Capitolo 9

I giorni sono trascorsi tutti uguali nell'ultima settimana, la mattina libera di esplorare nei dintorni, il pomeriggio chiusa in biblioteca a studiare con Bruno. Adesso che il mio potere sembra essersi sbloccato non facciamo altro che perfezionarlo perché io riesca a controllarne la pericolosità. Qualche volta mi sono bruciata con l'energia che all'improvviso mi saetta tra le dita, ma a parte qualche cicatrice che spero scompaia presto, non è accaduto nulla di rilevante. Ho capito che il mio potere risente della mia emotività, e accresce alla velocità della luce se sono nervosa o agitata per qualcosa. E devo imparare a gestirlo.

A volte mi sono svegliata nel cuore della notte con le mani che mi bruciavano e mi formicolavano così forte da dover aprire di getto la finestra e lanciare una saetta fuori. Bello, sì. Anche d'effetto. Ma ne ho davvero il terrore, e questo non fa altro che aumentare l'imprevedibilità del mio potere. È un circolo vizioso.

Mio padre è sempre indaffarato con i nuovi arrivati, tanto che lo vedo solo la sera a cena, e di Tommaso neanche l'ombra. Dopo il giorno dell'eclissi è scomparso. E, a proposito dell'eclissi, a quanto pare non è stato un fenomeno naturale, ma magia oscura sprigionata direttamente dalla Strega Nera. Forse un avvertimento, forse sta tramando qualcosa... fatto sta che devo accelerare la mia preparazione, perché a quanto pare sono l'unica che potrà affrontarla.

Ma poi, ci rendiamo conto? Cosa dovrei fare? Usare una saetta come spada?!

Conosco il libro di mio padre a memoria, ma non ha scritto così nello specifico. È un libro per bambini, non un manuale di duelli. Mi ha detto che è una Profezia, ma non capisco bene dove si trovi la verità. Dopotutto, la vita non è una favola.

In questi giorni ho incrociato di sfuggita Marco, qualche volta, quando non era impegnato a discutere con mio padre e gli altri sulle strategie da adottare per difendersi dalla Strega, e in quelle poche volte mi ha strappato un sorriso e ci siamo scambiati due parole. Niente di che, ma mi è sembrato almeno un briciolo di socializzazione che, in effetti, mi manca terribilmente in questo periodo. A volte mi chiedo cosa ci sono venuta a fare qui, se mio padre sta rintanato chissà dove, io ho le giornate sempre uguali e non posso uscire, Tommaso va e viene senza avvisarmi. Una fitta di malinconia mi trapassa il cuore, ma scuoto la testa e ci passo sopra.

Perché dovrebbe avvisarmi?

Non stiamo mica insieme.

Oggi è un mercoledì di metà Aprile, oramai è un mese che sono qui al Rifugio e non sono mai uscita da queste mura, a parte... Sì, a parte quelle due brevi "gite" con Tommaso, che comunque si trovavano nello stesso (immenso) territorio sicuro del palazzo. Non ho avuto il coraggio d'inoltrarmi lungo gli altri tre viali perché non so cosa mi aspetta e non sono così coraggiosa, quando sono da sola. Ricordo ancora quella sera, mentre tornavo dal prato di Cerere, e il terrore che ho provato ripercorrendo in solitaria il sentiero che avevo fatto con Tommaso poche ore prima, impaurita dai piccoli fulmini che sprigionava la mia pelle. Quella sera, nel mio letto, mi sono sentita leggera e allo stesso tempo affranta, perché sapevo che il bacio veniva da lui, ma allo stesso tempo il dubbio mi attanagliava dall'interno. E non capivo perché me lo avesse dato al buio, di nascosto, e poi fosse scomparso.

Poi sono passati i giorni, Tommaso è "in missione" a fare chissà cosa (non ho avuto neanche il coraggio di chiederlo a papà, vista la sua crescente preoccupazione per quello che sta succedendo), io mi sono sentita sopraffatta da questa strana magia, ma oggi sono pronta. Mi sento pronta. Bruno mi farà esercitare in giardino e ci sarà anche mio padre. Mi sto preparando da giorni e sento che oggi è la volta buona, riuscirò a controllare il mio potere.

