Fine di un sogno
Nei giorni a venire riuscii a comunicare con Salvatore qualche volta, sempre di sfuggita e ovviamente di nascosto, lui mi aveva dato il suo numero telefonico, ma corredato da restrizioni, soprattutto riguardo all'orario e con l'avvertenza di chiudere la comunicazione se non fosse stato lui a rispondere,così il modo per sentirsi era molto limitato,ma avere la pèossibilità di contattarlo era per me una grande sicurezza, dopo aver passato mesi a brancolare nel buio, ora avevo un punto di riferimento certo,una via di comunicazione,un canale per accedere in qualche modo alla sua realtà.
Mi arrovellai per trovare una possibilità concreta per rivederlo,alla fine decisi che la cosa migliore era invitarlo nella mia città,avrei venduto un anello prezioso che avevo trovato anni prima in Sardegna durante una vacanza estiva, nessuno sapeva della sua esistenza,tantomeno i miei genitori; non so perchè avevo nascosto a tutti quel piccolo dono della sorte, un bell'anello d'oro con tre smeraldi incastonati dal taglio allungato, lo tenevo al sicuro nella mia camera,lontano da occhi indiscreti.
"Non credo sia una buona idea" mi disse Ester ,una delle poche amiche a cui avevo confidato la mia intenzione "faresti venir qua Salvatore per qualche giorno offrendogli un soggiorno di lusso ,per poi farlo tornare nella sua realtà,che a quanto ho capito è piuttosto modesta? A me sembra uno schiaffo morale più che un invito!"
Rimasi interdetta, a questo non avevo pensato, lo amavo così tanto da volergli offrire tutto il possibile,mal il "mio" possibile era poca cosa...forse aveva ragione Ester, forse no...e se lui avesse trovato lavoro dalle mie parti e se...
I mie sogni e i miei dubbi al riguardo durarono poco,perchè accadde una cosa spiacevole, l'ennesima cosa spiacevole in tutta questa vicenda.
Il giorno dopo queste mie elucubrazioni, mia madre mi chiamò in salotto, cosa assai rara ,che riservava a situazioni "solenni".
"Siediti e ascolta" esordì senza preamboli. Il suo volto,pur nella compostezza che le era abituale, lasciava trasparire una certa ira dal lieve tremolio del labbro inferiore e dagli occhi ridotti a quasi due fessure.
Con il cuore in gola, già presagendo qualche catastrofe,obbedii sedendomi nella poltroncina color crema in stile veneziano, mia madre prese posto davanti a me e dopo aver raccolto le mani in grembo si protese verso di me sibilando:"mi vergogno di avere una figlia come te,Non meriteresti neppure il mio disprezzo". Parole dure, queste,a cui purtroppo ero abituata.
Offrii il mio silenzio alla sua provocazione e lei continuò: "ieri ero andata a giocare a bridge dalla Contessa de' Bonis e mentre eravamo immerse in una partita, la madre di Ester,invitata anche lei, mi ha candidamente fatto sapere che ti senti al telefono con lo scugnizzo",non sai cosa ho provato a questa notizia! Sei sulla bocca di tutti ed il tuo nome viene riportato nei salotti-bene,ma non certo per tessere le tue lodi! Vergogna! " tuonò,facendo esplodere la sua rabbia trattenuta fin troppo a lungo.
Pur nella tragicità del momento mi immaginai mia madre nella situazione appena riportata.
La conoscevo così bene da poter vivere quel momento anche se solo con l'immaginazione,la vedevo concentrata sulle sue carte,la ruga al centro della fronte appena accennata, il trucco perfetto, le unghie laccate con la stessa tonalità del rossetto, i capelli biondo platino raccolti in un grazioso chignon, per poi sollevare lo sguardo verso la madre di Ester che stava parlando di me con un sorrisetto malefico sulle labbra, far finta di nulla, sorridere glacialmente,cercando di distogliere l'attenzione altrui da quella frase concentrata in una parola : scugnizzo.
Sicuramente i morbidi tramezzini al cetriolo, i panini burrosi, le tartine al salmone ed i croccanti biscottini da the le saranno sembrati veleno,ma non si sarà esimata dall'assaggiarli profondendosi in complimenti nei confronti della Contessa.
Persa in questa divagazione non avevo più prestato molta attenzione ai discorsi della donna che mi stava di fronte, fino a quando disse:
"Ci ha già pensato tuo padre a sistemare la faccenda"
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