Cap. XXVIII
Nelle persone di alto rango accade spesso un conflitto interiore tra i loro pensieri e l'ego. Il Signor Bramante, è una di queste. Lui, una persona essenzialmente sola, non sa cosa sia un angolo... Il mondo non é perfetto se ha degli angoli. Così, quest'uomo oggi, 29 Settembre 2017, cammina avanti e indietro per l'atrio di casa sua, blaterando questo ritornello come se volesse impararlo a memoria. O forse perché cerca di non pensare ad altro, per mantenere un po' di contegno visto l'accaduto...
- Adamo! Dov'è il mio whisky?! -
Purtroppo il nervosismo prende il sopravvento. Il titolare di sua figlia lo ha mandato in bestia. E lui non si trova mai in simili condizioni. Decide dunque di fare una cosa che porti tutto alla normalità. Prende il bicchierino vuoto sul tavolino del salone, e con una grande forza lo lancia a terra. Ora la rabbia è in migliaia di pezzi. La mente ricomincia a ragionare.
- Ecco a lei Signore. E mi scusi per la mia negligenza. -
Quanta sicurezza sta scorrendo nuovamente dentro al Signor Bramante; ad ogni sorso si apre lo spirito...
- Sai Adamo... Mia figlia pensa che io non veda. Si prende gioco di suo padre, capisci? -
- Non credo di capire Signore. -
- Tu fingi anche meglio di lei. -
- Come? -
- Avanti smettila... Puoi andare ora. -
Il Signor Bramante rimane solo davanti alla finestra e per una volta, accosta le lunghe tende.
La strada che porta in ospedale è trafficata. Moira e Gabriele sono partiti da dieci minuti, ma ancora non si sono parlati. Entrambi non sanno da dove cominciare... Entrambi mostrano segni di nervosismo evidenti. In particolare, Moira continua a far scrocchiare le dita, producendo un fastidioso rumore.
- Che c'è piccola? -
- La vuoi smettere di chiamarmi così?!
Lui, furbo più di un felino, non mostra minimamente di essere sorpreso dalla risposta. Continua a guidare senza degnarla di uno sguardo. In realtà non si aspettava quella reazione.
- Dobbiamo parlare io e te. Devo dirti una cosa... -
- Anch'io ho qualcosa da dirti. -
- Ok, allora prima inizia tu. -
Sospirando, Moira appoggia la mano sinistra su quella di Gabriele stretta al cambio dell'auto. Questa volta la sorpresa lo prende alla sprovvista. I suoi occhi si perdono per un attimo su quella mano esile...
- Hei!! Attento!! -
Nell'altra corsia un'automobile strombazza a più non posso, mentre Gabriele cerca immediatamente di ridestarsi, iniziando a frenare come un pazzo per non travolgere l'auto... Inutile, deve azionare il freno a mano...
- Sei impazzito?! -
Con grande spavento Gabriele si rende conto di essere riuscito ad accostarsi, senza finire contro al gard rail o contro qualche auto. Ma comunque la frenata è stata brusca.
- Cazzo Moira, mi dispiace... Stai bene?? -
- No che non sto bene! -
- Ma non hai un graffio! Senti, ti chiedo scusa... Sono spaventato anch'io, ok?! -
A questo punto la ragazza si calma e abbassa lo sguardo sulla sua mano... Forse è meglio iniziare a parlare prima che sia tardi.
- Mia nonna ha avuto la mia visione prima di morire... Ma questa volta era terribile... -
Ancora una volta Gabriele viene travolto dalle emozioni. Ormai non è più in grado di nascondere quello che sta provando. Il suo respiro cambia ritmo, i suoi movimenti mostrano un uomo fragile ed impaurito. Così, per farsi coraggio riprende la mano di Moira tra le sue. Anche per lui è arrivato il momento di parlare.
- Sei in pericolo Moira; sei in pericolo cazzo... -
Ma la parola pericolo spegne tutti i rumori attorno. Nell'auto si accende il terrore, quello vero... Quello puro che fa tremare sul serio. Non se ne rende conto subito che sta tremando; lei è mossa da brividi incontrollabili. Poi le parole scendono nelle viscere. Se tutto fosse diverso, almeno un poco... Qualche dettaglio avrebbe reso le cose migliori, Moira ne è certa.
- Io... io... -
Non riesce a spiegarsi il perché, per ritornare sul discorso, deve alzare gli occhi. Dall'altro lato c'è lui, l'osservatore senza domande, l'uomo misterioso e folle, quello che ride e due secondi dopo si chiude a riccio, dentro la sua mania del controllo. Oh Gabry... Direbbe lei... Tu sei qualcosa, non qualcuno. Perché sei un campione incompatibile con tutti gli altri presenti qui.