Sono talmente pronta che anche oggi decido di indossare dei vestiti di mia madre, di sentirmi vicina a lei e di saperla orgogliosa di me anche da lassù. Jeans chiari, ballerine verdi ai piedi, maglia color crema con le maniche a tre quarti un po' svasate, i capelli legati in una treccia che parte dall'alto e mi arriva fino al centro delle scapole. Mi sento bene, sono forte e determinata. Sì, oggi è il giorno giusto.

Quando arrivo nell'atrio mi blocco sull'ultimo gradino della scalinata perché davanti ai miei occhi, ad aspettarmi, ci sono mio padre, il mio mentore e... Tommaso. Perché, ovviamente, di tutti i giorni in cui poteva ritornare, ha scelto quello in cui io mi sentivo sicura e pronta per affrontare la mia prova.

Grazie, Dio. O Giove. O chiunque tu sia, a questo punto.

Deglutisco a forza, sento il cuore perdere preziosi battiti mentre mi costringo ad avanzare verso il gruppetto, papà mi accoglie con un breve abbraccio, Bruno con un sorriso e Tom con niente. Mi guarda con aria vacua, neanche fossi un soprammobile. Dietro di me cominciano a scendere altre persone, ne sento i passi lenti sui gradini. Quando mi volto riesco a notare Marco, quella che ho saputo essere sua sorella, Anna, la madre Elisabetta e la cugina della madre, Maria. Vedo che il nuovo gruppo mi affianca e tutti mi rivolgono un sorriso, Anna invece sembra avere occhi solo per Tommaso. Seguo la traiettoria del suo sguardo e noto che lui la ricambia, anche se l'impassibilità della sua espressione è specchiata in quella ricca di emozione malcelata della ragazza.

Sento il cuore che mi si stringe in una morsa, come se venisse avvolto da una mano e spappolato senza pietà. Possibile che non abbia mai notato nulla, prima d'oggi? Non mi sono mai resa conto del fatto che potesse esserci qualcosa tra di loro. Sento che il panico mi assale, la punta della dita mi comincia a formicolare in modo sempre più insistente e mi sento di sbiancare.

È mio padre a ridestarmi dal panico che mi assale. «Avanti, cara. Ci siamo tutti, possiamo uscire.»

Cosa?!?

Non avevamo pattuito che ci fosse un pubblico. Questo pubblico.

Il panico si trasforma in terrore, sento il petto alzarsi ed abbassarsi ripetutamente, quando una mano mi stringe delicatamente la spalla sinistra. Marco mi affianca e con il suo sorriso più raggiante mi sussurra. «Sei pronta?»

Faccio in tempo a notare una scintilla negli occhi di Tommaso, mentre mi volto, la sua mascella si contrae e la posso sentire scricchiolare anche da qui. Poi si volta per primo dandomi le spalle e, dopo di lui, usciamo tutti nel cortile antistante il Rifugio. Scendiamo i gradini e ci ritroviamo nello spiazzo da cui si dirama il lungo viale d'ingresso che avevo percorso con Tom al nostro arrivo. Intorno a noi ci sono degli alberi, cespugli e arbusti qui e là, mentre su uno dei tronchi è stato posizionato un grande bersaglio.

«Bene, Sofia.» Esordisce Bruno, gesticolando appena. «Come vedi, l'unico modo per testare il tuo potere è riuscire a centrare il bersaglio, solo così capiremo se riesci a controllarti e se puoi affrontare il nemico.»

Sono io davanti al bersaglio, a circa dieci metri di distanza, tutti gli altri sono disposti a mezzaluna dietro di me e con la coda dell'occhio posso notare Marco e Tommaso vicini. Vicini?

Le dita mi riprendono a formicolare, al centro del petto una forte energia diventa sempre più intensa mentre mi si annebbia temporaneamente la vista. Riesco a percepire il sudore scorrermi lungo la schiena, quando la mano di Marco me la sfiora con lentezza e la sua voce mi sussurra alle spalle: «So che puoi farcela, credo in te.»

