rozdział czternastu: normalność

Quattordicesimo capitolo: normalità.

𝐑𝐞𝐜𝐡𝐞𝐫𝐜𝐡é
𝐟𝐫𝐚𝐧𝐜𝐞𝐬𝐞
"𝐬𝐜𝐞𝐥𝐭𝐨 𝐜𝐨𝐧 𝐜𝐮𝐫𝐚; 𝐫𝐚𝐫𝐨 𝐨 𝐞𝐬𝐨𝐭𝐢𝐜𝐨."

ORION

"Cosa significa che è sparita? Come cazzo ha fatto ad andarsene?!" Urla Luke, sferrando un pugno al muro. I suoi occhi sono sbarrati, dalle sue labbra escono minacciosi ringhi verso Emelie.

Quest'ultima sembra non essere  minimamente impaurita mentre lo guarda, rilasciando un sonoro sbuffo dal naso.

"Ha pensato al luogo in cui sarebbe voluta essere, e penso che tutti qui dentro sappiano che di certo non è questa casa in luogo in questione. Non potevi tenerla rinchiusa per sempre, Luke. È giusto che sia tornata a casa sua." Tuba Emelie, anche lei agitata.

Mi tremano leggermente le mani mentre ascolto con attenzione il diverbio tra i due.

Luke piega leggermente le gambe, come a trattenersi dal saltarle addosso.

"Questa è casa sua, con me." Dice Luke, battendosi una mano sul petto come a voler dar vigore alle sue parole.

Non riesco a far meno di chiedermi se Mönike stia bene, se sia finita davvero nella sua casa nel mondo umano, o se per caso si sia persa da qualche parte. Il solo pensiero mi fa agitare, lo stomaco mi si chiude e mi si crea un groppo in gola.

"Era rischioso tenerla qui, se qualcuno l'avesse scoperta.." Emelie non fa in tempo a finire la frase visto che viene subito interrotta da Luke.

"Io l'avrei protetta!" Urla di rimando.

La loro discussione continua, ma i miei pensieri vanno altrove.
Non riesco ad impedire di provare rabbia, forse fastidio, verso Luke.

Potrei proteggerla anch'io, penso.
Mi tornano in mente le parole di mia madre: "non puoi avvertire la tua compagna, è il lato negativo di essere mio figlio."

Ricordo che si sentì molto in colpa, quasi come se mi avesse privato di un qualcosa di meraviglioso. E forse, è davvero cosí.

Luke si passa una mano tra i capelli, riesco a vedere la vena sul suo collo pulsare e stringe i pugni talmente forte da gat sbiancare le nocche.

Poi si avvia verso la porta, con Emelie che gli urla dietro, confusa ed abbattuta anche lei.

"Dove pensi di andare?!"

"Non sono affari tuoi." È tutto ciò che dice prima di sbattersi la porta dietro di se.

MÖNIKE

I volti sconvolti dei miei due migliori amici mi si parano davanti, occupando la mia intera visuale.

"Come è possibile che tu sia qua?!" Urla Lindsey, con le lacrime agli occhi mentre mi stringe al petto. Sembra tutto irreale, un sogno forse. Com'è possibile?

I ricordi degli allenamenti tra me ed Emelie mi tornano alla mente, e con qualche difficoltà riesco a darmi una spiegazione.

"Linsey lascia che si riprenda, poi ci spiegherà." Dice Ashton, anche lui piuttosto agitato. Riesco a vedere il modo in cui le sue gambe tremano mentre mi aiuta ad alzarmi, dirigendomi verso la stanza da letto, ancora sotto shock.

2 mesi dopo

"Alzati Mönike, Ashton è venuto a prenderti." Le mani callose di mio padre mi scuotono un braccio, facendomi alzare di colpo per lo spavento.

Registro velocemente ciò che mi ha detto, mentre con le mani indolenzite mi infilo lentamente un paio di jeans.

Il mio sguardo non fa a meno di andare a controllare la data di oggi sul display del mio telefono.

