NOTIZIE
"Ecco la lettera di Rosa" mi disse la nonna porgendomi una busta color avorio su cui spiccava il mio nome scritto con grafia tonda, leggermente infantile.
Con il cuore in tumulto e le tempie che mi pulsavano forte, la presi e corsi via adducendo la scusa che non potevo lasciare soli i miei ospiti. In realtà salii velocemente le scale che portavano al piano di sopra dove si trovava la mia camera e ancora una volta chiusi la porta appoggiandomici con le spalle. Respirai a fondo tentando di calmarmi, poi, con dita tremanti aprii la busta e inizia a leggere.
"Cara bambina,
spero tanto che tu stia bene e che tu sia felice in questi giorni di festa. Io e Martin siamo tranquilli, anche se il dolore per quello che è successo alla mia città mi faccia star male.
Mi auguro che il piccolo pensiero che ti ho inviato ti piaccia.
Spero di sentirti presto, i tuoi zii hanno fatto finalmente installare un telefono anche nella dependance, ti invio il numero! Non dimenticarti di me!
Baci,
la tua affezionatissima Rosa."
Rimasi delusa. Un'altra volta. Stavo inanellando delusioni su delusioni, ma capivo che questa volta la colpa era mia. Avevo un carattere troppo romantico, troppo emotivo, avevo aspettative che immancabilmente si ripercuotevano negativamente sulla mia vita reale, dovevo smettere di cullarmi in sogni impossibili .
Chinai la testa, cercando di raccogliere le idee, poi decisi che era molto più saggio telefonare a Rosa per ringraziarla e quindi ricongiungermi ai miei ospiti, l'incanto si era spezzato, ma dovevo continuare la recita.
"Cara bambina!" La voce festosa della donna napoletana mi fece bene, mi ridette un guizzo di vitalità "che gioia sentirti, come stai?" continuò esprimendosi nel dialetto che tanto amavo.
"Sto bene, grazie e voi?"chiesi con sincera preoccupazione.
"Bene, stiamo bene, nonostante la disgrazia che è piombata sulla mia città".
Seguì uno scambio di convenevoli, poi la sua voce di fece più bassa:
"Sei sola?"
"Sì, sono sola"
"Ascoltami, cara" Il suo tono era concitato,anche se continuava a tenerlo basso "ho notizie di Sasà". A questa notizia dovetti tenermi per non cadere, aggrappandomi al mobiletto di legno scuro su cui era appoggiato il telefono. La testa prese a girarmi vorticosamente e le parole sembravano non voler uscire, tanta era l'emozione.
"sta-sta bene, vero?" domandai con apprensione, non mi ero fidata molto di quanto appreso dall'ufficio preposto a diffondere notizie sullo stato di salute dei terremotati.
"Si, sta bene, anche il resto della famiglia. Sono tutti salvi".
"Come hai fatto a saperlo?"
"Ho chiesto a parenti di parenti che abitano nel suo quartiere, Napoli è grande,ma è grande anche il cuore dei suoi abitanti.Si è creato un tam-tam di notizie."
"Grazie, grazie di aver fatto questo per me".
"C'è un'altra cosa".Rosa si fermò un attimo, sospirò, poi riprese sollecitata da me.
"Sasà non è più a Napoli. Sta in Germania.lavora là.Sua madre lo ha fatto assumere in un locale di alcuni compaesani.Non so nè il numero di telefono nè l'indirizzo, neppure la città, so." Sembrava dispiaciuta, anzi,lo era.
Il mio piccolo mondo appena ricomposto faticosamente, si stava frantumando di nuovo, mi pareva di vederne i pezzi che cadevano a terra senza far rumore, perchè il rumore era tutto dentro me.
"Capisco.E' la fine per noi."
"Non dire così.So che vi ritroverete un giorno, abbi fede.Intanto gli manderò i tuoi saluti tramite Peppina,la donna che ha manovrato tutta la vicenda.Lei sa come rintracciarlo e gli dirò di fare capo a me, lui potrà telefonare o scrivere qui da me e ..."
Una piccola speranza come la luce in fondo al tunnel pareva guidarmi in questo assurdo percorso fatto di dolore e di passione. "Grazie infinite, spero che potrai darmi sue notizie presto.Forse un modo di risentirlo c'è..." dissi più a me stessa che a lei.
Ci salutammo frettolosamente perchè mia madre iniziò a cercarmi non vedendomi più arrivare.