Mi si contorce lo stomaco mentre dalle spalle sento un solletico e poi una scossa sempre più potente che scende giù nell'avambraccio, attraversa il gomito, si arrampica fino al polso del mio braccio destro, teso verso il bersaglio.

Dietro di me un'ombra saetta rapida e quando ruoto appena la testa vedo la mano di Tommaso che afferra il braccio di Marco, la tiene salda quasi a volerla stritolare. «Non ti azzardare a toccarla.» Sibila verso l'altro a denti stretti. Il cuore mi batte all'impazzata, il polso sta per esplodermi e il palmo della mano si riempie di una luce soffusa, sotto pelle, come una bomba che sta per scoppiare. Marco spinge via Tommaso, che indietreggia e mi affianca rimbalzando all'indietro. Percepisco il sangue ribollire nelle vene del mio braccio, le tempie che mi pulsano, so che non riesco più a controllarmi e, anche se fino a poco prima puntavo al bersaglio, ormai non posso fare altro che dare attenzione ai due che litigano dietro di me.

Accade tutto in un attimo. Un bagliore, in un secondo soltanto, che si sprigiona dalle mie dita e un fulmine che si scaglia lontano, verso il ramo di uno degli alberi e lo fa cadere a terra con un tonfo sordo. Poi un leggero odore di bruciato e di sangue che m'invade le narici da vicino. Tommaso si porta una mano a coprire la spalla opposta, da cui vedo scivolare le gocce di una ferita che non avrei voluto procurargli.

Rimango senza fiato e sbarro gli occhi, in pieno panico.

L'ho colpito. Ho colpito Tommaso.

⊱ ⸻ ❀ ⸻ ⊰

Sono le nove di sera e sono seduta sul gradino più basso della scala d'ingresso, quella all'esterno del Rifugio, dove stamattina ho colpito involontariamente Tommaso nel tentativo di centrare il bersaglio. È stato rimosso tutto qui fuori, anche il ramo che ho tranciato con una mia saetta.

Si sono susseguiti attimi di terrore questa mattina, non vedevo più da quante lacrime mi sgorgavano dagli occhi, mio padre cercava di consolarmi invano, gli altri cercavano di soccorrere Tommaso, mentre Marco si è rintanato subito nell'edificio. Alla fine si è rivelata solo una ferita di striscio, e in tutto il tempo in cui le donne tentavano di tamponare il sangue, Anna non faceva altro che toccare Tom, accarezzarlo e strusciarglisi addosso. Certo, lui non sembrava contraccambiare, e sembrava perfino impassibile al fulmine che lo aveva appena colpito. La sua espressione era indecifrabile, ma non mi guardava. Mi ha lanciato solo uno sguardo fugace prima di rientrare in camera. Da allora non l'ho più visto.

Bruno e mio padre mi hanno detto che può succedere all'inizio, e che , per fortuna, non era accaduto qualcosa di grave.

Certo, è vero, ma avrei potuto fare peggio. Avrei potuto...

Scrollo le spalle e incasso il viso tra le ginocchia, che avvolgo con le braccia in una morbida stretta dopo aver infilato alle orecchie le mie cuffie Bluetooth - ancora con la batteria carica al massimo, non avendole mai usate da quando sono qui - che isolano i rumori esterni emanando soavemente le note di "Due vite", di Marco Mengoni.

La luna mi osserva placida dal cielo, emanando fasci di luce che incontrano la mia pelle già chiara e la illuminano di bianco perla. Ho la mia felpa sulle spalle, ma l'aria è più fredda di quel che pensassi e un brivido mi scuote la schiena.

La canzone è iniziata da pochi secondi, quando un'ombra mi sorprende alla mia sinistra. La scruto con la coda dell'occhio, ma non sobbalzo perché l'odore che mi giunge forte alle narici è inaspettatamente quello di Tommaso: soffi di pino marittimo e agrumi, pungente e fresco allo stesso tempo.

Mi volto a guardarlo e gli leggo le labbra: «Cosa stai ascoltando?".

«Mmh...» mugugno. Non ho molta voglia di parlare. Così prendo l'auricolare di destra e glielo porgo.

