Rozdziale Siódmym: Rana

Settimo capitolo: Ferita

𝐊𝐞𝐧𝐬𝐡ō
𝐠𝐢𝐚𝐩𝐩𝐨𝐧𝐞𝐬𝐞
"𝐪𝐮𝐚𝐧𝐝𝐨 𝐮𝐧𝐚 𝐩𝐞𝐫𝐬𝐨𝐧𝐚 𝐯𝐢𝐞𝐧𝐞 𝐯𝐢𝐬𝐭𝐚 𝐩𝐞𝐫 𝐜𝐢ò 𝐜𝐡𝐞 è 𝐝𝐚𝐯𝐯𝐞𝐫𝐨"

"Ti ho preso un caffè." Mi dice Orion, porgendomi una tazza fumante insieme ad un contenitore di zucchero. Si siede poi davanti a me, anche lui con un bicchiere di caffè davanti. Borbotto un veloce "grazie", osservando la tazza mestamente.

Orion rimane in silenzio per qualche istante, decidendo poi di invadere la mia piccola barriera silenziosa.

"Mi dispiace." E' tutto ciò che dice mentre prende un sorso di caffè, leccandosi le labbra subito dopo. Prendo un sorso anche io, inarcando le sopracciglia subito dopo. "Ti dispiace per cosa?"

Orion si passa una mano tra i capelli corvini, distogliendo lo sguardo con disagio. "Sei intrappolata qui, lontana da casa e dai tuoi affetti, e inoltre so che Luke ti ha detto di essere il tuo compagno. Deve essere spaventoso, e devi sentirti spaesata. Mi dispiace per tutto questo," conclude lui, finendo il suo caffè.

Lo guardo torva, senza trovare qualcosa da dirgli. Le parole represse premono per uscire dalle mie labbra, ma le chiudo ermeticamente, tenendo per me i miei pensieri. Come può questo ragazzo così estraneo essere l'unico a capirmi in questa situazione?

"Non rispondi?" Mi invita lui, inclinando la testa di lato, quasi come se fosse curioso di capire cosa passa tra i miei pensieri. "Hai ragione." E' l'unica cosa che riesco a dire, mentre lui aggrotta le sopracciglia, ancor più confuso.

"Cosa?"

"Ho detto che hai ragione! Sono spaventata, sono fottutamente terrorizzata. Sono tre giorni che svegliandomi spero di rivedere le pareti della mia stanza, che mi nascondo tra le coperte per il timore di non poter tornare più indietro. E tutto questo non sembra abbastanza ai vostri occhi. So come mi guarda Samael, o Mary, sembrano pensare che mi comporto da bambina." Il respiro esce a fatica dalle mie labbra, e non c'è più la tristezza, ma solo un'enorme rabbia.

Orion non mi interrompe, eppure le sue dita si stringono attorno la gamba del tavolo, come se si stesse trattenendo dal consolarmi.

"E' da bambina sentirsi spaventata? E' da bambina pregare di tornare a casa? E Luke, oh Luke, come potrei dimenticarmi di lui? Io sono la sua compagna, a quanto dice. Ma sai cosa? Sono io a scegliere chi amare, ed io soltanto. Non sono una proprietà, ne qualcosa che puoi possedere. Sono l'unica padrona della mia vita e del mio cuore, e non intendo rimanere bloccata qui. Quindi si, Orion, hai ragione. Sto cadendo a pezzi dopo solo tre giorni, e mi sento così debole."

Il discorso mi ha stremata, così tanto che le gambe mi tremano e sono costretta a risedermi sulla sedia, accorgendomi di aver versato un po' di caffè sulla maglia. Ma non mi interessa, l'unica cosa su cui riesco a concentrarmi è lo sguardo sconvolto di Orion.

Schiude le labbra e si alza, avvicinandomisi.

Il primo istinto è quello di ritrarmi, ma non lo faccio. La sua mano si posa sul mio mento, alzandomi il viso. Si inginocchia poi davanti a me, rilasciando un piccolo sospiro. "Avere paura non significa essere deboli, capisci? Ma ora hai bisogno di essere forte, se vuoi tornare a casa. Sii forte, perchè nessuno lo sarà per te."

