Capitolo 10
La notte avvolge con il suo manto ogni cosa, sollevo lo sguardo e una miriade di stelle illumina il cielo come fosse una coperta piena di ricami, ed ogni ricamo è una costellazione. Posso distinguere l'Orsa Maggiore, fra le altre, e mentre la guardo la luce della luna si affievolisce, tutto diventa buio e non posso più distinguere neanche una stella. È come se qualcuno avesse spento la luce. Dopo pochi secondi la sfera bianca in cielo, quella luna così candida che illuminava tutto con la sua purezza, si fa sempre più rossa, fino a diventare del colore del sangue. Qualcuno mi si para davanti, ma non posso distinguerne le fattezze, provo a indietreggiare ma mi blocca i polsi, poi si avvicina pericolosamente e mi bacia. Le labbra sono morbide e hanno il sapore della menta. Mi ricordano le labbra di Tommaso, quella sera al giardino di Cerere. Quando il bacio avanza la luna sembra tornare bianca e, progressivamente, tutto il cielo torna al suo posto. La figura che mi sovrasta viene illuminata e non è Tommaso. È Marco. Sbarro gli occhi e faccio per indietreggiare, lo guardo ma lui mi mette le mani al collo. I suoi occhi sono rossi come il fuoco, fiammeggianti di rabbia, i capelli color dell'oro fanno solo da cornice ad un viso che non è più angelico. È diabolico. E mi fa paura. Mi sento soffocare mentre mi stringe sempre di più con le sue dita. Mi artiglia e non vedo più niente, non riesco ad allontanarlo, sento il respiro che mi abbandona...
E mi sveglio urlando. Scatto sul letto, seduta, in preda al panico, portandomi d'istinto le mani al collo.
Penso di aver urlato davvero tanto, perché dopo pochi secondi mio padre spalanca la porta della mia stanza gridando: «Cos'è successo?!»
Ho gli occhi sbarrati e sto ancora guardando davanti a me, quando papà mi si piazza davanti, cercando di abbracciarmi.
«Ho...» La voce sembra quasi non uscire dalle mie labbra. «Ho fatto un incubo, papà, non ti preoccupare.» Deglutisco.
Lui mi stringe forte e mi accarezza il capo con dolcezza. «Non ti preoccupare, tesoro, d'ora in poi ci sarò sempre io, non ti lascerò mai più sola... Neanche per un incubo.»
«Grazie, papà.» Vorrei piangere, ma sono talmente sconvolta da non riuscire a farlo. Mi godo l'abbraccio di papà, che tanto mi è mancato negli scorsi anni.
«Vuoi dirmi cos'è successo?» Mi sussurra all'orecchio.
Faccio un cenno di diniego con la testa, non ho il cuore di raccontargli cosa ho sognato, né il bacio reale e le mie "gite" con Tommaso. Il dubbio mi assale all'improvviso: e se non mi avesse baciata lui, quella sera? Il bacio è avvenuto lo stesso giorno in cui è arrivato Marco al Rifugio. Può averci seguito? E come abbiamo fatto a non renderci conto di essere seguiti?
Ho già un forte mal di testa, quando mi distacco lentamente da mio padre.
«Va tutto bene, papà. Sembrava reale, ma era un sogno. Sono solo un attimo sconvolta, ma mi riprenderò.»
«Se vuoi oggi puoi riposarti. Dirò a Bruno di rimandare a domani il tuo addestramento.»
Annuisco. «Sì, forse sarà meglio prendere una pausa.»
«Riguardo a ieri...» Esordisce poi con un'espressione compassionevole in viso. «Non è colpa tua, cara. So che sei capace di un'enorme forza, la stessa che animava tua madre. Sei una persona pura e riuscirai a dominare il tuo potere. Quello che è accaduto è solo un incidente, quei due dovrebbero nascondere i loro dissapori, invece che metterti in mezzo. Confido nel tuo giudizio, mia cara. So che saprai aprire gli occhi al momento giusto.»
Le frasi di mio padre mi lasciano pensierosa e, rivolgendo lo sguardo fuori dalla finestra, riesco a fare la domanda che mi preme nelle tempie da un po' e che non sono ancora riuscita a fare al diretto interessato: «Papà, Tommaso mi detesta?»
Lui scuote la testa. «Non credo, tesoro. Solo perché ti tratta con distacco, a volte, non significa che ti odi. Per lui non è facile relazionarsi con gli altri.»
«Perché?»
«Dovresti chiederlo a lui, non spetta a me affrontare certi argomenti. Ma stai attenta al tuo cuore, Sofia.» Si raccomanda papà, spingendomi ad aggrottare la fronte. «I sentimenti sono la forza più grande che abbiamo, sono quelli che ci rendono vivi sopra ogni cosa. Non reprimerli, ma non diventare loro schiava. So che saprai sempre fare le scelte giuste, se ascolterai il tuo cuore.»
Non so perché, ma sembra che mio padre sappia molte più cose di quelle che gli ho mai raccontato.