Il suo sguardo è impassibile quando si mette ad ascoltare la musica. Lo sbircio mentre socchiude gli occhi, la sua spalla ferita è avvolta da una fasciatura stretta che fa risaltare i muscoli del braccio. Le vene sottopelle sono in rilievo e mi fanno venire di avvolgerle con le mie mani, anche se poco dopo mi sento in colpa per quello che ho fatto. Distolgo lo sguardo, ma sento Tommaso prendere un profondo respiro e subito dopo tendermi il braccio, quello senza fasciatura.

È un invito a ballare? La mia domanda muta è palese nell'aria che condividiamo.

Lui annuisce in modo impercettibile e mi afferra la mano con delicatezza. Mi alzo, incerta sulle gambe, e lo sento avvolgermi in un abbraccio, la mano sinistra nella mia destra e l'altra all'altezza della mia vita.

"Se questa è l'ultima canzone

e poi la luna esploderà..."

Mi guida volteggiando con sicurezza e ad ogni giro sento il cuore perdere un battito. Mi chiedo perché si comporta così, perché un attimo è gentile e l'attimo dopo sprezzante, e non trovo risposta. Mi chiedo come mai sia in lite con Marco. Se Anna gli piaccia.

"Sarò lì a dirti che sbagli,

ti sbagli e lo sai.

Qui non arriva la musica..."

Inspiro a fondo e il suo dopobarba m'inebria di nuovo le narici. Siamo così vicini che percepisco anche il suo respiro calmo. Sollevo il viso per guardarlo e una scintilla gli attraversa gli occhi mentre mi guarda anche lui. Impassibile come una statua, sembra leggermi dentro come nessun altro, invece io non riesco a capire cosa gli passi per la testa. E perdo un altro battito.

"E tu non dormi e dove sarai?

Dove vai?"

Vorrei proprio saperlo, dove vai con i pensieri. Dove vai ogni volta che sparisci per giorni.

Un ricciolo scuro gli scivola sulla fronte ondeggiando al ritmo del ballo. E noi ci lasciamo cullare dalla musica che incalza. Vorrei che la luna si oscurasse di nuovo per sentire le sue labbra sulle mie, perché lo so che era lui, e vorrei assaporarle con maggiore sicurezza e trasporto, senza farmi travolgere dalla sorpresa stavolta.

"Quando la vita poi esagera.

Tutte le corse gli schiaffi,

gli sbagli che fai..."

Il mio viso sfiora il suo petto, ho voglia di poggiarvi la testa e restare così abbracciati tutta la notte. Trattengo il fiato perché non voglio far capire a Tom che il cuore va a mille e che il suo profumo, misto a un velo di sudore mentre ci muoviamo, mi sta letteralmente facendo impazzire. La mia vita è stata costellata da ben poca passione, dati i miei trascorsi, e il mio carattere non mi ha permesso di lasciarmi andare quando avrei potuto... ma non lo volevo. Non lo volevo fino ad ora. Fino a lui.

"Quando qualcosa ti agita...

Tanto lo so che tu non dormi,

dormi, dormi, dormi,

dormi mai...

Che giri fanno due vite."

Una scarica elettrica mi percorre il corpo e i miei occhi saettano verso la sua ferita sulla spalla. Il braccio è in tensione mentre balliamo e lui non sembra minimamente scalfito dal dolore dello sforzo, eppure non posso fare a meno di pensare che avrei potuto ucciderlo. Gli occhi si appannano e una lacrima silenziosa scivola giù lungo la guancia. Poco dopo viene raccolta dalle dita di Tommaso, che mi spingono a sollevare il mento per guardarlo.

Quegli occhi nocciola così intensi, così splendenti sotto questa luce notturna, mi fissano come se fossi l'unica al mondo e il tempo non scorresse più accanto a noi. Una leggera brezza ci scompiglia i capelli e quando sollevo la mano per appoggiarla con lentezza sulla sua guancia sento che lui vi si abbandona reclinando appena la testa, socchiude gli occhi, e questo momento si fa carico di tensione. Scosse di energia m'invadono il petto, che sobbalza a una velocità disumana. Sento che potrebbe esplodere da un momento all'altro e all'improvviso ho paura di fargli del male.