La sua mano si posa sulla mia guancia, lasciandomi una lieve carezza per poi alzarsi, come se avesse sentito qualcosa.

Un secondo dopo nella stanza fa irruzione Samael che, con un mezzo sorriso, ci comunica di entrare.

"La Strega ti sta aspettando, non provocarla e non parlare se non sei interpellata." Mi dice Samael, battendomi una mano sulla spalla per spingermi verso la porta. Orion inclina la testa di lato, rivolgendomi un mezzo sorriso.

Entro quindi nella stanza, deglutendo aspramente. Riconosco il ciuffo biondo di Luke che, seduto, si passa una mano tra di esso. Passa poi lo sguardo su di me, fermando la mano tra i capelli per poi distogliere velocemente lo sguardo.

"Vieni avanti, cara." Sobbalzo, portandomi una mano sul cuore per lo spavento. Una donna di mezza età sbuca da dietro le mie spalle, sorridendomi divertita. Il fiato mi si blocca in gola quando mi prende la mano, portandomi a sedere.

"Mettiti comoda, i tuoi amici mi hanno detto del tuo piccolo problema." Mi dice lei, con voce sempre più morbida, sedendosi davanti a me. Si sporge un po' di più verso di me, questo fin quando Luke le ringhia contro, intimandole di non avvicinarsi più del dovuto.

"Non sono miei amici." Preciso io, facendo posare i loro sguardi sulla mia figura. Il sorriso della donna cade mentre si poggia totalmente allo schienale della sedia. Incrocia le braccia, sospirando come se fosse sollevata della mia frase.

"I Mannari non sono creature amichevoli, probabilmente starai avendo problemi a relazionarti con loro." Mi sorride, per poi guardare Luke. Eppure non riesco a considerarla come una presunta alleata, come qualcuno che possa in qualche modo capirmi. Luke si esibisce in un verso di scherno, come a voler smentire le parole della Strega.

"Il mio problema non è nel creare una relazione con loro, il mio problema è riuscire a tornare a casa." Rispondo io, portandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Lei annuisce, quasi dispiaciuta, chiedendomi di tenderle la mano.

Faccio come da lei richiesto, mentre Luke raddrizza la sua postura. Riesco a vedere l'agitazione nei suoi occhi farsi strada in tutto il suo corpo. Fa quasi tenerezza vederlo abbandonato su quella sedia mentre silenziosamente mi prega di restare.

"Farà male." Mi dice lei, per poi affondare il dito indice nel palmo della mia mano destra. Mille scariche elettriche si diffondono nel mio corpo, scuotendomelo fino a farmi mancare il respiro. Sbarro gli occhi e serro le labbra, trattenendo le grida. E' quando le scariche diventano incontrollabili che lascio che dalle mie labbra scappi un grido.

Il primo di una lunga serie.

Luke si alza di scatto dalla sua sedia, rovesciandola e facendola sbattere al terreno mentre si avvicina minaccioso. "Non avvicinarti, non ho finito." Intima la Strega, fermandolo con un gesto della mano.

Il corpo di Luke si blocca, non muove nemmeno un muscolo. E troppo presto capisco che la Strega lo sta tenendo fermo tramite la sua magia.

Le sue dita tracciano simboli roventi sulla mia pelle, riesco a vedere cerchi rossi apparire sul mio braccio, fin quando il dolore non esplode tutto assieme.

I suoi occhi si fermano sotto al mio collo, dove sono sicura si sia ingrossata la vena, e sembra quasi stupefatta. Boccheggia un attimo, sciogliendo poi la presa dal mio polso. Il dolore si dissolve lentamente, eppure il mio corpo sembra estremamente debole.

Riesco a sentire il sudore bagnarmi la pelle ed i segni che aveva tracciato la Strega bruciare. "Tu non sei umana." Dice lei, in un sussurro. La notizia sembra non scalfirmi esternamente, sono troppo debole anche solo per simulare una qualche espressione facciale. Ma dentro, oh dentro, c'è un'esplosione di emozioni.

Com'è possibile?

Luke riesce finalmente a riprendere possesso del suo corpo mentre in un secondo mi raggiunge, osservandomi come se provasse il mio stesso dolore. Mi passa una mano tra i capelli, legandomeli velocemente, mentre con un fazzoletto in stoffa mi asciuga la fronte, lasciando piccoli baci sul mio viso.

