Capitolo 2

Prima di riaprire gli occhi ascolto i rumori che ho intorno mentre riprendo progressivamente coscienza di me. Tutto aumenta di volume, e poco dopo capisco di essere seduta e che la sedia su cui mi trovo è morbida e leggermente vibrante. Un mormorio di sottofondo mi circonda, e i rumori tipici di un treno che corre sui binari sembrano farsi sempre più intensi. Quando sollevo le palpebre una luce accecante mi colpisce all'improvviso, tanto che devo strizzare gli occhi per un po' prima di riuscire a vedere chiaramente qualcosa.

È giorno. E le luci al neon all'interno del vagone mi fanno venire le lacrime.

"Ma quanto ho dormito?" penso, guardando fuori dal finestrino. Si susseguono colline sinuose, verdeggianti, strade e automobili di ogni colore. Lo schermo all'interno del treno non funziona e non ho idea di dove siamo diretti. Anche fuori non riesco a vedere insegne o stazioni intermedie. Neanche un indizio qualsiasi. Niente.

Davanti a me c'è un tavolinetto aperto, ai miei piedi è accasciato lo zaino. E sul sedile di fronte intravedo Tom. Mi sporgo un po' in avanti e lo vedo dormire, beatamente acciambellato come un comune gatto.

«Ehi?» con una mano cerco di scuoterlo, ma lui continua a sonnecchiare.

Faccio spallucce, e anche se ho mille domande da sottoporgli, resto in silenzio pensando alla sera prima. Ha praticato la magia oppure...l'ho sognato?

Tom in realtà è... un gatto mago?!

Per forza di cose devo rimandare le interrogazioni ad un altro momento.

Così mi giro finalmente dall'altra parte, e alla sinistra di Tom vedo una terza persona cui non avevo ancora fatto caso. È un ragazzo e sembra poco più grande di me, ha due occhi color nocciola con delle venature chiare, verdi, quasi luminose sotto quella luce intensa, e dei riccioli neri che incorniciano un viso ovale, ombreggiato da una leggera barba. Ha una carnagione dorata grazie ad un'abbronzatura leggera che fa l'effetto tipico "baciato dal sole". La sua figura è interessante e ha un nonsoché di magnetico. Il modo in cui i capelli ne accarezzano la fronte e gli zigomi alti mi fa venire voglia di arrotolare le dita intorno a quei boccoli per tutta la vita.

Ma cos-? Mi sono bevuta il cervello, questo è chiaro. Cristallino già da ieri.

Per un attimo il ragazzo alza gli occhi e incrocia i miei. Dall'intensità di quello sguardo mi sento raggelare: sembra volerti scrutare nell'anima e scoprire tutti i tuoi più profondi segreti.

Tuttavia mi guarda inespressivo come se in realtà stesse guardando al di là di me, tanto che abbassa nuovamente lo sguardo subito dopo, tornando a leggere il libro che – me ne rendo conto solo ora - sta tenendo in mano. Alle orecchie ha anche delle cuffiette che non avevo notato prima, quindi sta probabilmente ascoltando della musica ed era sovrappensiero mentre mi guardava.

Di certo non mi ha neanche notata.

Nonostante ciò, quel breve istante in cui ho visto i suoi occhi ce l'ho ancora nel sangue e sulla pelle. È passato così tanto tempo da quando un ragazzo mi ha guardata, e nessuno lo ha fatto così intensamente, anche se lui sembra non essersi neanche accorto della mia presenza.

Ha un fascino particolare, sembra uno di quei tipi misteriosi con un passato burrascoso e un cuore grande e dolce, pieno di amore da donare. Lo vedo sollevare un braccio e portarsi il pollice e l'indice ad accarezzarsi delicatamente il labbro inferiore mentre legge.

Quanto vorrei essere quelle dita... un momento, cosa?!

Sto già fantasticando e la cosa non mi piace.

O meglio, mi piace da guardare. Le stesse dita di lui si posano ora sull'angolo in alto a destra del libro per poter girare pagina, sfiorano quella carta così lentamente da... Fermi tutti! Ma che mi prende?! Mi sento avvampare, e nonostante ciò mi tiro sulla testa il cappuccio della felpa, costringendomi a guardare fuori dal finestrino.

Quella che scorre all'esterno non è più Roma, ma un paesaggio illuminato in pieno dalla luce del sole e accaldato dal timido abbraccio di una Primavera che s'intravede nei primi germogli sugli alberi e in alcune sporadiche rondini che volano qui e là.

