Rozdział Dziewiąty: Zdrajcą


Nono capitolo: Traditore.

𝐄𝐥𝐲𝐬𝐢𝐚𝐧
𝐠𝐫𝐞𝐜𝐨
"𝐛𝐞𝐥𝐥𝐢𝐬𝐬𝐢𝐦𝐚 𝐞 𝐜𝐫𝐞𝐚𝐭𝐢𝐯𝐚; 𝐢𝐬𝐩𝐢𝐫𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐝𝐢𝐯𝐢𝐧𝐚; 𝐩𝐞𝐫𝐟𝐞𝐭𝐭𝐨 𝐞 𝐭𝐫𝐚𝐧𝐪𝐮𝐢𝐥𝐥𝐨."

A tavola, pronti per la cena, siamo tutti in un silenzio tombale. Il mio piatto è oggetto del mio sguardo, forse perchè non ho esattamente qualcos'altro su cui concentrarmi. Samael muove con la forchetta la sua bistecca, sembra quasi ispezionarla con sguardo critico.

"Hai cucinato tu?" Mi domanda poi, puntandomi contro la forchetta. Annuisco, poggiando contro lo schienale della sedia. Le mie giornate in questa città si alternano tra casa-libreria-palestra, così quando mi è stato chiesto di prepare qualcosa non ho potuto fare a meno di sentirmi coinvolta.

Non c'è un'attività specifica che faccio, ma cucinare mi ha dato qualcosa per passare il tempo.

"Sicura di non averci messo qualcosa dentro? Qualche veleno, ad esempio." Continua lui, con un fastidioso ghigno sul volto. Inarco un sopracciglio, scuotendo la testa in negazione. Parlo sempre meno, e la cosa pare iniziare a preoccupare Luke.

Parlando di Luke: non si è presentato a cena, in quanto era il suo turno di riordinare la palestra.

"Non mi sorprenderebbe morire, dopo averlo mangiato." Se la ride lui, continuando a tastare la bistecca con la forchetta. "Penso che per oggi farò a meno di mangiare." Finisce lui, scansando leggermente il piatto.

Devo ammettere che non fa davvero nulla, Samael, per nascondere il fastidio che prova nell'avermi attorno. Non che la cosa mi tocchi più di tanto.

Accanto a me Orion si sporge in avanti, lo scatto della sua mano è talmente fulmineo che i miei occhi non riescono a focalizzarlo in tempo.

E' dopo qualche secondo che noto che, tra le dita affusolate di Orion, è stretto il suo coltello, conficcato per metà nel tavolo, tra lo spazio del dito indice e il medio di Samael.

Un centimetro in più e si sarebbe conficcato nella mano di Samael. Deglutisco, mentre vedo Samael riprendere un po' di colore, anche lui pare agitato.

"Hai finito con le tue cazzate?" La voce di Orion è quasi inumana mentre il suo corpo trema lievemente. Mi chiedo come una persona così composta abbia potuto perdere le staffe nel giro di qualche secondo.

"Cos'è, difendi l'umana adesso?" Lo schernisce Samael, ringhiando a sua volta. Mi trafigge con uno sguardo, quasi a voler dare la colpa a me di tutto ciò.

Orion inclina la testa di lato, sorridendo quasi con fastidio. Con le dita cerco la stoffa della sua maglia, tirandola leggermente come ad intimargli di non rispondere.

I suoi occhi si soffermano per qualche secondo sulle mie dita, poi allunga la mano verso di esse, stringendomele.

Non riesco ad interpretare quel gesto, per qualche secondo penso persino che abbia capito e che smetterà di provocare Samael.

Ovviamente, mi sbaglio.

"A quanto pare sei l'unico a non farlo. Pensi che a qualcuno freghi qualcosa della tua insensata avversione per Mönike? Cercherò di scandire bene ogni parola così che tu possa capirmi meglio: lei rimarrà qui, per quanto? Non lo so, ma è meglio che tu lo accetti, altrimenti puoi andartene."