Ci guardiamo senza dire una parola, poi Tommaso socchiude le labbra come a voler dire qualcosa ma poi la richiude. Esita. E lo faccio anch'io. Lascio andare la mano dal suo viso, ho il mondo da raccontargli, fiumi di parole che scorrono in silenzio tra di noi, ma senza il coraggio di aprire la bocca.

Così termina la canzone e pure la mia playlist. Il silenzio incombe tra di noi come un macigno. Mi ridesto da questo sogno ad occhi aperti e indietreggio leggermente. Tom si sfila la cuffietta e me la riconsegna.

«Ti fa male?» Chiedo di getto, indicando con gli occhi la fasciatura per cercare di trattenerlo in qualche modo, perché so che vuole andarsene, vuole scappare, e per giorni non si farà vedere.

Scrolla le spalle con noncuranza. «Nah, è un graffio.»

«Avrei potuto...» La mia voce trema.

«Ma non l'hai fatto.» M'interrompe lui. Dopo un attimo, prosegue. «E poi è colpa mia. Ti ho distratta mentre ce l'avevo con Marco.»

«Lui... C'è rivalità tra di voi. Come lo conosci?»

Lo vedo esitare di nuovo, prima di rispondere. «Ho conosciuto sua sorella durante una missione. Mi ero diretto a Nord e per qualche tempo sono stato ospite nel loro villaggio. Anna si è invaghita di me e io non ho fatto nulla per allontanarla, anche se non provavo niente.» Fa un lungo sospiro, prima di proseguire. «Marco l'ha sostenuta quando me ne sono andato senza neanche salutarla, ha ricomposto i cocci dopo che le avevo spezzato il cuore, a detta sua. Non mi ha mai perdonato per questo e mi è venuto a cercare per darmi un pugno in faccia. Poi gli sgherri della Strega Nera mi hanno trovato, ed essendo già barcollante mi hanno preso facilmente. Sono stato prigioniero per tre mesi, prima di riuscire a scappare.»

Trattengo il fiato per tutto il racconto e strabuzzo gli occhi, alla fine. Prigioniero? Come ha potuto fare questo, mia zia? Non si erano innamorati?

Le domande mi affollano la mente e sono così tante da perdere subito il filo. Sto per farne almeno una, ma Tommaso m'interrompe subito. La sua voce è così soave sulla mia pelle, e data la vicinanza, riesco a sentire il suo respiro che mi fa venire brividi in tutto il corpo. «Non lasciarti condizionare dagli eventi. Non farti spaventare dai muri che ti ritrovi davanti. Sei più forte di quello che credi. Sei come edera.» Mi sfiora la tempia a fior di labbra, con un soffio di voce.

Edera.

Il nostro abbraccio si scioglie poco dopo, non certo per volere mio. Intreccio le braccia sotto il seno e abbasso lo sguardo verso terra. Mi sento svuotata, una volta lontana dal suo corpo.

«Domani partirò. Sarò di ritorno sabato. Stai attenta a...»

Annuisco. Lo so che stava per dirmi di stare attenta a Marco, me ne sono accorta quando stamattina lo ha minacciato di starmi lontano, e il mio cuore sembra inaspettatamente vivo. È gelosia? Forse sono solo un'illusa. Ci rivedremo fra quattro giorni. Saranno quattro giorni lunghissimi e già voglio piangere. Ruoto su me stessa per salire i gradini e correre all'interno dell'edificio, ma prima di entrare gli rivolgo un cenno di saluto con la mano.

«Buonanotte, ragazzina.»

Ed eccoci tornati indietro a giorni prima, come per magia. Che bello! Un passo avanti e dieci in direzione opposta.

Raggiungo a falcate una colonna e mi ci nascondo dietro con il viso affondato nelle mani. Il mio respiro come unico sottofondo e il sangue che mi pulsa forte nella testa. Per un attimo ho pensato che stesse succedendo qualcosa tra di noi. Ma poi cosa? Non penso proprio di essere il tipo di Tommaso.

Mi riscuoto dai pensieri, cerco di calmarmi e torno in camera a dormire. Anche se poi la mia notte è costellata di sogni danzanti che hanno la sagoma dei nostri corpi abbracciati.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top