Pierwszy Rozdział: Mönike


Primo capitolo: Mönike

𝐀𝐩𝐨𝐝𝐲𝐨𝐩𝐬𝐢𝐬
𝐠𝐫𝐞𝐜𝐨
"𝐬𝐯𝐞𝐬𝐭𝐢𝐫𝐞 𝐦𝐞𝐧𝐭𝐚𝐥𝐦𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐮𝐧𝐚 𝐩𝐞𝐫𝐬𝐨𝐧𝐚."

MÖNIKE

Ashton mi apre lo sportello del rottame a cui sembra tenere così tanto, lanciandomi un'occhiataccia quando mi siedo pesantemente sul sedile del passeggero. "Fai piano!" Sbuffa lui, aiutando Lindsey a salire.

Lo poveretta, dopo un'intensa sessione di drink, probabilmente si starà chiedendo se è lei che si muove o se sia il mondo a girare più velocemente del solito.

I suoi occhi si soffermano sul fidanzato, Ashton, mentre si porta una mano alle labbra. Sono piuttosto sicura che debba vomitare e, dal modo in cui guarda il cruscotto, capisco che sta decidendo il posto più adatto per farlo.

"Amore, sai che ti amo ma tu prova a sporcarmi i sedili e io ti metto nel bagagliaio." I due si guardano con aria di sfida e conoscendo Lindsey so che si indurrebbe al vomito solo per dar fastidio ad Ashton.

"Andiamo, Ash, questa macchina è un catorcio e puzza già di suo. Del vomito non peggiorerà di certo la situazione." Intervengo io, sfregandomi gli occhi mentre mi tappo il naso per dare più enfasi al mio discorso.

Discorso di una ventiduenne decisamente non sobria, sia chiaro.

Ashton, che nel gruppo è decisamente l'unico in grado di guidare, o almeno di riconoscere il manubrio, sbuffa pesantemente per poi posare una mano sulla vernice scolorita dell'auto.

Persino il colore mi ricorda quello del vomito.

Sono dell'opinione che quest'auto crollerà, prima o poi, per strada, sempre che Lindsey non decida di prenderla a mazzate prima che accada.

"Non voglio decisamente ascoltare i pareri di due ventiduenni senza patente." Sale quindi al suo posto, mettendo in moto l'auto. Il rumore che produce mi fa deglutire pesantemente e decido quindi che è il caso di allacciarmi la cintura.

Ashton parte con velocità e non è di certo il massimo vista la non sobrietà delle sue due passeggere. Lindsey si tappa la bocca, trattenendo il conato mentre si massaggia la testa.

L'auto continua la sua veloce e traballante corsa sulle strade nuove di zecca della città, sfidando il mio stomaco a rimettere.

Il fatto è che lo farei, e anche volentieri, se non avessi la tremenda paura di venire accoltellata nel sonno da un Ashton furioso.

La sua macchina non si tocca, non si sporca e non si riga. Questa è una delle prime regole da seguire per essere suoi amici.

Fortunatamente per me il tragitto dal locale a casa mia è breve, una decina di minuti come massimo. Non ho la più pallida idea di come farà Lindsey a resistere fino a casa sua.

Potrei invitarli da me, certo, ma l'ultima volta che l'ho fatto sono finita con Ashton sulla mia lavatrice e Lindsey a guardare l'acquario in trans.

Il quartiere in cui abito è buio, illuminato solo da due lampioni, e in giro non si vede nessuno. Fa parte della frazione di città più vecchia, è infatti risalente agli anni prima della rivoluzione.

Il governo ha dovuto apportare numerose modifiche per renderla di nuovo agibile ed ora, nonostante alcune case che fanno da eccezione, è decisamente moderna.

Ashton ferma velocemente l'auto, sbalzando Lindsey in avanti.

"Porca puttana, Ashton, quanto hai pagato il tuo istruttore per darti la patente?" Urla lei, aprendo la portiera dell'auto per vomitare in una delle aiuole del mio appartamento. Guardo con dispiacere le piante, sospirando. E' la terza volta, questa settimana.

Apprezzo il fatto che sia riuscita ad inveire contro il ragazzo prima di svuotarsi lo stomaco. E pensare che mio padre si da tanto pena nel capire il perché le sue belle aiuole non crescano nel modo giusto.

Ashton inarca un sopracciglio, forse offeso, e inizio a pensare che stia davvero tentando di rammentare quanto ha pagato l'istruttore.

La fortuna delle persone come lui è l'avere un conto bancario grande quanto casa mia; per lui è semplice ottenere molte cose. Ma tra queste non c'è una macchina nuova.

