Capitolo 4
Cosa?? Mia madre è morta qui? Ma non era morta dandomi alla luce?
La mia faccia dice tutto anche senza parlare, perché mio padre risponde senza che io chieda altro.
«Tua madre è morta quando sei nata tu, luce dei nostri occhi», sospira, «ma non nel modo che credi.»
«E in quale modo?» Balbetto io, ho quasi paura a chiederlo.
Mio padre sembra invecchiato di dieci anni almeno, tanto è doloroso affrontare questi ricordi, me ne accorgo da come ne parla.
«Eleonora aveva una sorella. Da piccole erano molto legate, praticamente inseparabili. Con il passare degli anni, poi, sua sorella cominciò ad essere invidiosa di ogni traguardo che tua madre raggiungeva, di ogni cosa che aveva, e tentava in ogni modo di metterle i bastoni tra le ruote.»
Non sono mai stata a conoscenza del fatto che mia madre avesse una sorella, ma papà è così serio che temo questa storia abbia un epilogo negativo, quindi non voglio interromperlo.
«Loro due erano le uniche discendenti della famiglia Aniensis, detentrice di un potere magico che molti anni fa ha portato alla creazione di questo "mondo"», spiega mio padre, mimando due virgolette sull'ultima parola.
«Come ti dicevo», continua con un sospiro, «Tua madre era una persona pura, buona e dal cuore limpido, pertanto nel corso degli anni la sua magia ha preso la piega cristallina della sua essenza, rendendola capace di creare cose meravigliose, dal più piccolo fiore all'arcobaleno più imponente. È grazie a lei se gli animali che abitano questo mondo possono parlare e se gli esseri umani possono cambiare forma», con uno sguardo eloquente indica Tommaso, che annuisce.
«Al contrario, la sorella ha sviluppato una personalità vendicativa e un tipo di magia oscura, che le ha fatto compiere atti indicibili. Come ti dicevo, è sempre stata invidiosa di tua madre e dei suoi successi, del fatto che – a detta sua - i loro genitori avessero sempre dimostrato maggiore affetto per lei... e di me», annuncia infine, con un altro sospiro.
Non faccio fatica a immaginare mio padre conteso da due donne, visto che già ora è un bell'uomo, figuriamoci quando aveva la mia età. Lui ha un'espressione affranta, quando coglie il mio cenno silente a continuare il racconto.
«Frequentavo Eleonora da poco più di un mese, quando tua zia s'invaghì di me, e il desiderio di vendetta contro il sangue del suo sangue era così forte che cercò di separarci in ogni modo possibile. Ma il nostro amore era molto forte e, nonostante i suoi tentativi di sabotaggio, dopo soli otto mesi noi ci sposammo. Al nostro matrimonio le promesse di tua madre contenevano le parole di un incantesimo protettivo potentissimo, con il quale metteva al sicuro il mio cuore e la mia anima dalle grinfie della sorella. Me lo avrebbe detto solo più tardi.»
Mio padre deglutisce e fa una lunga pausa, Tommaso ascolta in silenzio sulla sua sedia, a braccia conserte. E io, che ho smesso di mangiare da un pezzo, decido di bere un bicchiere d'acqua per lasciare scivolare via tutta la storia come se fosse un boccone troppo grande da ingoiare.
«Tua zia aveva... Ha...» si corregge, gettando un'occhiata a Tom, che sembra impassibile come al solito, «...l'abitudine di sedurre gli uomini e rubare loro il cuore, rendendoli privi di anima.»
Noto che continua a guardare il ragazzo e non capisco perché. Lui non dice niente, ha gli occhi chiusi mentre sembra meditare su qualcosa. Io invece ho bisogno di alzarmi in piedi. Poggio le mani sullo schienale della sedia e faccio un profondo respiro.
«Tutto questo significa che anche io ho...dei p-poteri m-magici?» balbetto io, quasi non credo a quello che sto dicendo. Ho come l'impressione che da qualche angolo adesso spunteranno delle telecamere e qualcuno mi dirà "Sei su Scherzi a parte!". Oppure mi sveglierò nel mio letto.
E invece non succede nulla di tutto questo.
«Credo di sì, mia cara. Naturalmente la magia si manifesta solo in questo mondo. Quando hai attraversato la porta del Rifugio ti sei sentita diversa?»
Ripenso al momento in cui ho visto Tommaso prendere forma, a quanto mi sia sentita emozionata e... strana, sì. In effetti ho anche percepito qualcosa di diverso all'interno di me, pervadermi come una potente forza. Annuisco.
«Molto bene. La Profezia potrà compiersi e finalmente riusciremo a sconfiggere la Strega Nera.»
«E cosa dice questa Profezia?» chiedo io.
Mio padre si passa una mano sulla fronte, quasi a spazzar via i pensieri e i ricordi che lo hanno invaso finora, e dopo una lunga pausa mi dice: «Ci sono tante cose su cui meditare, mia cara. Hai tante informazioni da elaborare, forse è meglio se riposi un po'. Magari Tommaso può riaccompagnarti nella tua stanza, oppure puoi fare un giro nei giardini.»
