Rozdział Osiemnasty: Komenda

Diciottesimo capitolo: Comando

𝐒𝐚𝐩𝐢𝐨𝐬𝐞𝐱𝐮𝐚𝐥
𝐢𝐧𝐠𝐥𝐞𝐬𝐞
"𝐜𝐨𝐥𝐮𝐢 𝐜𝐡𝐞 è 𝐚𝐭𝐭𝐫𝐚𝐭𝐭𝐨 𝐨 𝐞𝐜𝐜𝐢𝐭𝐚𝐭𝐨 𝐝𝐚𝐥𝐥'𝐢𝐧𝐭𝐞𝐥𝐥𝐢𝐠𝐞𝐧𝐳𝐚 𝐝𝐢 𝐪𝐮𝐚𝐥𝐜𝐮𝐧𝐨."

La porta di ingresso è di un grigio acceso, con una scritta in giallo: "entrare solo se autorizzati".

Luke lascia la mia mano, facendomi segno di aspettarlo fuori. Lo vedo prendere dalla tasca dei suoi jeans la polvere magica capace di far addormentare chiunque, aprendo successivamente la porta.

Lo aspetto con il fiato bloccato in gola, pregando che vada tutto bene. Inizio persino a contare i secondi prima del suo ritorno e, allo stesso tempo, sento l'ansia farsi lentamente strada nel mio corpo, divorandomi da dentro.

E se andasse male?

Scaccio velocemente quel pensiero dalla mia mente, mordendomi le labbra. C'è bisogno di positività, adesso, e ormai non posso più tornare indietro.

Ho deciso di aiutarli e di tornare, sarebbe sciocco e sconsiderato andarmene proprio ora.
Salto letteralmente sul mio posto quando vedo Luke riaprire la porta, porgendomi un fazzoletto.

"Premilo sul viso, respira attraverso quello. Ora seguimi." Mi dice lui mentre io mi affretto a seguire i suoi ordini.

La puzza fetida di sangue mista al sudore mi invade le narici, facendomi salire un senso di vomito. La guardia che dovrebbe sorvegliare l'entrata è stesa a terra, priva di sensi.

La sola vista accentua il mio voltastomaco ma non faccio nulla per rimediare. Anche perché, cosa potrei mai fare?

Luke afferra la mia mano, guidandomi lungo un corridoio illuminato da luci soffuse e dalle grida dei detenuti.

Li sento battere contro le sbarre e sbraitare frasi in lingue incomprensibili.

"Penso che dovremmo dividerci." Suggerisco io, trovando difficoltà a parlare a causa del panno premuto sulle mie labbra. Luke mi guarda come se fossi pazza, inarcando un sopracciglio. "Non se ne parla nemmeno." Borbotta lui, senza lasciare la mia mano.

Solitamente è una delle idee che detesterei di più ma in questa situazione mi sembra necessario farlo.
Sbuffo, strattonando la mano lontano dalla sua presa.

In questo momento la sua protettività è di intralcio

"Luke, abbiamo poco tempo e non troveremo mai Orion se non ci dividiamo. Non sappiamo quanto siano lunghi questi corridoi, ed Orion potrebbe essere ferito."

La sola idea mi fa avvertire un'altra ondata di ansia. Non ho la più pallida idea di cosa possono avergli fatto e questo mi scombussola.

Luke non sembra estremamente convinto delle mie parole. Il suo sguardo è fisso nel mio, vacuo, mentre tenta di decidere se darmi retta o meno.

Razionalmente capisco che sa che la mia potrebbe essere un'idea vincente ma, purtroppo, deve far conto anche alla parte di lui istintiva.

"Va bene, ma se dovesse succedere qualcosa usa questo. Non possiamo comunicare mentalmente perchè, ecco, non ti ho marchiata, quindi questo è l'unico modo che avrai per contattarmi."

Mi passa un'auricolare, fermando la mano a mezz'aria. Mi scosta poi una ciocca di capelli, mettendomelo all'orecchio.