Tramite essi lascia uscire piccole scariche d'energia, che servono a lasciare il mio corpo in una sensazione di calma. La sua energia pare stordirmi leggermente, ma contribuisce anche ad alleviare il dolore.

"Se non sono umana, allora cosa sono?" Boccheggio io, sentendo la gola bruciare per lo sforzo. La Strega si sfrega la mano, come se anche lei fosse stata ferita dal contatto con me.

"Una fata. Ho riconosciuto il volto di Wanda, tua madre. Fu portata via a te e tuo padre. Hai i suoi geni. Le Fate possono passare le barriere se esercitano la loro magia. Questa è la mia risposta, ora farete meglio ad andare."

**

"E' troppo pericoloso lasciarla andare." Sento mormorare al di fuori della mia stanza, la voce è quella di Luke, ovviamente. Le risposte datemi dalla Strega sono ancora impresse nella mia mente. Come faceva a conoscere il nome di mia madre? Ma, sopratutto, mio padre non ha mai accennato ad una cosa simile.

A quanto ne so io, mia madre è morta per un cancro. Eppure la verità sembra non essere quella. Ma io sono umana, almeno di quello pensavo d'esserne sicura. Come posso voler capire quale è la realtà se fino ad oggi persino la mia natura era una bugia?

Una parte di me, quella più sconsolata, mi suggerisce che magari nemmeno mio padre ne era al corrente, eppure è un'utopia.

Dopo la visita alla Strega, Luke mi ha caricata in braccio, portandomi fuori da lì negando a tutti gli altri di toccarmi, e negandomi di camminare da sola in quanto a detta sua ero troppo debole. Ed era vero, la forza nelle gambe nemmeno la sentivo, eppure stare tra le sue braccia era un qualcosa di così strano che quasi mi arrecava fastidio.

"Non possiamo tenerla qui!" Questa volta la voce è di Samael, che urla imperterrito. Ovviamente l'idea del mio soggiorno lì non lo aggrada, ma lo capisco, ed ha ragione. Riesco ad avvertire due ringhi e, inizialmente, penso siano Luke e Samael che si ringhiano contro, eppure realizzo solo dopo che Luke ed Orion sono le fonti di quei ringhi.

"E' la tua compagna Luke, mi sta bene, ma non possiamo permetterci di rischiare così tanto. Lei deve andarsene." Sono le ultime parole di Samael, poi sento la porta della mia stanza aprirsi.

Sobbalzo all'indietro, portando le mani dietro la schiena, tentando di assumere un aspetto non colpevole. Peccato che sono sicura che lui già sappia che ho mentito. Luke è infatti davanti alla porta, che mi guarda con un mezzo sorriso ed un sopracciglio inarcato.

"Non ti hanno mai insegnato a non origliare le conversazioni altrui?" Mi domanda lui, pizzicandomi il naso, tentando di simulare un'espressione seria. Ammutolisco, sfregando i piedi sul pavimento.

"Dovresti riposarti un po', sono sicuro che questa sia stata una giornata dura per te." Mi passa una mano tra i capelli, portandomeli dietro alle spalle.

Oh, non immagini quanto.

"Forse hai ragione," borbotto io, sdraiandomi svogliatamente. Ma Luke non esce, chiude invece la porta della mia stanza, sedendosi sopra il letto, al mio fianco. "Cosa ci fai ancora qui?" Gli chiedo io, invitandolo ad andarsene.

"Prima ti sei svegliata di soprassalto, forse per un incubo. Quindi rimarrò qui fin quando non ti sarai addormentata."

Replico per i seguenti cinque minuti, ma lui mi ignora, continuando ad accarezzarmi la guancia e a sussurrarmi di dormire. Sbuffo quindi, infastidita, arrendendomi. La sua energia mi scorre addosso, è una sensazione calda, che sa di protezione.

Mi ricorda le notti in cui, da bambina, dormivo con mio padre. Le sue labbra scendono sulla mia fronte, e le sue dita continuano le loro carezze sul mio braccio.

"Non me ne vado, io resto qui."

30 stelline e 8 commenti per il prossimo capitolo

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