Ti ritroverò?

Io e Giachi ci sposammo in febbraio, mese insolito per i matrimoni,   avrei preferito attendere la primavera,  da ragazzina avevo sempre accostato maggio agli sposi, mi sembrava  che  fosse di buon auspicio, ma la situazione finanziaria dei miei era colata a picco e di conseguenza nella mia famiglia si erano venute a creare delle situazioni catastrofiche, per cui  lo sposarmi era sembrato un modo per mettermi in salvo, lo so, può sembrare cinico tutto questo, ma l'avere un nido protettivo che mi accoglieva  contribuiva a farmi star meglio, inolte i niei genitori , in qualità di consuoceri, avrebbero avuto un aiuto da parte ddella famiglia di Giachi, infatti i suoi genitori, pur non essendo particolarmente facoltosi ,riuscirono a trovare una soluzione, accogliendo mio padre, mia madre e mia nonna in una loro villetta in campagna, mentre per me ed il mio futuro marito era pronto piccolo appartamento in città situato nello stesso palazzo dove vivevano  loro, la cosa non mi allettava, ma capivo che non avevo molte scelte.

Il mio lavoro  procedeva bene, avevo superato l'esame di avvocato e lavoravo a pieno titolo nello studio dell'Avvocato Lenzi  dopo il periodo di praticantato, ma non potevo certo definirmi arrivata e le spese erano tantissime,  anche Giacinto non aveva da parte soldi sufficienti per acquistare una casa tutta nostra,  così dovetti cedere a questa quasi convivenza con i genitori di lui.

L'aria fredda di febbraio mi solleticò il viso, mentre scendevo dall'auto per incamminarmi verso la chiesa dove  mi stava aspettando il mio fidanzato,  mio padre era triste, incupito ed invecchiato di colpo,  lo sentivo incedere lentamente al mio fianco, eppure non era anziano, ma gli ultimi eventi lo avevano segnato profondamente.

Mentre mi avvicinavo all'altare facevo mio il suo dolore e nel preciso istante in cui Giachi mi sollevò il velo compresi che  quel matrimonio non mi avrebbe reso felice, la mia infelicità si unì a quella di mio padre e una lacrima mi rigò il viso. Tutti pensarono che fosse di commozione, ma io  sapevo che non era così.

Giacinto era bellissimo nella sua uniforme, sprizzava gioia da tutti i pori, i suoi parenti erano il ritratto della felicità, mentre i miei erano tesi,  con i volti ingrigiti su cui si notavano sorrisi forzati.

Nessuno ci fece caso come  nessuno  capì il mio disagio, nessuno, nemmeno mio marito e nel momento del "sì" mi sentii sdoppiata, ero lì fisicamente, ma ero anche altrove, in un luogo molto diverso, fatto di luce e di amore, dove Sasà mi teneva per mano ...

"Fatemi baciare la sposa!" La voce squillante di mio suocero sovrastò le altre, stavamo uscendo dal tunnel di spade incrociate che i colleghi di Giacinto  avevano creato in una bella coreografia ."Ecco qua la dolce signora de Regis" esclamò  sottraendomi ad altri abbracci. Io rimasi un po' rigida, quasi interdetta, quel nuovo cognome  stonava su di me,  non volevo essere la Signora de Regis, ma ormai era fatta, lo ero.

Queste furono le premesse per la mia vita in comune con Giachi, che tuttavia non conobbe grossi problemi.

Nel corso degli anni nacquero i figli, prima Valerio, poi Michela a distanza di due anni, i miei genitori si trasferirorono da noi insieme alla nonna fino a che fu in vita,  per fortuna io e Giacinto riuscimmo a comprare una bella villetta grande abbastanza per accogliere comodamente tutti e io mi liberai in parte dall'ingerenza dei suoceri.

Gli anni trascorsero velocemente e solo quando i ragazzi si furono sistemati ed io  fui più libera, mi resi conto che Giachi si era allontanato da me da molto tempo, dopo i primi anni in cui era sollecito, premuroso ed innamorato, si era raffreddato,  meno presente, meno partecipe. Sicuramente la colpa di tutto questo era anche mia, che non avevo mai risposto  al suo slancio affettivo con la sua stessa intensità e non ne feci un dramma, ne presi atto e gli parlai apertamente.

"Hai ragione, Anna"mi disse guardandomi negli occhi con schiettezza "non ci amiamo più e io ho un'altra.Te ne avrei parlato." si giustificò   con voce grave ma calda.

"L'avevo intuito" risposi rendendomi conto delle sue lunghe assenze, del profumo femminile che ogni tanto coglievo sui suoi abiti,  degli dguardi persi nel vuoto che sottraeva alla mia attenzione quando parlavamo.

In cuor mio lo avevo sempre saputo.

"Non ce l'hai con me?"

"No". rimanemmo in silenzio, poi lui si alzò dalla poltrona e si diresse nello studio, lo sentii parlare al telefono a bassa voce, poi uscì di casa , ci rivedemmo dopo alcuni giorni per sistemare le cose burocratiche.

E io continuavo a pensare come sempre e più di sempre a Sasà.

il desiderio folle di rincontrarlo si riaccese in me, in tutti quesgli anni mi ero dedicata alla famiglia e avevo riposto tutte le speranze di coronare il mio sogno d'amore.

Decisi che lo avrei cercato, grazie alla tecnologia moderna non avrei avuto tutte le difficoltà di molti anni prima, sarebbe bastata un po' di fortuna, ma...ma lui poteva essere rintracciabile? Non era certo un ragazzino con la voglia e l'euforia del web, forse non aveva neppureun computer...

Mi sentii inerme, quasi soffocata dai miei mille dubbi e mi chiesi dove fosse finita la donna forte, pronta a fronteggiare varie situazioni, senza mai lasciarsi prendere dall'emotività, quale ero stata fino ad allora.

Quella donna probabilmente non era mai esistita, era solo un surrogato della mia vera identità, un qualcosa di artificioso, costruito ad hoc dalla mia mente,  per far fronte alla realtà che non amavo, mache   ero costretta ad accettare, ora gran parte della corazza che avevo costruito si stava sciogliendo, ed io mi sentivo  fragile, confusa, solo un pensiero, forte e luminoso pulsava nella mia mente e mi faceva andare avanti, quello di ritrovare Salvatore.

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