Il mio primo istinto è inarcare le sopracciglia, chiedergli a quando abbia pensato allo stratagemma degli auricolari ma non lo faccio.
Non serve, non è necessario alla realizzazione del piano e non abbiamo bisogno di perdere tempo.

"Ti basta parlare ed io sentirò, ricordati di usarlo in caso di emergenza."

Il suo tono, nonostante risulti ovattato dal panno, è intriso di preoccupazione. I suoi occhi si muovono a destra e a sinistra con un certo fremito, controllando che non ci sia nessuno.

Per rassicurarlo annuisco e gli rivolgo un piccolo sorriso, dirigendomi verso il corridoio di sinistra. "Tornerò." Provo a calmarlo io.

Non voglio che si senta responsabile per me e che perda la concentrazione. Dobbiamo pensare a trovare Orion, adesso.

Luke mi guarda, annuendo a sua volta. La sua mano torna a sfiorarmi il viso prima di poggiare la sua fronte contro la mia.

Lo lascio fare, dandogli il tempo di metabolizzare ciò che sta succedendo per poi vederlo scostarsi ed avviarsi successivamente a destra.

Mi prendo qualche secondo, iniziando a mia volta ad avanzare. L'odore di sangue si fa sempre più forte e insopportabile e la bile mi sale in gola mentre sento delle goccioline di sudore scendere dalla mia fronte.

Stare da sola in un posto del genere mette i brividi, per questo mi sforzo di lanciare piccoli e brevi sguardi in ogni cella, alla ricerca di Orion, senza mai soffermarmi.

"Tirami fuori da qui!" Sento urlare dalla mia destra. Sobbalzo, puntando la torcia nella direzione dalla quale proviene l'urlo. Nella cella a destra vi è un uomo raggomitolato su se stesso, gli occhi iniettati di sangue. Le sue braccia sembrano incredibilmente sottili, come se un qualsiasi tocco potesse frantumarle.

Le sue labbra sono bagnate da un liquido rosso, presumibilmente sangue, mentre continua a morderle con una forza tale da farmi temere che possa letteralmente strapparsele via. Della bava gli cala dal mento e le sue dita si stringono contro le sbarre che lo tengono confinato.

Profonde occhiaie gli incorniciano il volto incavato, dandogli l'espressione di un morto. Il suo colorito comunica tutto tranne che salute, è infatti irragionevolmente pallido.

Il mio cuore sprofonda un po' più in profondità, la pena che mi trasmette quest'uomo è senza pari. Cosa gli avranno mai fatto? Il pensiero che Orion possa essere nelle medesime condizioni mi fa inorridire, facendomi arretrare d'un passo.

Non dovrei soffermarmi o provare pena, non sono qui per questo, ma non riesco ad impedirmelo. Come è possibile trattare in questo modo un'essere vivente?

Le prigioni, almeno quelle umane, sono dignitose. Ma questi sono luoghi di contenimento allo stremo, con persone incarcerate per chissà quale motivo.

Sento delle mani sfiorarmi i capelli e non riesco a trattenere un urlo di terrore mentre mi affretto ad avanzare con il cuore che batte a mille.

Affretto il passo e tento di rilassarmi, di calmare il mio respiro e di assumere un'espressione neutra.

"E' successo qualcosa?" Sento la voce di Luke nelle orecchie e d'impulso mi costringo ad abbassare il tono di voce.

Non posso di certo dirgli di esser quasi stata afferrata da un potenziale criminale, devo quindi inventarmi una scusa.

"Si, tutto bene, io... avevo visto un topo, tutto qua." Le mie mani tremano dall'agitazione, ma continuo ad avanzare, chiamando Orion. Man mano che avanzo il freddo si fa sempre più pressante sulla mia pelle, facendomi rabbrividire.

Suppongo quindi di star scendendo sempre di più nei sotterranei, l'aria rarefatta ne è la prova.

Mi stringo un po' di più nella giacca che indosso, facendo un altro passo avanti. Il contatto tra il mio piede e il pavimento provoca un rumore strano, abbasso quindi lo sguardo, puntando la torcia sull'area in cui ho sentito il suono.

