Rozdział Trzydzieści Jeden: Marka
Trentunesimo capitolo: il marchio
𝐈𝐧𝐞𝐟𝐚𝐛𝐥𝐞
𝐬𝐩𝐚𝐠𝐧𝐨𝐥𝐨
"𝐪𝐮𝐚𝐥𝐜𝐨𝐬𝐚 𝐜𝐡𝐞 𝐧𝐨𝐧 𝐩𝐮ò 𝐞𝐬𝐬𝐞𝐫𝐞 𝐞𝐬𝐩𝐫𝐞𝐬𝐬𝐨 𝐨 𝐝𝐞𝐬𝐜𝐫𝐢𝐭𝐭𝐨 𝐩𝐞𝐫𝐜𝐡é 𝐬𝐚𝐜𝐫𝐨."
Lancio uno sguardo prima a Luke e poi ad Orion, aggrottando le sopracciglia alla ricerca di una risposta.
In realtà non ne ho una completa: io e il moro ci siamo incontrati per caso, entrambi vittime dei nostri pensieri, ma mi crederebbe?
Ho la sensazione che la risposta sia si, ma ho paura che provi risentimento.
Adesso che so del legame di sangue che li unisce, mi sento divisa tra due fazioni. Ogni volta che sto con uno, l'altro mi guarda come se avessi appena deciso da che parte stare.
Credo di aver troppi problemi tra le mani, adesso, per concentrarmi tra la loro pseudo-faida.
"Non riuscivamo a dormire e ci siamo incontrati qui." Prendo un generoso sorso della mia tisana, guardandolo dritto negli occhi.
Orion annuisce, dandomi ragione.
Mi sembra di poter vedere le parole bloccarglisi sulla punta della lingua.
Cos'è che vorrebbe aggiungere?
Luke rilassa le spalle, sorridendo con fare soffice.
Mi crede, per fortuna, ed è sollevato dalla mia spiegazione. Mi chiedo cosa pensasse stessi facendo, qui, con Orion.
"Ti accompagno in camera." Mi propone lui, ancora con lo sguardo fisso sul moro. Credo di aver vissuto abbastanza tempo con i Mannari da sapere che lo sta sfidando.
Una sorta di 'prova a contestarmi'; devo ammettere che la cosa mi infastidisce. Se volessi, potrei tranquillamente rimanere in cucina a girarmi i pollici.
È il mio tempo, alla fine, e posso usarlo come più mi aggrada. Dall'altra parte, però, credo che la gelosia di Luke derivi dalla sua natura e dal legame che sente.
Sono certa che avverte questa nostra connessione con più intensità di me. Dopotutto io sono parzialmente umana e, nonostante possegga il dono della magia, ho vissuto in modo normale per tutta la mia vita.
I miei ragionamenti, il mio modo di fare, di parlare e di pormi sono tutte cose che ho imparato dagli umani.
Influenzata da mio padre, poi, sono cresciuta nella maniera più semplice possibile. Non ho mai avuto bisogno della magia, ma adesso che la ho penso di non potervici rinunciare,
"Va bene."
Mi alzo lentamente dalla sedia, riponendo la tazza nel lavandino per poi chinarmi su Orion.
Gli scocco un veloce bacio sulla guancia, augurandogli la buonanotte.
Magari potrei chiedere a Emelie se è possibile creare uno skrzynia anche per lui.
Riesco a vedere il petto di Luke innalzarsi lentamente, come se il suo espirare fosse forzato e doloroso al tempo stesso. Avverto, subito dopo, strascichi della sua energia.
Ha un colore rossiccio, mischiato all'arancione e con sfumature giallognole: la gelosia. Il fatto che stia bloccando questo flusso di pensieri, di emozioni, riesce quasi a farmi sorridere.
È consapevole del fatto che sia inutile esser geloso e che, probabilmente, si sente così solo a causa del nostro legame.
Riesco quasi a sentire gli ingranaggi del suo cervello lavorare per convincerlo che non è accaduto nulla di male.
Afferro quindi la sua mano, trascinandolo fuori dalla
cucina. Per qualche secondo rimane in silenzio, posizionandosi meglio al mio fianco per rafforzare la presa che ha sulla mia mano.
Con un dito mi accarezza il polso mentre, con le altre, gioca a chiudere e a riaprire il mio palmo.
"Da quanto non riesci a dormire?"
Libera la mia mano dalla sua, salendo per accarezzarmi i capelli. L'effetto è quasi immediato: mi rilasso, chiudo gli occhi e muovo la testa a seconda dei suoi movimenti.
Mi sembra di esser cullata, avanti e indietro, con talmente tanta leggerezza da ricordarmi il mare.
