75. Casa
Un'insolita giornata soleggiata aveva dato il buongiorno alla mia Londra.
I raggi solari mi avevano riscaldata per tutta la durata della giornata, ma avevano lasciato un certo freddo durante la serata.
Con un thè appena preparato, giravo in senso orario il cucchiano all'interno della mia tazza bianca.
Fuori, il cielo scuro era sereno.
Da: Jane ❤️
Comunque per il compleanno del mio ragazzo sarò una figa assurda da far rosicare tutte le galline che gli girano attorno.
Abbozzai un sorrisetto digitando con una sola mano, mentre l'altra continuava a girare dentro il liquido.
A: Jane ❤️
Se ti fa soffrire, gli potrei "accidentalmente" tagliare il suo organo riproduttivo per eccellenza. Ci stai?
Da: Jane ❤️
Proposta allettante.
A: Jane ❤️
Aspetta... ma non dovevi studiare?
Da: Jane ❤️
Naaah, tu sei più importante.
Stai bene?
A: Jane ❤️
Certo. Tu?
Da: Jane ❤️
Stiamo parlando di te.
Scusami se mi sono fatta viva solo ora, ma Josh sta continuando ad insistere sul fatto del college. Dice che devo continuare.
A: Jane ❤️
Ha ragione.
Da: Jane ❤️
Hey! Ma tu da che parte stai?!
A: Jane ❤️
Sono la tua migliore amica e solitamente sono dalla tua parte.
Insomma, più di quindici anni fa ti ho promesso che, in caso di omicidio, avrei nascosto il cadavere con te!
Ma non per questo ti permetto di mandare a puttane il tuo sogno.
Il vostro sogno...
Quindi, non ho intenzione di insistere ancora.
È quel che vuoi davvero o no?
Da: Jane ❤️
Sì, ma...
A: Jane ❤️
Allora fallo.
Con il supporto di Josh, farai grandi cose.
Te lo auguro con il cuore.
Mi manchi, volevo solamente dirtelo.
Da: Jane ❤️
Bleah, fai la sentimentale 🤮
A: Jane ❤️
La parte sporca devo sempre farla io... ti odio
Da: Jane ❤️
Ora devo staccare.
A: Jane ❤️
😒😒
Da: Jane ❤️
Anche tu mi manchi.
Ti voglio bene anche io.
Ci sentiamo domani, buonanotte.
Ps: accontentati o vengo a suonarti il campanello solo per tirarti i capelli.
In un altro sorrisetto, spensi il cellulare.
«Innamorata?», una voce rauca mi fece rabbrividire.
Ash si stava stiracchiando, passandosi poi una mano sui capelli scompigliati nonostante la cortezza.
«No, è la Tim. Mi si è rinnovata la promozione».
«Frase più vecchia delle stupidaggini che teneva Blue nella galleria di quando andava alle medie. "Mi hanno buttato nella fossa dei leoni, sono uscita capobranco"», soffocò una risata che mi fece scattare lo sguardo sul thè.
Con il mio solito tempismo perfetto, mi scottai la lingua.
«Sì, sei innamorata. Ha intenzione di scendere dalle nuvole, signorina?».
«Sì, solamente se c'è lei a salvarmi, signore».
«Davvero? Chi sei tu, che ne hai fatto della mia Hayra?».
«Scusami?», battei le palpebre più volte, impercettibilmente.
«Chiariamo: io non sono di nessuno, tanto meno tua. Sono di me stessa. Fidanzata, interessata, libera, sono solo di me stessa. Chiaro? Bene».
Trattenni l'impulso di non imprecare verso il bruciore proveniente dalla mia lingua e mi mantenni seria.
«Stavamo parlando di me, in quanto signore, che ti porto giù dalle nuvole».
«Non sapresti farlo», lo provocai.
«Scommettiamo».
«E comunque ti ingannerei solo per spingerti e buttarti di sotto».
«Furbo da parte tua, rivelarmelo».
«Mezzo punto ad entrambi e non ne parliamo più».
Sorrisi ancora più sadicamente di prima.
«Non siamo pecore che rincorrono ed elogiano il prescelto. Noi eravamo parte di lui nel momento in cui ci ha fatto entrare nella sua vita. Non era nei piani, quel...», mi fermai. «Era il mio migliore amico.
Era il fratello gemello che non ho mai avuto.
E se n'è andato. Se n'è dovuto andare.
La speranza, vuoi sapere dov'è?
C'è, ma è stata sepolta con lui. Per sempre» gli diedi le spalle.
Strinsi in un pugno una parte del cuscino, torturandomi il labbro inferiore.
Sentivo lo sguardo di lui addosso, ancora.
Ero avvolta da un senso di angoscia, di rimorso per non aver fatto abbastanza.
Tossii nuovamente, mentre la gola andava bruciando. Il mio petto si muoveva irregolarmente, mentre cacciavo indietro le lacrime e rifiutavo avessero anche solo avuto il bisogno di scendere senza preavviso.