Riflesso nel vetro, ad un certo punto, noto Tom che mi osserva con un sorrisetto compiaciuto, ma quando mi volto ha già poggiato di nuovo il muso sulle zampe anteriori, facendo finta di dormire.

Lo fulmino con lo sguardo, ma ovviamente non ho poteri telecinetici, e la cosa passa alquanto inosservata. Così passa una buona mezz'ora, durante la quale uso Tom come pretesto per sbirciare cosa sta facendo il ragazzo di fronte. Purtroppo lui non accenna ad alzare di nuovo lo sguardo, e io sono troppo timida per attaccare bottone. Inoltre il gatto è in ascolto, ne sono certa, e non ho il coraggio di flirtare davanti a lui. Non che ne sia capace, dopotutto!

In amore non sono mai riuscita a fare la prima mossa, e comunque le mie storie si possono contare su una sola mano: l'ultima, Luca, mi ha segnato profondamente. Due anni fa lo conobbi a un meeting di lavoro, faceva parte di una rivista affiliata alla nostra e avevamo iniziato a parlare del più e del meno, poi eravamo arrivati a prendere un drink al bar sotto l'ufficio. Alla fine mi aveva riaccompagnata a casa e mi aveva dato la buonanotte con un leggero bacio a stampo. Sembrava molto dolce e galante, e dopo quel giorno ci frequentammo per due mesi. Io non mi sentivo pronta ad andare fino in fondo, e lui era rispettoso nei miei confronti, sembrava ci tenesse a me e volesse aspettarmi. Stavo cominciando a pensare che potesse essere l'amore della mia vita, perché è difficile trovare chi è disposto a non farti pressioni e a condividere i tuoi tempi. Un giorno, però, arrivò una notifica sul suo telefono. Lo aveva lasciato sul tavolo del ristorante mentre era andato in bagno. La notifica era di Dario, il suo migliore amico, e nel messaggio gli chiedeva: "Allora?? Ti sei scopato suor Sofia?".

Sentii il cuore perdere uno o due battiti.

Potevo sbloccare il telefono perché qualche giorno prima, non volendo, gli avevo visto inserire il codice e, nonostante la mia integrità morale, lo feci. La chat con Dario era piena di messaggi in cui parlavano di una scommessa, del fatto che Luca avrebbe vinto il "premio supremo" nel portarmi a letto, e che quando gli avevo chiesto di aspettarmi era bastato un attimo a chiamarmi "suora". Come se tutto si riducesse a un mero appellativo... O, peggio, ad un gioco da ragazzini.

Scaricai Luca con un ceffone dritto nei denti, non appena tornò dal bagno. E da allora non sono più riuscita a fidarmi di nessuno, mi sono concentrata sullo studio, sul lavoro, e non mi sono mai più aperta all'amore. È vero, non ho molta esperienza, sono ancora vergine a ventiquattro anni e mi vergogno a dirlo anche alla mia migliore amica Chiara, che crede io abbia avuto più di un paio di storie in passato, ma dentro di me non voglio diventare solo un pezzo di carne che gli uomini si contendono come trofei di biliardo.

Forse sono nata nell'epoca sbagliata.

Ormai mi sono abituata a stare da sola, a contare solo su di me e a chiudere a chiave il mio cuore. Mi dedico al lavoro e al mio sogno. Questo mi basta.

D'istinto lancio uno sguardo al ragazzo riccio di fronte.

È ancora tutto intento a leggere e ad ascoltare chissà quale brano musicale. Noto che indossa una t-shirt bianca a maniche corte con una grande scritta nera al centro realizzata con tre diversi font: Save me from the dark. Sul sedile vicino a lui c'è uno zaino malconcio, verde militare, un po' vecchiotto ormai, pieno di toppe provenienti da diverse città del mondo: Amsterdam, Vienna, New York, Mosca, Tokyo, Londra...

Sembra davvero un tipo interessante.

E io sono talmente presa dai miei pensieri, nell'osservarlo senza farmi notare, che non mi rendo conto dell'avvicinarsi di passi cadenzati dietro di me, nel corridoio.

«Biglietti, prego!»