Sente lo stesso anche lui, quando lo tocco?
"Solo qualche giorno, non riesco a riposarmi a dovere."
Inizialmente credevo fosse dovuto al nervosismo o all'ansia, ai mille pensieri che ho per la testa, ma ora mi rendo conto di non riuscirci affatto.
"Come ti senti quando ci provi?"
Rifletto un po' sulla risposta da dargli, perdendo la concentrazione nel momento in cui lo vedo inclinare la testa e chinarsi su di me.
Le sue braccia scivolano sotto le mie gambe e attorno alla mia vita mentre mi solleva, trasportandomi lentamente verso la stanza.
Ho sempre trovato quest'azione fastidiosa, ripetitiva, troppo da cliché. Forse, però, era perché non l'avevo mai provata prima.
Mi sento così piccola, tra le sue braccia, da pensare che potrei sgusciare nello spazio che c'è tra il suo braccio e il petto.
"Il corpo inizia a prudermi, parte dalle gambe e sale fino al collo, sino al punto in cui mi innervosisco e ci rinuncio."
Luke annuisce e abbassa lo sguardo su di me, sorridendo con tenerezza. Non sono mai stata una tipa troppo romantica, ho sempre amato avere i miei spazi eppure adesso vorrei annullarli.
È così naturale, così genuino, da darmi l'impressione di star sognando. Mi chiedo come una persona possa amarne una per sempre; non se sia possibile.
Tra umani credo non lo sia.
Il fatto è che questo non è un rapporto normale, umano, e le mie aspettative sono quindi totalmente sbagliate.
"È successo lo stesso a me."
Ci fissiamo in silenzio, traendo le nostre conclusioni. Questo legame, nonostante la sua bellezza, può essere piuttosto fastidioso.
In qualche modo ci ha scisso, facendoci intendere che ora, per essere completi, dobbiamo stare assieme.
Non accetto questa cosa, forse non lo farò mai.
Prima di incontrare Luke, ero completamente in grado di far tutto da sola.
Non mi serviva la sua presenza per dormire e per stare calma, adesso, invece, pare proprio di si.
Mi chiedo come faccia a non trovare la questione snervante e insensata.
Io voglio essere in grado di sentirmi completa anche senza qualcun altro. Però sarebbe bello appoggiarsi a lui, di tanto in tanto.
"Vuoi dormire con me, questa notte?" Luke guarda la porta della sua stanza e poi me, esitando. L'ultima volta sono stata io ad andare da lui, non vedo il perché sia così in imbarazzo.
Mi limito ad annuire e lui, nascondendo un sorrisetto soddisfatto, si posiziona davanti la porta per aprirla con il gomito.
Non mi lascia tornare in piedi e mi posiziona invece sul letto. È meno morbido del mio, o almeno così mi sembra, ma l'odore delle sue lenzuola mi affascina.
"Posso darti un mio pigiama, per dormire."
Annuisco mentre lo osservo afferrare dall'armadio una maglietta bianca e un pantaloncino sportivo.
Me li appoggia vicino, indicandomi poi il bagno adiacente.
"Io vado a cambiarmi di là, fammi un fischio quando hai fatto."
Mi scocca un bacio leggero sulla guancia, voltandosi poi con velocità assurda per avviarsi verso l'altra porta.
Sorrido tra me e me, apprezzando il fatto che se ne sia andato per lasciarmi un po' di privacy.
Mi svesto il più velocemente possibile, sgusciando nei vestiti di Luke. Suppongo siano vecchi visto che non mi stanno troppo larghi, anche se in realtà il biondo è estremamente alto.
Piego quindi i miei indumenti, lasciandoli sulla sedia vicino al letto. Ho davvero bisogno di farmi una doccia; il mio viso è rovinato dalla mancanza di sonno e i miei capelli iniziano ad incresparsi.
Non mi spiego come il ragazzo riesca a starmi vicino.
Decido, quindi, di occupare il suo bagno non appena avrà finito di usarlo.
La stanza di Luke è piuttosto spoglia e, con mio stupore, noto che ha pochissime foto con suo padre.
Ne ha posizionata una sopra al cassettone, davanti al letto e di fianco al bagno, che lo ritrae da infante assieme a una donna.
Suppongo sia sua madre.
Sul comodino, invece, tiene circa quattro foto di lui e Samael. Alcune li ritraggono da adolescenti, fuori le porte di un istituto, con dei diplomi in mano.
Mi chiedo in cosa si siano laureati o se abbiano scelto di non fare l'università.
Le altre due cornici, invece, racchiudono delle foto con lui, Emelie e Riccardo.
