Cap.XXXXVIII
Bramante si sfrega gli occhi e un po' stordito, guarda la mano aperta davanti a se: bianca, sottile ma piena di graffi.
- Allora? - Moira è lì in piedi ad aspettare con le braccia conserte, decisa nella sua scelta.
- Cosa aspetti a scendere da questa cavolo di auto? -
- Questa non è la prigione. Dove mi hai portato? -
Per niente stupita dalla domanda, la ragazza fa un mezzo sorrisino di sfida. E per un attimo il padre la guarda intimorito da quella strana sicurezza.
- Hai ragione mio caro padre. Questa non è la prigione. È molto peggio: qui farai i conti con Dio in persona. Io ti ho portato direttamente di fronte al purgatorio... Ora continua tu. -
Con la mano fa cenno al padre di scendere, tanto non la stringerà mai, orgoglioso com'è. Ma a lei questo non importa più.
Lui ancora non scende. Guarda fisso la struttura bianca e semi nuova, e l'insegna con scritto: La casa del Signore nostro Dio.
Una risata sonora disordina l'atmosfera della situazione. Il Signor Bramante è evidentemente divertito...
- Cavolo figlia mia! Sei proprio brava a scherzare!! Dove mi hai portato?! In un oratorio?! Ha ha ha ha!! La casa del Signore nostro Dio!! -
- Io non riderei se fossi in te. - Dice Moira senza scomporsi minimamente. Il padre allora diminuisce gradualmente la sua inopportuna risata, fino a che non si rende conto che la figlia è davvero seria. Inizia a pensare al peggio...
- Ora non riderai più mio caro padre. Lo sai? -
- Io so solo che ho ucciso tua madre e tu non mi stai portando in prigione Moira. -
In quel momento la ragazza scruta il padre da capo a piedi e senza rispondere chiama Davide.
- Puoi venire ora! -
Davide arriva in mezzo ad un esercito di uomini grossi con camici bianchi e attrezzature strane tra le mani. Sono in otto... Tutti con volti seri e duri. Altro che oratorio! Bramante capisce al volo e con un balzo atletico esce dall'auto.
- Sta scappando! Sta scappando!! - Urlano gli uomini col camice mentre iniziano a correre.
- Fermo! Tu non vai da nessuna parte!
Moira lo prende per la maglia e con uno sgambetto lo fa cadere a terra.
Gli uomini lo bloccano a terra. Tirano fuori le loro attrezzature e lo legano su di un lettino portato fuori da un altro uomo in giacca e cravatta.
- Salve Bramante. Io sono Leonardo e sono il proprietario della casa del Signore nostro Dio. Lei espierà qui il suo peccato per tutta la vita. Questa è una struttura legale, a norma di legge, con un piccolo particolare: qui lo stato non esiste. Traduzione: non ci sono sconti di pena o buona condotta. Gestisco tutto io con i miei uomini. Mi creda... Preferirà essere in prigione da ora in poi.
Bene. Portatelo dentro. Spiegherò tutto alla figlia che diventerà sua tutrice. -
Tutto il mondo di Bramante cade in pochi secondi. Su quel lettino si divincola ancora con forza ma dentro di sé non grida più. Sa che è arrivata la fine della sua vita e l'inizio dell'inferno.
- Grazie figlia mia. -
Scompare tra i camici bianchi e le mura candide della Casa di Dio.
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