Il tono di Orion è calmo, mentre Samael trema dalla rabbia. Il silenzio torna ad essere il protagonista della serata, così decido di alzarmi, sfilando la mia mano dalla presa di Orion.

"Vado fuori a fumarmi una sigaretta," borbotto io, avviandomi verso l'attaccapanni per afferrare la mia giacca.

Orion fa per alzarsi a sua volta e accompagnarmi, ma mi affretto a fermarlo con un gesti veloce della mano. Lui inarca un sopracciglio, ancora in piedi.

"Vado da sola, se succede qualcosa ti chiamo." Gli dico io, facendolo annuire.
Appena mi chiudo la porta alle spalle, sento il rumore di cocci rotti, e non mi ci vuole tanto a capire che uno dei due, probabilmente Samael, ha gettato a terra il proprio piatto.

Scendo i tre scalini esterni, osservando il modo in cui le stelle colorano il cielo. Una tela blu con schizzi bianchi, questo è ciò che sembra ora il cielo.

Io e mio padre eravamo soliti stenderci in giardino a guardare il cielo, con una tenda improvvisata in cui dormire la notte. Fingevamo di andare in campeggio, nel nostro giardino. Papà preparava la cioccolata calda, e poi la portava fuori.

A me raccontava che gliela aveva regalata una fata dietro un cespuglio, per nascondere il fatto che in realtà era andato in cucina.

Mi mancano quei tempi.

Sfilo dalla tasca della giacca il mio pacchetto di sigarette, compratomi da Orion sotto mia richiesta.

Non sono mai stata una fumatrice incallita, forse è stato Ashton a passarmi il vizio.

Me la accendo lentamente, stringendomi nelle spalle, seduta sui gradini.

Faccio tre tiri lenti, gettando la cenere sul terreno.

"Non posso più farlo.." sento sussurrare. La voce mi pare familiare, per questo lascio perdere la sigaretta per soffermarmi ad ascoltare.

C'è un muretto affianco a gli scalini su cui sono seduta, e da dietro di esso riesco a vedere allungarsi due ombre.

"Ci hai passato informazioni su di loro fino ad ora, che cazzo di è preso?" Questa volta la voce non mi suona familiare, è dura, da uomo.

C'è un momento di silenzio in cui tento di non produrre nessun suono. Dovrei chiamare Orion?

"Ti ho detto di no, Richard. Di a mio padre che il mio lavoro è finito." Parla l'altro, finendo il proprio discorso con un grugnito.

"Cosa vorresti fare? Passare dalla parte dei Ribelli e tradire tuo padre? Ti sai mettendo in testa idee del cazzo, Luke."

Il mio cuore sembra perdere un battito e sussultare, talmente forte che il petto mi duole. Potrei aver sentito male, giusto?

Mi copro la bocca con la mano, respirando più rumorosamente.

"Pensaci meglio." Dice l'uomo, Richard, da quanto ho capito. C'è poi un rumore di passi, e l'ombra torna ad essere una.

Non riesco a trovare la forza di muovermi, e allo stesso tempo i miei occhi non riescono a scostarsi dall'ombra.

L'ombra di Luke.

Quest'ultima si muove, più vicina. Mi muovo automaticamente anche io, afferrando con velocità che non credevo di avere la maniglia della porta. Faccio in tempo a chiudermela alle spalle mentre con la coda dell'occhio riconosco il volto sorpreso di Luke.

Cazzo, cazzo, cazzo!

Orion è ancora seduto al tavolo, i suoi occhi analizzano il mio volto, lo vedo agitarsi sulla sua sedia, quasi come avesse notato qualcosa.

"Stai bene?" Mi domanda lui, mentre le mie labbra tremano, così come le mie gambe.

Luke non è affatto uno dei Ribelli, è probabilmente un informatore per conto del padre.

Non sono più al sicuro.

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