Napoli nel cuore
Le prime giornate si susseguirono con lentezza esasperante, solo la vista del lago mi rendeva quella sorta di prigionia meno gravosa.
IL luccichio dell'acqua,la compostezza del paesaggio, le montagne che scendevano a picco verso la zona lacustre mi procuravano un senso di pace che stemperava le sensazioni tumultuose racchiuse nel mio cuore.
Il lavoro manuale che svolgevo accanto al personale di servizio di mia zia era sopportabile, mi occupavo del mio alloggio e seguivo la custode nel lavoro di giardinaggio ,inoltre l'aiutavo a preparare marmellate,conserve e altre delizie sottovetro.La cosa non mi dispiaceva,anzi,contribuiva a distrarmi dai miei problemi.
Con mia cugina Francis avevo avuto modo di incontrarmi alcune volte, un paio di sere eravamo uscite anche insieme,ma mi ero sentita lontana dal suo mondo che fino a poco tempo prima era stato anche il mio, il pensiero di Salvatore e di come vivesse mi condizionava,tanto da fami sentire a mio agio fra le persone ritenute più "umili"come i custodi,appunto.
Purtroppo non avevo avuto nessuna notizia di Sasà,nessuna lettera o telefonata da parte sua era giunta alla villa(o almneo non era arrivata fino a me), non potevo usare il telefono se non davanti ai miei zii e quando loro non c'erano veniva bloccato con un lucchetto,come se non bastasse avevano anche il "contascatti" per controllare le telefonate effettuate.
Solo un pomeriggio,grazie a Rosa,la custode, riuscii a sgaiattolare nel piccolo bar adiacente alla dependance e a comporre il numero del ristorante.
"buonasera, potrei parlare con Salvatore? " dissi a mezza voce, per la paura di essere riconoscosciuta dalla proprietaria che aveva risposto.
"Salvatore chi?" fece lei sgarbata.
"Salvatore il cameriere,Salvatore Della Torre"specificai mentre un senso di gelo mi afferrava alla gola,temendo che lui non fosse più lì.
"signorina, Salvatore sta lavorando,non può venire al telefono"
"mi scusi,è importante io..."ma la donna, che probabilmente mi aveva riconosciua e non voleva avere guai,continuò:
"parlo forse francese? non mi capisce? Qui si sta lavorando, non si fa conversazione" e senza aggiungere altro mi chiuse la comunicazione in faccia.
Rimasi di sasso,con la cornetta in mano e tanta tristezza nell'anima.
Pagai velocemente il barista e me ne tornai verso quella che era diventata la mia casa.
"sei riuscita a parlare con la tua amica?" mi domandò Rosa,alla quale avevo raccontato una fandonia.Mi dispiaceva dire bugie,ma non potevo mettere a repentaglio la mia incolumità e soprattutto quella di Sasà, se mio padre avesse saputo che ci stavamo ancora frequentando,probabilmente avrebbe fatto qualche mossa anche nei suoi confronti e questa era l'ultima cosa che desideravo.
"si,si tutto ok grazie" tagliai corto.
Lei mi lanciò uno sguardo denso di significato,poi:"Anna,se posso ti accompagnerò di nuovo,potrai riparlare con la tua amica" aggiunse avendo l'aria di aver capito molte cose.
La ringraziai velocemente, portandole una immensa gratitudine e sperando di poter riprovare presto,ma senza voler dire niente di più, Salvatore doveva rimanere un segreto per tutti.
Arrivò l'occasione di ritornare al bar senza che nessuno della mia famiglia lo sapesse.
Rosa aveva chiesto a mia zia Virginia di potermi portare con sè,doveva andare ad acquistare altri barattoli di vetro per le conserve e io l'avrei aiutata nella scelta, avevo gusto e lei non voleva finire per comprare sempre i soliti vasetti anonimi,anzi,aveva avuto anche l'idea di acquistare dei colori per dipingere il vetro e io avrei potuto abbellirli,avendo coltivato la apssione per questo tipo di lavoretti.
Mia zia Virginia dette il permesso,non prima di avermi fatto una serie infinita di raccomandazioni,la volta precedente ero uscita in gran segreto,complice il fatto che i miei parenti avevano ospiti importanti in casa e un'assenza di dieic minuti era passata inosservata.
Io e Rosa andammo veramente all'emporio lì vicino per procurarci quanto anticipato, mi entusiasmava l'idea di dilettarmi fra pennelli e colori e solo sulla via del ritorno entrai nel bar per fare la telefonata.
Cercai di cammuffare la voce con un fazzoletto,sentendomi anche ridicola,e cercando di impostarla come fanno gli attori,la donna che mi rispose ci cascò e chiamò Salvo.