9 Dicembre.

Il respiro mi si blocca in gola.
Due mesi, sono passati due mesi.
Sbatto le palpebre, riesco a vedere degli occhi azzurri, cupi ma dolci. Sembra che vi abbiano fuso dentro di essi un pezzo di cielo.

Luke.

Scacciò dalla mia mente il ricordo del suo volto, finendo di prepararmi.
Da quando sono tornata mi è stato quasi imposta una routine. Forse perchè mio padre, da bravo psicologo qual'è, pensa che sia il modo migliore per distrarre la mia mente da ciò che è accaduto sia distrarmi con della azioni quotidiane.

Sono sempre in compagnia, anche se tentano di far passare la cosa come un gesto normale.

Ashton mi accompagna ogni giorno all'università, venendomi a prendere assieme a Lindsey.
Saluto mio padre con un veloce bacio sulla guancia, avviandomi verso la porta.
Il suo sguardo non lascia nemmeno per un secondo il mio corpo.

Paura.

Ha paura che io non torni, che io sparisca di nuovo.

"Ehi bella donzella!" Mi saluta Ashton, agitando una mano verso la mia direzione. Sorrido, salutandolo a mia volta. Lindsey si affaccia dal finestrino anteriore della macchina, mostrandomi uno dei suoi tipici sorrisi a trecentosessanta gradi.

In questi due ultimi mesi Lindsey è stata un'ombra, seguendomi ovunque ed assicurandosi costantemente della mia salute. Devo ammettere che forse fu proprio lei quella più sconvolta nel venire a sapere della mia non umanità, e dei miei poteri.

Una piccola parte di me pensava che, tornando nel mondo umano, ogni mio collegamento con il mondo sovrannaturale si sarebbe interrotta, ma a malincuore devo ammettere che non è stato così.

I miei sbalzi d'umore parono influenzare le condizioni atmosferiche, e la mia percezione del normale si è ampliata. Ogni più piccolo dettaglio mi salta all'occhio, persino le normali emozioni, come se anche esse avessero una forma tutta loro.

Ogni emozione ha un colore ed un'intensità propria, per questo quando percepisco un certo tepore da Lindsey capisco che è felice, mentre Ashton trasmette una sensazione fredda, snervante: fastidio.

"Cosa succede, Ash?" Non riesco a fare a meno di chiederglielo mentre salgo nella sua vecchia scatola di metallo. Ashton sospira, abbandonando la testa contro il volante, senza accennare nemmeno una parola.

"Non ha passato l'esame di medicina." Mi spiega sotto voce Lindsey, mentre io formo una 'o' con le labbra. "Puoi sempre rifarlo, non prendertela, andrai meglio la prossima volta." Gli sorrido, poggiandogli una mano sulla spalla.

Chiudo gli occhi per una manciata di secondi, concentrandomi verso la parte iniziale delle mie dita. Riesco a sentire una scossa gelida propagarsi verso il mio braccio, lasciandomi un attimo spaesata. Apro nuovamente gli occhi, questa volta poggiando anche l'altra mano sull'altra spalla di Ashton.

Tento di immaginare il flusso positivo di energia scorrermi per il braccio, concentrandolo sulle dita.

Una leggera pressione con le punte delle dita e boom: Ashton solleva il viso dal volante, sospirando. Distacco le mie mani dalle sue spalle, osservando con aria critica la sua aura farsi più chiara.

Sono riuscita ad estrarre l'energia negativa dal suo corpo, scambiandola con la mia energia calma.

Ashton mette in moto l'auto, lanciandomi uno sguardo dallo specchietto.

"Lo sai che non mi piace questa cosa del scambiarsi le emozioni, ti fa male." Aggrotta le sopracciglia, tentando di sembrare intimidatorio.

Guardo Lindsey, che con una mezza linguaccia al fidanzato riesce a chiudere la conversazione.