Si alza e se ne va, trascinando dietro di sé un macigno immaginario, mentre Tom gli fa un cenno della testa e poi mi guarda, imperscrutabile.
Si alza anche lui e io, che non so bene cosa dire, esordisco con un semplice: «Credo che tornerò in camera mia a dormire.» La verità è che vorrei davvero restare con lui, ma non ho il coraggio di ammetterlo, né ho la testa per affrontare chissà quale discorso, effettivamente ho molte cose a cui pensare.
Tommaso biascica un mugugno affermativo e si affianca al mio cammino.
«Credo di ricordare dove si trova la mia stanza, posso... Posso anche andare da sola», faccio io, non sapendo bene cosa dire in sua presenza.
«Non è un problema accompagnarti», replica lui, la voce più calma che mai. È molto più mansueto in versione umana, di quanto non lo sia stato quando era un gatto. Gli lancio un'occhiata di sbieco.
«Conoscevi già tutte le cose che ha detto mio padre?»
Ma certo che sì, che domanda è?
Lui annuisce e si stringe nelle spalle. Camminiamo lentamente verso il corridoio che porta alle scale e dopo qualche secondo di silenzio mi chiede: «Cosa ne pensi?»
Io prendo un profondo respiro e scrollo le spalle.
«Non saprei... ho appena scoperto di avere dei poteri magici, che la magia esiste, che mia madre è morta qui a causa di sua sorella, e che mia madre aveva una sorella e io una zia e tutta una famiglia di cui non ero minimamente a conoscenza, quindi...» Dico tutto d'un fiato, esasperata. Alzo le braccia verso il cielo, nella mia voce una frustrazione che m'invade mentre parlo, come un'uragano che finora non mi aveva sfiorato e che adesso mi sta travolgendo improvvisamente. Non mi ero resa conto di quante cose avessi accumulato in queste ore.
«E non so neanche come si chiama, mia zia!»
Mi sento distrutta.
Tommaso mi guarda, gli occhi fissi nei miei, un'intensità che mi provoca un brivido. Quando mi guarda così mi sembra di annegare nel buio profondo della sua anima, oppure è il contrario, come se lui volesse lanciarsi a capofitto nei miei pensieri.
Alla fine, con sole tre parole, mi schiaccia e mi distrugge contro il muro, sconvolgendomi più di ogni altra informazione avuta finora.
«Si chiama Giulia.»
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Niente panico. Solo in Italia ci sono circa 135.000 persone con questo nome, non può certo essere lei. Quella Giulia. La Giulia del treno. La ragazza dai capelli neri che flirtava con Tommaso mentre io ero lì, invisibile ai loro occhi. Se potessi guardarmi allo specchio ora vedrei passare sul mio viso una moltitudine di emozioni, dallo stupore alla consapevolezza, dalla rabbia allo sconforto, fino ad arrivare anche al disgusto.
E Tommaso non dice nulla, mi guarda con naturalezza, quasi mi avesse detto che fuori è notte. Non dice altro, quelle tre parole si schiantano su di noi portando il gelo, e lui non aggiunge altro, perché sa che ho capito. Sa che ricordo la ragazza salita sul treno, sa che ho presente la sua risata, mentre parlavano e si conoscevano, mentre io li guardavo con invidia senza essere vista... Anche se, a questo punto, si può dire che lui mi abbia vista, in realtà.
Mi si intrecciano i pensieri.
Non so cosa dire, ho un milione di domande e non una mi affiora alle labbra. Così mi avvio in silenzio verso le scale e Tommaso mi segue. Salgo un gradino per volta mentre un peso mi spinge verso il basso e io faccio resistenza, sospirando. Stringo i pugni lungo i fianchi, li rilasso subito dopo, una palpebra comincia a ballare nervosamente sotto forma di tic. E io apro la bocca e la richiudo, vorrei dire mille cose e non ne dico nemmeno una.
Tutto questo è un sogno e io sono pronta a svegliarmi.
Avanti, occhi, apritevi e fatemi rivedere la mia stanza!
Salgo i gradini, ma nessuno dei miei desideri diventa reale, sono già sveglia. Alla fine la mia voce si palesa. «Non sono ancora abituata a vederti come il felino che si è presentato in casa mia.» esordisco io, senza riuscire a guardare Tommaso.
«Non mi devi vedere come un felino, infatti.»
«E allora come dovrei vederti?»
Il ragazzo mi segue fino al pianerottolo e si decide a rispondermi solo quando siamo giunti davanti alla porta della mia stanza. Mi volto a guardarlo. Lui mi fissa di nuovo e stavolta mi sento sciogliere come neve al sole.
«Come l'uomo che ti è di fronte.»
Elementare, Watson.
Non faccio in tempo a rispondere, che lui gira su se stesso e si avvia verso una stanza a due porte di distanza dalla mia.
«Buonanotte, ragazzina!» Lo sento dire, sempre di spalle, prima che sparisca all'interno.
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