Il party

Ester se ne stava seduta compitamente davanti al pianforte in attesa di esibirsi nella "Sonata in Do" di Mozart, il pubblico ,non molto numeroso, era composto dagli invitati al party che i suoi genitori avevano organizzato per   beneficienza ed io ero fra questi.

Non avevo scelto di andare  a quella che reputavo una ridicola messiscena, messa su solo per dare sfoggio delle loro possibilità economiche e non certo per raccogliere fondi per "i bisognosi" come andavano dicendo, anche perchè dopo la rivelazione di mia madre non avevo dubbi che Ester fosse l'ennesima falsa amica che mi girava intorno, purtroppo ero stata obbligata dai miei a presenziare a quella ridicola serata.

Nel vedere la  traditrice  provai  una sensazione  di malessere che mi pervase come un'onda disgustosa, ma strinsi i denti per non dare adito a nessun pettegolezzo e per non far trionfare la ragazza ,la quale ,con la sua mossa a tradimento,aveva voluto colpirmi, invidiosa come gli invidiosi nominati da Catullo nella sua stupenda poesia.

Ci eravamo frequentate  grazie all'amicizia che legava i nostri genitori e l'avevo considerata fino ad allora, una ragazza quieta, affidabile, dal carattere onesto, invece  si era rivelata la classica acqua cheta, che in silenzio rovina i ponti.

Mi ero confidata con lei senza temere che andasse a spifferare i miei  segreti, ma alla prima occasione mi aveva voltato le spalle e  senza andare troppo lontano con la fantasia, potevo attribuire il suo gesto ad un misto di invidia, gelosia e voglia di primeggiare,infatti ero stata sempre un "pizzico" sopra di lei,in tutto, ma senza vantarmene,anzi,senza farci caso,me ne stavo accorgendo ora.

A scuola e nello sport rendevo di  più, avevo un carattere più deciso e meno influenzabile rispetto al suo, sapevo imporre le mie idee, cosa che a lei non riusciva spesso e poi,ora avevo trovato l'Amore,  traguardo che lei rincorreva senza raggiungere...era spesso in preda a pene amorose nei confronti di Tizio o di Caio che puntualmente la snobbavano , si sentiva una perdente,anche se in realtà non lo era e questa condizione  le dava fastidio,le bruciava dentro.

Consumata dall'invidia e dalla voglia di mettersi su un gradino più alto di me, aveva trovato quello stupido, cattivo espediente e mi aveva colpito alle spalle.

La guardavo nella sua fragilità,mentre se ne stava impettita con le trecce striminzite  che le ricadevano sulle spalle gracili, il volto pallido lievemente arrossato dall'emozione di esibirsi in pubblico, io non sapevo suonare il pianoforte e questo,ne sono sicura,le dava gusto, era arrivata un'altra golosa occasione per  mostrare la sua superiorità.

Appena iniziò a muovere le dita rigide sulla tastiera, nonostante quello che suonava fosse un brano abbastanza facile, le orecchie della platea furono violentate da uno stridore di note,che era tutt'altro che musica, ma tutti fecero finta di niente e Ester continuò la sua scadente performance fino all'ultima nota, quando, come da copione, scrosciarono gli applausi.

Lei puntò i suoi occhi  nella mia direzione ,luccicavano di emozione e di felicità, voleva offrirla tutta alla mia vista,voleva farmi presente il suo trionfo.

Si alzò dallo sgabello e si diresse verso alcuni ospiti che si stavano accalcando intorno a lei ,chi le stringeva la mano,chi la baciava sulle guance, mentre i camerieri iniziavano il giro di tartine e champagne.

Mia madre mi afferrò per un braccio e mi portò verso di lei "congratulati" mi sibilò a denti stretti, io obbedii ,ma dentro di me avevo il desiderio folle di tirarle in faccia qualcuna delle sue preziose tartine...

Di fronte al mio sorriso rimase spiazzata.Lo percepii dall'espressione che assunse, un misto di imbarazzo e di sorpresa mal celata, farfugliò qualcosa  nel rispondere ai miei complimenti, poi rimase a corto di parole,mentre io non accennavo ad allontanarmi.

Stava sudando,la fronte le si era imperlata di minuscole goccioline, era sulle spine perchè la mia calma le faceva comprendere tutta la sua meschinità,la faceva sentire piccola,una bambinetta capricciosa che rompe il giocattolo che non può avere.

"c..come stai?" balbettò alla fine

"molto bene,grazie." risposi  senza apparire turbata.

"m..mi dispiace, non avrei voluto che ..."

"non preoccuparti,so badare a me stessa e ai miei interessi" le risposi serafica.

"scusami,ora devo andare" disse a mezza voce.

Non provavo rabbia per lei,provavo rabbia per le idee stupide che affollavano la testa di  molte persone, probabilmente di tutte le persone che si trovavano lì quella sera, escluso me.

Persone che  promuovevano serate di beneficienza, vi partecipavano, facevano le facce tristi pensando alle persone meno  "fortunate di noi" e poi gridavano allo scandalo se una ragazza di "buona famiglia" si innamorava di uno "scugnizzo", persone che si battevano il petto in chiesa, per poi dare un calcio a chi non era come loro.

Razzisti, erano razzisti nell'animo e questo  non lo sopportavo.Falsi,erano falsi e questo mi atterriva.Non avrei avuto paura di gridarlo loro in faccia, ma non volevo farmi ulteriormente del male, così  tacqui,ma non risposi a nessun sorriso.









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