Sotto al mio piede si estende una macchia scarlatta, viscosa, che mi impregna la scarpa. Ingoio la bile che mi è salita in gola mentre le lacrime iniziano ad inumidirmi gli occhi.

La vista del sangue mi ha sempre scombussolata ma questo, oh questo supera ogni mia aspettativa.

Che diavolo di posto è questo?

Allungo il passo, cercando di far durare il meno possibile quest'esperienza. E se Orion non fosse qua? E se l'avessero trasferito? Spero di no, spero vivamente di no.

"Orion, ci sei? Riesci a sentirmi?" Grido un'altra volta io, sentendomi la gola bruciare per lo sforzo. Inizio a pensare che possa essere nell'altro corridoio, magari Luke l'avrà già trovato.

Il pensiero mi rilassa un po', facendomi distendere un minimo le spalle.

Punto la torcia prima a destra e poi a sinistra, fermandomi per qualche secondo. Nella cella alla mia destra si trova una figura raggomitolata su se stessa, le ginocchia strette al petto e la testa abbandonata sulla spalla.

I miei occhi ne incontrano altri due cerchiati da pesanti occhiaie.

Gli occhi di Orion.

"Orion sono io, mi riconosci?" Sussurro io, con la voce che trema. Posiziono le mani sulle sbarre, accucciandomi anche io a terra per mettermi alla sua altezza.

La sua testa scatta nella mia direzione, mi studia per qualche secondo, come a volersi convincere che io sia reale, e rimane in silenzio.

Riesco a vederlo mentre strizza gli occhi, mettendomi a fuoco.

Non lo spingo ad avvicinarsi, lasciandogli il tempo di metabolizzare la mia presenza. Lo vedo alzarsi lentamente con le gambe gli tremano mentre si avvicina a me. Abbasso leggermente la torcia, lasciando che si abitui all'improvvisa fonte di luce.

"Cosa ci fai qui?" La sua voce è debole, raschiante, come se non parlasse da giorni. Scuoto la testa, frugando nel mio zaino alla ricerca delle chiavi che mi aveva dato Luke. "Siamo venuti a riportarti indietro." Borbotto io, infilando le chiavi nella toppa. Niente, non riesco a girarla.

Orion studia i miei movimenti, come se ancora dovesse assimilare la mia presenza, come se fossi solo frutto della sua immaginazione.

Forse pensa di star avendo un'allucinazione o, ancora peggio, di essere impazzito.

Io, per quanto mi riguarda, non riesco a fermare il tremore delle mie mani. La chiave non entra e nemmeno la seconda vuol saperne di far scattare la serratura.

"Cazzo!" Esclamo io, premendomi il palmo della mano sulla fronte. La serratura deve essere stata cambiata.

La mia mente inizia velocemente ad analizzare la situazione, cercando una qualche soluzione per aprire la porta. "Orion, pensi di riuscire a piegare le barre?"

Da quanto ne so, i Mannari possiedono una forza decisamente fuori dal normale e questo include anche lui.

È dimagrito talmente tanto che, non ne ho dubbi, basterebbe piegarle di poco per permettergli di sgusciare via.

Ma Orion scuote semplicemente la testa, appoggiando la fronte sulle sbarre con aria rassegnata.

"Mi è stato iniettato dell'argento nel sangue, le mie capacità sovrannaturali sono fuori uso per le prossime ventiquattrore."

La sua voce sembra riacquistare un po' di stabilità, ma dalla sua espressione pare anche che ogni parola pronunciata gli provochi un forte dolore.

Trattengo un respiro mentre lo osservo chiudere gli occhi e riprendere le poche forze che gli sono rimaste.

"Va bene, va bene." Appoggio anche io la fronte contro le barre, guardando Orion come se potesse spuntare dal nulla una qualche idea.

E, stranamente, è proprio ciò che succede.

"Orion, ho bisogno che tu ti allontani dalle sbarre. Proverò a fonderle." I suoi occhi si spalancano come se avessi appena detto qualcosa di folle.

