Cap.XXXXIII
Quando Gabriele si trova di fronte a Moira nota una piccola ferita sul suo labbro; c'è una goccia di sangue che sta per scendere. Istintivamente la raccoglie con la morbidezza delle sue dita, le stesse che fino a pochi minuti prima avevano percosso il padre di lei. Un triste pensiero gli muta l'espressione e il motivo è chiaro. Quel lieve sfregio non avrebbe mai e poi mai dovuto trovarsi sul volto di Moira.
- È tutta colpa mia. - Le accarezza il labbro insistentemente come se quel gesto potesse cancellarle la ferita.
- E solo un graffio, guarirà. -
- Si ma tutto il resto? Io ti ho sfregiata dentro! Tutto questo non posso cancellarlo o guarirlo!
- Non dire così. - La mano di Gabriele è ancora li adagiata sulla sua guancia. - Non devi. -
Sussurra appena muovendo il viso sotto le sue dita roventi. Con le labbra cerca di sfiorare la sua mano. Lui le sente e sono impetuose. Dentro al corpo si scatena un tremore che lo percorre da capo a piedi. - Ti prenderei all'istante Moira. - Gli trema anche la voce. Sta per perdere il controllo. - Però non posso. Ora ti libero. Ti chiedo di rimanere ferma mentre spezzo le catene. - Lei annuisce un po' delusa. - Ok grazie. -
Davide ed il maggiordomo tengono a bada Bramante.
- Dobbiamo fare qualcosa prima che si svegli. Quest'uomo è impazzito. Se si risveglia ci uccide. - Volgono uno sguardo dubbioso verso Moira. Ma lei li rassicura.
- Tranquilli non vi ucciderà. -
Poi al maggiordomo viene un'idea.
- Ecco cosa faremo. - Si toglie la camicia ed inizia ad arrotolarla. Poi prende le braccia del suo padrone e gliele appoggia sul ventre. - Lo leghiamo. -
- Presto! Già si sta muovendo! - Dice Davide allarmato. Intanto l'uomo lega ben strette le mani di Bramante.
- Ragazzi una sola camicia non basta! -
Gabriele non esita un solo istante. Anche lui si toglie la camicia. - Forza, sbrigatevi! - La lancia a Davide il quale rimane interdetto alla vista di quei pettorali. - Smetti di guardarmi e legalo! - Lui scuote la testa. - Si, giusto! -
- Se potessi decidere lo legherei con queste stesse catene. - Gabriele punta l'indice sui polsi di Moira; ma lei abbassa lo sguardo. - Non lo faccio perché ti rispetto. Ma... Guarda cosa ti ha fatto: non si tratta di una semplice ferita. - Passando la mano su uno dei suoi polsi, si rende conto però che il livido è molto visibile. No. Non è una semplice ferita.
- Ti fa molto male? - Le sfiora il livido lentamente. Moira osserva il movimento delle sue dita cercando di trattenerlo nella mente. - Si, molto. -
- Davide portami quella pietra! - Non c'è altro lì intorno. - Con questa dovrei riuscire a liberarti senza farti male. - Cerca di rassicurarla il più possibile. La pietra non è molto grossa ma è appuntita e robusta. - Se non funzionerà, dovrò chiamare qualcuno. Io non voglio farti male, capisci? -
- Capisco. - Afferma con poco entusiasmo. L'idea di far venire alla luce tutto quel casino le fa venire i brividi. Gabriele lo ha capito immediatamente senza che lei pronunciasse una sola parola.
- Ok ora ascolta. Colpendo forte la catena in questo punto dovrei riuscire a spezzarla. Vedi? - Gli mostra il punto esatto sfiorandolo con le dita come fosse un gioiello prezioso. - Con un colpo deciso i tuoi polsi ed i tuoi piedi saranno liberi. Tu dovrai solo tendere le braccia in avanti il più possibile. - Le prende i polsi tirandoli in avanti. - Brava, così. In questo modo avrò lo spazio necessario tra il muro ed il tuo polso... Lo spazio per colpire. - Senza attendere risposta colpisce forte all'altezza delle caviglie. I suoi piedi sono liberi.
- Sei pazzo! -
- Non vedo il motivo! - Dice lui stupito.
- Avresti potuto colpirli! Non ero pronta! -
- Non si è mai pronti per queste cose. Osserva lui con il braccio alzato per metà, pronto. Poi colpisce ancora, questa volta tra il muro ed il suo polso destro. - Libera anche lei. - Dice Gabriele sfiorando il sarcastico. - Manca una mano. -
- Appena mi liberi io ti ammazzo Gabriele! -
- Non vedo l'ora lady! - Sfodera un mezzo sorriso fissando lo sguardo in quello di lei. L'ultimo colpo è il più forte. Gabriele lancia a terra la pietra e prontamente afferra Moira che altrimenti sarebbe caduta.
- Sei salva. - La guarda negli occhi. - Ma devo lasciarti andare. - Avere lei tra le braccia gli provoca un dolore lancinante al petto. Uno di quei dolori che non puoi fingere di non sentire. Il suo corpo esile ed indebolito, le sue ferite sanguinanti... Vorrebbe amarla all'istante anche così. Ma subito si ridesta. Manda via i pensieri, si sente un mostro.
- Ti devo la vita. - Il respiro è pesante. La sua mano ferita va ad appoggiarsi sul cuore di lui. Il mostro scompare all'istante. - Moira, tu sei una fata. -
- Si sta svegliando! Si sta svegliando! -
Spaventati dal richiamo Moira e Gabriele si alzano da terra. - Ti sorreggo io. - Lentamente vanno vicino al signor Bramante. Lei bene per il dolore. Davanti a loro si presenta una scena spaventosa. L'uomo ha gli occhi aperti, sembra cosciente. Non apre bocca. Il suo mutismo preoccupa Moira.
- Non parla. - Sussurra. Suo padre la sta fissando in un modo che lei non ha mai visto.
- Mio Dio. - È strano ma si sente in colpa; prova pena per quest'uomo che in fondo è disperato.
Uno sguardo interrogativo colpisce Gabriele, il quale coglie al volo la preoccupazione di lei.
- Stai tranquilla. Sistemeremo tutto. -
Lei annuisce con la testa.
- Dobbiamo portarlo in ospedale. -
Mentre Davide pronuncia queste ultime parole Bramante muove la bocca, ma non esce nessuna sillaba.
- Dica mio Signore, sono qui. - Accostatosi al suo viso, il maggiordomo lo incita a parlare. - Piano, con calma. Mi dica cosa posso fare. -
L'uomo si ferma ma non smette di guardare il suo servitore, il quale risulta un po' impacciato ed a disagio.
- Signore non si fermi. -
È un momento di estrema tensione. Tutti i presenti trattengono il fiato nell'attesa che lui dica qualcosa.
Sul suo volto appare uno storto sorriso. Tutti si guardano senza capire.
- Ciao Adamo, fratello mio. -
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