"Insomma, Anna, ti sembra questo il modo di comportarti?" mi redarguì quando arrivai nel salone. Le risposi qualcosa di sensato, poi mi diressi verso i tre ragazzi che parevano non aver risentito della mia assenza, ridevano assorti nei loro discorsi.
Mentre eravamo a tavola iniziò a nevicare, dalle finestre osservammo quasi sbigottiti la strada imbiancata, i cespugli di piante sempre verdi e gli alberi diventare carichi sotto il peso della coltre di neve, dopo la prima reazione di sorpresa ci rendemmo conto che per molti sarebbe stato un problema tornare a casa, non eravamo abituati a simili condizioni climatiche e di conseguenza non eravamo attrezzati.
Un senso di allegria mi prese, mi sentivo avvolta da quell'atmosfera festosa, mi sembrava di sentire il bene delle persone che si trasmetteva dall'uno all'altra, un senso di fratellanza e complicità. Tutti sembravanao essere gentili, amorevoli, mia madre che si preoccupava di preparare le stanze per chi era costretto a trattenersi, mio padre che affabilmente si rivolgeva a tutti, i miei nonni solleciti e sorridenti e... E Nicola che sembrava non essere minimamente coinvolto da tutta questa atmosfera, preso com'era a conversare con la cugina ed il fratello e a rifornirsi di cibarie. Lo osservai, sembrava lontano mille miglia da me, come se appartenessimo a due galassie diverse e mi chiesi che senzo aveva continuare così.
Mentre ero assorta in queste considerazioni, lui, probabilmente sentendosi osservato,. si girò verso di me e mi sorrise dicendomi:" Non ce la sentiamo di tornare a casa con questo tempo, avresti la possibilità di ospitare anche noi?".
Abbozzai una risposta fatta di convenevoli, mentre una sottile rabbia si stava impadronendo di me, Nicola non sarebbe rimasto a causa mia questo era chiaro, sarebbe rimasto per le condizioni meteo avverse e forse per stare con lei!
Mia madre che aveva captato la conversazione, si precipitò verso di noi e circondando le spalle a Rebecca, disse:" siete i benvenuti! C'è posto per tutti,ma dovremmo arrangiarci un po', dato il numero di persone da accogliere per la notte. Rebecca potrebbe dormire con Anna e Nicola e Riccardo troveranno posto nella mansarda" concluse soddisfatta.
La cugina mi guardò sorridendo e con voce melliflua :" che bello! almeno ci conosceremo meglio!" Io la guardai senza troppa convinzione, ma ero talmente stanca e spossata da tutti gli eventi della giornata che non ebbi la forza di rispondere se non qualche parola di cortesia.
La mia camera era molto spaziosa, con un bel letto a due piazze e una poltrona-letto comodissima, scelsi di dormire in quest'ultima, lasciando a Rebecca il grande letto.
"Ma no, che fai?ti privi del tuo letto? " mi chiese sorpresa, una volta raggiunta la camera.
"Non preoccuparti, ho talmente sonno, che dormirei per terra" spiegai, tentando di farle capire che non volevo imbarcarmi in conversazioni fiume, anzi, non volevo proprio parlare,ma riposare.
"come vuoi..."
"Mia madre ha provveduto a far cambiare le lenzuola e a procurarti un pigiama nuovo"specificai più per cortesia che per altro.
Lei tacque assorta, osservando il pigiama di flanella bianco e rosso, lo tolse dall'involucro di cellophane in cui ancora si trovava, poi lo stese sulla coperta candida del letto, sembrava indecisa se dire o meno qualcosa, alla fine si decise:" tu ami mio cugino?"
La guardai sopresa, non mi sarei mai immaginata una domanda simile, non in questi termini così diretti.
"Perchè me lo chiedi?" risposi arrossendo in viso.
"Non credevo di darti fastidio,scusa..." si giustificò vedendo la mia reazione. "io e Nicola siamo molto uniti, ci vogliamo bene ed è naturale che io mi interessi a lui".
"Nicola è un caro ragazzo, ci frequentiamo, tutto qui."
Rebecca non sembrò accontentarsi della mia risposta e incalzò:" Siete fidanzati, o no?"
"Chiedilo a lui!" ribattei irritata. lei mi guardò a lungo, quasi con sfida, poi, prese il pigiama corse fuori dalla stanza. La lasciai fare, e entrata sotto le coperte mi addormentai.
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