Qualche volta non capisco se abbia un legame affettivo con quel rottame o se semplicemente non voglia spendere soldi.

"Vuoi che ti accompagni fino a dentro, Mönike?" Mi domanda lui, guardando accigliato in direzione del mio appartamento. Scuoto la testa, sorridendogli.

Lindsey sta davvero male e preferisco che vada dritta a casa; non vorrei che vomitasse ancora sulle mie aiuole o sul mio vialetto.

L'ultima volta ho dovuto pulire alle quattro di notte e, fatemelo dire, non è stato piacevole.

La barriera che divide questa città da quella Mannara è a cinque passi dalla siepe in cui Lindsey ha vomitato, e la cosa sembra preoccupare sempre di più Ashton.

Per questo mi domanda se voglio compagnia.
Come quasi ogni umano non si fida dei Mannari, e lo capisco, a tal punto da rabbrividire ogni volta che entra nelle vicinanze della barriera.

Eppure, ogni volta che esco di casa e incontro gli occhi di un Mannaro, al di là della barriera, non posso fare a meno di provare un moto di interesse.

Il modo in cui i loro occhi si soffermano su di me, squadrandomi con attenzione, quasi come a volermi studiare mi incuriosisce.

Per loro sono un'incognita tanta quanto lo so sono per noi umani. Ci guardiamo alla ricerca di differenze fisiche evidenti, cercando di capire cosa ci differenzi.

La loro camminata fiera, la corporatura possente che hanno e lo sguardo glaciale sono le cose che ho sempre notato di loro.

Mi chiedo cosa pensino di me, se il mio modo di camminare sia estraneo per loro o se lo sia il mio aspetto. Paragonandomi alle ragazze Mannare posso dire che si, sono diversa da loro.

Tutte coloro che ho visto, dall'altra parte della barriera, hanno fisici ben delineati, corpi formosi e tratti del viso squadrati e duri.

Hanno però uno sguardo dolce, quasi sempre materno, e ci osservano come se fossimo tutti degli infanti. Forse per il fatto che vivono più degli umani o perché, sotto sotto, ci considerano dei bambini.

Mi è capitato, molti anni fa, quando avevo quindici anni, di sedermi dinnanzi alla barriera ed aspettare.

Non ricordo cosa, o chi, stessi aspettando, rammento però d'essermi sentita attratta. I miei piedi si erano mossi da soli verso la barriera ed ogni qualvolta tentavo di alzarmi per tornare a casa, il mio corpo sembrava venir pervaso da una tale quantità di energia rilassante da non permettere ai miei muscoli di contrarsi per permettermi di alzarmi.

Rammento di esser rimasta lì per minuti interminabili a scrutare il mondo oltre la barriera, fino a quando quell'energia era divenuta insopportabile.

Il formicolio alle braccia, la pelle d'oca e il battito feroce del mio cuore sono sensazioni che non penso dimenticherò mai.

Non ero la sola a sostare dinnanzi alla barriera, dall'altra parte vi era infatti un giovane, sicuramente più grande di me, con gli occhi azzurri.

Sembrava che un pittore avesse rubato il colore al cielo per dipingere una tempesta nei suoi occhi.
E so che questa frase può sembrare poetica o troppo romantica, ma è esattamente ciò che pensai.

Si sedette anche lui con le mani che tremavano e le labbra schiuse. Ricordo il suo spostamento verso di me, verso la barriera, mentre ci poggiava la fronte sopra.

Realizzai solo dopo, vedendo le sue narici allargarsi e le sue labbra spalancarsi, che mi stava annusando. Il primo istinto fu quello di ritrarmi, ma non lo feci. Penso che, all'epoca, fossi troppo piccola per capire la potenziale pericolosità del momento, così agii da ragazza quindicenne quale ero e posai anch'io la fronte sopra la barriera fredda.

Il contatto con la superficie fu freddo a tal punto da farmi ritrarre di scatto. Non potrò mai dimenticare il suo ringhio quando lo feci, ne le sue mani che con forza si erano scagliate sulla barriera, quasi a volermi afferrare.

Quasi per portarmi di nuovo più vicina a lui.

Ashton arrivò subito dopo, trascinandomi via da lui. Ricordo che passò un mese prima che mi permettesse di entrare in casa senza il suo controllo.

Ad oggi penso che fossimo solo due ragazzi curiosi l'uno dell'altra, troppo assorti dalla scoperta per capire che non era il caso di avvicinarci così tanto.