- Moira, sai già di cosa sto parlando? Hai idea di chi voglia farti del male?-
Prima di rispondere ci pensa un po'.
- Si, credo di sì. -
- Chi è?? -
A quella domanda fa un sospiro e stacca bruscamente le mani da quelle dell'amico, che nel frattempo assapora un boccone di delusione.
- Sei tu. -
- Cosa?? -
Ora si che non sa più come uscire dalla situazione. Che cosa sa Moira? Il cuore inizia a battergli più del normale...
- Vuoi sapere perché punto il dito su di te? -
- Avanti... Parla. -
- Perché poco fa mi stavi per ammazzare!! Guidi come un neopatentato!! -
Ma l'uomo non gradisce l'ironia; Quando lei inizia a ridere a lui sale una rabbia infuocata nelle vene...
- Che c'è? Stavo scherzando... insomma, volevo sdrammatizzare. -
A questo punto lui non ascolta più la voce dell'amica. La rabbia sta già scorrendo... È veloce l'effetto. L'impulso lo fa scattare in avanti, verso Moira che non ha il tempo di rendersi conto di cosa sta accadendo. Lui afferra i suoi polsi stringendoli forte, e sempre di più ad ogni lamento... I volti sono vicini... Moira può sentire l'odore della furia quando non sa dove fermarsi... Invece lui, sa qual'è il posto giusto. La bacia. Ma il bacio è ancora più forte delle sue mani che stringono... schiacciano e bloccano ancora, non solo i polsi di lei; anche la sua volontà. Adesso sa cosa si prova quando la morte si avvicina. Solo Gabriele ha il potere di toglierle il respiro. I suoi baci non sono ossigeno... Ma non le importa. Si fida di lui. Dentro a quel bacio c'è una forza che lei vuole alimentare. Vuole reagire... Vuole essere più forte... Gli morde le labbra, ma non per farlo allontanare. Allora lui sposta le mani dai polsi di lei al viso; la immobilizza, la obbliga a guardarlo negli occhi... Moira non cede. Riesce ad avvicinarsi al suo collo e morderlo anche lì. Poi... si ricorda che le mani sono libere... Le infila sotto alla maglia di lui e lo graffia, così forte che questa volta è lui a dover lasciare la presa. D'un tratto le lacrime percorrono il suo viso, e la stanchezza lo fa accasciare sulla spalla di Moira che riesce a sentire il peso di quel pianto... È più pesante di qualsiasi altra cosa al mondo...
- Gabry... Com'è puoi essere così? -
- Non posso spiegartelo Moira; non posso spiegarlo neppure a me. Ho solo un'anima da qualche parte che ogni tanto emerge, ma non so usarla. Dio mio Moira... Allontanati da me fin che sei in tempo. Anche se prima stavi scherzando, il tuo male sono proprio io. La forza che ci metto a trattenermi ogni volta... Tutto gira attorno alle mie pulsioni. Non sono una persona. Moira, dammi retta. Scegli di salvarti senza di me. -
Se fossero vere le sue parole... Moira non ci crede nemmeno un secondo. Gli prende il volto tra le mani per guardarlo negli occhi, e vedere se la verità è lì dentro.
- Non ci credi neanche tu. -
- Anche se fosse... Devo metterti di fronte àlla verità. -
Però su quest'ultima parola Gabriele non riesce a reggere lo sguardo. I suoi occhi, bagnanti dal pianto, si chiudono sui pensieri tristi della rassegnazione.
- Gabry! Non puoi fare così! Lo sai che vai contro la tua volontà! Stai facendo un grande errore! -
- Lasciami ti prego. - Dice, liberandosi dalle mani di Moira. - Io merito di rimanere solo, credimi. -
- Se è questo che vuoi... Va bene, d'accordo. Portami in ospedale e vattene per sempre. -
- Prima però ti voglio parlare di una cosa, se permetti... È importante. -
Moira osserva la richiesta con fare diffidente. È arrabbiata. È delusa.
- Va bene. Beviamoci sopra un caffè. Tanto non ci può essere niente più amaro di questa giornata.
Ecco, fermati in quel bar. -
È un baretto di periferia, oscuro e mezzo abbandonato. Visto da lontano sembra il bar meno invitante presente su tutta la faccia della terra.
- Perfetto. Lì andrà bene. -
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