Quando si richiude la porta alle spalle sento un rumore provenire dalla finestra. La tenda è tirata e non posso vedere l'esterno, ma il rumore somiglia a un sommesso picchiettare sul vetro. Mi alzo e scosto la tenda, notando subito al di là del vetro un corvo appollaiato sul davanzale. Arriccio il naso, apro la finestra. Vedo che ad una zampa è legato un rotolino di carta. Non appena il vetro si spalanca il corvo gracchia e poi mi dice: «Prendi!»
Afferro il rotolino di carta e il volatile spalanca le ali allontanandosi da me. Dovrei essermi abituata a sentire un animale parlare, ma è come la prima volta. E inevitabilmente il pensiero va a Tommaso.
Il rotolino è composto da due foglietti di carta. Sul primo, con una grafia elegante e dall'inchiostro nero come pece, vi è scritto:
"Spero che il mio regalo di benvenuto ti sia piaciuto.
Con quello che mi è costato creare un'eclissi di luna da
zero, mi merito come minimo un premio.
Ad esempio, conoscere finalmente la mia cara nipote.
Vieni da sola, oggi pomeriggio alle cinque.
Abbiamo molto di cui parlare. Troverai la mappa
da seguire insieme al mio biglietto."
Il secondo foglietto contiene un disegno approssimativo e delle indicazioni specifiche per raggiungere un luogo al di fuori delle mura del Rifugio. È una trappola, non c'è dubbio, ma la Strega Nera è stata chiara, devo andare da sola. Uscirò dal Rifugio per la prima volta dal giorno in cui sono arrivata.
Siamo sicuri che sarò in grado?
Non so se potrò difendermi, se riuscirò a controllarmi.
Ma la voglia di stare faccia a faccia con l'assassina di mia madre, con l'unica zia di sangue che mi rimane, è più forte. Non so se quello che provo per lei sia più odio o più risentimento, ma non mi tirerò indietro. La affronterò. Da sola, senza distrazioni, non potrò fare del male a qualcun altro.
In uno sbuffo di fumo oscuro il bigliettino scritto da mia zia si autodistrugge e diventa cenere tra le mie dita. Mi lascio scappare un sussulto, ma poi mi precipito a preparami.
Mi vesto velocemente e faccio colazione prima di tutti, dicendo a Sara di riferire che andrò a fare un giro in giardino. In realtà sgattaiolo verso il viale d'accesso del Rifugio e cerco di mimetizzarmi tra gli alberi per non essere notata anche dalle finestre dell'edificio alle mie spalle. Quando raggiungo il cancello di accesso non so cosa devo fare. Non ci sono serrature né citofoni, quindi l'unica cosa che mi viene in mente da fare è concentrarmi e ripensare al sogno di questa notte. Sento le dita vibrare, una forza prorompere dall'interno e delle scariche elettrice dipanarsi dalle mie mani verso la cancellata bianca e oro. Basta quella lieve scossa per far sì che i due lati si spalanchino davanti a me, così esco all'esterno e mi metto a correre a perdifiato.
Una volta immersa nella foresta mi accascio con la schiena su un tronco e riprendo controllo del mio respiro, poi tiro fuori dalla tasca la piccola mappa e comincio a seguire le indicazioni verso il luogo d'incontro.
⊱ ⸻ ❀ ⸻ ⊰
Il percorso mi porta su una collina con erba bassa e un'atmosfera silenziosa. Davanti a me si apre una recinzione bassa, scura e arrugginita, all'interno della quale si alternano edifici bassi e lapidi. È un cimitero, dovevo aspettarmelo. Intraprendo il mio cammino tra le lapidi mentre il nulla mi avvolge con inquietudine, giusto il verso dei corvi fende l'aria in una sorta di minaccia ad ogni mio passo. Raggiungo il centro del cimitero, dove una cappella non molto grande si erge alla destra di un'enorme statua raffigurante Proserpina, com'è scritto sul piedistallo di marmo nero.
«Nipote mia...» Una voce sensuale, quasi, mi coglie all'improvviso uscendo dalla cappella. Davanti a me si palesa la stessa ragazza del treno, capelli lunghi neri e occhi scuri, con la differenza che indossa una lunga tunica che la veste di nero come una seconda pelle, regalandole una profonda scollatura sul petto e uno spacco sulla coscia sinistra neanche stesse andando a un ballo.
«...» Mi ritrovo a non sapere cosa dire. Apro la bocca, ma non riesco a pronunciare una sola parola, così la richiudo e infilo le mani in tasca. La sola presenza di mia zia mi fa venire il prurito sulle dita.
«Che c'è? Hai perso la lingua?» Mi raggiunge in pochi passi, siamo alte uguali e a vederla sembra che abbia la mia età. Com'è possibile? Corrugo la fronte. Lei sembra leggermi nel pensiero, perché continua subito a parlare fornendo la risposta alla mia domanda silente: «Se ti stai chiedendo come facciamo a sembrare coetanee, è merito delle mie capacità magiche. Se vuoi posso mostrarti qualcosa.» Mi gira intorno e la sua voce mi accarezza con dolcezza, mi sfiora come il canto di una sirena.