"pronto,Salvatore,sono io...Anna" riuscii a dire con voce tremante
"anna,che bella sorpresa! Sono felicissimo di sentirti.Come stai? mi manchi tanto..."
"anche tu mi manchi!sto bene..." continuammo a parlare per circa cinque minuti, il contascatto girava vertiginosamente ed io non avevo con me molto denaro, giusto quello tenutomi da parte negli ultimi giorni,facendo la cresta sui soldi per le esigenze fondamentali.
"ora devo andare...a presto spero"La comunicazione si interruppe,lasciandomi con un senso di amarezza edi incompletezza,avrei voluto dirgli tante cose e soprattutto sapere quanto si sarebbe trattenuto a lavorare al ristorante.
Non era stata decisa la durata del mio forzato soggiorno in Svizzera,ma la scuola avrebbe ripreso i primi di settembre,quindi entro un paio di settimane al massimo sarei dovuta rientrare a casa e dato che miei si trattenevano al mare fino all'ultimo,probabilmente avrei potuto incontrare di nuovo Salvatore!
Questa idea riuscì a sollevarmi il morale,già abbastanza affossato dal fatto che Sasà avessi provato a chiamarmi al telefono senza riuscire a contattarmi,ero guardata a vista,pratiamente prigioniera!
Al rientro nella dependance,Rosa non mi chiese nulla della telefonata,ma vedendomi più sollevata disse che le aveva fatto piacere aiutarmi,che lei non aveva un telefono personale (per l'occasione usava quello della villa,pagando quanto dovuto),altrimenti mi avrebbe fatto usare il suo.
Io sorrisi mestamente,mentre mi accingevo a osservare i colori e i vasetti, avevo fatto un po' di cresta anche sull'acquisto di questi,pur di far durare qualche secondo in più la telefonata con Salvatore.
Una volta riempiti con le delizie di Rosa (e anche mie!) mia zia gli avrebbe,in parte conservati nella sua dispensa,in parte lasciati alla custode.
"voglio farne qualcuno speciale per te !"mi disse mentre i suoi occhi neri come la pece si addolcivano.
"grazie Rosa! " le dissi con trasporto,mi sentivo davvero a mio agio sia con lei che con Martin,suo marito.
"mi sei molto simpatica,Anna,ti voglio bene,sei davvero una cara ragazza.Io sono di origine italiana,anche se vivo qui da moltissimi anni" disse ad un tratto,mentre in viso le si dipingeva una lieve malinconia,poi continuò:"sono di origine napoletana, sono nata a Napoli,conosci la mia città?" chiese.
Il cuore mi fece un tuffo."Napoli,la città di Sasà,del mio amore."L'avevo visitata una volta e ne ero rimasta colpita favorevolmente,da quando avevo conosciuto Salvatore,Napoli rappresentava per me una meta, un miraggio, mi attirava incredibilmente, come se fosse stata la mia vera città,adoravo il dialetto partenopeo,avevo iniziato a leggere poesie,libri che la riguardassero e uno dei misie sogni era andare a vivere là,con il ragazzo di cui ero innamorata.
"davvero? sei di Napoli?Non si direbbe dal tuo accento".In effetti Rosa parlava usando un'inflessione tipicamente ticinese,ma sotto sotto,ripensandoci bene, qualche "sfumatura" diversa ce l'aveva,rispetto a suo marito,che era nativo di Lugano.
"si,song' e Napule"mi disse in dialetto,facendomi felice,mi sentivo più vicina a Salvatore,alla usa cultura,alla sua gente,alla sua vita.
I miei genitori,pur non dichiarandosi razzisti,avevano sempre preso le distanze dai "terroni",ricordo i loro discorsi infarciti di perbenismo che andavano a cozzare con la realtà,quante volte li avevo sentiti riferisi a persone meridionali con "...ma lascia perdere,sono di "giù""in senso dispregiativo,mentre poi si recavano a Messa con aria pia e misericordiosa!
Questa divisione del popolo italiano in "di giù" e "di su" mi aveva sempre dato fastidio, ora me lo dava ancora di più,così come il pensiero che si dovessero valutare le persone per il loro status sociale.
Io ero per l'uguaglianza fra popoli,nazioni e regioni, desiderosa di conoscere chi aveva usi e costumi diversi dai miei, ero di mentalità aperta,invece la grettezza e la piccineria dell'ambient ein cui vivevo mi dava la nausea.
Da quel momento volli ancora di più bene a Rosa,la sentii mia amica sul serio ,anche se non me la sentii di aprirmi su Salvatore,di raccontarle le mie vicende.
"quando ti va,mi potrai raccontare di Napoli?" le chiesi con aria assorta"è una città che adoro,la conosco poco direttamente,ma ho letto molto su di lei."
la donna mi abbracciò con gli occhi lucidi e sussurrò"si,te lo prometto, ti racconterò tante cose"
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