A ricordare quest ultimo sorrido, divertita.
Devono conoscersi da molto tempo, forse dai tempi delle scuole elementari.
Mi vengono in mente i mille ricordi tra me, Ashton e Lindsey.
Il trio inseparabile, ci chiamavano spesso così.
Io e il ragazzo ci conosciamo dall'asilo, se non erro, e abbiamo legati facendo costantemente a botte. Lindsey è arrivata dopo, ma la sua presenza è stata, ed è tutt'ora, talmente solare da farla integrare subito.
Mi manca il nostro gruppo, le uscite e le chiacchierate.
Cerco di non pensarci troppo perch ho paura.
Paura di non rivederli, di venir ulteriormente separata da loro.
Certo, qua ho Emelie, ma non è la stessa cosa.
Sento la porta del bagno aprirsi e chiudersi velocemente, distraendomi. Luke è rosso in viso e non riesco a capire se sia per l'imbarazzo o per la fretta del momento.
"Perché non mi hai detto che te e Orion siete cugini?"
Dall'espressione che mi rivolge capisco che non si aspettava una domanda del genere. Forse non avrei nemmeno dovuto chiederglielo, ma la curiosità era decisamente troppo pressante.
"È solo che mi sembra di sapere così poco di te e della tua vita in generale." Non so se sia sufficiente come giustificazione, ma dal modo in cui il suo sguardo si addolcisce capisco che forse è stata la frase giusta.
Annuisce e si siede vicino a me, lasciando un minimo di distanza. Ne sono grata perché, ripeto, ho seriamente bisogno di una doccia.
"Ho conosciuto i genitori di Orion, i miei zii, molto tempo fa e di loro ricordo poco. Non è un argomento che potevo tirare fuori, con mio padre, e con gli anni ho quindi imparato a ignorare la cosa.
Il fatto che Orion sia mio cugino non mi è mai particolarmente importato, forse perché non siamo cresciuti insieme."
La sua motivazione è simile, se non uguale, a quella che mi ha fornito il moro.
Mi aspettavo che il padre di Luke non apprezzasse l'argomento, ma negargli di conoscere la propria famiglia lo trovo meschino.
Chissà come sarebbe il rapporto tra i due cugini se, anni prima, Matt non avesse costretto Xavier ad andarsene.
Magari avrebbero passato le loro giornate assieme. Ormai, però, è inutile pensare a tutte le possibili variabili del caso.
Matt ha rovinato centinaia di famiglie, inclusa la mia, senza rendersi conto che anche lui ne sarebbe uscito ferito.
"Ricordo il viso di Rebecca, mia zia, e di Xavier piuttosto bene. Lei era strana, sembrava intelligente ma era costantemente divisa tra mio zio e il suo popolo.
Mi ricorda un po' te."
Luke sorride ancora, puntando lo sguardo verso il soffitto. Sembra malinconico mentre ne parla, decido quindi di non interromperlo.
È così soddisfacente vedere che si fida di me a tal punto da confidarmi determinati aneddoti.
"Non fu affatto felice quando mio zio la portò con sé a casa nostra. Non lo sarebbe stato nessuno, ovviamente, ma credo che Xavier non ci avesse riflettuto molto.
Forse sono stato anche io troppo istintivo, con te, e mi dispiace. Avrei dovuto trovare un altro modo per tenerti con me, magari fingermi umano e inventarmi un modo per invitarti a uscire."
Mi rivolge uno sguardo dubbioso, quasi colpevole, mentre alza la mano per intrecciare le sue dita tra i miei capelli.
Passa quindi a massaggiarmi lo scalpo senza mai distogliere gli occhi dai miei. Piccole scosse elettriche mi percorrono il corpo, facendomi agitare.
Non credo che glielo dirò mai, ma amo la sensazione della sua pelle contro la mia.
"Se l'avessi fatto, il tuo braccio sarebbe completamente fuori uso."
Non ho dimenticato il fatto che si sia fatto fare un marchio illegale, né le conseguenze che questo ha avuto sulla sua salute.
"Perché non mi hai semplicemente rifiutata?"
Dalla sua gola esce un grugnito rude, quasi un ringhio, mentre ritira la mano con espressione arrabbiata.
Scuote vigorosamente la testa per poi sdraiarsi sul letto, trascinandomi sotto di lui.
"Quando ti ho vista per la prima, davanti alla barriera, ho capito che non avrei mai potuto fare una cosa simile.
Anche se non ti avessi mai rivista, volevo continuare a sentire la forza del legame. Così mi sono fatto imprimere questo specie di lascia passare e, per mesi, sono venuto a trovarti."
