il suo "antagonista". Impara a farlo anche tu. Se preferisci chiamarmi per nome, chiamami David. – lo afferro improvvisamente per un braccio, questa volta con più forza, e lui si gira verso di me. Ruota la mia mano che lo stringe con un movimento rapido e riesce a ribaltare la situazione. Mi attira verso di sé, inspirando di nuovo vicino al mio collo. Cerco di allontanarlo, ma la sua presa è troppo forte.

- Lasciami! Che cosa fai? Sei impazzito? – lui si allontana di scatto, come appena svegliatosi da un terribile incubo. Mi allontano per mantenere le distanze e mi allaccio la felpa nera fino al mento, in modo che non possa succedere più una cosa del genere. Aggrotto le sopracciglia ed incrocio le braccia, per poi rivolgermi nuovamente a lui. – Sei un Guardiano? Sei qui da parte di mio padre? – qualsiasi cosa fa, la fa senza degnarmi di uno sguardo. Torna il suo insopportabile sorriso malizioso.

- No, e si, sono qui da parte di tuo padre. Mi ha detto di dirti che il tempo è scaduto.

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E questa sono di nuovo io, gente! Che pubblica capitoli durate la settimana (incredibile ma vero) e che vi annuncia che mancano solo pochi capitoli alla fine del primo libro. Già, perché secondo i miei piani, i libri saranno tre quindi questo sarebbe i primo di una trilogia, se tutto va bene.

Bene, addio maghi, babbani, unicorni, e figli del Diavolo!

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