Con una voce squillante il controllore del treno mi fa prendere un colpo. Il ragazzo riccio, di fronte, mostra il proprio biglietto, mentre io mi guardo intorno disperata. Fisso Tom con un'intensità tale da trapanargli il cervello, ma lui dorme beatamente.

E la consapevolezza mi trapassa da parte a parte: non ho il biglietto. Sono una clandestina e una ladra!

⊱ ⸻ ❀ ⸻ ⊰

In vita mia ho sempre acquistato i biglietti dei treni e dei mezzi pubblici, non mi è mai venuto in mente di andare contro la legge, e ora mi ritrovo davanti al controllore senza sapere cosa dire. Dal canto suo, l'uomo in divisa non sembra darmi troppa attenzione: appena vidimato il biglietto del ragazzo riccio, rimane un momento fermo a sistemarsi la camicia.

«Mi scusi, non avrei mai voluto dirlo, ma-...» mi scuso io, con un filo di voce.

La frase mi muore in gola, però, perché l'uomo si allontana verso la fila di sedili successiva, ignorandomi completamente. Spalanco gli occhi, incredula, e lo vedo rivolgersi ad altri passeggeri come se non esistessi. Guardo allora il ragazzo, che è già tornato a leggere il libro, ma a quel punto mi viene spontaneo attaccare bottone.

«Cos'è successo? Sono invisibile?»

Ma non ottengo risposta. Il ragazzo sembra non aver sentito nulla.

"Certo, ha le cuffiette...non mi avrà sentito", rifletto. "Anche se il controllore l'ha sentito subito!" continuo tra me e me, giungendo poi alla conclusione che forse ha notato l'ombra del controllore e per quello si è reso conto della sua presenza.

A quel punto mi arrendo e decido di accendere l'iPad per dare un'occhiata alla posta e passare il tempo in quel modo. Sto per prendere il tablet dallo zaino, quando il ragazzo riccio alza di nuovo lo sguardo e mi fissa con la stessa intensità della prima volta. Il mio cuore si stringe in una morsa, vorrei dire qualcosa per stemperare la situazione, ma non riesco a trovare nulla di sensato, così mi limito ad esprimere un piccolo sorriso con le labbra.

Il ragazzo continua a guardarmi, ma non ricambia il sorriso, anzi dopo qualche secondo sposta gli occhi verso il finestrino per guardare fuori e ritorna alla sua lettura.

"Sono davvero invisibile..." rifletto con amarezza.

Per tutta la mezz'ora successiva mi chiudo in me stessa, delusa e triste per i film che mi sono fatta in testa e che, soltanto in una mezz'ora, sono già terminati con un finale disastroso.

«Ti conviene stringere i braccioli e tenere la presa ben salda», tuona all'improvviso la voce di Tom, che mi ridesta improvvisamente dai miei pensieri. Non posso credere che stia parlando davanti ad altre persone, anche se il ragazzo non sembra averlo notato.

«Fai come ti ho detto», sentenzia ancora il felino.

Sono un po' stanca della sua aria di sufficienza, che mi rende sciocca in ogni cosa che faccio, ma non posso mettermi a discutere con lui sul vagone di un treno, quindi mi ritrovo a stringere le mani attorno ai braccioli con più forza di quella che vorrei. Mi chiedo quanto possa essere brusca la prima fermata...

Dopo una quindicina di secondi il treno comincia a rallentare la propria andatura, e fuori dal finestrino distinguo l'ingresso di una galleria nella quale si va a gettare poco dopo il treno. Il sole lascia spazio al buio del tunnel, illuminato dai neon che scorrono alla velocità ancora tuttavia sostenuta del veicolo. Fissandoli, mi accorgo che la luce bianca diventa progressivamente gialla, verde, azzurra, viola, rosa, rossa. Tutta la galleria si riempie di colori e le pareti sembrano vorticare all'impazzata, mentre il vagone comincia a tremare in modo pacato ma continuo.

Mentre il treno rallenta la propria corsa, le pareti di quel tunnel saettano in modo sempre più rapido e si protendono all'esterno come se fossero molto più dilatate del normale.

Ho la sensazione di trovarmi nello spazio, senza tuttavia esserci mai stata. Getto uno sguardo verso Tom, il quale mi squadra con attenzione, in silenzio, invitandomi poi con un gesto ad osservare verso la porta sulla parete opposta. Dal misterioso e colorato tunnel esterno sale una ragazza dai lunghi capelli neri, fluenti e corvini, occhi chiari come il cielo e un viso da bambola con labbra carnose e un leggero sorriso. La ragazza deve avere circa venticinque anni, ha un corpo asciutto e longilineo, sembra più alta di me; si dirige proprio verso di noi, e quando è ad un passo di distanza Tom si acciambella di nuovo addormentato.