Torno bruscamente alla realtà quando la mano di Lindsey si abbatte contro la mia spalla, facendomi barcollare. "Sei sicura? Ashton può venire con te se vuoi, io non entro perché credo che potrei vomitare sul tuo gatto. Bessie non si merita il mio vomito," Mi dice lei, indicandomi il suo ragazzo per poi lanciare uno sguardo barcollante al mio palazzo.

Già, leggendo tra le righe deduco che si: il mio gatto non lo merita ma l'auto di Ashton si.

Le sorrido per poi scompigliarle i capelli di un forte rosso tinto. I ricci che si era fatta per andare al locale sono ormai andati, dandole l'aria di un piccolo leone ribelle ma con la nausea.

Ho sempre ammirato la sua stravaganza, il suo amore per la diversità e per i colori intensi. La rispecchia in un modo totalmente personale.

Credo che persino Ashton sia stato attratto da questo lato di lei.

"Il mio portone è proprio qui davanti, okay? E poi Bessie mi fa la guardia a casa," provo a scherzare io, strappando ad entrambi un sorriso. Inoltre, Ashton deve prima di tutto prendersi cura di Lindsey che, tra le due, è sicuramente la più ubriaca.

"Per qualsiasi evenienza chiamami, va bene? E se non te la senti di dormire da sola puoi venire a dormire da noi. Ci guardiamo un film, fumiamo una sigaretta e poi puoi dormire con Lindsey nel nostro letto, io posso stare sul divano."

Ashton cerca di persuadermi in tutti i modi, proponendomi una gran bella serata.

"Domani devo andare in facoltà, ho cinque ore di sonno prima che la mia sveglia suoni, non posso proprio." Lui sbarra gli occhi, sorpreso. "Oh è vero, tu e letteratura siete due costanti." Mi sbeffeggia lui, aprendo lo sportello della macchina per poi salire.

"Così come te e la matematica."

Gli rivolgo un veloce occhiolino mentre osservo Lindsey annuire vigorosamente. Lei ha sempre odiato la matematica, tanto quanto me, e al momento della scelta per la facoltà decise di venire a studiare lettere con me.

Purtroppo per me pare che nemmeno quell'indirizzo la soddisfasse, non mi sorpresi troppo quando lasciò.

Ashton non replica, troppo impegnato ad allacciare la cintura ad una Lindsey in condizioni piuttosto pietose. Li saluto mentre Ashton mette in moto, accendendo i fari per illuminare la strada, fin quando non spariscono.

Abbasso la mano, stiracchiandomi. L'odore del vomito di Lindsey sembra voler avvolgere tutta la stradina, così mi affretto ad avviarmi verso il portone dell'appartamento. La barriera, con questo buio, quasi non si vede. O forse sono io che sono troppo ubriaca.

Le chiavi mi sfuggono di mano nell'esatto momento in cui sento qualcuno schiarirsi la gola e dei mugolii soffusi propagarsi attorno a me. Volto lo sguardo alla mia destra, cercando per la strada colui che continua a gemere e tossire.

C'è un uomo a terra, con gli occhi sbarrati ed una mano premuta contro la spalla. Assottiglio gli occhi, cercando di capire cos'ha. Non riuscendo a vederlo bene, a causa del buio, afferro velocemente il telefono, rifiutandomi di avvicinarmi subito. Accendo la torcia e per poco il telefono non mi cade per terra, il che sarebbe davvero un bel problema.

L'uomo viene attirato dalla luce che emana il mio telefono, volta così lo sguardo verso di me e per qualche secondo il suo respiro si calma.

Forse adesso devo vomitare.

Mi soffermo sulla chiazza rossastra attorno alla sua spalla, non sapendo che fare.

"Stai bene?" Gli domando, pentendomene subito dopo. L'uomo alza un sopracciglio, senza però rispondermi.

Ovviamente non sta bene ma altrettanto ovviamente io non sono nel pieno delle mie facoltà mentali.

Faccio quindi un passo verso di lui e poi un altro fin quando non ci separano solo due passi. Analizzo meglio la ferita, senza però avvicinarmi troppo.

La sua mano è completamente zuppa di sangue mentre la preme con veemenza sulla ferita, tentando di fermare il flusso. Deglutisco forzatamente, allungandomi verso di lui.

Credo di aver visto una scena simile in qualche serie tv, magari dovrei solo fingere di sapere cosa fare. Nei film funziona.

La sua mano scatta verso la mia, provocando bizzarre scintille bluastre. Tutto il mio corpo sembra venir pervaso da scariche elettriche intense mentre mi sento tirare verso di lui. L'aria mi si blocca in gola per due secondi, poi sbatto le ginocchia sul pavimento gelido.

