La telefonata

Passò qualche settimana da quando scrissi a Salvatore e ormai mi ero arresa all'idea che lui non si sarebbe fatto più vivo, quando,inaspettatamentemi giunse una telefonata.

Era il tardo pomeriggio di una sera di ottobre e me ne stavo a studiare latino,seduta su una poltrona, con l'aria annoiata ed il cuore in subbuglio.

Mi piaceva studiare,ma il mio pensiero correva spesso,troppo spesso dove non doveva.

Il desiderio di Salvatore era misto alla delusione, ma un fondo di speranza,seppur vago,seppur nascosto,continuava ad essere presente.

Le frasi di Catullo mi rimbalzavano davanti agli occhi:

"Viviamo, mia Lesbia, e amiamo
e ogni mormorio perfido dei vecchi
valga per noi la più vile moneta.

Il giorno può morire e poi risorgere,
ma quando muore il nostro breve giorno,
una notte infinita dormiremo.

Tu dammi mille baci, e quindi cento,
poi dammene altri mille, e quindi cento,
quindi mille continui, e quindi cento.
E quando poi saranno mille e mille
nasconderemo il loro vero numero,

che non getti il malocchio l'invidioso
per un numero di baci così alto."

Quando lo squillo del telefono mi  distolse.

Ero sola in casa e risposi di mala voglia, il dovermi alzare dal divano abbandonando la mia comoda posizione mi creò un certo disappunto,così la mia voce suonò mocorde,quasi infastidita quando alzai la cornetta e pronunciai pronto,un pronto brutto e strascicato.

"Anna" .Bastò il suono del mio nome uscito dalle sue labbra a farmi sentire sospesa in una sorta di dimensione dolorosa ed allo stesso tempo felice,tanto che non riuscii ,per un attimo,a rispondere.

"Anna,sei tu vero?"

"certo che sono io...come stai?"

"bene, sto bene Anna" sembrava quasi affannato nel parlarmi "dopo tanto tempo sono riuscito a  mettermi di nuovo in contatto con te...tu sapessi quanto ho dovuto penare per farlo!"

Respirai a fondo,benedicendo il fatto che ero sola in casa e potevo parlare liberamente,poi mossa dalla curiosità,quasi divorata dalla voglia di conoscere cosa era successo dopo che avevo spedito la mia lettera, gli chiesi cosa  aveva dopo superare per telefonarmi.

"Anna, ti devo dire la verità,io ho frequentato solo fino alla seconda elementare, non te l'avevo detto prima, scusami tanto...ma mi vergognavo.So leggere,ma non riesco a scrivere una lettera come si deve...non a te!"

"non devi scusarti Salvo,non c'è nulla di male in quello che dici..."

" e poi mia madre ha scoperto,sì...ecco...ha scoperto la nostra conoscenza e si è arrabbiata,io non ho più mio padre,lo sai e devo lavorare ,siamo una famiglia numerosissima...il pensare che io possa distogliermi dal lavoro la inquieta,m ala inquieta di più il fatto che tu sei lontana e appartieni ad un ceto sociale molto distante dal mio..."

Rimasi in silenzio, comprendendo che avevamo tutto e tutti contro, i miei, sua madre, i numerosi chilometri nel emzzo,la nostra giovane età che non ci permetteva passi avventati.

"non ho mai smesso di pensarti,piccola Anna" mi susurrò con quella sua voce profonda,venata di una dolcezza struggente.

"anche io, Salvo" gli sussurrai.

"verrai a trovarmi?"

"vorrei,ma come faccio?"

Già,come faceva?  decisi di accantonare al momento questo grosso ostacolo e di godermi il momento.

"Sto per finire i gettoni, Un bacio, A presto"

la sua voce fu inghiottita dal silenzio che percepivo oltre la cornetta,la deposi giù e mi guardai allo specchio ,avevo l'aspetto di chi ha appena incontrato un  fantasma, mi riavviai i capelli e tornai al mio libro con la certezza che per quel pomeriggio non avrei più studiato.




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