Mi esposi fuori dal materasso, ancorandomi per non cadere, e la nausea mi strinse lo stomaco. Il caldo aveva ricominciato ad sovrappopolarmi, mentre gettavo fuori quel che non riusciva più a tenere dentro.
Le guance erano arrossate, i miei occhi gonfi ma meno vivaci di quanto lui avesse mai potuto notare fino a qualche anno fa.
«Riuscirò un giorno?».
«E sai cosa? Vorrei dirti che lui è stato il mio primo amore! Dirti ciò sarebbe la mia conquista più grande, per vederti svanire davanti a me. Sono accecata dalla vendetta e una volta tanto lascia che lo faccia. Perché io no mentre gli altri ipocriti egoisti possono? Ebbene sì, vorrei vederti soffrire di questa mia affermazione!
Kevin è stato il mio primo amore!
Ma quando ti guardo, ricordo perché sono qui, sdraiata accanto a te su un letto grande, a segnare i divisori della mia e della tua parte da rispettare.
Mentre il mio ricordo si concretizzava nella mia mente, lui si sedette di fronte a me.
«Non è stato il mio primo amore perché, in silenzio, ti sei distinto dagli altri!
Sei contento?
E non ti farai problemi a dire di sì, perché lo so già senza che tu lo dica.
Però, come tu conosci me, io conosco te.
Sai che quando penso qualcosa che ti riguarda, fatico a guardarti negli occhi senza perdermici.
È stato il nostro modo dopotutto.
Ci provo, ma dalla mia bocca non esce niente.
Sto reprimendo ogni bomba per non dare il colpo di grazia ma, anche se di spalle, almeno ora so dirti la verità.
Tu sei stato il mio primo amore.
Ma Kevin, Kevin lo ho amato dopo di te.
E, come si dice, tra i due, scegli il secondo.
Perché, se avessi davvero amato il primo, non ti saresti innamorato del numero due».
Aspettavo e speravo quasi una sua reazione furiosa, scandalosa, ma dalle sue labbra uscì solo un quesito.
«Riuscirò un giorno a vederti piangere? A vederti senza maschera? Beh, quella per me sarebbe la più grande delle conquiste».
«Ehilà Pensatrice. Perché sei ancora sveglia?», sbadigliò Chase, aprendo il frigo.
«Tu... mangi di notte?».
«Sempre fatto. Mi hai scoperto».
«Ecco perché il frigo si svuota così rapidamente!».
«Shhhh o mi ammazza», non compresi il suo zittirmi.
Eravamo tornati in buoni rapporti.
Io perdonando la sua maleducazione, lui per la mia poca pazienza.
Scherzavamo spesso, quando ci beccavamo.
Mi aiutava in cucina tra l'altro.
Era migliorato, ma rimaneva ancora felicemente scapolo.
Fu solo seguendo il suo sguardo che iniettai le mie iridi sulla figura di Ash.
Mentre Chase si allontava in punta di piedi ripieno di dolci, schifezze e delle pantofole non sobrie, mi chiesi per un attimo se fosse lo stesso bel ragazzo che vedevo di giorno.
Era una specie di Fiona di Shrek al maschile.
Aveva fascino, e fu solo guardandolo, che capii da dove provenisse quella mia attrazione improvvisa del giorno in cui lo conobbi fuori dall'aula.
Era dovuta al fratellastro.
«Ash...», lo mossi leggermente, senza temerlo.
«Mhh...», mugugnò leggermente, senza girarsi dalla parte opposta.
Trovai uno specie di stratagemma, mentre giocavo con il ciuffo che portava sulla fronte.
«Puoi appoggiarti a me, possiamo anche volare su Marte».
«Bambini, cosa volete fare da grandi?».
«Io maestra!».
«Dimmi, Ash».
«Voglio viaggiare su Marte!».
Una risata generale accese il dibattito.
«Un sogno superstizioso. E come mai?».
«Perché possono esserci delle forme di vita vere e proprie! Magari sono medici che possono aiutarci nello sperimentare cure che loro hanno e noi no!».
«Ora si sono anche invertiti i ruoli? Mi prendi per il culo?», con tono impastato dal sonno, scrollai le spalle.
«Appoggiati a me, avanti».
Probabilmente in balìa del sonno acconsentì, facendo leva sul mio corpo.
Con un braccio che circondava il suo collo, lo arreggevo, come facevo quando era ubriaco.
Il divano non era tanto lontano, di sicuro più vicino della camera da letto trovatasi al piano superiore.
A peso morto, lo feci stendere.
Gli tolsi le scarpe - un diamine di quaranta due per la precisione - e lo studiai dormire come ai vecchi tempi.
«Non è Marte, ma è casa», sussurrai, credendo di non essere sentita.
«È casa, se ci sei tu», sussurrò richiedendo totalmente gli occhi e lasciandosi andare in un sonno che non ametteva repliche e ulteriori disturbi.
Con una coperta di lana soffice, lo avvolsi premurosamente.
Aveva il residuo di un piccolo sorriso ancora stampato, mentre nel frattempo respirava pesantemente ma senza russare.
Il thè si era raffreddato.
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