Anche la ragazza, come tutti su quel treno, non sembra averci notati, e si siede vicino a me. Il ragazzo riccio la nota subito: solleva lo sguardo dal libro e le sorride. E io perdo un battito.

Lei ricambia quella sorta di saluto e prende l'iniziativa, chiedendogli: «Ciao! Cosa leggi?»

«Sulla strada, di Kerouac» risponde lui, con un cenno verso il tomo.

«Bello, una delle mie letture preferite. Estremamente formativo. Dove sei diretto?»

Non posso credere ai miei occhi. Mentre i due conversano amabilmente mi chiudo a riccio contro il sedile, persa nei miei pensieri.

"Capisco di non essere così bella, ma ignorarmi così e poi mettersi a chiacchierare allegramente con lei non è un comportamento educato!", sbraito contro me stessa e la mia ingenuità. D'altronde, in confronto a quella sirena dai capelli neri, io non sono che uno spaventapasseri vestito in tuta e con una coda che di sicuro mi si è già smontata sulla testa. Che cosa pretendo?

Vorrei quasi dire qualcosa a voce alta, tanto per far notare al ragazzo quanto si sia comportato male quando mi ha ignorata, ma vengo subito interrotta dalla voce di Tom, che ha evidentemente capito cosa sto per fare.

«Non possono sentirti, è inutile.»

Lo guardo con un'espressione incredula.

«In che senso?», chiedo io.

«Nel senso che non possono vederti o sentirti. Tu sei qui...ma non sei qui», mi risponde in modo vago.

«Cosa vuol dire che "sono qui, ma non lo sono"?» lo incalzo io, anche se mi sembra di avere finalmente una risposta a tutte le domande che mi sono fatta finora. Il treno è ripartito, nel frattempo, anche se ci troviamo ancora all'interno di quella galleria piena di colori.

Tom alza gli occhi al cielo, con l'atteggiamento che gli ho già visto adottare in casa mia.

«Ti trovi su un treno che in realtà non abbiamo preso veramente. Qualcuno ci ha già viaggiato, qualcun altro lo farà. Noi siamo dei Passeggeri Effimeri in questo momento.»

«Passeggeri Effimeri...» ripeto a voce bassa. Poi getto un'occhiata ai due ragazzi, che continuano a chiacchierare amabilmente, e infine torno su Tom. Lui mi guarda con una tale intensità da farmi salire un brivido lungo la schiena. Mi sembra di aver già provato quella sensazione, ma non ricordo e non mi soffermo troppo sulla questione.

«D'accordo. Puoi dirmi ora dove stiamo andando e quando arriveremo?» chiedo infine al felino.

Lui si stiracchia a lungo, prima di rispondere con la sua solita aria da sufficienza.

«Te l'ho già detto, stiamo andando al Rifugio. Arriveremo quando arriveremo, e lì ti spiegheranno tutto quello che devi sapere». Per il momento Tom non dice altro, lo vedo solo dare una veloce occhiata ai due ragazzi che parlano vicino a noi. Mi sembra di notare una certa malinconia negli occhi dell'animale, ma forse continuo a farmi i film. Sospiro, piuttosto, e cerco di concentrarmi sulle informazioni appena ricevute, che sono comunque pochissime, quando i due ragazzi mi ridestano dai pensieri con una sonora risata. Sembra si divertano.

Senza volerlo, ascolto uno stralcio di conversazione.

«Comunque è incredibile, stiamo parlando già da un po' e non ci siamo neanche presentati! Mi chiamo Giulia, piacere» la ragazza dai capelli corvini tende la mano verso il ragazzo riccio.

Lo sento rispondere con un sorriso:

«Mi chiamo Tommaso, e il piacere è mio», le sorride con quelle labbra piene e lo sguardo disarmante.

Sento un calore avvamparmi le guance e d'istinto mi giro verso il finestrino, anche se so che non mi possono vedere. Per un attimo mi sembra che il gatto mi stia guardando, e infatti lo trovo a fissarmi in silenzio, fino a quando non si arrotola di nuovo su sé stesso con gli occhi chiusi.

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