Ansimo, sempre più confusa, pizzicandomi il braccio per controllare di non star sognando.

Mi dico che è per colpa della sbronza eppure tutto mi sembra così reale e ben distinto, come se avessi smaltito nel giro di due minuti tutta la quantità d'alcol che avevo in corpo.

Poso lo sguardo sul mio braccio, trovandovici la mano sudata dell'uomo dai capelli biondo cenere. Tiene gli occhi chiusi ermeticamente, stringendomi il braccio e scaricando il dolore su di esso. Mugolo per il male quando stringe troppo la presa e strattono quindi il mio braccio, liberandolo dalla sua presa.

Le sue dita si muovono agitate sul pavimento, tastandolo, quasi come se cercasse di nuovo un contatto con me. Mi sposto velocemente, alzandomi piuttosto traballante.

Devo fare qualcosa per aiutarlo, penso io, afferrandolo da sotto le ascelle per farlo poggiare di schiena ad una colonna di un bianco sbiadito.

Gli sposto delicatamente la mano che tiene sulla ferita, analizzandola. Non so minimamente cosa fare o come aiutarlo.

"Porca puttana, lo sapevo che dovevo scegliere medicina." Borbotto io, sfilandomi velocemente la giacca per avvolgergliela attorno alla ferita. L'unica cosa che so è che devo fermare il flusso del sangue, ma così rischierei di fargli andare in cancrena il braccio.

"Devi aiutarmi, okay? Devi provare ad alzarti, dobbiamo cercare aiuto." Gli dico io, afferrandogli il volto tra le mani per farlo concentrare su di me. Cerco di scandire al meglio le mie parole, ma lui non accenna nemmeno una risposta.

Sospiro pesantemente, scivolando alle sue spalle per poi tirarlo su da un braccio. L'uomo sembra sforzarsi di restare stabile sulle gambe, questo significa che almeno in parte mi ha sentito. Il mio sguardo cade sulla sua gamba, totalmente messa male ed in una posizione che non è assolutamente normale.

lCredo che la tua gamba sinistra sia rotta, quindi poggia tutto il peso sulla destra e appoggiati a me." Gli dico io, sporgendomi verso di lui. Lo vedo annuire con estrema lentezza, così muovo il primo passo.

Lo sento grugnire dal dolore ma non si lamenta ulteriormente mentre sento il suo sangue sporcarmi il top. "C'è qualcuno? Ho bisogno di aiuto, c'è un uomo ferito qui!" Urlo io con tutta la voce che ho. Nessuno.

Prendo quindi un altro respiro e faccio l'ennesimo passo, cercando di confortare minimamente l'uomo con qualche carezza. Non deve avere più di trent'anni, cosa diavolo avrà fatto per farsi ridurre così?

"Aiutatemi, vi prego!" Questa volta prolungo le parole, scandendole meglio e alzando più che posso il volume di voce. Sento la gola bruciarmi per lo sforzo ma non mi fermo, continuando ad urlare mentre cammino e portandomi addosso l'uomo.

Vedo delle luci accendersi nei palazzi e sorrido, sperando che presto venga qualcuno ad aiutarci. Non posso lasciarlo per strada, oltre al peso morale che mi porterei addosso c'è l'infrazione della legge, che decreta che in caso di urgenza si deve prestare soccorso.

Non che io possa fare molto se non urlare.

La voce dell'uomo ferito arriva gracchiante e stanca alle mie orecchie, eppure sembra essere così vellutata al tempo stesso. "Mi uccideranno. Devi..." il suo respiro si fa più agitato per la fatica mentre si piega un po' più su stesso, rendendomi difficile tenerlo in piedi.

"Nessuno vuole ucciderti, sto chiedendo dannatamente aiuto!" Gli urlo contro io, ansimando. Mi guardo intorno, cercando di riconoscere le case del mio quartiere. Eppure più le osservo e più mi accorgo con orrore che non sono affatto le case affianco alla mia.

Giro la testa, puntando la torcia dietro di noi. Il mio cuore sembra perdere un battito quando mi accorgo che il mio appartamento è lontano almeno cinque metri, e che mi trovo dall'altra parte della barriera.

Inorridisco, lasciando quasi cadere a terra l'uomo.

Ho passato la barriera.

Angolo Me:

Primo capitolo! Per chi è qui grazie a Beauty and the Beast: grazie, per chi sta leggendo per la prima volta consiglio caldamente di leggere prima Beauty and the Beast per una miglior comprensione.

Fatemi sapere cosa ne pensate di questo primo capitolo!

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