Rimane in silenzio per qualche secondo, squadrandomi per cercare una mia silenziosa risposta, quando riceve un cenno della testa su cala verso di me per lasciarmi un bacio umido sulla fronte.
"Non volevo forzare la mia presenza su di te, così non mi sono mai fatto vedere. Desideravo farti vivere una vita normale, umana, e io mi sarei accontentato di vederti dormire."
Il suo naso sfiora il mio e le sue dita, lunghe e a tratti callose, percorrono il profilo della mia mascella.
Il tempo sembra fermarsi, statico e immobile, lasciandoci conservare quel momento per un po'.
Gli bacio quindi la guancia, mordendogliela in modo giocoso.
"Inquietante," ridacchio io mentre lo vedo aggrottare le sopracciglia.
"E io che pensavo di essermi trattenuto!" Rotea gli occhi e si unisce a me nel ridere.
I suoi denti sono bianchissimi e le sue labbra, di un pallido rosa, sono abbastanza fini da mostrare parzialmente le sue gengive.
Non è un sorriso da copertina, o almeno secondo gli standard odierni, ma io lo adoro.
"Pensa la mia sorpresa nel vederti davanti a me, dopo esser stato ferito. Ero così felice, Mönike. Pensavo che il cuore mi sarebbe esploso nel petto."
Le sue parole si tramutano in sussurri mentre mi si fa sempre più vicino, bloccandomi contro il materasso con il solo aiuto dei suoi occhi.
Non voglio muovermi, non voglio spezzare l'incantesimo.
"Ti ho vista così vicina e ho pensato d'esser morto, credevo fossi un angelo e di essere finito in paradiso."
Chiudo gli occhi, sentendo le sue labbra percorrere il profilo della mia mascella. Frasi così dolci mi hanno sempre terrorizzata, forse persino infastidita, ma oh quanto desidero che continui.
Avverto la sua lingua toccare il lembo di pelle sottostante al mio orecchio, succhiando lentamente e mordendola con i denti.
Inarco la schiena verso di lui, facendo scontrare i nostri petti.
"Quando te ne sei andata," dice lui mentre si discosta di poco, "mi sono sentito morire. Sapevo, speravo, che saresti stata meglio tra i tuoi simili. Ma ero e sono tutt'ora così egoista da volerti tenere con me ugualmente."
La sua mano si fa strada fino al mio fianco, stringendolo con abbastanza forza da farmi sussultare.
Le sue parole fanno male perché so d'esser stata io la fonte del suo dispiacere.
"Non è passato un singolo giorno in cui non ho sperato di vederti tornare. Ma tu eri a casa, con tuo padre e i tuoi amici e io sarei stato un mostro a portarti via da loro."
Le sue dita scorrono sotto la mia maglia, sfiorandomi le costole e toccando leggermente la stoffa del mio reggiseno.
Le scariche elettriche sono talmente forti da lasciarmi senza respiro per qualche secondo, facendomi schiudere le labbra in un rantolo silenzioso.
"Voglio distruggere le barriere e vivere con te, Mönike, ovunque tu voglia. Posso rinunciare a tutto e metter piede in una città umana, potrei vivere da persona normale e non trasformarmi mai più.
Tu potresti stare vicino ai tuoi cari e io ti seguire; riavresti indietro la tua vita e io mi ritaglierei un pezzetto del tuo tempo."
Chiudo gli occhi, figurandomi quell'idea.
Sarebbe disposto a rinunciare alla sua natura, alle sue tradizioni e abitudini solo per seguirmi.
Mi sento tremendamente in colpa per avere questo potere su di lui.
Luke mi da un bacio sulla guancia per poi scendere ancora una volta sul mio collo, posizionando le labbra vicino le mie clavicole.
Il suo respiro è caldo e prepotente contro la mia pelle.
"Abbiamo ancora tempo per decidere cosa fare." Mormoro io, inclinando la testa di lato per cedergli più spazio.
Annuisce mentre infila un ginocchio tra le mie gambe, separandomele. La sua bocca torna quindi a tormentarmi, mordendo e succhiando piccoli pezzi di cute fino a quando, con un debole sospiro, gli indico quale è il punto migliore.
Si concentra su quest ultimo, aizzando i miei nervi tesi e mormorando, di tanto in tanto, parole dolci.
"Vuoi essere mia?"
I nostri occhi si incontrano per la terza volta, lasciando entrambi senza fiato. Sono così belli, i suoi, da sembrare irreali.
Uno strato sottile di nebbia glieli offusca, rendendoglieli più profondi e scuri.
"Si."
E così mi mostra i canini, perforandomi la pelle.
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