**

"Come è andata questa settimana?" Mi domanda l'uomo seduto davanti a me: Adrien. Non avrei mi pensato, fino a qualche mese fa, che avrei avuto una chiacchierata con il Presidente.

Eppure eccomi qua.

Adrien ha il volto solcato da profonde occhiaie, le mani congiunte in grembo e lo sguardo giovanile fermo su di me. Emana un'aura molto profonda, difficile da analizzare. Ci sono così tante emozioni ristagnanti in lui da rendere difficile capire cosa stia provando ora.

Riesco a riconoscere una sfumatura arancione, la curiosità. Mi pone, una volta a settimana, domande semplici sulla mia giornata, sul mio umore, aprendo lentamente il discorso 'Luke'.

"L'hai più rivisto?" Mi domanda, inclinando la testa di lato. Mi mordo la lingua, impedendo a me stessa di rispondere subito. La verità è che non lo so.

Perchè quando la sera cala la notte, e le ombre diventano le padrone della terra, mi sembra quasi di vedere una figura sulla mia finestra. Riesco a percepire i suoi occhi, talvolta anche il suo tocco.

"No." E' la mia risposta. Lui tira le labbra in un sorriso complice, come a volermi dare apertamente della bugiarda. Ma d'altronde non ha tutti i torti. Non ho mai risposto a nessuna sua domanda.

Ogni qual volta io decida di rivelagli qualcosa mi sorge una sensazione asfissiante alla gola, lo stomaco mi si chiude e rimango in silenzio. E' come se li tradissi, se lo tradissi.

"Quand'è che inizierai a dirmi la verità? Dovresti aver capito che non ho nulla contro di loro." Dice Adrien, enfatizzando sul 'loro'.

Ma io non gli credo, non dal modo in cui la sua voce trema mentre parla dei Mannari, ne dal modo in cui i suoi occhi si incupiscono. Mi chiedo cosa sia successo, nella sua vita, per fargli odiare talmente tanto i Mannari.

"Lui è il tuo compagno, vero?" Il suo tono di voce è più rapido, più affilato. Rimango in silenzio, dubbiosa sulla risposta da dare.

Alla fine annuisco, facendolo irrigidire. Si alza poi dalla sua poltrona rossa, posando la mano grande sulla mia guancia.

"Mi ricordi così tanto lei." Mi dice Adrien, con tono malinconico. Lei? Di chi sta parlando?

"Abbi cura di te." E' l'ultima cosa che mi dice, prima di uscire con passo delicato dal mio soggiorno.

Mi accorgo di aver trattenuto il respiro solo quando si chiude la porta alle spalle.

E' stato strano, e sempre più dubbi mi salgono alla mente. Chi è 'lei', e perchè sembrava così triste?

Scuoto la testa,andando verso la finestra per far cambiare l'aria cupa della stanza.

Sta nevicando. Piccoli fiocchi di neve cadono sul terreno grigio della strada, sugli alberi e sulle macchine, rendendo la città uno spettacolo candido e puro. Un fiocco i cade sul naso, facendomi ridestare velocemente dai miei pensieri.

Alzo quindi lo sguardo verso il cielo, chiudendo successivamente gli occhi. Rimango così per interminabili secondi, sentendo dell'aria calda abbattersi contro il mio collo. Non trovo il coraggio di aprire gli occhi mentre avverto qualcosa di morbido toccarmi la guancia: delle labbra.

Prendo un bel respiro, riuscendo a sussurrare un: "ciao Luke."

Angolo Me:

lo so, ripeto: lo so.

Sono stata assente per mesi, lasciando la storia in pausa. So anche che molti di voi avranno abbandonato la lettura, e mi dispiace ma vi capisco. E' stato davvero un brutto periodo, in cui pensavo di non riuscire a scrivere nulla. Per realizzare questo capitolo ci sono volute settimane intere, e nemmeno mi convince. Spero davvero che resterete con me, con questo libro, per ricominciare.

Mi scuso ancora per l'assenza e ringrazio chi mi ha aspettata!

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