E io, non so perché, temo di stare cadendo in un tranello. Faccio in tempo a fare questo pensiero e indietreggio di un passo.
«Non voglio niente da te.»
«Allora hai ritrovato la voce?!» Mi dice con sarcasmo. «Sei sicura di non voler sentire niente?» Solleva un sopracciglio, fissandomi a un metro di distanza, ora di fronte a me.
«Non ho bisogno di spiegazioni. So già quello che devo sapere sulla magia, e su quello che hai fatto a mia madre.» Replico, sprezzante.
«Ah, già, tua madre...» Scuote la testa. «Tua madre era un'illusa e non ha capito dove fosse il vero potere.»
«Non devi parlare così di mia madre.» Mormoro a denti stretti.
«Credi di minacciarmi?» Scoppia in una risata. «Non sai neanche cosa sono capace di fare.»
«Non mi fai paura.»
«E invece dovresti. Ti sei gustata il ricordo che mi lega a Tommaso, durante il viaggio di arrivo qui?»
«E tu cosa ne sai?» Non posso credere che lei sappia anche come sono arrivata.
«Io so molte cose, mia cara Sofia. E so che il tuo stupido padre ti ha mandata a prendere da Tommaso, per questo sarai arrivata su un treno, gustandoti il momento in cui ha perso la testa per me.» Mi fissa negli occhi e nei suoi, scuri come un abisso, posso scrutare un odio profondo.
«Come fai a...?»
La mia domanda rimane sospesa, perché lei sventola una mano in aria e ricomincia a parlare. «È stato semplice sedurlo, ti dirò. Non è che un belloccio dal cuore tormentato, ed è stato questo ad attirarmi... sentivo il suo odore di povero cucciolo smarrito da miglia di distanza. E poi, parliamoci chiaro. Chi non perderebbe la testa per me?» La sua domanda è retorica e con un'occhiata indica se stessa, consapevole della propria bellezza statuaria.
«L'aspetto esteriore non è tutto nella vita.» Mi ritrovo a mormorare.
«Oh, mia cara piccola ingenua, certo che lo è. Ed è proprio l'aspetto esteriore ad avermi permesso di avvicinare Tommaso e farlo mio. Quando ho stretto il suo cuore tra le mie mani ho sentito la sua linfa vitale scorrermi dentro forte e prepotente.» Con uno schiocco di dita un fascio di luce compare, sospeso, nel palmo della sua mano. Sembra una pietra infuocata di luce, non riesco a distinguerla bene, tanto è abbagliante. «Lo vedi? È puro e prezioso. Mi manterrà giovane ancora per un bel po' di tempo.»
Strabuzzo gli occhi. «Quello è...?»
Di nuovo m'interrompe. «Certamente. Cosa pensavi che fosse?»
È il cuore di Tommaso. Nelle sue mani.
Sento il mio rimbombare nelle tempie e percepisco il tipico formicolìo tra le dita, ma mi costringo a non mostrargliele ancora, pure se delle piccole scosse mi artigliano la pelle attraverso le tasche dei pantaloni.
«Adesso capisci? La sua vita è nelle mie mani, come lo è la sua anima. Tu non sarai mai niente per lui, perché il suo cuore è mio, Sofia. E non te lo cederò mai, prima di averlo consumato del tutto.» La sua voce, adesso, ha il sapore di una minaccia. «Non dovrai intralciare il mio cammino, pulce. Non dovrai minimamente tentare di combattermi, perché il tuo potere non sfiorerà mai neanche lontanamente la potenza del mio. E non lo farai perché il cuore del tuo amato è in mio possesso.»
Deglutisco.
Come può sapere tutto di me?
Come può essere così crudele con l'unica parente che le è rimasta?
Mi costringo ad abbassare lo sguardo perché non riesco a ricambiare il suo senza mostrarle le lacrime che mi stanno velando gli occhi. Ma lei mi solleva il mento con le dita e si avvicina ad un soffio da me. Riesco a sentire il suo odore di terra bruciata e fuoco.
«Torna dal tuo paparino, e digli che avrei potuto distruggerti, oggi. Ma non l'ho fatto. E non l'ho fatto perché voglio che tu ti alleni per una battaglia epica. Non ho intenzione di uccidere l'ultimo membro della mia famiglia senza il gusto di combattere. O, meglio, senza il gusto di vedere il dolore negli occhi di tuo padre, nel momento in cui si renderà conto che avrò eliminato anche sua figlia dalla faccia della Terra.» Poi si allontana da me, ruota su se stessa e si libra in volo, trasformandosi quasi immediatamente in un corvo. Tutti gli altri che si erano appollaiati sulle tombe intorno a noi la seguono lasciando una scia di macchie nere nel cielo.
Deglutisco ancora, ricacciando indietro le lacrime.
Quando mi volto per tornare sui miei passi, mi blocco.
Davanti a me, poco distante, c'è Tommaso con le braccia conserte a guardarmi con aria truce.
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