Probabilmente non è l'idea migliore del mondo ma potrebbe funzionare, e ho intenzione di aggrapparmi a quel 'potrebbe' con tutte le mie forze.

"Ti sei fatta di qualcosa prima di venire qui? Fondere le sbarre, ma dico: sei pazza?" Mi domanda lui, inarcando un sopracciglio mentre nasconde un sorrisetto.

Almeno non ha perso la sua ironia.

Roteo gli occhi, facendogli segno di allontanarsi. "Ho avuto tempo per allenarmi, in questi mesi."

Non do ulteriori spiegazioni per il semplice motivo che voglio sbrigarmi. Più tempo passiamo qui e più si alza la probabilità che qualcuno ci scopra.

Orion non sembra ancora totalmente sicuro del fatto che io sia seria, o anche solo del fatto che io non sia sotto gli effetti di qualche droga.

Da quello che ho potuto leggere nei libri di magia fornitomi, gli oggetti hanno bisogno di comandi per far si che la magia funzioni.

E' come programmare un computer: per fare in modo che svolga un'azione deve avere un comando ben preciso. Bisogna focalizzare, quindi, la propria mente sull'azione e non sul risultato.

Chiudo gli occhi, visualizzando nella mia testa le sbarre che si fondono, piegandosi verso due lati separati. L'azione viene ripetuta nella mia mente come un disco rotto e sotto le dita riesco a sentire un leggero formicolio.

Non so se sia suggestione o se sia, invece, sintomo di un risultato ma non posso aprire gli occhi. Se lo facessi dovrei iniziare da capo.

"Rozpuść. "(sciogliti, in polacco.)

Lo pronuncio prima ad alta voce, diminuendo sempre di più il mio tono di voce. Sento le mie dita bruciare, ma non posso lasciare la presa.

Il calore si fa insopportabile, ma mi costringo a rimanere ferma, continuando a ripetere lo stesso comando.

Passa poco tempo prima che io inizi a sentirmi indolenzita, con la testa pesante e le mani ustionate.

"Ce la stai facendo!" Sento dire da Orion.

La curiosità mi urla di aprire gli occhi, ma so che non posso o l'effetto svanirebbe. Ancora un po', devo resistere solo un altro po'.

Mi si mozza il fiato quando arriva un'altra fitta di dolore, lasciandomi con le labbra spalancate. Forzo me stessa a non urlare e a tenere, invece, un tono normale.

"Orion ascoltami attentamente, devi passare subito, non appena mi sposto. Mi hai capito?"

Lo sento borbottare un 'si', così prendo un respiro profondo e mi sposto velocemente di lato. Avverto l'impatto dei piedi di Orion contro il pavimento, ed è solo allora che apro gli occhi. Le sbarre sono di un rosso vivido, separate tra loro.

Ancora con il fiatone punto la torcia sulla mia mano, trovandola piena di pieghe e d'un rosso poco confortevole.

"Stai bene?" Chiedo ad Orion, ancora con il fiato mozzato. Lui annuisce, facendo un passo verso di me per stringermi in un abbraccio che sa di ringraziamenti, di mancanza.

Non riesco ad immaginare cosa abbia provato a rimanere qui, da solo, per tutto questo tempo. E nonostante il fortissimo dolore alla mano mi dico che ne è valsa la pena.

Poggia la testa sulla mia spalla e versa qualche lacrima, forse per il male o magari per la felicità, ed io non faccio altro che accarezzargli la schiena.

"L'hai trovato?" Sento la voce di Luke nell'orecchio; ha un tono agitato e il respiro leggermente velocizzato.

Sorrido e do un veloce bacio sulla fronte di Orion, ridacchiando.

"Si, si l'ho trovato."

20 stelline e 4 commenti

Angolo Me:

Avrete notato la mia plateale assenza, purtroppo la scuola mi ha tenuta davvero molto impegnata e non sono stata in grado di aggiornare. Volevo dirvi che, nonostante io ADORI scrivere, la scuola è la mia priorità quindi si, continuerò ad aggiornare, ma non con velocità.

Spero che capiate e continuiate a sostenermi :)

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